Stefania Gianni
"SRITTI DI DOMENICO GUACCERO"
(da GIANNI Stefania, Saggio bibliografico in AA. VV., Domenico Guaccero «Archivio Musicale del XX Secolo», CIMS - Palermo 1995)
[
] La costante e variegata attività di
Guaccero è testimoniata nella complessa produzione letteraria e
compositiva a cui i due ambiti rimandano in un reciproco e
costante rapporto. Proprio per questo si è preferito
semplicemente pensare ad una ideale distinzione tra ciò che
riguarda la riflessione teorica vera e propria (a) e
un'applicazione pratica nell'opera musicale e teatrale delle
soluzioni trovate (b).
Gli scritti quindi propongono un continuo approfondimento di temi
sempre presenti e assumono la strana caratteristica di essere
quasi variazioni di un unico soggetto: il rapporto dialettico tra
la Storia e l'esperienza personale allo scopo di influire
positivamente con la propria azione sulla società contemporanea
per rinnovarla e migliorarla. Persino gli scritti che
apparentemente non toccano questioni sociologiche, come ad
esempio i saggi sulla grafia, sui parametri musicali, sulla
musica sacra occidentale, eccetera, sembrano come approcci
diversi a quello stesso tema di fondo, quello che potremmo
definire il pensiero fondamentale della sua poetica, così
profondamente radicato e tanto inscindibilmente legato ad altri
aspetti della riflessione teorica, da rappresentare una sorta di
filo conduttore che tutti li comprende e permea: il confronto
delle proprie e altrui attuali esperienze, con la Storia. Il
rapporto dialettico che si instaura e che può farci comprendere
meglio quello che accade ora. La ricerca dei "fili" che
legano alla tradizione per verificare se qualcosa di originale
fatto in un passato talmente lontano si riproponga oggi come
qualcosa di assolutamente nuovo, ed evitare di ritrovarsi «ad
aver scoperto l'acqua calda» (D. Guaccero, Sulla tradizione
di teatro musicale, in AA. VV., di Domenico Guaccero
prassi e teoria, Roma, Nuova Consonanza, 1984, p.184).
«Quello che di storico o teorico si trova in questi scritti mi
è servito sia alla sistemazione razionale della materia, sia a
rintracciare i fili che legano la mia esperienza alle altre, dei
nostri come di altri tempi» (D. Guaccero, Premessa, in
Op. cit. p.69).
Questo rapporto con la storia deve andare il più possibile
indietro, fino alle "origini" delle civiltà storiche e
primitive, fino alle origini del mondo così come ci viene
tramandato dalle varie cosmogonie, dalle mitologie elaborate nel
corso di secoli, per rintracciare proprio lì,
all"origine", ciò che è stato perduto nel corso
degli anni: l'unità. L'autore (lo scrittore e maggiormente il
compositore) può e deve agire in questo senso se ha coltivato e
raggiunto la sua unità interiore in un rapporto organico tra
pensiero e azione, mondo interiore e mondo esterno, intuizione e
realizzazione concreta, meditazione ed esercizio. Uno scritto (Testo
parallelo A-B sulla musica "sacra" dell'occidente,
"Lo Spettatore Musicale", IV, novembre-dicembre 1969)
in particolare esplora approfonditamente questo argomento
sviluppando una particolare attenzione ad aspetti esoterici e
iniziatici di specifiche discipline e movimenti
filosofico-religiosi ed alla funzione che il suono assume nei
riti e nella società, considerando quindi la dimensione del
sacro e del profano sintetizzata nella musica attraverso le
successive epoche. Il metodo applicato quello di arrivare a
scandagliare il fondo dei problemi con una sistematicità
ininterrotta, quasi ossessiva, per poi ricomporre gli elementi
dispersi in una nuova unità. (All'uomo, il metodo è servito a
raggiungere «l'abisso, nella regione dove i catenacci sono
sbarre perpetue» e per renderlo poi «puro e disposto a riveder
le stelle») (2).
Se veramente la Storia insegna, possiamo seguire come questo
confronto con la Storia si sia svolto, dal punto di vista
speculativo e poi pratico, ad iniziare dalla storia più recente,
recuperando via via i tasselli di questo mosaico fino a ricavare
l'intero sistema della poetica nelle sue variegate sfaccettature.
A cominciare dalle problematiche attorno al linguaggio e
all'opera.
(a) Ciò che dai puristi non è stato perdonato a Schönberg e
Berg è invece stato valutato positivamente da Guaccero: il loro
modello era «la forma più umanizzata» di dodecafonia. «Il
fondo connettivo linguistico era costituito da "fossili
tonali" o meglio dalle articolazioni, rese depurate e
astratte delle funzioni tonali» (Una conclusione provvisoria,
"Collage", n.1, dicembre 1963, p.14). Perché
queste "impurità linguistiche" vengono considerate
positivamente? Perché di fronte alla difficoltà di una
percezione puntuale della serie, i due Viennesi utilizzano
«polarizzazione, tensioni risolutive, collegamenti di bassi»
(ibidem) che permettono di superare in parte tale difficoltà
della quale anche Webern (la cui prassi compositiva sembra
fondare una nuova sintassi e per questo fu preso a modello dalla
seconda fase dell'avanguardia) si era reso conto. Quest'ultimo
risolse il problema verificando sin dall'inizio il materiale
seriale disposto in cellule più piccole tra le quali fossero
riconoscibili all'ascolto correlazioni logiche, tensioni e
risoluzioni, parallelismi, emergenza di un intervallo o di un
suono. (3)
Si passa quindi dalla Klangfarbenmelodie di
schönberghiana memoria, all'individuazione e serializzazione
delle altre dimensioni. La nascita della musica elettronica
contribuisce al meccanismo della serialità integrale. Entrambe
rispondono allo stesso principio di fissità. Va però valutato
anche il peso che la musica concreta ha avuto in quegli stessi
anni: viene riscoperto il suono come tale, l'evento sonoro,
compreso il rumore. All'estremamente determinato si oppone il
totalmente indeterminato che è esattamente il risultato del
precedente. Da lì l'entrata cosciente di elementi aleatori
nell'opera.
Occorre fermarsi un momento ancora sui parametri musicali che
presentano una evidente analogia con l'identificazione di
elementi sintattici che Guaccero ha evidenziato nel teatro
musicale. In Problemi di sintassi musicale II (un testo
originariamente destinato al secondo numero di «Ordini. Studi
sulla nuova musica») più precipuamente l'autore si sofferma
sulle dimensioni del suono, che possono essere considerate in
senso fisico, oggettivo, (prive «di intendimento estetico» e
«linguistico del termine») come coordinate caratterizzanti
un'opera musicale. Nel primo caso si parla di altezza,
intensità, timbro (la durata è già insita nel movimento di
armonia e melodia). Le seconde dimensioni sono invece la melodia
e l'armonia. Vengono quindi considerate, in rapporto alla storia,
la loro esistenza, supremazia dell'una o dell'altra,
indipendenza, e interrelazione fino ad arrivare «all'attuale
momento tecnico» con la classificazione dei parametri e il loro
uso.
Lo spazio e il tempo e le loro relazioni vengono anch'essi presi
in considerazione perché i parametri
"linguistici" presentano la loro dipendenza dal tempo:
si tratta della successione o della simultaneità di altezze
sonore in una disposizione temporale. Per lo spazio una breve
riflessione scientifico-filosofica porta a questa considerazione:
«La funzione parametrica del Tonort sarà quella di
inscriversi nello spazio plastico-visivo (e non in quello della
coesistenza di frequenze, intensità, timbri) e modellarlo,
analogamente a come possono modellarlo la danza o la mimica,
ricercandosi, mediante i suoni, la particolare tridimensionalità
di quello spazio, che sarà parallela, ma non coinciderà con le
tre dimensioni o i tre parametri "fisici" del suono»
(ibidem, p.39). Un aspetto importante preso in considerazione è
il rapporto con il materiale: ovvero si è generata «confusione
tra preparazione del materiale con cui lavorare e sua messa in
funzione» (Problemi di sintassi musicale I, «Ordini.
Studi sulla nuova musica», n.1, 1959, p.32). Meglio ancora si è
creata una scissione fra musica strumentale e musica elettronica.
Per superare tale iato bisognerà ricondurre «pur conservandone
la dialettica, ambedue i settori ad un principio regolativo
unico: quello della percezione (ancora una volta dalla percezione
sensoria, a quella linguistica a quella espressiva), come
criterio generale di operare in campo artistico» (Problemi di
sintassi musicale II, .cit. p.46). Proseguendo le sue
considerazioni sulle differenze esistenti tra la musica
strumentale e quella elettronica ( la prima comporta l'esecuzione
immediata, la seconda mediata dal nastro) sottolinea che la
dialettica fra quella e questa, «fra variante e invariante
[
] non può essere mediata che da opere che dispongano di
entrambe e magari di tutte le possibilità che intercorrano fra
gli estremi: musica registrata (suoni elettronici, concreti e
strumentali), musica registrata e montata o modificata
immediatamente, musica per strumenti elettronici o per strumenti
tradizionali "elettronizzati", musica per strumenti
normali, voce compresa. I mezzi per dominare questo materiale
saranno dati dalla logica sintattica che sarà in grado di
rendere significanti i dati naturali» (ibid., p.48).
Come non prestare attenzione alla presenza del nastro magnetico,
manipolazioni elettroniche, e il materiale registrato in quasi
tutte le partiture ad iniziare da Iter inverso (1962). E come non
fare riferimento al padre della musica elettronica, quell'Edgar
Varèse ricordato come «un autore scomodo, privo del "senso
del pubblico" [...], interessato al suono come tale, come
viene ascoltato, senza sovrastruttura sintattica» (Note per
uno studio su Edgar Varèse, "La Biennale di
Venezia", XIV, n.56, 1964, p.19). Lo studioso di fisica
acustica apre in America un nuovo capitolo, trovandosi comunque
al di fuori di ogni corrente. Con la nascita della musica
concreta ed elettronica, «finalmente riesce ad avere nelle mani
il suo mezzo tecnico, ma rifiuta ogni dogmatismo puristico,
rifiuta la pietra filosofale dell'elettronica, quella universale
panacea che dovrebbe sostituirsi a tutti gli altri mezzi sonori
possibili, perché ha in sé la formula dell'infinito
timbrico» (Ibidem., p.20). Afferma infatti Guaccero: «il disco
e il nastro magnetico non possono mai "sostituire", e
proprio per ragioni fisiche, la tromba o il violino,
sicché la registrazione di un pezzo scritto per essere
ascoltato direttamente da strumenti apparirà sempre come un
surrogato. E' possibile però scrivere dei pezzi da eseguire su
strumenti tradizionali, ma già pensando ad una loro
trasposizione sul nastro: in tal modo la distorsione timbrica che
ne deriva è già pensata in funzione di un risultato estetico, e
un ascolto diretto (quindi collettivo) è escluso per principio,
a meno che esso non assuma la fisionomia di un ascolto da un
trasmettitore per collettività (tipo juke-box). Non credo però
che l'umanità, dopo essersi annessi nuovi territori tecnici
(musica elettronica, concreta e strumentale registrate, e musica
elettronica e concreta non registrate) voglia farsi sfuggire la
sua primitiva terra natale, il suono, cioè, d'uno strumento,
primo fra tutti la voce umana, mosso direttamente da fiato o dita
umane, insieme o dinanzi ad altri uomini» (Diffondere con i
nuovi mezzi prodotti musicali intelligenti a ogni livello,
"Il Paese", 16 maggio 1961).
E prosegue: «Una tecnica che si serva del gioco dei diversi
parametri potrà essere alla base di una sintassi comune a tutti
i tipi di musiche comprese fra quella registrata e quella
strumentale. Ciascun parametro sarà graduato a seconda delle
possibilità percettive ed esecutive dell'uomo: il fatto che oggi
noi abbiamo degli strumenti musicali costruiti per altri sistemi
logici e che si rifiutano ai sistemi da noi immaginati, non dice
niente di più del fatto che bisogna costruire nuovi strumenti.
[
] Una analisi importante da svolgere sarà quella di
vedere quanto le capacità percettive corrispondano alle
capacità esecutive dell'uomo. Per fare un esempio semplice:[...]
con quale metro si possono graduare delle intensità alla
percezione e all'esecuzione? E i timbri, specie quelli degli
strumenti tradizionali come potranno costruire una gamma
graduata? Le altezze infine, in quale misura potranno
allontanarsi dalla scala secondo la radice dodicesima di due?
Come si può vedere un nutrito programma per una sperimentazione
tecnico-scientifica e per le possibili realizzazioni estetiche»
(Problemi di sintassi musicale II, cit., pp.48-49).
Le composizioni esemplificano i risultati sulla sperimentazione
di cui i tre parametri sono stati oggetto: per le intensità
Guaccero ha elaborato insieme a Macchi una "scala",
basandosi su tre valori strettamente correlati alle possibilità
percettive, "piano possibile", "intensità
media", "forte possibile", a cui sono stati
aggiunti valori intermedi. La sperimentazione timbrica è stata
pressoché ininterrotta fin dalle prime composizioni (Ricreazione,
del 1953, per baritono e 7 strumenti e La Farmacista del
1956, nel cui organico compare la fisarmonica): non solo sono
stati creati nuovi strumenti e inusuali preparazioni, ma oggetti
comuni sono diventati "sonori", come fogli di carta,
acqua, tubi di legno o metallo e così via. Per non parlare dello
studio approfondito sui modi, sui luoghi e mezzi della produzione
del suono. Anche le altezze non sono sfuggite al riscontro
pratico: l'uso di altezze temperate, extra-temperate e aleatorie
trova riscontro in questa affermazione: «La suddivisione extra
temperata delle frequenze si può dire si sia tentata per tre
vie: quella di introdurre tra le frequenze temperate una
ulteriore suddivisione per quarti di tono, quella di tentare una
suddivisione secondo una temperatura diversa dalla radice
dodicesima di due, quella di eliminare ogni suddivisione
preventiva del parametro» (ibid., p.49. Cfr. anche A. Titone, Musicisti
italiani alla prima "Settimana" di Palermo, AA.VV.,
di Franco Evangelisti e di alcuni nodi storici del tempo,
Roma, Nuova Consonanza, 1980, pp.34-41).
Soffermarci su questi elementi è importante sia per le
considerazioni sulle composizioni che più ampiamente ne vengono
influenzate sia per il rapporto che si crea con il teatro. Ma per
Guaccero il problema della graduazione dei parametri assume
proporzioni più vaste: desiderare una loro articolazione secondo
moduli generali e razionali è fondamentale «se pensiamo al peso
di formalizzazione linguistica che tale articolazione e
realizzazione reca con sé». Dal dibattito sulla lingua derivano
gli interrogativi "di rito" sulla natura semantica
della musica, sugli oggetti e contenuti del "discorso"
musicale e sulla struttura "aperta" o
"chiusa" di tale discorso . Si ripropone il
"sempre discusso rapporto contenuto-forma". Ma a questo
Guaccero risponde: «Per il fatto che l'arte [
] vive tra
gli uomini, essa istituisce fra di loro una relazione, una
comunicazione, non importa se vissuta in collettività o in
stretta singolarità. Nella misura in cui è comunicazione,
l'arte è lingua [...] che designa se stessa come valore, come
suo stesso contenuto". L'opera tutt'intera è "di volta
in volta forma, se è osservata da un punto di vista
strutturale e contenuto se osservata da una punto di vista
emozionale» (ibidem, p.51).
A questo punto si deve fare ulteriore riferimento a un altro
punto cruciale della attività critica e artistica di Guaccero:
la scelta del materiale sonoro il cui studio conduce alla
sperimentazione e alle riflessioni sul "nuovo", alle
tecniche compositive, alla impurità linguistica che comprende la
prospettiva il più possibile prossima, di
"contaminazione" della musica con altre forme
fondamentali della percezione estetica. (Una conclusione
provvisoria, cit., p.21).
Afferma Guaccero: «Il problema del nuovo è [...] il problema
dell'invenzione, sui vari piani, tecnico, linguistico,
d'immagine: e man mano che dal piano tecnico si sale al piano
dell'immagine, l'unicità del nuovo è sempre più marcata». «I
sistemi musicali sono delle formalizzazioni ma aperte [
] in
cui operano le forze correlative della stabilizzazione e
dell'invenzione. Se è vero che il "sistema" finisce
per irrigidire la fantasia in schemi, mentre l'invenzione
continuamente sollecitata dal materiale, desidera procedere senza
impacci a libere espressioni, non è men vero che una
formalizzazione della materia scioglie la fantasia dal peso di
una materia grezza, facilmente riportabile ad un mondo di suoni
quotidiani» (Problemi di sintassi musicale II, cit.,
p.52).
L'autofagocitazione delle novità non è soltanto la conseguenza
dell'erosione provocata dalla storia e dalla «saturazione del
nuovo», ma soprattutto il prodotto dello scambio sempre più
veloce tra il nuovo nella tecnica e il nuovo nell'immagine mentre
va evidenziata «la dialettica interna all'arte, fra tecnica
(ricerca sul materiale, sedimentazione linguistica) e
invenzione» (Una conclusione provvisoria, cit., p.22).
L'invenzione tecnica (si tratti di materiale o linguaggio) viene
presentata come immagine (ovvero opera); «essendo la tecnica
trasmissibile e perdendo subito con ciò il proprio valore di
nuovo, l'artista non intende applicare quella tecnica alla
formazione di opere o esaurirne le possibilità sintattiche, ma
passa ad inventare nuove tecniche» (ibidem, p.17). La divergenza
compare anche nelle tecniche, soprattutto fra quelle della musica
strumentale e registrata «sul modo in cui debba essere risolta
nell'opera musicale la materia sonora». Da una parte si tende ad
assumere un materiale grezzo, preso «dalla vita», dall'altra
l'estrema formalizzazione della materia. Le due posizioni
divengono irrigidimento e cadono in un «facile purismo» (Problemi
di sintassi musicale II, cit., p.52).
Sarebbe forse necessaria una «mediazione teorica» che non
significhi «eclettismo riposante su ambigue posizioni di comodo:
esso invece prevede un occhio sempre vigile sul massimo orizzonte
di fenomeni, prevede una adesione alla vita senza irrazionale
abbandono [...]. La difficoltà della mediazione è la
difficoltà dell'equilibrio, che un'opera deve avere per dirsi
compiuta, difficoltà come rarità del prodotto, difficoltà come
sforzo per ottenere la rarità». Ci sembra che l'alacre
attività di Guaccero sia racchiusa e spiegata in queste poche
parole. Vanno in questo senso compresi l'originalità degli
interventi sul materiale strumentale e registrato, l'introduzione
di elementi apparentemente estranei a mediare tra un'influenza
vitalistica e la formalizzazione del materiale. Quella che
Guaccero chiama elaborazione di una «sintesi a priori»
necessaria per la sintassi musicale, in cui il metodo induttivo e
deduttivo aiutino ad operare sul materiale stesso. Importante è
recuperare «una sintassi nuovamente comunicabile su cui poi
costruire le nuove opere» (ibidem, p.56).
Ancora una volta il problema si pone in termini dialettici:
cos'è opera e cosa operazione d'arte. Premesso che i due termini
non sono incompatibili ma al contrario vanno ad integrarsi
reciprocamente, opera «significherà la volontà di progettare
formalmente e di immettere nel progetto ricerche tecniche
rigorose, invenzioni linguistiche, contenuti e valori viventi».
Solo quando quella "volontà" «avrà prodotto immagini
artisticamente vive [
] avremo l'opera riuscita, altrimenti
avremo l'opera fallita, l'opera rimasta allo stadio della
volontà». Per quanto riguarda le operazioni d'arte esse
«saranno le condizioni ed insieme i mezzi per la realizzazione
dell'opera: ciò che diversifica quelle da questa è
l'intenzionalità di operazioni agenti come fini e operazioni
come pezzi per un'opera». E continua: «L'esperimento come
ricerca preventiva per l'opera è invece un dato ineliminabile
della nuova musica, da proseguire con ampiezza di mezzi, serietà
e intelligenza sul campo del materiale (nuovi strumenti, nuove
tecniche strumentali) e in quello della percezione umana
(connessioni logiche, limiti auditivi, limiti psicologici,
analisi sociologiche ecc.)» (Una conclusione provvisoria,
cit. p. 23).
Guaccero che si è sempre considerato un «musicista
sperimentale» ha trattato in modo particolare questo tema nelle Note
per uno studio su Edgar Varèse, e in parte nel testo
dedicato a Monteverdi, inedito e pubblicato per la prima volta in
questo volume, al quale rimandiamo (Monteverdi fra l'antica e
la moderna musica, Roma, 1967, vedi Bibliografia Generale).
Vale la pena di ricordare soltanto la varietà degli organici
sicuramente determinata dalla scelta indirizzata ad una continua
ricerca timbrica: accostamenti a dir poco arditi (è il caso dei
12 flauti di Positivo) si mescolano ad organici variabili
(addirittura da 1 a 54 esecutori in Variazioni 3 ) e a
pezzi "compositi" (è il caso ad esempio di Kardia
per archi, fiati, voci le cui parti si possono eseguire
separatamente a due, a tre); senza dimenticare i lavori per
singoli esecutori che sperimentano le più diverse situazioni: i
luoghi, i modi, i tipi delle nuove emissioni, i gesti, la
teatralità. Persino lo spazio è fonte di verifica, direttamente
connesso alla differente organizzazione del materiale sonoro
(cfr. A. Titone, Musicisti italiani alla prima
"Settimana" di Palermo, op. cit., pp.38-39): spesso
in maniera dichiarata, e più volte in un modo conosciuto
soltanto agli "iniziati", gli esecutori vengono
disposti nello spazio in modo da formare precise figure
geometriche, evidentemente legate ad una conoscenza esoterica. La
varietà va di pari passo alla non-linearità di sviluppo
riscontrabile nei suoi lavori post-giovanili. Una scelta
originale ma anche rischiosa, con il pericolo sempre incombente
di incorrere in risultati negativi.
Il momento storico che stava attraversando la musica tra gli anni
'50-60, rendeva necessaria la sperimentazione, la ricerca di
nuove strade affinché il linguaggio musicale continuasse
ad essere «comunicazione» (4). «La "rivolta" contro
il linguaggio, che per il D'Amico è tipico dell'attuale
avanguardia musicale (ma anche di tutte le avanguardie), è
dunque rivolta contro una società e contro il linguaggio di
quella società; ma è anche nella linea filogenetica della
ricerca della ricerca di originalità, della fuga dal banale
tanto maggiore quanto più, dall'altro polo, s'accumula
conformismo, cieca sottomissione» (Alea, lingua e
interpretazione musicale, «La Biennale di Venezia», XI,
n.42, 1961, p.36). Lo sperimentalismo diviene così la cifra
della produzione di Guaccero e tocca tutti i punti della sua
riflessione critica e della storia creativa dell'avanguardia
musicale: i paramentri sonori, la grafia, la manipolazione
elettronica e la composizione con il mezzo elettronico, l'alea,
il grafismo, il gestualismo, lo spazio, le esperienze
extra-colte, il teatro musicale. Persino il rapporto con il
pubblico va sperimentato o modificato. Le vie le indicheranno i
costanti tentativi. Dalla sperimentazione non si può fuggire:
essa è alla base di ogni creazione. Peccato che di essa si sia
voluto soprattutto cogliere l'aspetto superficiale,
"comodo" e "dissacratorio" della commistione
linguistica, perdendone così la carica innovativa. Il problema
dello sperimentalismo riconduce così a quello dell'originalità
e della "novità". E proprio dallo scritto più
interessato alla verifica sociologica, possiamo sottolineare un
passaggio chiaramente polemico sul «criterio per giudicare di un
compositore consistente in conquiste (Errungenshaftm) di
tecnica compositiva e di linguaggio musicale, non nella
"originalità" di singole opere d'arte» (Materiali
per una verifica sociologica, "Collage", nn.3-4,
1964, p.13).
(b) Quella che Guaccero considera la terza fase
dellavanguardia del secondo dopoguerra si trova di fronte a
problemi quali lalea, lopera aperta, il gestualismo,
la grafia. Ancora una volta la storia è il tesoro a cui
attingere. «Ho utilizzato la ricerca storica per giungere a
delle conclusioni teoriche o, per meglio dire, di poetica
personale, forse utilizzabili da altri» (Appunti teorici
sulla grafia musicale, 1977, in D. Lombardi, a cura di, Aspetti
della notazione nella musica del novecento 1977, Bologna). In
Alea, lingua ed interpretazione musicale (cit., p.36)
Guaccero sottolinea la «non-arbitrarietà delle tecniche
"aleatorie" [
] dimostrabile, oltre che sul piano
storico-sociale, anche su quello strettamente sintattico». Prima
ancora che nella interpretazione (una «ricreazione interiore
dellopera» e comprensione dei «segni scritti»), Guaccero
individua come lindeterminazione a partire
dallautore, «esiste come tratto sintattico originario».
Alla "prevalenza" ed "emergenza" sintattica
delle altezze si è sostituita una sempre maggiore considerazione
degli altri parametri fino al riconoscimento
«dellordinamento ritmico, agente sopra le altre
dimensioni, come organizzatore nel tempo delle dimensioni fisiche
del suono» (ibidem). Più e più volte si è considerato come la
serialità integrale contenesse in sè i germi
dellindeterminazione e dellalea. Ancora in quello
scritto Guaccero sottolinea come «nel momento attuale
linterpretazione di opere aperte può avvenire su tre gradi
di progressiva libertà: 1) libera interpretazione in opere dal
percorso unidirezionale; 2) montaggio di "formanti" (o
brevi strutture previste dal compositore in vista del tutto); 3)
improvvisazione suggerita da convenzioni grafiche». Naturalmente
questi gradi possono «non solo trovarsi compresenti o
interagenti», «ma passare ciascuna da un minimo ad un massimo
di predeterminazione» (ibidem, p.37). Non dimentichiamo che la
funzione della grafia può cessare di essere utile in casi di
improvvisazione: «la grafia poteva benissimo essere soppiantata
da un preventivo accordo su determinate operazioni, e, per logico
trapasso, anche laccordo logicamente chiaro poteva venir
sostituito da eventuali partecipazioni intuitive,
mistico-ermetiche per i non iniziati, scambiabili tra gli
esecutori-autori» (Appunti teorici sulla grafia musicale,
1977, cit., p.15). Il lato costruttivo dellesperienza
dellopera aperta sta «nel tentativo di reinteressare
linterprete (e il pubblico) alla creazione
dellopera» (Problemi di sintassi musicale II, cit.,
p.56). Ma lopera aperta può anche avere «un valore
didattico: formazione di una koinè linguistica, [
]
tentativo di comporre lo iato fra autore ed esecutore, riunendo
per quel chè possibile le due caratteristiche in una sola
persona. [
] Valore didattico e pertanto transeunte, ma
anche la possibilità di istituire nuovi tipi dascolto e
forse non più di ascolto, bensì di partecipazione plurima dei
presenti al fatto estetico» (Alea, lingua ed interpretazione
musicale, cit., p.37).
Siamo alle soglie del teatro. Le possibilità di riunire in una
sola persona più caratteristiche nasce già dal gestualismo, uno
degli elementi extra-musicali, come anche il grafismo, su cui si
ferma lattenzione fra gli anni 50-60. «I problemi
del gestualismo implicano non solo il contrappunto di elementi,
ma anche la possibilità di riunire il fenomeno sonoro/gestuale
in uno stesso esecutore/attore» (Sulla tradizione del teatro
musicale, in AA. VV., Op. cit., p.189). Ci si indirizza
perciò verso la despecializzazione che «implica luscita
dal proprio ruolo», «aggiunge uninterezza e completezza
allartista e riporta a tradizioni rimaste sotto traccia».
Si riconosce in questo un limite al virtuosismo: «nessuno può
essere virtuoso come mimo, attore, cantante, strumentista etc.»
pur rimanendolo nel proprio campo. Così come vi è insito il
«pericolo di fare tutto mediamente o mediocremente, è il
pericolo del dilettantismo» (ibidem). Ma la «poliedricità e la
complessità delle esperienze e profondità degli intenti
espressivi non danno modo di essere un dilettante!» (ibidem,
p.190).
Ritorniamo quindi a quel contrappunto di dimensioni già
profondamente esplorato da Guaccero per quanto riguardava la
sintassi musicale, che qui si avvale di tutti gli elementi
prettamente teatrali e musicali. Linteresse più specifico
per il teatro risale agli inizi degli anni 60. A partire da
quel periodo infatti Guaccero ha «esplorato il problemi pratici
del gestualismo e del teatro musicale da camera» e
lesperienza fatta attraverso le composizioni e il Gruppo
Intermedia, può essere messa a confronto con la
"storia", fin dalla "origini" del teatro, ove
si scopre che non solo il linguaggio trovava le sua radici nella
musica, ma la non-separazione delle arti temporali era la
caratteristica fondamentale (principale) del mondo antico.
«Questo fenomeno ha la sua radice nella azione rituale che
troviamo comunemente come radice nelle azioni teatrali. Per
questo anche i rituali tipici delle società e civiltà non solo
greca, ma anche di quelle precedenti fino ad arrivare alle
cosiddette "civiltà primitive" o originarie, sono
stati accuratamente studiati, così come sono state studiate le
tecniche e i modi specifici nei quali il suono ha valore
iniziatico, di conoscenza e di forza creatrice. Ma bisogna anche
qui fare attenzione perché nel mondo dellarte si può solo
rispecchiare il mondo ascetico-esoterico, non cè rapporto
di mezzo e fine fra la metodologia di ricerca ascetico-esoterica
e mondo dellarte. Le "tecniche" del silenzio,
della concentrazione, del non-dialogo sono tradizionalmente
retaggio del mondo ascetico-esoterico e possono solo di traverso
essere trasferite al mondo dellarte»( Materiali per una
verifica sociologica, cit., p.11).
La storia, che riversa sulle nostre spalle tutto il passato, se
non vissuta in maniera dialettica provoca un atteggiamento di
ricezione e passività, a cui larte moderna e luomo
moderno deve reagire per ritornare allunità delle origini.
Risalendo le varie tappe storiche si scopre come dallunione
delle arti temporali tipiche del mondo antico e delle civiltà
originarie, si sia man mano caduti (scivolati) nella scissione e
separazione. Il rito sacro a cui lintera comunità
partecipava, in un continuo gioco contrappuntistico in cui erano
presenti in maniera estremamente variabile parola, suono,
movimento, è allorigine del teatro e si è
progressivamente laicizzato fino a diventare rappresentazione di
unazione che gli spettatori paganti recepiscono sempre più
passivamente e al solo livello estetico, non più del
"fare" (5).
Ma lemergenza di nuovi parametri nel recente teatro
musicale e «il mutamento che sembra verificarsi nella cultura
occidentale dallatteggiamento teoretico,
intellettualistico, scientifico, derivante dallo spirito greco,
dallatteggiamento di sperimentazione immediata, di
"presenza", nellevento, di derivazione
orientale» significano per la musica «il graduale
assottigliarsi del diaframma fra autori e pubblico, la quale
bipartizione sembra sostanzializzare latteggiamento attivo
e quello passivo, [
] lazione e la contemplazione» (Una
conclusione provvisoria, cit., p.23).
A cosa può portare questa nuova condizione di pubblico
«"sveglio"», attivo «"presente"»?
«Quando al limite tutti saranno contemporaneamente autori ed
esecutori, si potrà riproporre nellinterno di ogni
facitore darte la distinzione dei momenti ideali
dellagire e del meditare, anche rapidissimamente
sovrapposti. Che quando quei momenti non fossero più reperibili,
ciò starebbe a significare o che larte si è risolta nella
vita e che la struttura mentale delluomo, fornita di
prospezioni e di retrospezioni, è radicalmente mutata, o che in
un dato momento luomo ha messo fra parentesi larte
per sperimentare la presenza diretta dellEssere» (ibidem).
Un impegno sociale non indifferente: è anche per questo, oltre
che per sottrarsi alla politica delle grandi istituzioni che il
teatro deve essere estremamente agibile, facilmente trasferibile
ovunque e meno costoso (ne sono esempio Le Noces di
Stravinskij) e di despecializzazione, ovvero uscita dal proprio
limite (anche il virtuosismo può esserlo) del proprio ruolo per
sperimentare «principi di tecnica delle singole discipline» che
possono suggerire «soluzioni non pensate nella propria
disciplina, ampliandone il raggio» (Sulla tradizione
tradizione del teatro musicale, in AA. VV. Op. cit., p.190).
«Mi pare anzi che lutilizzazione organica del suono
insieme agli altri elementi contribuisca potentemente
alleffetto di straniamento, con tutto il gioco delle
ambiguità, della non-corporeità sostanziale dei personaggi.
Tutto questo a patto che il suono stesso sia "critico"
e non descrittivo o esornativo» (Postilla sul teatro musicale,
in AA. VV. Op. cit., p.176).
«Forse la attuale tendenza a far teatro, e teatro facilmente
agibile, può avvicinare gruppi più ampi alla nuova musica».
«Unarte nuova [
] potrà forse fiorire solo in una
nuova società» (Una conclusione provvisoria, cit.,
p.24). Il teatro di partecipazione è azione essa stessa. La
partecipazione dovrebbe essere attiva, e cosciente, spontanea e
critica. «Si tratterebbe quasi di una prefigurazione di una
nuova società, di una nuova società di uguali [
]. La
continuità fra arte e vita si porrebbe così come dato positivo
e reale e assumerebbe tutte le pratiche attuali che, in maniera
sempre più vistosa camminano in questa direzione, il
vitalistico, la musica gestuali, dellimprovvisazione, del
teatro aperto sino allo happening, allaccadimento
quotidiano, teatro vivente» (Postilla sul teatro musicale,
in AA. VV. Op. cit., p.177). «Il teatro come azione, che avviene
in un luogo chiuso (temenos) può influire sul mondo se si
collega strutturalmente con lesterno, se cè
continuità concreta e solo differenza di grado fra arte e vita,
interno e esterno» (ibidem, p.179). Loperare artistico è
posto dinanzi a queste precise scelte: teatro dazione o di
"emozione", dialettica e contrappunto degli elementi
sonori, visivi e cinetici o supremazia di uno di essi. La scelta
si verifica veramente nella pratica: da lì il Gruppo Intermedia
di cui parla Lucia Vinardi (cfr. Intervista). Ancora teatro
musicale come «opera dinsieme», come continuo
spazio-tempo: spazio (gesti, scene, luci) attraversato e
trascinato dal tempo (musica e parola). Già nel 1965, con la
Compagnia del Teatro Musicale di Roma, costituita insieme a
Macchi, Guaccero aveva organizzato numerosi spettacoli basati su
esercizi di improvvisazione, vocali, mimici e strumentali.
La capacità di Guaccero di essere nel presente, di vivere il
presente ben cosciente e attivo è testimoniata dalla adesione a
pressoché tutte le linee di sviluppo che hanno diretto
loperare compositivo di più duna generazione e che
egli elenca in questo modo: «a) la linea che affronta
lorganizzazione logica del linguaggio musicale» prima
allinterno del sistema tonale-bachiano poi con la
serialità integrale: «ciò significa privilegiare il momento
della ricerca, più che altro sperimentale, sul suono.» Ne sono
testimonianza un pezzo finora sconosciuto e senza titolo, un duo
per violino e pianoforte, che utilizza le tecnica dodecafonica e
la Partita in stile bachiano. Le seguenti linee sono
quelle su cui si è incentrata lattività del compositore e
gli esempi sono attribuibili a luna o laltra. «b) la
linea che affronta direttamente la ricerca sperimentale del
suono, ossia lo studio del materiale sonoro nuovo (elettronica) o
relativamente nuovo (la percussione, il rumore), ivi compresi i
tentativi per distorcere gli strumenti storici dalluso
corrente (nuove tecniche esecutive, strumenti preparati) - ciò
significa privilegiare la ricerca col materiale sonoro su quello
dellorganizzazione sintattica; c) la linea che si pone
[
] in atteggiamento "ricettivo" rispetto agli
altri linguaggi musicali» (cita Bartók, Stravinskij,
Schönberg, Berg e soprattutto Ives) e ricorda come tra gli anni
50 e 60 questa linea fosse fuori moda tranne alcuni
suoi pezzi «scandalosi» per poi tornare alla ribalta dalla
seconda metà degli anni 60. «d) la linea che presenta,
accanto a eventi propriamente sonoro-musicali, altri eventi
"extra", in particolare il gesto e la grafia autonoma -
si tratta in particolare di estrarre e porre in rilievo i momenti
non-musicali del far musica (i movimenti corporei o gli elementi
visivo-grafici)».Possiamo citare in particola i pezzi gestuali (Negativo,
Esercizi, etc.) e quelli in cui la "forma"
grafica assume un particolare rilievo (Variazioni 2,
Variazioni 3, Pentalfa, Klaviatura, Rota).
Aggiunge Guaccero: «Sintende che le linee di cui ho
parlato non si presentano nella produzione concreta dei
compositori che raramente separate luna dallaltra
anche se può ben esserci una preminenza delluna
sullaltra». (Sulla tradizione del teatro musicale,
in AA. VV., op. cit., p.183).
E lo stesso autore a considerare unitariamente
laspetto teorico e pratico delle osservazioni sulla grafia
musicale, spiegando quali risultati abbia ottenuto nelluno
e nellaltro campo. Nellambito della riflessione
teorica i risultati della ricerca sulla «musica grafica» si
trovano in tre scritti spesso citati dallautore: Lalea
da suono a segno grafico (1961), Per un fondamento critico
delle grafie aleatorie (1961) e Contributo alla de
composizione (1973) (6).
Nei primi la «musica grafica» viene studiata «come uno degli
esiti dellalea, sia come interscambio con le arti visive
sia come conseguenza della crisi del linguaggio post-tonale» (Intervista
a Domenico Guaccero, a cura di D. Lombardi, «Visual», I,
n.1, 1977, p.2 del dattiloscritto) e viene tentata una
classificazione delle grafie storiche «combinando un ordine
logico e un ordine storico e tenendo conto delle reciproche
ripercussioni fra sintassi e grafia musicale». Con il saggio del
1973 Guaccero considera acquisita e forse conclusa
lesperienza grafica: esaminati in breve «i problemi del
rapporto fra linguaggio musicale e non, segno grafico e musica
(specie la neue Musik [
])» «una volta convenuto
sullimportanza della grafia nella nuova musica come momento
di ricerca e dinterdisciplina, una volta assunto che il
"negativo" era ed è nelle "autonomie non
relazionate" ossia negli sviluppi non dialettici in ogni
campo [
], anche la grafia musicale quando si assolutizzava
cadeva nel "negativo"» (ibidem, p.3). Ovvero viene
accentuato il carattere primario del "far musica"
(della sintassi musicale) sulla grafia «intesa questa come
proliferazione, escrescenza, tentativo di uscire
dallimpasse della musica davanguardia nella direzione
di un "altro-dal-suono", la grafia, appunto» (Appunti
teorici sulla grafia aleatoria, cit., p.16). La soluzione:
«risalire dalla grafia alla sintassi, al linguaggio» fino al
ruolo dellintellettuale che «deve prendere posizione nello
scontro fra reazione politico-culturale e forze di rinnovamento»
(Intervista a Domenico Guaccero, cit., p.3). Ancora una
volta considerazioni sociali.
Dicevamo che anche lo studio della grafia musicale si è svolto
non solo in ambito di «riflessione critica», ma anche in quello
propriamente compositivo, da un lato con la ricerca di nuovi
segni che realizzassero nuove possibilità esecutive,
(«allinterno di un impianto grafico comune a molti
compositori») con i segni indicanti i quarti di tono, i
glissati, clusters, etc., sebbene con lintenzione di
ottenere «una certa sistematicità ed evidenza sia del segno
grafico, sia del suo rapporto con le operazioni, manuali e
percettive che doveva compiere lesecutore» (è il caso ad
esempio della scala delle intensità), dallaltro
«nellambito di grafie la cui problematica esulava dalla
stretta necessità» di quella particolare finalità (ibidem,
p.1).
Ma dei due processi che si sono influenzati reciprocamente uno
«è il processo di indicare con dei segni grafici delle
strutture musicali che posso definire non tanto aleatorie quanto
non puntualmente determinate»: è ad esempio il segno unico
della grafia sintattizzante omnicomprensiva di diverse
indicazioni, come il registro, larticolazione ecc. Questo
segno permette di «raggiungere un equilibrio fra il tanto
possibile di "precisione" per eventi sonori non
puntuali e una evidenza e globalità sintetica del segno
grafico» (ibidem). Il secondo processo a cui fa riferimento
Guaccero, «con il quale quello precedentemente descritto ha
interagito, è quello di un simbolismo grafico riferentesi alla
totalità del pezzo» (ibidem, p.2). Esemplifica con alcuni pezzi
di Brown, Cardew e Bussotti, con i quali i lavori di Guaccero
hanno in comune «un certo pittoricismo (validità quasi autonoma
del pezzo-come-quadro), sia il riferimento preciso a eventi
grafici presenti nella storia delle arti visive» (ibidem) e
mette in relazione la struttura grafica di Variazioni 2
con Klee. Ma sempre secondo lautore, queste opere hanno una
specificità che consiste: «a) in precise delimitazioni
dellindeterminato (casualità o alea che sia); b) nel
rapporto fra grafia e risultato sonoro basato su processi tecnici
e razionali e non su suggestioni visive da tradurre in suono per
autonome associazioni psichiche; c) in un simbolismo visivo, che
in quei lavori trae origine da simbolismi iniziatico-ermetici (e
non "mistici"), in modo che levento grafico valga
per lesecutore e, ove possibile, per il pubblico, come
componente dellapprofondimento del significato
dellopera; in linea di principio la partitura grafica può
valere anche di per sé (trasmette lo stesso significato) senza
bisogno dellesecuzione, e potrebbe esserci,
allesecuzione sonora, una sorta di sinestesia audiovisuale,
in maniera che suono e visione si integrino vicendevolmente»
(ibidem). Un quadro, e tale era quello incorniciato a casa di
Guaccero, ed anche un "mandala" su cui meditare, per
scoprire attraverso la simbologia rappresentata un ulteriore
significato dellopera. I lavori più schiettamente
simbolici (esoterici, di "simbolismo iniziatico") non
sono molti: quelli composti tra il 64 e il 68, citati
dallautore, Klaviatura, Pentalfa, Variazioni
2, Variazioni 3, Rappresentazione et esercizio,
alle quali noi aggiungiamo Rota, quale percorso iniziatico
dei tarocchi. Una verifica ancora una volta della
"storia", anche se più o meno segreta,
nellesperienza personale, tenendo ben presente che queste
composizioni «non volevano essere che la parvenza esterna,
quindi intellettuale e razionale, non emotiva, di
"conoscenze", che andavano (o andrebbero) sperimentate
con tuttaltri strumenti» e tuttaltri luoghi (ibidem,
p.4).
«In quei pezzi cè uneco del mio interesse per
lesoterismo iniziatico e mi veniva quindi naturale
rimandare musica e grafia (la musica-come-quadro) a quella comune
matrice simbolica» (ibidem, pp.3-4). In tal senso, sia la grafia
che la musica erano eteronome. «Ci tengo a precisare che quei
pezzi, con quella grafia, non avevano affatto lintento,
notevolmente mistificatorio in vari pezzi che in anni successivi
sono stati scritti di "elevare misticamente"
luditorio, o di "modificarne gli stati di
coscienza", dal momento che tali operazioni, quando si
vogliono fare per bene, hanno le loro appropriate e severissime
sedi» (ibidem, p.4).
Ancora una volta loggettivo e il soggettivo in
correlazione; linterno e lesterno agenti luno
sullaltro e luno per laltro. Non si può
dimenticare lo schema realizzato in L"Alea" da
suono a segno grafico (in AA. VV., Op. cit., pp.88-89) nel
quale alla colonna B) «levoluzione dellesperienza
estetica, riferibile a tutte le "persone" operanti
lungo larco degli eventi musicali è distinta in esperienza
interna ed esperienza esterna e il punto di partenza per entrambe
è il suono. Ciò vuol dire che per unesperienza estetica
il prius è lesperienza sensoria più immediata e
lesperienza del suono interno deve sempre riferirsi
allesperienza del suono esterno ossia allesperienza
sensoria del suono. Una volta distinti i due campi di esperienza,
interna ed esterna, e una volta assolutizzati, mentre dovrebbero
essere mediati (ecco il "riferimento al suono esterno"
che dovrebbe mediare interno e esterno), lesperienza
estetica evolve verso una progressiva perdita
dellesperienza sonora, cioè verso lindistinzione fra
operazione mimica e operazione sonora [
] e
lindistinzione fra intuizione pittografica e intuizione
sonora [
]. Il decorso inverso è levoluzione della
connessione sintattica, la quale parte dallo stadio del
comportamento esecutivo, cioè del gesto, prima indistinto, poi
più distinto sino al gesto mirante a un esito sonoro, e si fissa
in segni grafici (grafia), anchessi prima indistinti poi
più distinti sino alla grafia mirante a far realizzare un
preciso esito sonoro. Come per levoluzione
dellesperienza il ponte fra interno ed esterno è dato da
uno schema preconscio (lo schema trascendentale kantiano? o uno
schema gestaltico?), così il ponte fra gesto (operazione per
lesterno) e grafia (operazione per linterno) è dato
dallo schema sintattico o linguistico. Potremmo quindi immaginare
una circolazione partente dallesperienza sensoria del suono
e mediata tramite lo schema preconscio, che giunga man mano alla
grafia; mentre contemporaneamente lesperienza del suono
interno (sempre mediata tramite lo schema preconscio) si
riscarica nel suo esterno, per raggiungere lesperienza
gestuale. Dallesperienza grafica e gestuale, mediate dallo
schema sintattico, si dipartono le linee che riconducono
nuovamente al suono, questa volta organizzato sintatticamente.
Quando il movimento avviene invece a binario unico, quando cioè
lesperienza estetica vuole prescindere dalla connessione
sintattica, allora dal suono interno si giunge alla grafia
assolutizzata, passano per diversi stadi intermedi, e dal suono
esterno si giunge al gesto assolutizzato [
]».
Un ultimo punto a cui fare riferimento è linteresse agli
argomenti a carattere sociale, delineati soprattutto negli
interventi pubblici a convegni e dibattiti organizzati da diversi
quotidiani e nelle interviste. E se è vero che i temi più
espressamente (esplicitamente) sociologici vengono trattati in
altri testi (7), vediamo come molto spesso considerazioni
squisitamente tecnico-filosofiche danno vita a riflessioni sulla
realtà sociale: ancora una volta il problema musicale (di
qualunque tipo esso sia) non si insterilisce in un ripiegamento,
ma si volge allesterno, e non di certo in unattesa
messianica, ma in una concreta azione sociale.
I punti di approfondimento quasi sempre ricorrenti: la frattura
tra pubblico e musica contemporanea, il ruolo del compositore e
della classe intellettuale e politica dirigente, lazione
che i media possono svolgere per favorire lavvicinamento
alla musica "colta" e la funzione determinante della
educazione e quindi della scuola. Esemplificativo è
lintervento al dibattito proposto da «Il Paese», nel
1961, fra i suoi primissimi scritti, nel quale Guaccero espone
chiaramente e con grande forza quelli che lui considera i motivi
e le cause fondamentali della situazione in cui versa la musica
contemporanea e soprattutto suggerisce alcune soluzioni, che
hanno, ahimé, tuttora la loro validità (Diffondere con i
nuovi mezzi prodotti musicali intelligenti a ogni livello,
«Il Paese», 16 maggio 1961): «la frattura dalla parte del
pubblico verso la musica contemporanea [
] non è e non può
essere di tutto il pubblico» perché «si può spiegare con
lestrema articolazione di strati diversi e sovrapposti, di
cui è composta la massa: ragion per cui vi saranno sempre
ascoltatori di differente livello [
]. Ed è inutile voler
colmare la frattura con queste maggioranze (perché i
non-profondi saranno sempre maggioranze), se non nel senso di
influenzare indirettamente le loro cognizioni o i loro gusti
[
]. Non si tratta quindi di proibire la formazione di
élites (e di linguaggi di élites), si tratta invece di formare
élites (e linguaggi di élites) organicamente legati con stadi a
vario livello. Il mezzo più idoneo, per la cultura musicale, a
formare e ampliare élites a vario livello è, daccordo, la
scuola musicale per tutti. [
] Ma la scuola non può tutto.
Direi che non può far niente se la società continuerà a
produrre anticorpi efficacissimi per neutralizzare le più
lodevoli iniziative». Le case discografiche, i mass media hanno
più potere di diffusione di quanta non ne abbiano mai avuta,
però bisogna stare in guardia «quando questo rispetto dei gusti
del consumatore non diviene il comodo paravento per sottrarsi
alla guida della classe diretta, sempre meno beota di quanto non
si vuol far credere, o peggio, per coprire ampi movimenti
dinteresse non proprio spirituali». Lesistenza di
questa frattura «è una constatazione di fatto, che non si
riferisce solo al pubblico italiano, sebbene da noi la situazione
sia più aggravata dal diffuso analfabetismo musicale». Occorre
però dare una definizione di «quello che è produzione e
consumo della musica, di quello che si intende o si è inteso per
"pubblico" nella varie epoche, del rapporto fra musica
di élite e musica di massa, fra musica e civiltà e cultura ecc.
Come si vede, una somma di relazioni intricatissime implicanti
lintera storia culturale e civile del mondo
contemporaneo». Insomma il volgersi indietro, alla storia, alla
riflessione dialettica sui fatti storici, non può prescindere
dallessere presenti in questa società, e da una
valutazione della propria azione allinterno della comunità
sociale. «Una nuova sintesi linguistica dovrà fondarsi su una
nuova sintesi sociale, su una nuova convivenza civile, una
convivenza veramente umana e non da lupi bramosi» (Problemi
di sintassi musicale II, cit., p.56). Questo senza alcun
dubbio il fine ultimo dellazione di Guaccero e il suo
testamento umano. Tutta lattività speculativa, ideologica,
compositiva deve essere finalizzata alla rinascita
dellindividuo, della società, dellespressione
artistica che, non essendo più fatto straordinario, diventi essa
stessa vita. [
]
(2) Troviamo queste
parole sia in Rappresentazione et esercizio (1968) che
in Il sole e l'altre stelle (1982-83). Per maggiori
informazioni cfr. Catalogo delle opere.
(3) Tutti gli
argomenti presi in considerazione in questa prima parte vengono
affrontati principalmente in Problemi di sintassi musicale I,
«Ordini. studi sulla nuova musica», I, n.1, luglio 1959; Prolemi
di sintassi musicale II (inedito), 1960; Una conclusione
provvisoria, «Collage. Dialoghi di cultura. Rivista
trimestrale di nuova musica e arti visive contemporanee», Nuova
serie, II, n.1 (7), dicembre 1963. Per i testi raccolti nel
volume: AA. VV., di Domenico Guaccero prassi e teoria,
Op. cit. , si farà riferimento a questa fonte anziché ai
singoli scritti.
(4) «Per il fatto
che l'arte [...] vive tra gli uomini, essa istituisce fra di loro
una relazione, una comunicazione». Problemi di sintassi
musicale II, cit., pag. 51.
(5) Troviamo un
accenno ad un'epoca del "fare" in diversi appunti del
maestro e supponiamo che si riferisca a quel particolare livello
a cui, secondo alcune dottrine, giunge l'uomo che ha superato
alcuni stadi del cammino iniziatico e che quindi può intervenire
nel "farsi" delle cose.
(6) Postilla sul
teatro musicale, «Duemila», II, n. 6, 1966, anche in AA.
VV., Op. cit., pagg. 167-179.
(7) Rispettivamente in «La Rassegna
Musicale», XXXI, 1961; «Il Marcatre», n. 6-7, 1964; Atti
del Symposium Internazionale sulla problematica della grafia
musicale, Istituto Italo Latino Americano, Roma 1972. Questi
ultimi due articoli sono stati rupubblicati in AA. VV., Op. cit.,
pagg. 96-110 e pagg. 111-146. Per altri testi che trattano quegli
stessi argomenti rimandiamo alla Bibliografia generale.