La Francia della seconda repubblica all’impero (1848-1852)
I moti, o meglio i tentativi rivoluzionari del 1848, ebbero una diffusione e una violenza che solo la rivoluzione francese era riuscita a manifestare in precedenza. Il coinvolgimento della popolazione cittadina, ove si verificarono rivolte, fu pressoché totale. Sebbene le rivolte non ebbero pieno successo, nella maggior parte dei casi esse mutarono più o meno radicalmente la situazione politica dei paesi in cui si verificarono.
Come era avvenuto già nel 1830 il centro propulsore della rivolta fu la Francia.
Il paese aveva ritrovato stabilità dopo la rivoluzione di Luglio (1830), che aveva portato sul trono il re apparentemente liberale Luigi Filippo d’Orleans. Ma alla fine degli anni’40 la Francia viveva una situazione assai difficile, sia dal punto di vista politico che economico.
L’industrializzazione aveva ormai creato anche in Francia, come in Inghilterra, una classe di operai poveri, questa classe tuttavia al contrario di quella inglese godeva del diritto all’istruzione elementare obbligatoria, grazie alla legge Guizot del 1833.
La maturazione politica del proletariato francese conduceva, come conseguenza, ad una battaglia per l’ampliamento dei diritti politici nel paese. La costituzione infatti prevedeva che solo 200.000 persone avessero il diritto al voto, questa situazione censitaria dell’elettorato era stata accettata passivamente dalle classi povere molte volte nella storia francese, come durante la rivoluzione o ancora nel 1814 e nuovamente nel 1830, ma l’istruzione di massa metteva in crisi un sistema che non concedeva a cittadini consapevoli il diritto di voto. Negli anni ’40 cominciò quindi una dura battaglia politica intorno alla concessione del suffragio universale, centro di questa battaglia erano i “banchetti” tenuti da molti politici di sinistra. La monarchia era dichiaratamente ostile ad un ampliamento della base elettorale, perciò il re cercava in ogni modo di impedire la diffusione delle idee che potessero condurre ad un sistema basato sul suffragio universale, a far perdere inoltre consensi alla monarchia era l’incapacità di risolvere la crisi economica che attraversava il paese.
A metà Febbraio 1848 un banchetto politico venne proibito dal governo, stanco delle richieste filo-democratiche che venivano riproposte in queste sedi. Per tutta risposta il 22 Febbraio al banchetto si sostituì una manifestazione di massa alla quale aderirono gran parte degli artigiani e degli operai parigini, il giorno dopo la piccola borghesia scese in piazza indossando l’uniforme della guardia nazionale chiedendo l’ampliamento della base elettorale. Nella notte fra il 23 e il 24 i rivoltosi e l’esercito si scontrano per le strade di Parigi, i soldati alla fine decisero di schierarsi dalla parte dei ribelli e fu la rivoluzione. Re Luigi Filippo abbandonò Parigi e la Francia esattamente come aveva dovuto fare il suo predecessore Carlo X, andandosene il re abdicò in favore del conte di Parigi, un bambino di nove anni, che il parlamento rifiutò di nominare sovrano.
All’Hotel de Ville nel frattempo le forze rivoluzionarie formavano il nuovo governo repubblicano, vennero redatte due liste, una con esponenti liberali e moderati e una contenente nomi di esponenti socialisti, le due liste vennero fuse e nacque il governo provvisorio della seconda repubblica francese, fra questi vi era il primo operaio arrivato al potere in Europa: Albert.
Il governo provvisorio doveva fare i conti con la difficile situazione economica che il paese attraversava da anni. La principali problematiche erano due: per prima cosa bisognava provvedere al risanamento delle finanze pubbliche per rilanciare la crescita economica, secondo bisognava porre rimedio all’altissimo tasso di disoccupazione che c’era negli strati popolari, specie a Parigi il governo doveva fare i conti con una massa di proletari indigenti.
La soluzione del governo provvisorio a questa situazione fu l’aumento delle tasse del 45% che valse a risanare la finanza pubblica, mentre nel contempo venivano creati i cosiddetti “atelier nazionali”, fabbriche di proprietà dello stato destinate ad assorbire la disoccupazione, venne inoltre creata una commissione per il lavoro a capo della quale furono posti Louis Blanc e Albert, scopo della commissione era quello di occuparsi dei problemi dei lavoratori francesi. In realtà i socialisti speravano nella creazione di un vero e proprio ministero, ma i repubblicani moderati impedirono la sua creazione. Le elezioni per l’assemblea nazionale preposta redigere la nuova costituzione, da tenere a suffragio universale, furono fissate per il giorno 23 aprile, venne inoltre attuata una riforma del sistema elettorale per sfavorire i campanilismi e i localismi, le liste elettorali vennero redatte infatti su base dipartimentale.
Il risultato delle elezioni fu a favore della maggioranza moderata, che già governava di fatto la Francia nel governo provvisorio. Ma ben presto iniziarono a manifestarsi i dissapori delle correnti socialiste presenti soprattutto negli ambienti operai, già poco dopo le elezioni si verificarono quindi scontri tra operai e il governo, come a Rouen il 26 Aprile, dove la folla venne caricata dall’esercito causando una decina di morti fra i manifestanti.
In realtà ciò che emergeva maggiormente dal risultato elettorale era la divisione che separava la Francia rurale e moderata, in molti casi filo-monarchica, da quella di Parigi repubblicano-socialista.
Una divisione che era destinata a esercitare profonda influenza su quelli che sarebbero stati i destini della repubblica francese.
Alle elezioni complementari del 4 Giugno entrarono in parlamento quelli che poi saranno alcuni degli esponenti più importanti dell’800 francese: Thiers e Luigi Napoleone.
Il 21 Giugno la maggioranza moderata decise di chiudere gli opifici nazionali, imponendo ai lavoratori la scelta fra la disoccupazione, l’arruolamento o l’impiego in opere di bonifica nella Sologne. La reazione dei proletari parigini fu immediata il 22 Giugno sorsero le prime barricate e il giorno successivo la metà orientale della città, quella dove si concentravano i ceti popolari, era di fatto in rivolta contro il governo nazionale. Il generale Cavignac, esponente moderato, comandante della guarnigione cittadina scelse di prolungare i tempi della repressione, in modo che la rivolta potesse estendersi e di conseguenza la reazione dell’esercito e della guardia nazionale potesse essere più violenta. La manovra ebbe effettivamente successo e quando l’esercito cominciò a muovere contro i ribelli si trovò di fronte ad una dura resistenza, le giornate dal 24 al 26 vedono la Parigi popolare sulle barricate da una parte e l’esercito dall’altra, alla fine Cavignac riuscì ad avere la meglio sia sugli operai sia sui suoi oppositori politici, infatti il 24 Giugno l’assemblea nazionale decise di affidargli i pieni poteri esecutivi diventando nel contempo presidente della repubblica e presidente del consiglio.
Dopo le sanguinose giornate di Giugno la costituente proseguì nel suo lavoro e infine il 4 novembre la nuova costituzione venne resa pubblica. La Francia optava per un regime presidenzialista su modello americano, accanto alla camera unica eletta a suffragio universale ogni tre anni vi era l’esecutivo con a capo il presidente, questi era eletto ogni quattro anni e poteva detenere il potere per un solo mandato, inoltre era nel contempo capo del governo e capo dello stato, infine l’organo supremo del ramo giudiziario divenne la neocostituita Corte Suprema. Come nel sistema degli USA vi era un forte accentramento del potere attorno alla figura presidenziale, il limite ad un solo mandato avrebbe dovuto in teoria limitare il potere di eventuali figure forti.
Immediatamente dopo la redazione della nuova costituzione nei vari schieramenti politici si aprì il dibattito sugli eventuali candidati da presentare. I moderati, legati agli scrittori della costituzione, presentarono come candidato il generale Cavignac, erano infatti convinti che la sua popolarità dopo la repressione dell’insurrezione parigina potesse condurli alla vittoria.
D’altro canto la destra, legata agli ambienti più conservatori e vicini alla vecchia monarchia, mal sopportava il regime repubblicano; il partito dell’ordine quindi scelse un candidato che secondo Thiers, maggiore esponente del partito stesso, avrebbe dovuto essere facilmente controllabile a causa della sua posizione economica (era pieno di debiti), ma che grazie al suo carisma e al suo retaggio avrebbe conquistato i voti dei conservatori e dei bonapartisti, si trattava di Luigi Napoleone, nipote dell’imperatore Napoleone I.
Il 10 dicembre 1848 i francesi elessero Bonaparte con 5.434.000 voti, contro i 1.448.000 di Cavignac e gli appena 371.000 di Ledru-Rollin candidato di punta della sinistra. Il risultato del voto rifletteva sostanzialmente la voglia del paese di allontanarsi dalle esperienze del governo provvisorio e dei socialisti, si trattò di un improvviso ritorno a destra della Francia. Il 20 dicembre Napoleone si insediava come primo presidente della seconda repubblica eletto dal popolo, immediatamente si diede luogo a un cambiamento del personale amministrativo a tutti i livelli, in modo che il neo-presidente potesse controllare al meglio lo stato direttamente da Parigi, gli esponenti repubblicano moderati e socialisti vennero allontanati quando possibile da posizione di potere, di fatto era in atto una reazione non solo anti-socialista, come quella di Giugno, ma persino anti-repubblicana.
Il ruolo reazionario della presidenza di Luigi Napoleone è dimostrato dall’intervento che attuò nello Stato Pontificio, qui infatti i repubblicani italiani s’erano impossessati del potere dando vita a uno stato repubblicano, la repubblica Romana, di impronta democratica sulla base delle idee di Giuseppe Mazzini. Napoleone decise di tutelare il potere del pontefice e il 3 luglio 1849 le truppe francesi, che avevano preso Roma dopo un mese di assedio, proclamarono decaduta la repubblica e ripristinarono il potere temporale del papa.
Il nuovo regime si adoperò immediatamente contro le forze socialiste e in generale contro gli oppositori politici, vennero emanate leggi contro le riunione pubbliche e la stampa libera e infine il 31 maggio 1850 veniva abolito il suffragio universale. Presto le intenzioni di Bonaparte divennero chiare, il giovane presidente non voleva assolutamente lasciare il potere nel 1852 come previsto dalla costituzione, ciò lo condusse alla rottura con il partito dell’ordine e con i suoi precedenti alleati. Ma il carisma del futuro imperatore era assai forte e dalla fine del 1850 e per tutto il 1851 egli si dedicò a coltivare la sua popolarità specie fra l’esercito e gli strati popolari, tant’è che decise l’annullamento della legge del 31 maggio e ripristinò il suffragio universale, il che gli valse non pochi sostegni presso gli strati popolari a cui l’idea dell’impero napoleonico stava pur sempre cara.
Napoleone provò a riformare la costituzione per poter ottenere un secondo mandato, ma la revisione prevedeva una maggioranza di due terzi presso la camera, il che rese impossibile qualunque proposito di riforma in quanto le forze di sinistra e i monarchici di Thiers superavano abbondantemente il terzo della camera. L’impossibilità di ottenere il potere in maniera democratica indusse il presidente a pensare ad una soluzione più radicale: il colpo di stato.
Il 2 dicembre 1851, una data assai simbolica perché vi ricorreva l’anniversario dell’incoronazione imperiale di Napoleone I e della vittoria di Austerlitz sugli austro-russi, l’esercito circondò la capitale, le stamperie vennero messe sotto controllo delle forze militari e si provvide all’arresto dei principali oppositori politici: Thiers e Changarnier. Parigi venne tappezzata di volantini e manifesti rivolti alla popolazione nei quali si annunciava il programma del presidente: scioglimento dell’assemblea legislativa, plebiscito e riforma della costituzione.
I rappresentanti parlamentari che sfuggirono all’arresto cercarono di adoperarsi per una reazione e il 3 dicembre nuove barricate sorsero nelle strade di Parigi, ma si trattava di una reazione assai limitata. I popolani infatti erano ostili a quei parlamentari che avevano revocato loro il suffragio universale nel maggio del ’50, e l’esercito già la sera del 4 aveva ripristinato l’ordine in città. Nelle grandi città la reazione repubblicana fu simile a quella parigina, anche perché l’esercito ne aveva assunto immediatamente il controllo impedendo eventuali rivolte. Diversa fu la reazione della campagna, qui si verificarono sommosse che richiesero un duro intervento dell’esercito che ne ebbe ragione solo fra il 9 e 10 dicembre. Curiosa è la distribuzione delle rivolte nella provincia perché riflette le diversità politiche delle regioni francesi, nel nord e nell’ovest non si verificarono quasi fermenti, mentre l’attività repubblicana fu viva e attiva nel centro del paese (l’alta valle della Loira), nell’Aquitania e nel sud-est mediterraneo ovvero l’area che va dal Rodano ai Pirenei.
Il 21 dicembre 1851 un plebiscito, tenuto sotto la minaccia delle armi in alcune regioni, sanciva quasi all’unanimità la riforma costituzionale voluta dal Napoleone aumentando notevolmente i poteri del presidente. La via alla proclamazione dell’impero era spianata e favorita dal consenso di cui il Bonaparte godeva, inoltre proprio nel 1852 la Francia iniziava la ripresa economica, dovuta in parte alla congiuntura internazionale in parte all’azione del nuovo governo, si giunse così il 21 novembre del 1852 ad un nuovo plebiscito con il quale Napoleone veniva accettato dai francesi come loro nuovo imperatore, per poi essere proclamato definitivamente tale il 2 dicembre 1852.
Con l’incoronazione si conclude il ciclo della seconda repubblica iniziato nel 1848, pieni di speranze erano i riformisti agli inizi di questa “avventura” ma l’eccessivo zelo dei socialisti, come dimostrava la creazione degli opifici nazionali, riguardo la tutela del popolino parigino inimicò da subito il nuovo regime alla massa delle campagne. La strada venne spianata così dapprima alla reazione conservatrice e moderata e infine al bonapartismo populista di Luigi Napoleone.Va anche detto che il ’48 francese però fu l’unico in Europa che portò a cambiamenti immediati e definitivi, oltre che il punto di partenza per la stagione rivoluzionaria che investì il continente.