I
TRE SANTI DE IAZO
“I tre santi de iazo” è il titolo di una poesia satirica in diletto
triestino scritta da un certo Argimiro Savini. Essa descrive le conseguenze
sulla popolazione del capoluogo giuliano dell’improvviso abbassamento della
temperatura che si verifica con puntualità sconcertante alle date del 12, 13 e
14 maggio. I santi in questione, nell’ordine, sono S. Pancrazio, S. Servazio e
S. Bonifazio.
Intorno alla metà di maggio effettivamente si assiste ad un improvviso
ed imprevisto abbassamento delle temperature che ormai si stavano avviando verso
valori decisamente estivi. L’abbassamento della temperatura non è casuale e
in effetti ha una giustificazione scientifica che va ricercata nella repentina
fusione di grandi masse di neve e di ghiaccio che si erano accumulate durante
l’inverno sulle nostre montagne e sulle regioni della Europa settentrionale.
Ora, come tutti sanno, il passaggio di un corpo dallo stato solido a quello
liquido avviene con assorbimento di energia in quanto lo stato liquido ha un
contenuto energetico maggiore di quello solido: è noto infatti che per fondere
un solido bisogna scaldarlo. Nel caso del ghiaccio e della neve che diventano
acqua l’energia per questo cambiamento di stato viene sottratta all’ambiente
esterno che di conseguenza si raffredda. Questo è il motivo per il quale si
abbassa la temperatura dell’aria in corrispondenza delle date in cui si
festeggiano i tre santi del ghiaccio.
Un fenomeno analogo ma contrario si verifica in autunno quando hanno
luogo le prime abbondanti nevicate in montagna e nelle regioni del nord Europa.
In quei giorni, poiché si ha il passaggio da acqua a ghiaccio, cioè da uno
stato fisico della materia con più energia ad uno con meno, viene messo in
libertà il surplus energetico sotto forma di calore che va a riscaldare
l'ambiente circostante. Il fenomeno coincide con la cosiddetta "estate di
S. Martino" (11 novembre). Ed ecco la poesia:
'sto bruto inverno!
ficar suso,
Inveze qua
se no xe
pronto,
xe ancora un tochetin!
pronto un rafredor!
Fa un fredo can,
E quanti in giro za
che guai se 'l fussi eterno.
che storzi el muso
Ma intanto
perché no i spuza ancora
consolemose un fiatin;
de sudor!
xe el solito
No xe po' in fin
tran-tran de ogni ano:
de far 'ssai meravee
co par
el
calendario parla
che de l'inverno semo fora,
s'ceto e neto!
fra copa e colo, Vardè
le date
senza far gran dano,
ve s'ciarirè le idee:
tre giorni vien
ve accorzarè che 'l xe
con fredo, piova e bora!
propio perfeto!
Se iera za vestidi
Xe quei tre santi
più legeri:
che no fala mai:
capoti al monte,
San Pancrazio, Servazio
o messi in naftalina!
e Bonifazio!
A
ciapar sol
Xe colpa lori tre
se 'ndava volentieri,
de 'sto zavai:
sui monti atorno
i vol che per sudar
o pur zo per marina!
paghemo el dazio!
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