LA STRUTTURA GEOLOGICA D'ITALIA
1.
LE ALPI L'attuale struttura geologica dell'Italia deriva
essenzialmente dall'orogenesi alpina, detta anche alpino-himalaiana o alpidica.
Si tratta di un complesso di deformazioni e di accavallamenti degli strati
rocciosi, che è iniziato nel Cretaceo (circa 100 milioni di anni fa) e si è
concluso praticamente nel Miocene (circa 15 milioni di anni fa) anche se alcuni
contraccolpi, di non secondaria importanza, sono tuttora in atto. L'orogenesi alpina si è manifestata a seguito
della collisione della zolla africana con quella europea. Questo scontro
colossale fra due cratoni, cioè fra due grossi blocchi di crosta
terrestre, ha provocato la compressione del materiale roccioso che costituiva il
fondale di un piccolo bacino oceanico chiamato «piemontese-ligure» ampio
probabilmente più di mille kilometri e lungo cinque volte tanto, situato fra la
paleoeuropa e una propaggine dell'Africa occidentale, ora scomparsa, detta «Promontorio
africano» o «Insubria». Le rocce che formavano il pavimento abissale
dell'antico oceano piemontese-ligure erano costituite da crosta sialica
ricoperta da sedimenti provenienti dalle terre emerse. La maggior parte dei
sedimenti che finirono nell'oceano andò però ad accumularsi all'interno di una
profonda fossa, detta con termine tecnico geosinclinale, formatasi per
l'azione di forze orogenetiche di distensione determinate, a loro volta, da
correnti di convezione subcrostali rivolte in direzioni opposte, simili a quelle
che si formano nell’acqua di una pentola posta sul fuoco. Per effetto di
queste forze di trazione il fondo della geosinclinale fu interessato da una
serie di faglie trasformi (fratture trasversali a scorrimento orizzontale) che
provocarono l'emersione di materiale simatico del mantello e lo sprofondamento
della geosinclinale stessa. Tutte le rocce del fondo oceanico, a seguito
della spinta prodotta dal movimento del continente africano contro quello
europeo, si sono compresse e ripiegate su sé stesse e quindi sono state
sospinte sul bordo meridionale del continente paleoeuropeo dove le coltri
rocciose si sono accavallate in modo caotico fino a formare quella che oggi è
la più imponente catena montuosa d'Europa. 2. LA PANGEA Ma l'Italia non è formata soltanto dalle Alpi.
La storia geologica del nostro Paese è molto più lunga e complessa di quella
che ha dato vita alla catena montuosa principale e possiamo farla iniziare circa
duecento milioni di anni fa quando tutte le terre del globo erano raggruppate in
un'unica grande massa detta Pangea (da due termini greci che significano «tutte
le terre») circondata da un unico grande oceano detto Panthalassa (dal greco «tutti
i mari»). La vita della Pangea fu breve perché, subito
dopo la sua comparsa, cominciarono a manifestarsi, sulla superficie, delle
profonde spaccature, la prima delle quali, in senso orizzontale, portò alla
formazione di due grandi blocchi, uno sistemato a nord, chiamato «Laurasia»,
che comprendeva le terre destinate a diventare l'America settentrionale,
l'Europa e gran parte dell'Asia e l'altro sistemato a sud, chiamato «Gondwana»,
che comprendeva le terre che avrebbero formato l'America meridionale, l'Africa,
l'Antartide, l'Australia e l'India. Fra questi due enormi blocchi di terre
emerse si insinuava un oceano sterminato chiamato Tetide, o Mare mesogeo, esteso
dall'attuale Mediterraneo fino al Borneo. Circa 170 milioni di anni fa il settore
occidentale del continente di Gondwana si staccò dal resto a seguito di una
frattura verticale che poi si sarebbe ampliata e riempita d'acqua fino ad
originare l'attuale Oceano Atlantico. L'allargamento di questa frattura determinò
lo spostamento verso est dell'Africa che, scivolando lungo il margine
meridionale di quella che sarebbe diventata l'Europa, produsse l'isolamento
dalla Tetide del già citato piccolo oceano piemontese-ligure, che si venne
quindi a collocare fra la paleoeuropa e il promontorio africano che abbiamo
chiamato «Insubria». Mentre l'Africa si staccava dall'America
meridionale, più a nord l'Europa e l'America settentrionale rimanevano ancora
unite. Successivamente, però, queste terre si disgiunsero e l'Oceano Atlantico
si poté estendere anche nel suo tratto settentrionale. Frattanto l'India si separava dal continente di
Gondwana e cominciava ad andare alla deriva verso nord. Dopo un viaggio di oltre
5.000 kilometri questo piccolo frammento di terra finì la sua corsa contro la
Laurasia schiacciando in un'enorme morsa tutto il materiale accumulato nella
geosinclinale che giaceva a sud del bordo meridionale di quel supercontinente. A
seguito di quest’urto si formò la catena dell'Himalaya. Mentre l'India si muoveva lentamente verso nord,
più ad ovest, il continente africano cominciava a spostarsi verso l'Europa
comprimendo energicamente i materiali che formavano il basamento del piccolo
oceano piemontese-ligure. L'avvicinamento dell'Africa all'Europa si concluse con
un'enorme collisione che causò gli stessi effetti che l'India aveva prodotto in
precedenza scontrandosi con la Laurasia. I materiali della geosinclinale si accavallarono
in enormi falde di ricoprimento vergenti verso nord e lo stesso margine
settentrionale del continente africano finì per scivolare su quello europeo. In
questo modo si vennero a formare le due principali catene montuose italiane: le
Alpi ad est e gli Appennini ad ovest. 3. GLI APPENNINI Gli Appennini quindi, al momento della loro
formazione, si trovavano sistemati in una posizione diversa dall'attuale. Essi
erano disposti, infatti, sul prolungamento delle Alpi e quindi collegavano
questa catena con i monti della Spagna meridionale. Subito dopo la nascita, però,
gli Appennini subirono, nel loro insieme, un'imponente rotazione antioraria con
perno nel golfo ligure. In questo movimento "a spazzola di
tergicristallo" la catena appenninica si portò dietro anche un tratto del
continente europeo che non era stato interessato dall'orogenesi alpina. Questa
piccola zolla di antico continente europeo oggi è rappresentata dalla Sardegna
e da gran parte della Corsica. Al movimento rotatorio della parte meridionale
del paleocontinente europeo fu interessata anche la penisola iberica la quale,
avvicinandosi al lato occidentale della Francia andò a comprimere i sedimenti
che riempivano una piccola depressione posta a ridosso di quel Paese. A seguito
di questo evento si formarono i Pirenei. Ora, poiché la migrazione della catena
appenninica avveniva ad una velocità maggiore di quella che interessava il
blocco sardo-corso, fra i due tratti di terra si aprì una frattura che in
seguito si allargò e si riempì d'acqua formando il Tirreno, che quindi è un
mare molto giovane, essendosi completati, gli spostamenti di cui si è detto,
solo cinque milioni di anni fa. Le deformazioni che hanno dato luogo alla
costituzione della catena alpino-appenninica hanno interessato i sedimenti che
si erano depositati nella geosinclinale, le rocce basaltiche del fondo della
stessa geosinclinale e inoltre le parti marginali dei due blocchi continentali
paleoeuropeo e paleoafricano. 4. LE FALDE DI RICOPRIMENTO Le falde corrispondenti a quella che fu la zona
marginale del paleocontinente europeo sono dette Elvetidi e sono costituite da
sedimenti mesozoici e cenozoici che si erano depositati in corrispondenza della
piattaforma continentale. Queste falde affiorano soprattutto nella parte esterna
delle Alpi occidentali dove ricoprono il basamento sialico del vecchio
continente europeo che oggi affiora in modo discontinuo nei massicci dell'Argentera,
del Pelvoux-Belledonne, del Monte Bianco e dell'Aar-Gottardo. Le falde del continente paleoeuropeo furono
quindi ricoperte dai terreni che si erano accumulati nella geosinclinale del
bacino piemontese-ligure e che erano stati spinti verso nord dal paleocontinente
africano. Questi terreni, unitamente alle rocce basaltiche che costituivano il
fondo della geosinclinale, formano le Pennidi (così chiamate dalle Alpi Pennine
dove appaiono molto estese). Le Pennidi furono, a loro volta, ricoperte dalle
falde del continente africano che ne hanno provocato lo sprofondamento. A
seguito di questo abbassamento, le rocce si vennero a trovare in zone interne
della terra in cui le elevate temperature produssero il loro metamorfismo. La
falda pennidica è infatti caratterizzata anche dalla presenza di un buon numero
di rocce scistose fra le quali le ofioliti, o pietre verdi, derivate dal
metamorfismo delle effusioni basaltiche del fondo della geosinclinale.
La parte corrispondente al bordo del continente
paleoafricano è stata quindi sospinta sulle Elvetidi e sulle Pennidi, subendo
deformazioni assai più evidenti di quelle che hanno interessato il continente
europeo e raggiungendo, soprattutto sul lato orientale delle Alpi, la zona più
esterna. Qui, le falde sovrascorse del vecchio continente africano, coprono
completamente i terreni della geosinclinale i quali affiorano solo in due zone
messe allo scoperto dall'erosione, chiamate rispettivamente «finestra della
Bassa Engadina» e «finestra degli Alti Tauri».
Non tutta la parte corrispondente al bordo del
paleocontinente africano è sovrascorsa sui terreni sottostanti. La porzione
sovrascorsa è rappresentata da un insieme di falde chiamate Austridi, mentre la
frazione che non si è accavallata sulle falde già posizionate corrisponde alle
cosiddette Alpi calcaree meridionali, una serie di catene montuose che
comprende, fra le altre, le Dolomiti. Mentre ad est si formavano le Alpi, ad ovest si
andavano costituendo, sempre a seguito dell'accavallarsi di falde di
ricoprimento, gli Appennini nei quali tuttavia non sono rappresentati tutti i
componenti dell'edificio strutturale alpino. Negli Appennini mancano infatti la
parte esterna delle Pennidi e tutte le Elvetidi mentre sono presenti i terreni
corrispondenti alle porzioni interne della geosinclinale e le Austridi. Il carattere strutturale incompleto degli
Appennini, rispetto a quello delle Alpi, è stato acquisito posteriormente alla
formazione delle due catene. I terreni corrispondenti al bordo del continente
paleoeuropeo si trovano infatti sotto il mare dove sono finiti a seguito dello
sprofondamento tettonico causato dalla rotazione a cui sono stati sottoposti gli
Appennini dopo la loro nascita. Inoltre, passando dalle Alpi agli Appennini, si
nota una profonda diversità nei rapporti fra le falde delle Pennidi e quelle
delle Austridi. Mentre sulle Alpi, come si ricorderà, le falde delle Austridi
appaiono sovrascorse su quelle delle Pennidi, negli Appennini si nota
esattamente l'opposto, ossia l'accavallamento delle coltri di ricoprimento delle
Pennidi su quelle delle Austridi. Ciò è dovuto al fatto che nella zona
appenninica dell'orogenesi, si è verificata la subduzione (sottoscorrimento)
del bordo del continente africano sotto la falda pennidica. Questo fatto ha
comportato anche una diversa localizzazione del metamorfismo in seno alle rocce
delle due catene montuose. Nelle Alpi, infatti, sono state metamorfosate le
formazioni pennidiche, mentre sugli Appennini risultano metamorfosate le
formazioni austridiche. 5. I TERRENI PIU’ ANTICHI Le Alpi e gli Appennini (con annesso il blocco
sardo-corso), rappresentano, senza dubbio, l'ossatura centrale della nostra
Penisola, ma, come vedremo, non sono le uniche strutture geologiche che la
costituiscono. Esistono infatti, nel nostro Paese, territori molto estesi
formati da rocce che hanno avuto origine in epoche antecedenti e susseguenti
quelle che hanno generato la catena alpino-appenninica e che sono stati
coinvolti in processi geodinamici di varia natura. Sono presenti, ad esempio, nelle Alpi orientali,
al di sotto di terreni fossiliferi del Siluriano, alcune rocce scistose e
granitoidi che potrebbero essere di età archeozoica, quindi molto antiche, e
che, per la complessità delle loro deformazioni, prima di venire imprigionate
nella catena alpina, con molta probabilità furono coinvolte in cicli
orogenetici prepaleozoici. Scisti cristallini simili a quelli presenti nelle
Alpi orientali affiorano anche su vaste aree della Calabria, nella parte
sud-orientale della Sicilia e in Sardegna. Questi terreni, forse non sono così
antichi come quelli presenti nelle Alpi, ma sicuramente si possono ascrivere
almeno al Paleozoico inferiore. Terreni, invece, sicuramente del Paleozoico
inferiore, sono presenti in Sardegna e in Carnia dove affiorano rocce del
Cambriano, del Siluriano e del Devoniano ricche di fossili. Questi terreni molto
antichi hanno potuto conservare, pressoché inalterato, il loro prezioso
contenuto paleontologico anche perché non hanno subito notevoli deformazioni
durante le orogenesi precedenti quella alpino-himalaiana. Assai più diffusi sono i terreni del Paleozoico
superiore. Il Carbonifero, ad esempio, è presente, oltre che nelle Alpi
carniche, anche in quelle occidentali e in Sardegna. Sono del Carbonifero, i
cosiddetti «massicci cristallini esterni» delle Alpi occidentali che abbiamo
già ricordato (Argentera, Pelvoux-Belledonne, Monte Bianco ed Aar-Gottardo), e
i «massicci interni» del Monte Rosa e del Gran Paradiso. Anche il Permiano è
ben rappresentato, soprattutto nell'arco alpino, in Sardegna e in Sicilia. In
particolare in Sardegna è presente con formazioni continentali derivanti dalla
demolizione dei rilievi creati dall'orogenesi ercinica. Nelle Alpi orientali
invece il Permiano è rappresentato da vulcaniti e tufi acidi nella cosiddetta
«piattaforma porfirica atesina», della zona di Bolzano. Terreni del Mesozoico inferiore (Trias) affiorano
un po' dovunque e vi si possono riconoscere successioni marine e continentali.
Importanti per la varietà dei litotipi e per la ricchezza dei fossili sono
soprattutto le Prealpi lombarde e le Dolomiti. Il Trias fu anche interessato da
manifestazioni vulcaniche nelle Alpi Giulie, nelle Dolomiti e in Lombardia. Durante il periodo giurassico si ha l'apertura
del bacino oceanico piemontese-ligure e subito iniziano a depositarsi in esso, a
seconda della profondità dei fondali, sedimenti neritici o pelagici. Verso la
fine del periodo si hanno, nel fondo della geosinclinale, le prime effusioni di
rocce basiche ed ultrabasiche che in seguito verranno coperte dai sedimenti e
quindi strizzate e dislocate dalle forze orogenetiche. In questo modo si vennero
a formare le già citate ofioliti o pietre verdi presenti soprattutto
nell'Appennino settentrionale e nelle Alpi occidentali. Nel Cretaceo si verificò una prima fase di
compressione del bacino oceanico e dei materiali in esso contenuti che
cominciarono ad emergere dal mare. In questo modo si formarono una serie di
arcipelaghi stretti e allungati, paralleli fra loro e separati da fosse marine
in via di veloce sprofondamento in cui si andava accumulando il materiale
clastico derivante dalla demolizione delle terre emerse da parte degli agenti
esogeni. Questo tipo di sedimentazione determinò la formazione di una facies
molto tipica che va sotto il nome di flysch. 6. I TERRENI PIU’ RECENTI Nell'era cenozoica, si assiste ad un'evoluzione
accelerata della nostra Penisola con il movimento delle grandi falde di
ricoprimento verso nord. Il fenomeno inizia alla fine dell'Eocene quando i
bacini che separavano gli arcipelaghi erano stati ormai completamente riempiti
dal flysch e il mare cominciava a ritirarsi da vaste aree della regione alpina.
Contemporaneamente si assistette alla compressione della geosinclinale fra il
continente africano e quello europeo con conseguente deformazione e corrugamento
del suo contenuto. La fase parossistica dell'orogenesi alpina può collocarsi
quindi nell'Oligocene, circa 35 milioni di anni fa. Alla fine dell'era cenozoica, nell'area
corrispondente a quella che diventerà la pianura padana, inizia la deposizione
di materiale clastico proveniente dallo smantellamento della catena alpina che
stava emergendo dalle acque oceaniche. Questo materiale generò la molassa,
una formazione rocciosa costituita da arenarie, argille, calcari e conglomerati,
simile al flysch, ma depositatasi in una fase più avanzata dell'orogenesi.
Contemporaneamente all'accumulo dei detriti provenienti dalla catena montuosa in
via di sollevamento, si assistette ad una notevole attività magmatica che portò
alla formazione delle aree vulcaniche dei Lessini, dei Berici e degli Euganei. Frattanto, la convergenza fra la catena
appenninica e quella alpina aveva delimitato un vasto golfo a forma triangolare
con vertice in Piemonte e base in Veneto che poi proseguiva lungo la penisola
bordando il lato degli Appennini rivolto verso l'Adriatico. In questo mare poco
profondo si depositò, durante il Pliocene, la cosiddetta «Formazione
gessoso-solfifera» un insieme di terreni di varia natura contenenti livelli di
gesso e zolfo che affiora lungo tutto l'arco esterno dell'Appennino fino in
Sicilia, mentre nella pianura padana la stessa formazione è ricoperta dai
depositi fluvio-glaciali e alluvionali. Nel Quaternario, infine, la catena alpina, e in
parte anche quella appenninica, sono state ripetutamente ricoperte dai ghiacciai
i quali hanno portato a valle ingenti quantità di materiale morenico che si è
depositato nelle depressioni di fondovalle sbarrando quegli avvallamenti scavati
dai ghiacciai stessi e riempiti successivamente d’acqua che formano gli
attuali grandi laghi subalpini. Successivamente i fiumi che scendevano dalle
Alpi e dagli Appennini hanno provveduto a riempire di materiale alluvionale la
pianura padana e, contemporaneamente, il mare che la inondava si ritirò più o
meno sulle posizioni che occupa attualmente. Prima di concludere è necessario accennare a
quell'intensa attività magmatica che caratterizza il nostro territorio e che,
iniziatasi già nel Pliocene, è continuata poi per tutto il Quaternario e
prosegue anche attualmente. Questa attività è consistita nella messa in posto
di alcuni piccoli plutoni granitici e granodioritici come quelli dell'Isola
d'Elba e del versante tirrenico della Toscana, e vulcanici come quelli di Monte
Amiata e dei Monti Cimini. A questa attività endogena sono legati sia i
giacimenti di cinabro del Monte Amiata, sia le manifestazioni geotermiche di
Larderello. Della stessa età sono gli apparati vulcanici dei
Monti Vulsini e Sabatini, di Vico, di Albano, di Roccamonfina e del Vulture,
mentre più recenti sono le prime manifestazioni eruttive dei vulcani attivi
della nostra penisola: Vesuvio, Vulcano, Stromboli ed Etna. Schema essenziale (che va letto dal
basso verso l’alto) delle Ere e dei Periodi geologici:
fine |