QUANDO
INIZIA UN NUOVO INDIVIDUO? Sempre più spesso, e sempre con maggiore insistenza, si sente invocare il "diritto alla vita" da parte dei movimenti cattolici che ritengono l'esistenza umana qualche cosa di sacro e inviolabile ed allora è lecito chiedersi: “Quando ha inizio la vita?” La risposta è semplice e sorprendente allo stesso tempo: “Mai!” La vita infatti ha avuto inizio una sola volta circa tre miliardi e mezzo di anni fa e da allora non si sono più realizzate le condizioni perché il fenomeno si ripetesse: la vita stessa ha distrutto i presupposti necessari alla propria origine. Possiamo quindi affermare che attraverso la riproduzione la vita non inizia: viene semplicemente trasmessa da un individuo ad altri individui.
Forse allora è più corretto porsi un’altra domanda: “Quando ha
inizio la vita di un nuovo individuo?” In questo caso il biologo risponderebbe
che, se la riproduzione è di tipo sessuato, un nuovo individuo nasce nel
momento stesso in cui il gamete maschile (spermatozoo) penetra in quello
femminile (cellula uovo o ovulo) formando una cellula a doppio contenuto
cromosomico (cioè con il DNA completo), detta zigote. Questa prima cellula si
dividerà successivamente producendo molti miliardi di cellule che andranno a
costituire il corpo adulto. Quasi tutte queste nuove cellule sono simili alla
prima, cioè diploidi; non lo sono invece i gameti, ossia le cellule deputate alla
riproduzione che sono aploidi e pertanto contengono metà dei cromosomi presenti
in tutte le altre. Per la scienza non vi sono quindi dubbi: fin dal momento del
concepimento esiste un nuovo individuo che, senza discontinuità, si svilupperà
per stadi successivi fino ad assumere la struttura definitiva.
Ma il problema
vero, come chiariremo meglio in seguito, non è quello di stabilire quando
inizia la vita di un individuo qualsiasi, bensì decidere quando un individuo
assume caratteristiche umane.
Per quale motivo è così importante e urgente stabilire il momento esatto in cui inizia la vita di un uomo? Tutto nasce in seguito alla pratica (che va sempre più diffondendosi) della cosiddetta “procreazione assistita”, una tecnica tesa a favorire la riproduzione umana che crea però il problema etico e legale della conservazione e della manipolazione degli embrioni. 1.
LA RIPRODUZIONE ASSISTITA In una società in cui con sempre maggiore frequenza si sente invocare l’esigenza di “naturalità” non ci si rende conto che nella vita di ciascuno di noi di naturale non c’è proprio niente. Gli ospedali, le automobili, i farmaci, la luce elettrica e mille altri beni di cui dispongono soprattutto i cittadini che vivono nei paesi industrializzati, non sono prodotti naturali. Ed oggi nemmeno il processo riproduttivo è più naturale: da un lato vi sono le pratiche contraccettive, che consentono di separare la sessualità dalla riproduzione e dall’altro esistono nuove tecniche riproduttive, che rendono possibile la riproduzione senza sessualità. Nella società moderna è sempre meno frequente fra le giovani coppie il desiderio di avere un figlio immediatamente dopo il matrimonio. L’età della procreazione tende quindi a spostarsi sempre più in avanti nel tempo preferendo molti giovani (soprattutto se di sesso femminile) dedicare le loro energie al lavoro e alla carriera, al consolidamento della situazione economica, alla ricerca di una abitazione confortevole e al migliore utilizzo del tempo libero. Avviene però di frequente che quando gli sposi non più giovani decidono finalmente di mettere al mondo un figlio, si accorgano, non senza stupore, che ciò non avviene con la facilità immaginata in precedenza ed allora nascono due sentimenti contrapposti. Da un lato l’angoscia, i sensi di colpa e la depressione e dall’altro la scoperta che anche senza figli si può vivere felicemente. Una coppia di sposi che si convince di non potere avere figli e che non ne fa un dramma apprende che esistono tante altre coppie nella sua stessa situazione da molti anni pur vivendo serenamente la loro vita. Inoltre vengono anche a conoscenza di una lunga serie di inchieste condotte in mezzo mondo che dimostrano come le coppie senza figli invecchino meglio di quelle prolifiche, abbiano rapporti sociali, lavorativi e personali più vivaci, più attivi e come queste relazioni interpersonali si protraggano lungamente nel tempo. In molte coppie però la condizione di infertilità determina ansia, frustrazione, disadattamento: una situazione amplificata ulteriormente da una pressione sociale ancora molto forte verso i giovani sposi. Anche se le nascite sono in calo ci si aspetta da chi si sposa almeno un figlio, perché si ritiene che la presenza dei figli mantenga unito il legame e assicuri la stabilità del matrimonio. La convinzione largamente diffusa che una famiglia sia tale solo se ci sono dei figli crea quindi in alcuni il problema serio dell’infertilità. Occorre pertanto comprendere quali siano i motivi per i quali alcune coppie non riescono ad avere figli.
Le cause possono essere svariate e dipendere
dalla donna, dall’uomo o da entrambi. In un tempo non molto lontano la donna
era ritenuta unica responsabile della sterilità e quindi era sempre lei ad
essere sottoposta ad accertamenti e terapie. Oggi invece si parla di “coppia
infertile” perché i sistemi riproduttivi del maschio e della femmina devono
lavorare correttamente e all’unisono per potere procreare. Non è sufficiente
ad esempio che uno dei due abbia già avuto un figlio per sottrarsi alle
indagini.
L’aumento della sterilità, o per meglio dire della infertilità (perché la prima è una condizione veramente rara) è un problema che investe soprattutto il mondo occidentale ed una delle cause più evidenti è l’innalzamento dell’età media in cui si cerca il primo figlio. La donna raggiunge il massimo della fertilità intorno ai 25 anni, età oltre la quale comincia una riduzione fisiologica del sistema riproduttivo il quale si annulla del tutto con la menopausa. Per l’uomo le cose vanno diversamente in quanto egli non arriva mai ad una cessazione completa della fertilità, ma anche per il maschio dopo i 50 anni le possibilità di procreare sono molto ridotte. Fra le altre cause di infertilità sono da annoverare sicuramente l’aumento delle infezioni genitali sia maschili che femminili e il peggioramento del liquido seminale determinato dall’inquinamento ambientale (estrogeni utilizzati in zootecnia, pesticidi, gas di scarico) e dall'uso di farmaci, droghe, caffè, alcool e fumo; la sterilità femminile in particolare può essere determinata da aborti o dall’uso prolungato di anticoncezionali e infine pure dallo stress. I segnali che provocano la liberazione della cellula uovo dall’ovaia partono infatti dal cervello e di conseguenza uno stress nervoso può alterare un meccanismo fisiologico già di per sé molto delicato. Non sono da trascurare nemmeno i fattori psicologici: non è infatti raro il caso di una coppia che dopo anni di attesa e dopo essere stata sottoposta a diverse terapie in centri specialistici di infertilità, decida di adottare un bambino: si verifica spesso che appena avuto il bambino in adozione la donna rimanga incinta. Quando si sono percorse tutte le strade, diciamo così “naturali”, per avere un figlio non rimane che il ricorso alla “procreazione artificiale”. Svariate sono le tecniche di procreazione artificiale (o assistita) dalle più semplici e banali alle strategie più incredibili, tanto che nella realtà odierna nessun atto naturale è più considerato strettamente necessario per avere un figlio perché questo può venire concepito in laboratorio. In termini più espliciti oggi non è più indispensabile che il maschio attraverso l’atto sessuale deponga il proprio liquido seminale nella vagina della donna per mettere al mondo un bambino in quanto questa operazione può essere fatta artificialmente iniettando, al momento dell’ovulazione, lo sperma attraverso una cannula direttamente in prossimità del collo dell’utero della donna. Ma si può fare molto di più e di meglio. Oggi si possono portare fuori dal corpo umano i gameti maschili e soprattutto quelli femminili e quindi favorirne l’incontro in vitro o, come si dice in termini giornalistici, “in provetta”, e quindi trasferire l’embrione appena formato nell’utero della donna. Si può anche conservare lo sperma di un donatore in contenitori detti “banche del seme” alla temperatura costante di 196 gradi sotto lo zero grazie all’impiego di azoto liquido. Questa tecnica consentirebbe all’uomo di procreare anche quando la sua fertilità dovesse venire meno a causa di qualche trattamento medico o chirurgico irreversibile e addirittura in caso di morte. È successo effettivamente che una donna francese sia stata inseminata con lo sperma del marito deceduto ed abbia quindi messo al mondo un bambino il quale da grande è venuto a sapere di essere orfano di padre già da alcuni anni prima della sua nascita. Oggi paradossalmente è possibile, grazie alle donazioni, che due persone possano generare un figlio senza essersi mai viste. La donna impossibilitata ad ovulare può infatti ricorrere ad ovuli di una donatrice oppure una donna in grado di ovulare ma priva di utero o con utero malformato può fare fecondare i propri ovuli in vitro (anche da spermatozoi di un donatore sconosciuto) e quindi trasferire l’embrione nell’utero di una donna che porti a termine la gravidanza. In questo caso il bambino nato sarebbe biologicamente figlio delle persone che hanno fornito i gameti ma si sarebbe sviluppato nell’utero di una “balia” sui generis. 2.
L’UTILIZZO DEGLI EMBRIONI
Martedì 10 febbraio 2004 è stata varata definitivamente, dopo un lungo
iter parlamentare, la legge che regola la procreazione medicalmente assistita.
All’interno di quella stessa legge è stata anche risolta l’annosa questione
volta a definire lo status dell’embrione: se cioè a tutti gli effetti esso
debba o no essere considerato persona umana, con i diritti che ne conseguono, primo fra tutti
quello alla vita.
Non vi è dubbio che la vita umana debba essere più degna di riguardi e
di diritti rispetto a quella di un qualsiasi altro essere vivente, come ad
esempio di un batterio che può essere distrutto con un antibiotico o di una
fastidiosa zanzara, che può essere schiacciata senza pietà contro il muro. Il
problema è stabilire quale sia il momento in cui un embrione assume
caratteristiche umane. Per i credenti la persona umana è un essere vivente in
possesso dell’anima la quale verrebbe donata da Dio al momento stesso del
concepimento: quindi dal punto di vista della Chiesa già lo zigote avrebbe
dignità di persona umana. Non tutti però, nemmeno fra i cattolici, sono
d’accordo nel fissare l’inizio della vita umana nel momento immediatamente
successivo alla fecondazione dell’ovulo.
Per san Tommaso ad esempio l’anima verrebbe immessa nel
corpo del nascituro alcuni mesi dopo che la donna è stata fecondata: prima di
quel momento – egli argomentava – la materia non è abbastanza formata per
ricevere l’anima. Tuttavia sussistono in merito anche opinioni intermedie,
così ad esempio secondo alcuni esponenti del mondo cattolico l’embrione diviene un
essere umano nel momento del suo impianto, cioè quando attaccandosi alla parete
della cavità uterina esso acquisisce la reale possibilità di svilupparsi e generare
una nuova vita: una possibilità quest’ultima che prima di quell’evento è
solo teorica. Se si accettasse questa proposta l’aborto non dovrebbe essere
consentito mentre sarebbe lecita la fecondazione assistita che prevede anche il
congelamento degli embrioni (o crioconservazione, dal termine greco crýos
= freddo, gelo) e il loro utilizzo per la ricerca. Per la tradizione filosofica occidentale una persona è un essere dotato di autocoscienza, di ragione e sentimento in grado quindi di compiere libere scelte in modo responsabile. Sulla base di questa definizione molti sarebbero i soggetti privi delle caratteristiche di persona umana menzionate in precedenza, tuttavia questo non vuole dire che tutti coloro che non rientrano nella definizione debbano essere soppressi. L’accettazione di una tale definizione comporterebbe però che l’embrione non è una persona come non lo è ad esempio l’agnello o il pollo e quindi non dovrebbe nemmeno possedere i diritti riservati alle persone. Ora – fanno notare i laici – proprio perché non si dispone di verità assolute e di dogmi si evita ad esempio di praticare l’aborto su di un feto all’ultimo stadio di gravidanza, così come si evita di condannare al carcere chi non è nelle piene facoltà di intendere e di volere: vi è sempre il dubbio, in questi casi limite, che si tratti di esseri umani in grado di provare dei sentimenti e delle sensazioni che fra l’altro forse sono presenti perfino in alcuni animali come cani, delfini e scimmie antropomorfe.
La nuova legge, che accetta in pieno le proposte dei cattolici
integralisti, è stata giudicata crudele e ingiusta dai partiti della sinistra e
più in generale dai laici (in verità anche da alcuni parlamentari di area
cattolica che tuttavia l’hanno votata) i quali hanno evidenziato che essa non
rispetta i diversi orientamenti etici, culturali e religiosi presenti nella
società multietnica e multirazziale quale ormai è divenuta la nostra ed hanno
altresì ritenuto che vengano disattesi gli stessi principi costituzionali garantiti da uno
Stato che si definisce laico e pluralista. Vediamo allora quali sono gli aspetti
più significativi di questa nuova legge.
Essa innanzitutto consente il ricorso alla procreazione assistita solo
quando sia accertata l’impossibilità, certificata da un medico, di rimuovere
terapeuticamente le cause di sterilità e infertilità. Quindi la normativa stabilisce che al
trattamento possano essere ammesse solo le coppie di sesso diverso, sposate o
conviventi ma in età potenzialmente fertile ed entrambe viventi; di conseguenza
non sono previsti i single, le nonne-mamma, le coppie gay e la fecondazione post
mortem. La nuova legge vieta inoltre la conservazione degli embrioni ed impone
che una volta fecondato l’uovo debba essere impiantato entro sette giorni e
non possa esserci ripensamento da parte della donna.
In seguito a quest’ultima ingiunzione non viene però indicato in che
modo si debba procedere per costringere la donna che non lo voglia a farsi
impiantare l’ovulo fecondato. Per la verità, proprio a causa del dissenso
sollevato intorno a questo articolo di legge, è stato ad esso allegato un ordine del
giorno che impegna il Governo, quando dovrà emanare le linee guida relative
alla sua applicazione, ad esplicitare che in caso di revoca della volontà di
portare avanti la procedura di fecondazione artificiale non vi sia l’obbligo
coercitivo dell’impianto dell’ovulo fecondato.
Oltre a tutti gli altri divieti la legge non ammette nemmeno la
fecondazione eterologa, cioè la possibilità di ricorrere a donatore o donatrice
esterni alla coppia, anche nei casi in cui non vi sia altra possibilità per
porre rimedio alla sterilità. A proposito di questa limitazione basata su di un
principio etico ancor prima che legale il movimento femminista chiede
(paradossalmente) ai censori della
legge per quale motivo dovrebbe essere più morale per una donna la quale desidera un
figlio, che il marito legittimo non è in grado di darle, andare a letto con
quello della migliore amica, piuttosto che farsi donare il seme da uno
sconosciuto.
La legge infine per evitare la produzione di frutti del concepimento in
soprannumero limita la creazione di embrioni allo stretto indispensabile per un
unico e contemporaneo impianto e stabilisce che il loro numero in ogni caso non
debba essere superiore a tre. Questa ulteriore restrizione unita alla
preclusione del ricorso alla fecondazione eterologa
condanna, di fatto, molte donne a ricorrere ripetutamente alla stressante, e
pericolosa per la salute, stimolazione ovarica nel tentativo di creare nuovi
embrioni. Tutto ciò favorirà, per chi potrà permetterselo, il turismo
procreativo in altri Paesi dove esiste una legge meno restrittiva.
Per i parlamentari di convinzione cristiana che, trasversalmente agli
schieramenti politici, hanno votato la nuova legge si è trattato di una
vittoria del concepimento “naturale” della vita nell’ambito della coppia,
mentre per il movimento femminista e laico quella del voto è stata una giornata
di lutto che ha portato l’Italia indietro di un quarto di secolo, anche perché
essi temono che la nuova legge possa dar luogo alla modifica della 194 sulla
interruzione volontaria della gravidanza (meglio nota come legge sull’aborto).
In realtà la legge sulla procreazione assistita tutela fortemente il
nascituro mentre la donna risulta più sacrificata. Posto che l’embrione sia
da ritenersi un
nascituro avendo esso ben poche possibilità di completare la sua maturazione
mentre la donna è sicuramente un essere vivente. Poche sono infatti le
probabilità per un embrione di impiantarsi e molte quelle di abortire (già in
condizioni normali gli aborti spontanei, quelli di cui spesso nemmeno la donna
si rende conto, rappresentano il 40% degli ovuli fecondati) per cui attualmente
la percentuale di successo degli interventi (di solito dopo numerosi tentativi)
non è superiore al 25%, ma in seguito questo valore è destinato a calare.
La legge contempla anche una lunga serie di severe sanzioni
amministrative, civili e penali per i trasgressori. Le multe oscilleranno da
100 mila fino a un milione di euro e la reclusione da 10 a 20 anni qualora
venissero praticate la sperimentazione sugli embrioni e la clonazione; nei casi più
gravi è pure prevista per il medico l’interdizione perpetua dall’esercizio
della professione. 3.
UNA LEGGE CONTRO LA RICERCA
Oltre a limitare la procreazione, la legge vieta, e questo dal punto di
vista della scienza è la cosa più grave, la sperimentazione sull’embrione e
la clonazione. Proibendo la produzione di embrioni umani e la loro conservazione
la legge pone limiti ingiustificati alla ricerca medica e scientifica, giacché
preclude la possibilità di nuove scoperte che potrebbero migliorare la vita
di molti malati e forse anche guarirli. Una volta approvata la legge rimane in piedi il problema di cosa fare delle migliaia di embrioni congelati di cui sono pieni i frigoriferi delle cliniche per l’infertilità e che nemmeno i laici se la sentirebbero di buttare nella spazzatura. Una soluzione potrebbe essere quella di assimilarli a soggetti in morte celebrale e optare per la donazione dei loro tessuti, come avviene per gli organi. E' stata anche formulata la proposta di conservarli a tempo indeterminato a spese ovviamente del contribuente: una soluzione quest’ultima che impedirebbe definitivamente la ricerca. Non ci si lamenti pertanto se continua la fuga dei nostri cervelli e se il prossimo Premio Nobel sarà ancora una volta un Italiano all’estero.Quando sono in gioco problemi che riguardano la società nel suo complesso l’etica che le sottende non può che essere laica, perché solo in tal caso sarebbe universale, cioè valida per tutti come è ad esempio la matematica la quale è sottratta al giudizio di Dio. Nemmeno Dio è in grado infatti di definire con precisione assoluta il rapporto fra circonferenza e diametro del cerchio: dove vada a finire quel 3,14… non lo sa nessuno, nemmeno l'intelligenza più elevata. Quando invece l’etica è definita dalle diverse religioni ovviamente ne esiste più di una e ciascuna di esse è giudicata, dai seguaci di quel credo, migliore delle altre. L’etica inoltre si modifica con il passare del tempo: la disapprovazione della Chiesa riguardo alla dissezione del corpo umano interruppe praticamente gli studi di anatomia durante tutto il Medio Evo e dato che senza quella operazione non si riusciva a stabilire la causa della morte, non si potevano nemmeno acquisire le conoscenze necessarie per salvare altre vite umane.
L’embrione può essere paragonato ad una castagna nei confronti
dell’albero. Con questa similitudine non si vuole intendere che l’embrione
umano corrisponda ad una castagna né che l’albero sia assimilabile ad un uomo,
ma semplicemente che una castagna sta all’albero che la produce come un
embrione sta all’uomo che l’ha prodotto e da cui deriva e come una castagna
non può essere trattata alla stregua di un castagno così un embrione non può
essere valutato come fosse un uomo adulto. Nessuno infatti si scandalizza se ad
esempio le castagne vengono arrostite sul fuoco mentre molte persone si indignerebbero
se vedessero abbattere un albero (specie se sano) o peggio bruciare un bosco di
castagni, soprattutto se l’incendio fosse doloso.
E come nessuno è assalito da sensi di colpa mentre mangia le caldarroste
altrettanto dovrebbe accadere nella sperimentazione sull’embrione: non
dovrebbero esserci motivi di scandalo nell’utilizzare embrioni umani se lo
scopo fosse quello di studiare e analizzare le cellule che li compongono al fine di trovare il modo
per migliorare la vita di tanti esseri umani, mentre sarebbe inaccettabile
condurre esperimenti su di un uomo, o peggio ancora bruciarlo vivo, anche se in
passato ciò è stato fatto e proprio in nome di Dio.
Einstein non era tale quando era ancora allo stato embrionale: lo è
diventato in un momento successivo. Se si fosse sperimentato su quell’embrione
e alla fine lo si fosse soppresso lo scienziato tedesco non sarebbe nato e
nessuno avrebbe saputo cosa sarebbe potuto diventare quell’embrione come
nessuno sa cosa sarebbero potuti diventare i miliardi di embrioni abortiti più
o meno spontaneamente negli anni e nei secoli passati: chissà quanti geni ci
sarebbero potuti essere fra di loro.
Un paio di giorni dopo l’approvazione della legge sulla procreazione
medicalmente assistita è giunta la notizia che un gruppo di scienziati sud
coreani aveva prodotto il primo vero embrione umano clonato. Si tratta di una
conquista storica che potrebbe aprire le porte a ricerche avanzate per debellare
innumerevoli malattie, ma nello stesso tempo è stato compiuto anche un passo preoccupante verso
la creazione di copie di esseri umani in laboratorio. Gli embrioni clonati (si
tratta di una ventina che si sono accresciuti in provetta fino a raggiungere lo
stadio in cui di solito vengono impiantati nell’utero femminile) sono stati
ottenuti inserendo il nucleo di una cellula adulta di una donna in una cellula
uovo alla quale in precedenza era stato tolto il nucleo aploide. Se dovesse
svilupparsi uno di questi embrioni fino a completare il ciclo di maturazione
nascerebbe un bambino (femmina) identico alla persona che ha fornito il nucleo
della cellula somatica.
Il nostro obiettivo – rassicurano gli scienziati coreani – è quello
di usare le cellule degli embrioni clonati per fare trapianti, non per fare
bambini. La clonazione umana viene infatti considerata riproduttiva
quando è volta a dare luogo alla formazione di un essere umano completo mentre
viene ritenuta terapeutica quando è utilizzata nella produzione di embrioni
dai quali viene estratta una colonia di cellule staminali.
Queste (dal
latino stamen
= stame, filo, con riferimento al principio germinale e costitutivo di organismi
viventi) proprio perché ancora indifferenziate sono cellule totipotenti, in
grado cioè di differenziarsi in tutti i tipi di cellule adulte. Esse permettono
quindi di rimpiazzare le cellule malate e ad esempio consentono di riparare i danni prodotti
da un infarto o quelli causati da un’affezione degenerativa. Le
cellule staminali embrionali all’inizio sono tutte uguali ma poi si
differenziano in cellule che vanno a formare i diversi organi e apparati i quali
costituiscono un organismo vivente: una volta differenziate, cioè
specializzate, queste cellule non possono più tornate indietro. Le cellule staminali inoltre sono immortali, come lo sono quelle tumorali le quali, avendo perso la naturale specializzazione continuano a dividersi senza sosta (sono famose quelle denominate He-La attualmente distribuite in diversi laboratori scientifici dove si riproducono in terreno di cultura adatto). Una volta specializzate le cellule contengono una sorta di timer che ne stabilisce il momento della morte: le cellule cerebrali ad esempio durano esattamente una vita perché muoiono insieme con l’individuo in cui risiedono, mentre i globuli rossi sono cellule che vivono solo tre mesi ma vengono immediatamente rimpiazzate da nuove che si formano nel midollo osseo. Cellule staminali sono presenti quindi anche in organismi adulti (per esempio nel midollo osseo o nel cordone ombelicale) e potrebbero essere utilizzate anch’esse come quelle embrionali per fare esperimenti, ma sembra che queste ultime presentino dei vantaggi rispetto alle prime. A questo proposito alcuni scienziati (in verità non molti) fanno notare che quella della clonazione terapeutica non è l’unica via da seguire per guarire tanti malati: in realtà le malattie degenerative potrebbero essere curate con metodi terapeutici alternativi che non richiedono l’utilizzo di cellule staminali.
Naturalmente l’applicazione della nuova scoperta a casi concreti non
sarà immediata. I biologi ritengono che le ricadute pratiche non si avranno
prima di cinque o dieci anni, ma forse non si dovranno aspettare tempi così
lunghi; forse molto prima questa conquista verrà consegnata alle persone
colpite da malattie degenerative come l’Alzhaimer, il Parkinson e il diabete.
Però la domanda che non possiamo non porci è se i malati
italiani potranno accedere alla cure prodotte dalle nuove tecniche o dovranno
ancora una volta recarsi all’estero per curarsi.
Nella vicenda coreana vi è tuttavia anche un aspetto positivo da segnalare
e cioè quello che la ricerca non può essere indirizzata e tanto meno fermata:
se da una parte del mondo, magari attraverso una legge, si cerca di ostacolare
il progresso scientifico da un’altra parte c'è chi porta avanti quegli
stessi progetti che altri ritengono immorali. fine |