A COSA SERVE IL SESSO?
1. TIPI DI
RIPRODUZIONE Fra tutte le caratteristiche degli esseri
viventi quella della riproduzione è sicuramente la più importante: una specie
che non si riproduce è destinata all’estinzione. La funzione riproduttiva
tuttavia non è indispensabile al benessere del singolo individuo poiché se uno
qualsiasi degli organi riproduttori, o anche l’intero apparato venisse
rimosso, quell’individuo continuerebbe tranquillamente a vivere. La
riproduzione, in altri termini, serve a conservare la specie non il singolo. Come le altre funzioni della vita anche la
riproduzione ha assunto nel corso dell’evoluzione forme diverse e sempre più
complesse, tanto da poter dire che oggi esistono altrettanti modi differenti di
riprodursi quante sono le specie viventi. Tuttavia, nonostante la grande varietà
del processo riproduttivo, esso può riportarsi a due soli tipi fondamentali:
riproduzione asessuata e riproduzione sessuata. La riproduzione asessuata o agamica (da un
termine greco che significa senza nozze)
è la più semplice ed è affidata ad un solo individuo. Essa può avvenire o
per semplice scissione, cioè divisione in due dell’unica
cellula che in questo caso rappresenta l’intero individuo o per gemmazione
con formazione sull’organismo di partenza (uni- o pluricellulare) di piccole
escrescenze (gemme) che poi, staccandosi, diventeranno nuovi individui o ancora
per sporogenesi, ossia attraverso un processo, molto diffuso soprattutto
fra i funghi, che consiste nella produzione di speciali piccole cellule (spore)
dalle quali deriveranno, a loro volta, nuovi individui. La riproduzione asessuata è quella che è
comparsa cronologicamente per prima sulla Terra ed ancora oggi si mantiene negli
organismi meno evoluti. Con questo tipo di riproduzione gli individui conservano
praticamente immutati nel tempo i propri caratteri ereditari e con essi la
capacità di vivere in un ambiente che non si modifica. Solo rare e casuali
mutazioni riescono a produrre ogni tanto qualche variante nuova e vantaggiosa ed
è pertanto del tutto evidente che se quello asessuato fosse rimasto l’unico
sistema riproduttivo esso avrebbe offerto una base assai modesta al processo
evolutivo. Nella riproduzione sessuata, per generare un
nuovo individuo, sono necessarie due cellule specializzate (gameti) fornite,
generalmente, da due organismi diversi. La fusione del contenuto cromosomico di
queste due cellule genera un numero praticamente infinito di combinazioni di
caratteri consentendo alla specie di adattarsi facilmente alle condizioni
mutevoli dell’ambiente. Sesso è quindi sinonimo di rimescolamento e questo
rimescolamento di materiale genetico ha rappresentato un vantaggio per la
diffusione della vita negli ambienti più disparati. E’ più conveniente, da un punto di vista
evolutivo, la riproduzione agamica oppure quella sessuata? La risposta sembra
scontata ma in realtà non lo è se si considera che la riproduzione asessuata
non si è estinta con l’evoluzione e permane ancora oggi. E’ evidente allora
che anche la riproduzione asessuata alcuni vantaggi li deve offrire. Essa è
infatti un sistema riproduttivo rapido, economico e meno macchinoso della
riproduzione sessuata che presuppone l’incontro, spesso aleatorio, di cellule
speciali di sesso diverso e la perdita, con la morte, di un individuo completo e
perfettamente adatto all’ambiente. Un batterio, invece, riproducendosi
agamicamente, non distrugge il proprio corpo ma, per così dire, lo ricicla
dando origine, nel giro di poche ore, a milioni di altri batteri tutti identici
a sé stesso. Con l’alto numero di individui il batterio sopperisce quindi ad
una variabilità molto modesta del patrimonio genetico garantita dalle sole
mutazioni. L’optimum
sarebbe rappresentato dall’associarsi delle due modalità di riproduzione e in
effetti in parecchie specie coesistono entrambe le forme. Molte specie di
animali inferiori si riproducono facoltativamente anche per via asessuata,
mentre nella maggioranza della piante pluricellulari la generazione asessuata e
quella sessuata si alternano con più o meno rigida regolarità. Nel lontano passato in un mare popolato
esclusivamente da forme di vita unicellulari l'evoluzione proseguiva lentamente
e faticosamente, nonostante che queste primitive forme viventi avessero
probabilmente già scoperto il sesso. In realtà di questa innovazione
riproduttiva non siamo assolutamente sicuri, sappiamo però che oggi certi
batteri presentano un primordiale abbozzo di riproduzione sessuata, la
cosiddetta coniugazione, che consiste nell’unione di due individui e
nel trasferimento, attraverso un ponte citoplasmatico, di parte del corredo
cromosomico da un soggetto che in un certo senso può essere considerato il
maschio ad un altro che funge da ricevitore e quindi da femmina. Questo tipo di
riproduzione esisteva verosimilmente anche in tempi molto lontani. Circa 600 milioni di anni fa, all’inizio di
quella che viene chiamata l’era paleozoica, la monotonia di una vita che si
ripeteva sempre uguale a sé stessa da più di tre miliardi di anni si ruppe e
arrivarono i primi organismi pluricellulari che si riproducevano per via
sessuata. Da quel momento si ebbe un’esplosione inarrestabile e rapida di
forme viventi sempre più complesse fino a giungere alla nascita dell’essere
più completo che si conosca: l’uomo. La vita per quattro quinti della sua
storia è stata rappresentata da forme unicellulari e solo in tempi
relativamente recenti è passata alle forme pluricellulari. 2. L’UOMO E IL SESSO Anche l’uomo, come tutti gli animali più
evoluti, si riproduce per via sessuata ma a differenza della quasi totalità di
essi l’atto sessuale nell’uomo non è finalizzato alla sola procreazione.
Vediamo di capire perché. Poiché
le condizioni ambientali, spesso molto variabili nel corso dell’anno, rendono
rischioso allevare i piccoli nei periodi meno favorevoli, la natura ha
provveduto a programmare le nascite degli animali solo in determinati momenti
dell’anno. Nei mammiferi, ad esempio, esiste l’estro (o calore), una
modificazione evidente del comportamento che si verifica in corrispondenza
dell’ovulazione, durante la quale la femmina si dimostra disponibile
all’accoppiamento. Questo impulso, che nei maschi in genere perdura molto a
lungo, nelle femmine scompare quasi subito dopo l’accoppiamento. In virtù di
questo meccanismo programmato, negli animali il rapporto fra il numero degli
accoppiamenti e il numero dei figli non si discosta molto da 1:1 e se vi è un
disaccordo questo avviene a favore dei figli, nel senso che a seguito di ogni
rapporto sessuale spesso nasce più di un piccolo. Nella
nostra specie le cose vanno in modo diverso. Una donna può avere rapporti
sessuali anche senza che questi portino necessariamente alla nascita di un
figlio. In assenza di condizionamenti sociali che comunque esistono, una femmina
umana potrebbe mediamente avere dieci o dodici rapporti al mese per trentacinque
o quarant’anni della sua vita per un totale che potremmo fissare intorno ai
5.000 rapporti: ma da essi quanti figli potrebbero nascere? Dieci sarebbe
sicuramente un numero elevato, ma anche se così fosse, il rapporto fra atti
sessuali e numero di figli sarebbe di 500 a 1. Se gli atti sessuali fossero in
numero maggiore e i figli in numero minore il rapporto sarebbe ancora più alto.
Per l’uomo quindi la riproduzione non può essere l’unico fine del rapporto
sessuale perché rappresenterebbe un dispendio di energie esagerato e comunque
sconosciuto nel regno animale e, nonostante le apparenze contrarie, perfino in
quello vegetale. La selezione naturale tende ad eliminare tutte quelle specie animali e
vegetali i cui processi vitali comportano un dispendio inutile di energie. Come
mai l’uomo, in questo caso, non è stato selezionato a sfavore? Nell’uomo si
verificano atti sessuali praticamente senza limitazioni temporali. Se regole
sociali non lo impedissero gli atti sessuali nella specie umana potrebbero
iniziare ancor prima che nella donna compaia il ciclo mestruale e potrebbero
continuare (e forse anche continuano) ben oltre la menopausa quando non
assolvono più una funzione riproduttiva. Perché succede questo? E’ possibile
che nell’uomo il rapporto sessuale eserciti anche qualche altra funzione? Su questo aspetto i biologi sono quasi tutti
d’accordo: essi ritengono che i piccoli della specie umana siano bisognosi di
cure per un periodo più lungo della loro vita rispetto a quello di qualsiasi
altra specie animale. La femmina umana in altre parole, a differenza degli altri
animali, non ce la farebbe da sola ad accudire la prole e a procurarsi il cibo
necessario alla sopravvivenza nel periodo finale della gravidanza e
immediatamente dopo il parto. La femmina umana, in passato, ha quindi avuto
bisogno (e ancora oggi sarebbe così se la società non provvedesse attraverso
un’adeguata organizzazione) di trattenere accanto a sé il maschio quanto più
a lungo possibile; in definitiva essa avrebbe raggiunto l’obiettivo rendendosi
disponibile al rapporto sessuale. Il piacere derivato dall’atto sessuale unito
ad altri vantaggi conseguenti alla vita associativa può avere creato fra i due
sessi il legame indispensabile per aumentare le probabilità di sopravvivenza
della prole. 3. SESSO E SALUTE Sant’Agostino, autorevole pensatore e padre
della Chiesa vissuto fra il quarto e il quinto secolo dopo Cristo, riteneva che
la riproduzione fosse l’unica finalità dei rapporti sessuali; in mancanza di
questo obiettivo, l’uomo sarebbe stato obbligato all’astinenza. L’uomo però
non ha seguito gli insegnamenti di Sant’Agostino. Ha fatto bene a trasgredire?
Sicuramente sì perché studi recenti sembrano
confermare che frequenti rapporti sessuali facciano bene alla salute in quanto
affrancano da talune malattie ed inoltre migliorano anche l’umore delle
persone. Il neurobiologo scozzese David Weeks ha dimostrato con una ricerca
condotta su 3.500 individui di età compresa fra i 18 e i 90 anni, che il sesso
allunga la vita e ringiovanisce di 10 anni l’aspetto della persona. Dello stesso avviso del dottor David Weeks
sono alcuni studiosi americani che hanno effettuato una ricerca su un campione
rappresentativo di studenti universitari. Secondo questi ricercatori una
regolare attività sessuale renderebbe i giovani felici e sereni e oltre a ciò,
facendo aumentare la funzionalità del sistema immunitario, terrebbe lontane
alcune malattie. I neurobiologi, in seguito a numerosi e
approfonditi studi, sono persuasi che per il buono stato di salute personale
solo in minima parte si devono ringraziare i geni che ciascuno di noi eredita
dai genitori, per il resto esso dipende dallo stile di vita ossia da
un’adeguata alimentazione, dalla attività fisica e mentale, e anche dalla
frequenza dei rapporti sessuali. Si è pure accertato che persone con una buona
attività sessuale soffrivano meno di diabete, di ipertensione e di altre
malattie cardiovascolari. Inoltre sembra che l’atto sessuale prevenga
l’accumulo di grassi nel sangue e, nello stesso tempo, liberi endorfine, ossia
sostanze regolatrici della trasmissione di impulsi nervosi che rilassano i vasi
sanguigni proteggendoli in questo modo dall’arteriosclerosi. Gli studi nel campo sessuale non sono di facile attuazione
perché si basano quasi esclusivamente su interviste personali mentre, per
essere scientificamente corretti, servirebbero dati oggettivi che non si possono
certo ottenere controllando direttamente l’attività sessuale dei soggetti.
Indagando su questo argomento è facile che gli uomini (e le donne) mentano
esagerando inconsciamente in un senso o nell’altro. I sessuologi, ossia i
medici esperti in questo campo, hanno adottato alcuni sistemi per scoprire se
una persona dice la verità. Le domande poste vengono ripetute a distanza di
tempo sotto altra forma in modo da scoprire eventuali incongruenze. Ma non è
semplice: la sessuologia non è una scienza esatta. Ad
esempio l’ipotesi che l’atto sessuale faccia vivere più a lungo non è
facilmente dimostrabile. Una ricerca condotta su un migliaio di inglesi di età
compresa fra i 45 e i 60 anni ha dimostrato che, a distanza di 10 anni, i
decessi fra coloro che avevano dichiarato di avere saltuariamente rapporti
sessuali erano maggiori di quelli che invece avevano dichiarato di averne
frequenti. Questo tuttavia non dimostrerebbe affatto che chi “fa l’amore”
vive più a lungo di chi non lo fa poiché potrebbe darsi che la scarsità dei
rapporti sessuali possa essere dipesa proprio da problemi di salute.
Se
si accetta l’idea, peraltro molto ben motivata, che l’atto sessuale
nell’uomo non può essere finalizzato solamente alla procreazione, allora
bisogna condividere anche il ragionamento che ci apprestiamo a fare. Partendo
quindi dal presupposto che se il rapporto sessuale, in una visione meno
restrittiva, viene ritenuto un atto d’amore indispensabile per mantenere unita
e in buona armonia la coppia e non solo per avere figli, quali tecniche si
devono adottare per evitare gravidanze indesiderate? Naturalmente esistono
sistemi anticoncezionali molto diversificati e alla portata di tutti che, anche
se condannati dalla Chiesa, vengono ampiamente utilizzati. Sono efficaci e
sicuri al cento per cento questi mezzi anticoncezionali? Quasi nessuno. Se si
esclude l'astinenza, che in sé è un metodo anticoncezionale perfetto ma che
non risolve il problema di rendere il rapporto sessuale sicuro, tutti gli altri
sistemi, compresa la sterilizzazione chirurgica, presentano un tasso di
fallimento più o meno alto che varia, per i sistemi più diffusi, fra il 3/4%
della pillola e il 20/25% del coitus interruptus. Questa osservazione ci
porta dritti al problema dell’aborto. Limitiamoci
ad esaminare il problema relativamente all’Italia dove vivono attualmente
quasi 60 milioni di persone, la metà delle quali (e forse un po’ di più)
sono donne. Calcoliamo che circa la metà di questi 30 milioni di donne siano in
età compresa fra i 14 e i 49 anni, cioè che siano nel periodo fecondo della
loro esistenza; poiché nel nostro Paese nascono attualmente meno di mezzo
milione di bambini all’anno dobbiamo presumere che 14 milioni e mezzo di donne
sono esposte annualmente al rischio di un concepimento non desiderato, mentre
500.000 donne non fanno nulla per evitare la gravidanza. Bisogna
quindi ritenere che almeno 14.500.000 donne in Italia adotti uno o l’altro dei
sistemi anticoncezionali disponibili che tuttavia, come abbiamo visto, non sono
sicuri al cento per cento. Ammettiamo allora facendo una stima molto ottimistica
che la percentuale di fallimento dei vari sistemi anticoncezionali si aggiri
complessivamente intorno all’1%: quanti concepimenti non voluti si
verificherebbero in un anno? L’un per cento di 14 milioni e mezzo è 145.000.
Ciò sta a significare che almeno 145.000 donne ogni anno sono costrette
all’aborto come unico e ultimo rimedio al fallimento dei metodi
anticoncezionali. In Italia l’aborto è legale dal 1978 e da
allora ad oggi ne sono stati eseguiti, da équipe mediche competenti, molte
centinaia di migliaia. E’ pericoloso abortire? Il rischio che comporta
l’aborto eseguito sotto controllo medico è molto basso tuttavia, poiché si
tratta pur sempre di un intervento chirurgico, per quanto semplice, si possono
verificare degli incidenti imprevisti. La mortalità in ogni caso è decisamente
inferiore a quella riscontrata nella scelta alternativa, ossia nel parto, il
quale soprattutto se effettuato con taglio cesareo o con presentazione podalica
del nascituro, comporta rischi di decesso quasi dieci volte maggiori
dell’aborto. Abortire non è un obbligo e nessuno chiede
alle donne di farlo. Quella dell’aborto legale è semplicemente
un’opportunità che la società offre alle persone che vogliono ricorrervi di
poterlo fare in sicurezza e tranquillità, evitando quello clandestino praticato
da persone inesperte e senza scrupoli. Il problema nasce quando si vorrebbe
proibire l’aborto anche a chi ritiene, in tutta libertà, necessario
ricorrervi. Per concludere si deve riconoscere che,
paradossalmente, il metodo che tutti ritengono non debba essere considerato un
sistema anticoncezionale, cioè l’aborto, è l’unico vero metodo di
controllo delle nascite perché è quello che presenta la più bassa frequenza
di fallimento, che infatti è zero per definizione.
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