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IL MUSEO MARINARO DI CAMOGLI Museo Marinaro "Gio Bono Ferrari" - Via Gio Bono Ferrari, 41 - Camogli Telefono : 0185 729049 Direttore : Com.te Pro Schiaffino Arrivarci è facile. Di fianco al Municipio si trova una scala, sormontata da un'ancora e da un'insegna, a metà della scala c'è l'ingresso al Museo. Orario : Lunedì, Giovedì, Venerdì ore 9 - 12 Mercoledì, Sabato, Domenica ore 9 - 12 / 15 - 18
di Annamaria "Lilla" Mariotti Nella nostra città abbiamo un piccolo grande tesoro, IL MUSEO MARINARO, fondato nel 1938 da Gio Bono Ferrari. Questo personaggio non va dimenticato e la sua storia è piuttosto singolare. Nato a Camogli nel 1882, subito dopo le scuole elementari fu portato dal padre a Buenos Ayres, dove completò gli studi, ed in seguito lavorò per il Ministero dell'Agricoltura di quel paese specializzandosi nel campo dei cereali e fu anche corrispondente del giornale "La Prensa". Rientrò in Italia nel 1916, a 34 anni, in tempo per prendere parte alla Prima Guerra Mondiale e dopo il conflitto si stabilì a Camogli, dove mise su famiglia, e lavorò nell'ambito del Porto di Genova, sempre come esperto in cereali. Certamente aveva vissuto il declino del periodo d'oro della navigazione a vela e così tanto lo appassionavano il mare e la "sua" Camogli che scrisse un primo libro, da lui stesso illustrato, "LA CITTA' DEI MILLE BIANCHI VELIERI", ormai introvabile, a cui seguirono : "CAPITANI DI MARE E BASTIMENTI DI LIGURIA DEL SECOLO XIX" e "L'EPOCA EROICA DELLA VELA", oltre a vari articoli su giornali dell'epoca. Ma il suo tributo a Camogli, dove erano le sue radici, non finiva qui; Gio Bono Ferrari scoprì che in tutte le Famiglie Camogliesi si trovavano preziosi cimeli, ricordi e documenti di quell'epoca d'oro che aveva fatto di Camogli una città ricca e conosciuta in tutto il mondo per l'ardimento dei suoi marinai e la bellezza dei suoi bastimenti. Cominciò così a cercare, a proporre, a chiedere e un po' alla volta riuscì a raccogliere il materiale necessario per fondare il Museo. Dalle case dei Camogliesi uscirono quadri, polizze di carico, libretti di navigazione, strumenti nautici e oggetti di ogni tipo che oggi sono il vanto del Museo che ha una caratteristica unica : quella di essere una raccolta privata, ogni singolo pezzo è un dono di una famiglia Camogliese che ha avuto nella sua storia un marinaio, un comandante, un armatore e che ha voluto così ricordare un padre, un marito, un avo che di quel periodo glorioso erano stati protagonisti. Finalmente, nel Luglio del 1938 il Museo fu inaugurato e Gio Bono Ferrari fu il suo Direttore e Curatore fino alla sua morte, nel 1942. Visitiamo ora questo gioiello della nostra città, che purtroppo non ha ancora trovato una collocazione definitiva e degna. Al momento della sua inaugurazione il museo era stato sistemato nel ridotto del Teatro Sociale, e attualmente, dopo alcuni anni di chiusura, è alloggiato nell'appartamento di uno stabile di fronte alla stazione, di proprietà del Comune di Camogli, ma si spera che questo problema venga un giorno risolto. Nella prima stanza si trova la quadreria. In un tempo in cui non c'era la tecnologia odierna e la macchina fotografica non era certo un oggetto d'uso comune gli armatori Camogliesi usavano far dipingere i loro velieri da noti pittori, come Angelo Arpe e Domenico Gavarone, e da molti altri, più o meno noti, italiani e stranieri, per poterli esporre nei loro "scagni" (come, in dialetto locale, vengono chiamati gli uffici) o nelle loro case. In tempi più recenti la fotografia ha preso il posto del ritratto e in fondo alla prima sala sono esposte molte fotografie dei velieri camogliesi in vari porti del mondo. Questi velieri non erano sempre proprietà di un solo armatore; spesso per poter armare un barco il proprietario lo divideva il 24 carati e, mentre ne teneva una dozzina per sé, cedeva gli altri a chiunque volesse partecipare all'impresa e che non doveva essere necessariamente un uomo di mare. Così spesso un marinaio imbarcato su una nave si trovava ad esserne anche comproprietario, sia pure per una piccola parte, e ad avere una compartecipazione agli utili. Era così che chiunque poteva migliorare la sua condizione sociale, far studiare i figli, costruirsi anche una casa nuova e magari diventare a sua volta armatore. Questa attività a portato Camogli ad armare, nel suo periodo di massimo splendore, fino a 1914 velieri che portarono il nome della città e dei suoi uomini in giro per il mondo e gli ha procurato il titolo di "Città dei Mille Bianchi Velieri" Sui velieri, oltre alla bandiera italiana, svettava anche quella che riportava il numero della Mutua Assicurazione Camogliese. Questa associazione, unica nel suo genere e finanziata dai Naviganti e Armatori Camogliesi, fu fondata nel Marzo del 1853 ed ebbe la sua sede storica in un appartamento in Piazza Colombo. Lo statuto originale si trova al Museo Marinaro. In seguito i Lloyd's di Londra adottarono un modello di assicurazione marittima simile a quello di Camogli. Al centro si trovano delle vetrine con strumenti di navigazione, come sestanti, ottanti, documenti e modelli di velieri. In una vetrina è esposto un grande modello didattico di brigantino a palo risalente al 1875. In fondo a questa sala si trovano anche molte fotografie d'epoca e diplomi e patenti nautiche rilasciate dai Re Carlo Felice (1823) e Carlo Alberto (1846). La seconda sala è più vasta, e vi si trovano alcuni quadri di Camogli, dipinti da Pittori che a Camogli vissero e lavorarono e poi i ritratti del fondatore del Museo, Gio Bono Ferrari, del Prof. Lazzaro Bertolotto che nel 1875 fondò l'Istituto Nautico di Camogli e del Cap. G. Filippo Repetto che nel 1872, a bordo del Brigantino "Grimaldo", portò per primo la bandiera italiana alle Hawai. Un quadro a tempera rappresenta la nave "Narcissus", di proprietà di un armatore Camogliese, sulla quale lo scrittore Polacco naturalizzato inglese, Joseph Conrad navigò come ufficiale e alla quale si ispirò per scrivere "The Nigger of the Narcissus". In alcune bacheche si trovano una bella raccolta di libretti di navigazione, cimeli garibaldini, tra cui un ottante appartenuto a Garibaldi, e ancora strumenti di navigazione. Una bacheca molto interessante si trova al centro di questa sala. E' una grande vetrina, all'interno della quale si trovano le fotografie di due baffuti personaggi, evidentemente del secolo scorso, il modello di un brigantino a palo, l'"Italia", il modello di una lancia, ("longboat" come viene chiamata sul posto), un paio di calze fatte ai ferri, fotografie di una bassa costruzione bianca, l'ospedale dell'isola, intitolato a Camogli, una carta nautica, una sdrucita bandiera inglese, una serie di francobolli dedicati alle famiglie dell'isola, altre fotografie, più recenti. Questa bacheca è dedicata a Tristan da Cunha, un'isolotto sperduto in mezzo all'Atlantico, a metà strada tra il Sud Africa ed il Sud America, territorio inglese, legato a Camogli da antichi e profondi ricordi. Tutto cominciò il 4 Ottobre 1892 con il naufragio sull'isola del brigantino a palo "Italia" che da giorni navigava con il carbone nella stiva in fiamme. Il brigantino era comandato da Rolando Perasso di Chiavari, ma il suo equipaggio era formato in gran parte da Camogliesi e due di questi uomini, Andrea Repetto e Gaetano Lavarello, entrambi di Camogli, quando l'equipaggio dopo 114 giorni fu tratto in salvo, decisero di fermarsi sull'isola e sposarono rispettivamente Frances Green e Jane Glass, due giovani abitanti. Questo spiega le calze: preparare un paio di calzini ai ferri per un giovanotto era per una ragazza del posto un pegno d'amore. Anche un terzo marinaio di Camogli, Agostino Lavarello, si era innamorato di una ragazza di Tristan, Mary Green, ma al momento di decidere non se la sentì di rimanere e torno in Patria con gli altri naufraghi. In seguito, nel 1930, pubblicò un libro per ricordare il naufragio, ma che è anche un accorato ricordo di quel lontano amore. Quasi una fiaba, ma che ha creato un legame indissolubile tra gli abitanti di Tristan da Cunha e Camogli. Il Comandante G.L. Cortassa di Camogli ha dedicato a Tristan da Cunha un suo racconto, scritto dopo una crociera effettuata in quella zona nel Febbraio 1972 a bordo della T/n "Leonardo da Vinci" sulla quale era imbarcato in qualità di Comandante in 2a. In questo racconto è possibile leggere la storia dell'isola, dei suoi scopritori, dei primi abitanti, fino all'arrivo del Brigantino "Italia". Continuiamo la nostra visita al Museo, sopra una vetrina troviamo due teche di vetro dentro le quali si trovano delle composizioni di fiori finti, fatti di conchiglie, non sembrano strumenti nautici !!!! Infatti bisogna ricordare che spesso le mogli dei comandanti accompagnavano i mariti nei loro viaggi e se queste coraggiose signore in crinolina erano capaci di affrontare senza battere ciglio i "quaranta ruggenti", i "roaring forties", di Capo Horn, magari in una cabina sottocoperta, erano incapaci di resistere alla tentazione di comperare qualche ricordo da riportare a casa dai paese esotici che visitavano e che avrebbero poi fatto bella mostra sulla credenza del salotto. Uno strumento molto singolare è appeso ad un parete, si chiama Renard o Martilogio o Scolio ed è una tavoletta sagomata, con tanti fori, il disegno della Rosa dei Venti suddivisa in Quarte e tanti pioletti di legno appesi a dei cordini. Questo strumento era molto utile in un'epoca in cui spesso il comandante era l'unico a bordo a sapere leggere e scrivere e quindi il marinaio di guardia, timoniere o nostromo che fosse, ogni ora conficcava un pioletto nel foro praticato sul rombo della Rosa dei Venti. I fori in alto servivano per indicare, sempre ogni ora, la velocità tenuta dalla nave e rilevata con il solcometro. Alla fine della Guardia il Capitano riportava i dati così rilevati sulla carta nautica registrando il percorso fatto e facendo il punto nave. Recenti lavori di riorganizzazione hanno creato nuovi spazi all'interno del Museo, ed è stata realizzata una stanza dedicata ad una biblioteca di libri di mare, molto interessanti e consultabili. Inoltre bellissimi album con foto d'epoca sono a disposizione dei visitatori che saranno guidati da un abilissimo e simpatico custode, Gino Anselmi, pronto a dare qualsiasi tipo di spiegazione gli venga richiesta.
Ora lascio che il visitatore finisca il suo giro da solo, ne ricaverà un'esperienza e delle emozioni uniche, un salto nel passato della nostra città, ma che è anche quello che ha creato il suo futuro perché, anche se è vero che a Camogli l'epoca gloriosa della vela è finita da tanto tempo, i suoi uomini ancora adesso vivono sul mare e tanti gloriosi Comandanti sono proprio nati a Camogli da questo passato.
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