LE TONNARE LIGURI

HOME ALBUM FOTO CHI SONO RACCONTI FANTASTICI STORIE DI MARE MUSEO MARINARO CAMOGLI STORIE DI FARI LINKS

 

 

LE TONNARE LIGURI

 

Di Annamaria "Lilla" Mariotti

 

Questa è la storia di un pesce, della rete creata dall’uomo per catturarlo e degli uomini che lavorano intorno ad essa.  E’ una tradizione millenaria che riguarda tutto il bacino del Mediterraneo che purtroppo pare stia per scomparire.

 

COS'E' IL TONNO 

Il pesce di cui parlo è il tonno rosso, il Thunnus thynnus secondo la classificazione di Linneo del 1758, il “bluefin” in inglese, un pesce pelagico, possente, il suo peso può arrivare ai 700 Kg., è veloce, può nuotare ad una velocità di 70 Km. orari, è longevo, può vivere fino a 50 anni.  E’ un pesce migratore, si muove solo in branchi ed è un vorace predatore che si nutre quasi esclusivamente di pesce azzurro.  La sua carne è rossa e soda, niente a che vedere con quella carne rosa e  tenera che si taglia con un grissino.   Il tonno ha un corpo affusolato, più scuro nella parte superiore e più chiaro in quella inferiore, ha una pinna dorsale molto pronunciata, seguita da altre piccole pinne fino alla coda a forma di falce.   La sua carne è stata apprezzata fin dall’antichità più remota, ne parlano i Greci prima e poi i Romani, che con le interiora del tonno preparavano un condimento molto apprezzato all’epoca, il GARUM.  Si sa che la pesca del tonno era praticata fin dai tempi più antichi, nella Grotta del Genovese a Levanzo, una delle isole Egadi, si trovano dei graffiti che risalgono al 9000 A.C. che riproducono questo pesce.   Del tonno non si butta via niente, le uova vengono lavorate per ottenere la squisita “bottarga”, dalla schiena si ricava il “musciame”, il resto viene inscatolato o salato, a seconda della parte del corpo, e persino la testa viene utilizzata, da essa si ricavano olio e concime.

 

LA GRANDE MIGRAZIONE 

L’habitat naturale del tonno rosso si trova nelle fredde acque del Nord Atlantico, ma ogni anno, all’avvicinarsi della primavera, inizia un lungo viaggio che, attraverso lo Stretto di Gibilterra, lo porta nella calde acque del Mediterraneo per riprodursi.  Il tonno compie questo viaggio ogni anno, spinto dal suo codice genetico, come succede per altri animali, ed il suo percorso è immutabile, segue rigorosamente una rotta da Ovest verso Est, nuotando vicino alla costa, come se ci vedesse solo dall’occhio sinistro e in questo modo arriva in Liguria, poi scende lungo la costa Occidentale della Sardegna, si spinge fino alle Baleari, arriva sulle coste della Sicilia   e si spinge fino al Nord Africa e alla Turchia.  Alla fine dell’estate il tonno compie il percorso inverso. Già Aristotele parlava di questa grande migrazione, anche se oggi questa teoria viene messa in discussione.   Sembra che alcuni tonni, forse i più giovani, semplicemente si inabissino durante l’inverno per riemergere in primavera.  Studiosi di molte Università Italiane e Straniere stanno lavorando per chiarire questo mistero.

 

COSA SONO LE TONNARE 

Le tonnare nascono dall’osservazione di queste abitudini del tonno.  Viene creato uno sbarramento di rete che dalla costa va verso il largo, così che il tonno, credendola la costa, la segue ed entra  in quel labirinto di reti che è stato creato apposta per portarlo verso la sua destinazione finale : la camera della morte.    

Pare che tonnare venissero già calate dai Fenici, in Sicilia sono state introdotte dagli Arabi intorno all’anno 1000, mentre in Sardegna se ne ha notizia fino dal 1400, introdotte dagli Spagnoli, che forse ne avevano imparato l’uso proprio dagli Arabi. 

La tonnara è formata quindi da una rete di sbarramento che va da terra verso il largo, chiamata “pedale” o “coda”, e da un’insieme di reti, chiamato “isola”, che formano diverse stanze dentro le quali passano i tonni, finché arrivano nell’ultima, la camera della morte.   Nelle tonnare che praticano la mattanza, quelle Siciliane e Sarde, la grande rete viene sollevata periodicamente ed i grandi pesci vengono arpionati ed issati a bordo delle barche, mentre a Camogli, dove  non si pratica la mattanza, la rete viene sollevata tre volte al giorno  ed il pesce viene semplicemente caricato su una barca e portato a terra.

 

LE TONNARE IN ITALIA 

Nel 1800 si contavano ancora molte tonnare in tutta Italia, ora ne sono rimaste  solo cinque: due in Sicilia, Bonagia e Favignana, due in Sardegna, Carloforte e Portoscuso e una a Camogli.  Ogni tanto vengono fatti tentativi di calare nuove tonnare, ma con scarsi risultati.  Nel frattempo sono nate altre realtà, la quasi totalità della pesca delle grandi tonnare viene acquistata dai Giapponesi, che utilizzano questo pesce crudo, e in più, sono nate le tonnare volanti, grandi pescherecci che vagano per i mari alla ricerca del tonno rosso, anche con l’ausilio di mezzi aerei, e lo catturano in grandi quantità, spesso interrompendo il suo ciclo riproduttivo, cosa che sta portando questo pesce sull’orlo dell’estinzione.

 

LE TONNARE LIGURI 

Nel 1600 alcune di queste tonnare si trovavano lungo tutta la Riviera Ligure, ma tre sole erano le più importanti e remunerative. Nel seconda metà del 1600 la prima tonnara in ordine di importanza era quella di Camogli, seguita da Monterosso e da Santa Margherita  La tonnara di Camogli ha origini antichissime, le prime notizie scritte risalgono al 1603,  quella di Monterosso era già in funzione alla fine del 1500, e quella di Santa Margherita risale al 1617.  Queste sono le prime notizie storiche a cui si può risalire, ma sicuramente erano tutte molto più antiche perché nel  1300 era già attiva una tonnara a Portofino Mare e ancora prima gli Abati di San Fruttuoso avevano calato una tonnara tra San Fruttuoso e Punta Chiappa, ma le forti correnti li avevano fatti desistere.  Tra il 1383 e 1385 abbiamo notizia di alcuni Portofinesi multati o condannati per aver venduto o occultato del tonno. Nel 1388 Nell'inventario di Oberto Graziano, barbiere di Portofino, figura un barile di tonnina sott'olio, già una rarità a quell'epoca, in cui il tonno veniva ancora  solamente salato.  

Nella seconda metà del 1600 l'economia di Monterosso gravitava intorno alla tonnara che era calata davanti alla spiaggia e questa situazione continua per gli anni  a venire fino alla seconda metà del 1800, quando cessò la sua attività.  

Nel 1608 era già stata calata una tonnara nel golfo di Rapallo e nel 1617 viene accordato a Benedetto Costa l'appalto per la tonnara di Santa Margherita.  Nel 1618 quattordici pescatori  di Camogli si associano con Costa che da parte sua impiega quattro uomini, con l'impegno che il primo tonno pescato doveva essere offerto al Santuario si Santa Maria di Nozarego per un voto fatto dallo stesso Costa.  Tanto valeva il tonno a quei tempi che poteva essere usato come ex-voto al posto di un qualsiasi oggetto di valore, infatti la pesca dei tonni era considerata molto lucrosa, perché in quegli anni  ne venivano ancora pescati molti.  Tutta l'economia delle piccole città costiere gravitava intorno a questa attività.    Una parte degli utili di questa tonnara fu impiegato per il restauro di quel Santuario.  Nel 1657 era Rais della tonnara di Santa Margherita un certo Agostino Bertollo che, durante quella stagione di pesca, mandò a Genova ben 200 rubi di tonno   Anche in quel di Pagana era stata messa in mare una tonnara, il cui appalto era stato concesso purché ci fosse una distanza si almeno 3 miglia  da quella di Santa Margherita.   Ma queste sono tonnare minori che hanno ben presto cessato di esistere. 

La tonnara di Monterosso cessò di operare nel 1853, quella di Santa Margherita nel 1875.  Di quella di Portofino si è persa ogni traccia, anche perché viene il dubbio che sia la stessa calata a Santa Margherita.

 

LA TONNARA DI CAMOGLI 

L'ultima tonnara ancora attiva in Liguria è quindi quella di Camogli.  Qui, nel 1603, un decreto stabiliva che dei tonni pescati se ne dovessero dare un certo quantitativo in “rubi” agli abitanti di Camogli.  Il rubo è una misura antica che corrisponde a circo 8 Kg. e che tra i pescatori di Camogli viene usata ancora oggi.   Ancora nel 1612 viene ripetuto questo decreto, aggiungendo che per l’esercizio delle tonnara “non si potesse salariare in marinai ed inservienti che persone della parrocchia “  . Questo dimostra che si poneva un occhio di riguardo per sopperire ai bisogni delle popolazione, soprattutto quella meno abbiente.   Questo obbligo di consegnare tonni alla popolazione viene ripetuto con altri decreti negli anni successivi.  Il 1600 deve essere stato un secolo d’oro per la tonnara di Camogli,   Benché ci fossero altre due tonnare importanti nella zona, una a Santa Margherita ed una a Monterosso, Camogli primeggiava ed i suoi proventi erano spesso utilizzati per importanti opere pubbliche, come le strade, il prolungamento del molo, e il completamento del Santuario della Madonna del Boschetto.    Ogni città di mare ha alle spalle il suo Santuario dedicato alla Madonna a cui gli uomini che sul mare lavorano possano rivolgersi e anche Camogli ebbe il suo. 

Non si hanno molte notizie della tonnara durante il 1700, salvo una diatriba del 1712 tra Camogli e Recco perché l’allora Amministratore della tonnara aveva omesso di consegnare dei tonni al Municipio, come indicato dal decreto ancora in vigore.   La storia della tonnara si svolge durante tutto il 1800 tra alterne vicende, ritroviamo però nel 1808 e nel 1817  il decreto sulla consegna dei tonni gratis, si pensa per essere distribuiti alla popolazione.    In questi anni troviamo anche traccia di una artigianale  lavorazione del tonno a Camogli, che veniva salato in barili e venduto fuori dai confini della Liguria.   Nel 1877 la tonnara fu messa all’asta, ed in seguito cambiò diversi proprietari, ma verso la fine del secolo  era già considerata poco remunerativa in quanto non pescava più solo tonni, ma qualsiasi tipo di pesce entrasse nella rete. 

All’inizio del nuovo secolo la tonnara è ancora operativa, ma nel 1923 cessa di operare.    Nel 1937, in piena epoca fascista, viene creata in gran pompa la “Società Anonima Cooperativa Tonnarella di Camogli”, con una cerimonia in Municipio prima ed in mare dopo e questa tonnara opera incessantemente fino al 1979, tranne un breve periodo durante la guerra a causa del divieto di navigazione nel Golfo.    A questo punto la storia della tonnara sembrava giunta alla conclusione, ma nel 1982 è stata rilevata dalla Cooperativa Pescatori di Camogli che la gestisce tutt’ora.     

L’impianto di Camogli è stato definito nel tempo Tonnara o Tonnarella, in realtà è più giusta questa seconda denominazione, che non si riferisce alle sue ridotte dimensioni rispetto alle più grandi tonnare Siciliane e Sarde, ma al fatto che fa una pesca differenziata, catturando qualsiasi tipo di pesce.    

La sua collocazione è la stessa da sempre, viene calata a circa 400 metri da Punta Chiappa, in direzione Camogli, quasi sotto la millenaria Chiesa di San Nicolò di Capodimonte.    Il pedale è legato ad uno scoglio lungo la costa del Monte di Portofino e si estende verso il largo per poco più di 300 metri e conduce ad una prima stanza,   chiamata “di raccolta”  e da qui ad una seconda camera, la “camera della morte”, chiamata in dialetto “lea” (leva).     Ad una estremità della camera della morte si trova ormeggiata una grossa barca, la “poltrona”, che anticamente si chiamava “rancio” perché quando gli equipaggi erano formati da almeno 20 persone, gli uomini usavano mangiare e anche dormire su quella barca.     Attualmente gli equipaggi sono due, formati da sei uomini l’uno, che si danno il cambio il sabato pomeriggio.   Tre volte al giorno, al primo albeggiare, al mattino e a metà pomeriggio, gli uomini lasciano il porto su una barca chiamata “asino” perché è quella che porterà indietro il pescato, e hanno a rimorchio una barca più piccola, che servirà al capoguardia per ispezionare la rete con lo specchio, mentre un altro uomo sta ai remi.    Questa operazione può durare ore, perché il capoguardia, finché la rete non è sufficientemente piena, non da l’ordine di sollevare la rete.    Capita alle volte che questa operazione non venga effettuata per niente.  Pochi possono vedere la barca all’alba o quella che parte verso le 7 del mattino, ma quella del pomeriggio la vedono tutti, si può rimettere l’orologio :  quando spunta da dietro la chiesa per attraversare il golfo verso Punta Chiappa sono le 16,30.   Fino a poco tempo fa era anche molto rumorosa, era inconfondibile, poi può darsi che quel motore abbia svegliato qualcuno di troppo ed è stato applicato un silenziatore, molto più pratico, sicuramente, ma si è anche persa un’altra tradizione nostrana.

 

DIFFERENZA TRA TONNARA DI CAMOGLI E LE ALTRE TONNARE IN ITALIA 

In molte cose la tonnara di Camogli differisce dalle altre tonnare.    In Sicilia e Sardegna il capo tonnara si chiama Rais, è lui a decidere come e quando calare la tonnara e quando effettuare la mattanza,  gli uomini si chiamano tonnarotti e le barche hanno nomi come “vascello” “musciara” “bastarda” e la rete viene calata a Maggio e resta in mare fino a metà Giugno.  A Camogli la tonnara resta in mare da Aprile alla fine di Settembre ed è il capoguardia ad avere le stesse mansioni del Rais e gli uomini, da quei rudi pescatori che sono, che non amano nomi esotici, si chiamano semplicemente “pescou da tonnaea”, mentre l’impianto che altrove viene chiamato “isola” qui si chiama “aegua da tonnaea”.   Nelle grandi tonnare viene effettuata la mattanza, e questa è una cerimonia antica, una lotta tra l’uomo e la sua preda, che può sembrare crudele, ma è la sua antichità che ce la fa accettare oggi.    Questa operazione avviene tra grida d’incitamento e canti tradizionali, spesso accompagnata da preghiere antiche come il tempo.    A Camogli la “levata” viene fatta in silenzio, poche parole si scambiano i pescatori mentre tirano su  faticosamente la rete a braccia, solo qualche colorito intercalare se qualcosa va storto.

 

PERSONAGGI 

 Ci sono anche molti personaggi legati alla tonnara, i capiguardia spesso rimangono al loro posto per  anni, ce n’è uno che è ormai una leggenda, Lorenzo Gelosi, detto Cen, che ha fatto ancora parte della vecchia Cooperativa, è stato in tonnara per più di 40 anni ed è ormai ultranovantenne.   Lo si incontra ogni giorno per Camogli, con il suo passo ondeggiante, di uno abituato a stare in barca, non si riesce a parlargli perché è sordo, ma sarebbe un’enciclopedia vivente e potrebbe raccontare cose che non si trovano in nessun libro.  Ancora oggi partecipa alla lavorazione delle reti durante l’inverno e alla calata dell’impianto in mare in primavera.    Un altro capoguardia storico è Gianni Revello, quello attualmente in carica.   Fino a poco tempo fa l’intera famiglia Revello lavorava in tonnara, i due fratelli, Gianni e Tonino ed il figlio del secondo, Pino.   Tonino per motivi di età e di salute ha lasciato, e Pino, che sembrava destinato ad seguire le orme dello zio e del padre e ad ereditare i loro compiti nell’ultima stagione ha lasciato per un posto più sicuro e remunerativo. 

 

LA RETE 

La rete della tonnara è di filetto di cocco che arriva ogni anno dall’India e viene lavorato a mano dai pescatori.   Durante l’estate ai filamenti si attaccano alghe e organismi marini che da un lato richiamano i pesci, ma dall’altro rendono impossibile il recupero della rete che alla fine della stagione, essendo un materiale naturale e non inquinante, viene tagliata e lasciata in mare.   Solo la camera della morte, che è di nylon, viene recuperata. 

FOLKLORE 

C’è anche un  po’ di folklore legato alla tonnara :  all’inizio della primavera la rete è finita e viene stesa sul molo per essere assemblata, ed è bello vedere questa lunga rete gialla attaccata al muraglione e gli uomini che lavorano intorno ad essa, spesso in silenzio, ma anche qui ritroviamo delle  colorite espressioni per sottolineare qualcosa che non  va e la gente di Camogli passa sul molo per vedere come proseguono i lavori.  Poi c’è l’operazione di tintura delle rete di nylon, altra attività che richiama curiosi.  Un altro avvenimento richiamava molta gente ed erano le pesche eccezionali della tonnara, grossi pesci che rimanevano ammagliati nelle reti e che venivano una volta appesi alla mancina del porto.   Sono stati pescati squali, mante, grossi e rari marlin bianchi, e persino una tartaruga di 500 Kg.  Non si sa come la voce si spargeva per il paese e tutti accorrevano al porto a curiosare e quasi sempre la scena veniva immortalata dai fotografi locali e appariva il giorno dopo sul giornale.  Nel Maggio del 1968 anche il vecchio asino della tonnara, che era naufragato durante una mareggiata, fece una fine gloriosa :  i ragazzi di Camogli chiesero all’allora capoguardia Cen di poterlo usare per il falò di San Fortunato, lo rimisero in sesto con un po’ di pittura, delle allegre bandierine e lo misero in cima alla catasta di legna del falò, così la vecchia barca se ne andò come un guerriero vichingo.

 

CONCLUSIONE 

E’ questa storia antica che rischiamo di perdere, ormai è sempre più difficile ogni anno mettere insieme gli equipaggi, la tonnara non è molto remunerativa e viene mandata avanti tenacemente dalla Cooperativa Pescatori più per tenere in piedi una tradizione che per uno motivo commerciale.   Arriverà il giorno in cui qualcuno deciderà che non è più possibile sostenere questo onere e allora anche questo finirà, un altro pezzo di storia della nostra città se ne andrà per sempre.

 

Indietro