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LA
TONNARA
Cos’è
una tonnara ? E’ un
insieme di reti disposte in mare con uno schema fisso, uguale da secoli e per
tutte le tonnare che, come dice il nome, viene usato per la cattura dei tonni.
Questo sistema di pesca era già praticato dai Fenici poi dai Greci e
dagli Arabi che lo utilizzarono nell’antichità e lo diffusero largamente.
Gli Arabi fecero i primi esperimenti di tonnara in Sicilia intorno
all’anno 1000, mentre gli Spagnoli, che avevano imparato questo sistema di
pesca durante la dominazione Araba, iniziarono
a calare le tonnare in Sardegna, lungo tutta la costa occidentale, dopo averne
preso possesso nel 1478. Ormai
nel Mediterraneo ne sono rimaste pochissime :
due in Sicilia,
quelle di Favignana e di Bonagia, due in Sardegna, quella di Carloforte
nell’Isola di San Pietro e quella di Portoscuso e una a Camogli, che ormai è
la sola rimasta in Liguria e nel
Nord Tirreno. Recentemente
era stato fatto un tentativo di calare di nuovo, dopo anni di inattività, la
tonnara Saline a Stintino e la tonnara di Calasetta, entrambe in Sardegna, ma senza successo. L’unica
cosa che differenzia queste tonnare sono le dimensioni ; quelle siciliane e
sarde sono di grandi dimensioni
e con molte stanze in cui il tonno sosta, prima che vengano aperte le
varie porte che avviano il pesce verso la camera della morte, dove avviene la
"mattanza", mentre quella di Camogli, che viene definita anche “tonnarella”,
è più piccola, ha solo due stanze, e la rete viene "levata" tre
volte al giorno. La
“tonnara” vera e propria è intesa esclusivamente per la pesca del tonno
(pesca che comincia a Maggio e dura circa quarantacinque giorni) e che cattura
il cosiddetto “tonno di corsa”, quello, cioè, che arriva nei nostri mari in
primavera dal Nord dell’Oceano Atlantico attraverso lo Stretto di Gibilterra
per riprodursi lungo le coste del Mediterraneo in acque più calde e meno
profonde. Questa pesca termina
solitamente con la crudele e sanguinaria “mattanza”, parola di chiara
origine spagnola, (“matar” significa uccidere) quando le reti della
“camera della morte” vengono sollevate ed i tonni, arpionati uno per uno,
vengono issati sulle barche in un tripudio di sangue, canti
antichi e grida d’incitamento. Qualcuno
paragona questo crudele sistema di pesca alla “Corrida” anche se in realtà
non è così. La pesca del tonno una volta apportava grandi vantaggi economici non solo ai
proprietari delle Tonnare, ma anche a tutte le persone che, in un modo o
nell’altro, vi lavoravano intorno e
spesso, in certi piccoli centri, era l’unico mezzo di sostentamento della
comunità. La “tonnarella”,
come viene definita quella di Camogli, può catturare qualunque tipo di pesce di
passaggio, oltre ai tonni, rimane in mare da Aprile a Settembre e “leva” le
reti tre volte al giorno. La camera della morte, l’ultima stanza della tonnara, viene
sollevata a braccia, dopo un’accurata ispezione da parte del Rais, e il suo
contenuto caricato sulla barca che lo porterà poi in porto.
Anche qui alle volte se i pesci sono di grosse dimensioni vengono
arpionati, ma questo non ha niente a che vedere con la mattanza vera e propria.
Da
anni, tantissimi anni, la rete della tonnara di Camogli viene tesa sempre nello
stesso posto, a circa 400 metri da Punta Chiappa, quasi sotto la millenaria
Chiesa si S. Nicolò. La rete è ancorata a terra ad uno scoglio che la fantasia
popolare dice si chiami “pedale” o “pesale”, in realtà “pedale” è
il nome della rete che viene legata ad un anonimo scoglio, senza particolari
nomi romantici in una piccolissima insenatura del Monte di Portofino che si
chiama “Sca’ di Rocco”. Da
questo scoglio parte la rete d’arresto, appunto “il pedale”, fatta di
filetto di cocco, che va verso il
largo e il cui scopo e quello di
chiudere il passaggio ai pesci e
guidarli verso una prima “camera grande” o “di raccolta”,
anch’essa di cocco. Da qui
i pesci entrano nella “lea”, detta anche “camera della morte” che ha una
prima parte in cocco e finisce in nylon con maglie sempre più strette ed è
senza via d’uscita. Il
“pedale” è lungo 340 metri, la porta d’entrata nel recinto che è
antistante alla “camera della morte” è larga 25 metri.
A destra si trova un recinto rettangolare lungo 80 metri e, a sinistra
davanti al “sacco”, c’è un’anticamera di 30 metri che conduce alla
“camera della morte”, che misura 100 metri.
La rete viene ormeggiata sul fondo ed è profonda dai 10 ai 45 metri e
per ancorarla al fondale vengono usati 26 ancorotti a tre o quattro punte
unitamente a delle grosse pietre del peso di circa 20 Kg. ciascuna.
Per mantenere le reti perimetrali perfettamente verticali vengono
impiegati in superficie dei galleggianti di plastica (che una volta erano di
sughero) chiamati “natelli”,
posti a distanze regolari. Il
tutto, visto dall’alto, risulta in un disegno armonioso, col pedale che va
diritto dalla costa verso il largo, segnato dai puntini bianchi
dei “natelli”, e si aggancia a metà della grande rete, anch’essa
disegnata di puntini bianchi. E’
una grande libellula adagiata sul mare che sembra pronta a spiccare il volo. Un’immagine
del tutto diversa si ha guardando le rete sott’acqua. Fa impressione vedere quell’ammasso di corde che si perde
nel buio del profondo; costeggiandolo sembra un antico palazzo medioevale,
abbandonato, silenzioso, un insieme di stanze e corridoi, porte che si aprono e
si chiudono. Se si guarda bene,
sembra di vedere i fantasmi di coloro che lo hanno abitato, ma sono solo i
raggi del sole che penetrano dalla superficie e danzano con il mare. |