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Atti
del Convegno
di Alghero-Cabras 7-9 Dicembre 2001
"La
tonnarella di Camogli e la pesca nel Golfo Paradiso tra Ottocento e
Novecento" di
Annamaria "Lilla Mariotti Il Tonno Il
tonno rosso (Thunnus thynnus, Linneo 1758), il bluefin in inglese,
è un grande pesce pelagico, che spazia per tutto l'Oceano Atlantico, dal Nord
al Sud America, per arrivare poi all'Europa e al Nord Africa. E' un pesce
longevo che può vivere fino a 50 anni ed il suo peso può arrivare ai 700 Kg.
anche se normalmente i tonni pescati dalle nostre tonnare difficilmente superano
i 200 Kg. E’ un pesce
migratore, di mare aperto, molto veloce, può nuotare ad
una velocità di 70 Km. orari, vive in gruppi numerosi ed è un vorace
predatore. E’ noto anche
per riuscire, mediante l’attività dei muscoli, a mantenere una temperatura
corporea interna anche di 10°C più
alta rispetto alla pelle, grazie ad un sistema di vasi sanguigni altamente
sofisticato. Fin
dall’antichità più remota le carni del tonno sono sempre state molto
apprezzate per i loro requisiti organolettici e per il loro potere nutritivo e
fino dall'antichità ne venivano esaltate le virtù terapeutiche.
Si sa che la pesca del tonno era praticata fino dai tempi antichi, lo
dimostrano i graffiti nella grotta del Genovese a Levanzo, una delle isole
Egadi, e antichi vasi greci e romani che riproducono chiaramente
questo pesce. Come scrive Silvio Torre nel suo libro "Le Magie del Tonno"
già nel IV secolo A.C. . Archestrato da Gela, poeta e gastronomo, parla
dell'uso del tonno nella cucina dell'epoca.
Il garum, una specie di condimento fatto con le interiora del
tonno, era molto conosciuto ed apprezzato dai Romani. Per circa 12.000 anni
il tonno rosso è stato una fonte di cibo e di lavoro, e quindi di
economia, per i pescatori, i costruttori di barche e di reti e per tutti quelli
che lavoravano la carne del tonno lungo il bacino del Mediterraneo, la Penisola
Iberica e le coste del Nord Africa.
Ancora ai tempi nostri questa specie viene pescata ed è di notevole
importanza e di introiti per i pescatori stessi, per l'industria della pesca e
per quella conserviera, nonché per l'esportazione massiccia verso i paesi del
Sol Levante. Anticamente
l'unico modo conosciuto per conservare il tonno era la salagione e il prodotto
che ne derivava era chiamato tunnina.
Questo alimento era basilare, dato che fino alla metà del 1500 lo
stoccafisso ed il baccalà non erano conosciuti in Italia e non era quindi
possibile in altro modo, soprattutto per i meno abbienti, aderire ai precetti
religiosi che imponevano di mangiare pesce al venerdì e durante la quaresima.
Anche se si hanno notizie di tonno conservato sott'olio in orci di
terracotta fin dall'antichità, questo metodo non era molto diffuso e fu solo
nel 1868 che venne applicata l'invenzione del francese Nicolas Appert e
dell'inglese Bryan Donkin che consentiva la conservazione del tonno in scatole
di latta chiuse ermeticamente e successivamente sterilizzate, consentendo così
una diffusione a largo raggio di questo alimento.
La tonnarella di Camogli La
pesca nel Golfo Paradiso è sicuramente l'attività più antica praticata dagli
abitanti di Camogli, come quella della sua tonnara, una tonnara minore, forse un
po' misconosciuta, almeno fino a tempi più recenti in cui riviste e fotografi
le hanno dedicato dei servizi, riportandola alla ribalta.
E' sicuramente inferiore come dimensioni alle tonnare siciliane e sarde,
ha solo due camere contro le sei o più della altre tonnare e tre sole barche,
mentre le altre tonnare ne impiegano anche più di dieci. Qui non ci sono
vascelli, bastarde, musciare, ma la poltrona, che resta fissa sull'impianto ed
è quella da cui viene salpata la rete, poi c'è l'asino che va avanti e
indietro ogni giorno dal porto di Camogli ed è quella su cui viene caricato il
pescato e la vedetta, una barca più piccola, che viene portata a rimorchio
dall'asino. Questa piccola barca a remi viene utilizzata dal Capoguardia per
ispezionare l'interno della camera della morte per mezzo dello specchio, un
grosso imbuto metallico che termina con un vetro, usato da tempo immemorabile.
A Camogli il termine Rais per indicare il responsabile delle operazioni
della tonnara, colui che presiede alla messa in opera e che decide quando è il
momento di sollevare la rete, era anticamente diventato Raixe, ma da
molti anni non viene più
utilizzato, come lo è invece nella
altre tonnare italiane. Qui
il responsabile della Tonnara è solo il Capoguardia, perché è questo che fa
piegato fuori del bordo della sua barchetta che un abile pescatore guida a remi
all'interno del perimetro della rete : lui fa la guardia e controlla che la rete
sia piena di pesci. Quella
di Camogli è una tonnara di monta e leva o, più precisamente, una Tonnarella,
ma questa denominazione non si riferisce all'estensione delle reti, ma al
fatto che non pesca solo tonni, oggi
diventati molto rari, ma tutte le specie di pesci che incappano nella rete e al
fatto che le reti vengono levate più volte al giorno. Il pesce più comunemente pescato durante la stagione è la
Leccia (Lichia amia) con esemplari che arrivano ai 20 Kg. La
tonnarella di Camogli viene calata a circa 400 metri da Punta Chiappa, in
direzione Camogli, da Aprile a Settembre. La
rete di sbarramento, detta pedale, è legata a riva
ad uno scoglio ed è lunga 340 metri, la porta d'entrata del recinto che
è antistante alla camera della morte è larga 25 metri, a destra si trova un
recinto rettangolare lungo 80 metri e a sinistra, davanti al sacco c'è
un'anticamera di 30 metri che conduce alla camera della morte, che misura 100
metri. La rete viene ormeggiata su
un fondale che va dai 10 ai 45 metri, per mezzo di 26 ancore e di grosse pietre
del peso di 20 Kg. ciascuna. Per
mantenere le reti perimetrali perfettamente verticali vengono impiegati dei
galleggianti di plastica posti a distanze regolari.
Le maglie della rete, abbastanza larghe in alto, si fanno sempre più
strette scendendo verso il basso. Il
materiale usato per la rete è filetto di cocco (Ajengo superiore),
importato dall'India, che viene rigorosamente lavorato a mano durante l'inverno
dalla famiglia del capoguardia con
l'aiuto di altri pescatori, come si è sempre fatto fin dai tempi più antichi. La rete finita pesa 1.200 Kg.
Il filetto di cocco è stato
utilizzato in questi ultimi anni, dopo un'alternarsi di
lisca , canapa e nylon, in quanto si è dimostrato il più idoneo. Non
necessità di manutenzione durante la stagione di pesca, sulle sue pareti si
installano delle colonie di minuscoli crostacei e alghe che attirano il pesce e
per di più, alla fine della stagione, viene tagliato ed abbandonato in mare
dove, essendo un materiale naturale e degradabile, diventa pastura per i pesci.
Per la parte terminale della camera della morte viene impiegato il nylon, tinto
di nero in un fornello apposito sul molo del porto di Camogli.
Per questa tintura anticamente veniva utilizzata la corteccia del Pino
Marittimo (Pinus pinis) mentre ora si usano coloranti chimici. Solo questa parte della rete viene recuperata.
La ciurma è composta da dodici tonnarotti che si alternano in turni di
sei per settimana, guidati da un capoguardia.
Il titolo di Rais, detto a Camogli Raixe, come già detto è ormai in
disuso, ma è rimasto
appannaggio del vecchio Lorenzo Gelosi, detto Cen, un uomo di alla soglia dei 90
anni di cui più di 40 passati in
tonnara. Cen è una vecchia figura
di pescatore rude e schivo, che non ama parlare, ma ancora adesso, all'inizio
della stagione, sovrintende alla
messa in mare delle reti portando i tesori della sua esperienza e durante
l'inverno lavora anche lui alla
preparazione delle reti passando ore e ore in un vecchio magazzino, chino sul
filato di cocco. Nella
nostra tonnara non si è mai effettuata la mattanza,
se necessario venivano solo recuperati con arpioni gli esemplari più
grossi. Alla tonnara di Camogli si effettuano tre levate al giorno,
all'alba, in tarda mattinata e nel tardo pomeriggio e da sempre il pesce viene
issato sulla barca dai tonnarotti che tirano su la rete a forza di braccia dalla
barca mobile, avvicinandosi lentamente alla barca fissa, sulla quale viene
caricato il pescato che poi torna a Camogli.
E, cosa strana, queste operazioni si effettuano nel silenzio più
assoluto, né canti, né grida, accompagnano la levata, come succede nelle
tonnare Sarde e Siciliane. Solo,
alle volte, qualche pittoresco intercalare se qualcosa non funziona. A
Camogli non esiste un'industria per la lavorazione del tonno,
solo anticamente, nell'800, veniva preparata la tunnina sotto sale
in un piccolo locale situato in un vicoletto sul lungomare, in una località
chiamata Risseu, e poi
esportata verso il Piemonte, la Lombardia e, qualcuno dice, anche
l'Inghilterra. Negli
anni '50 c'è stato un tentativo di inscatolamento del tonno e di altri pesci da
parte di un'industria locale che fabbricava reti, ma l'esperimento è durato
solo 4 anni ed è stato abbandonato perché poco remunerativo, in quanto era
indirizzato solo all'utilizzo di pesce locale.
Le
prime notizie storiche sulla tonnara di Camogli risalgono al 1603, ma è
sicuramente più antica dato cha da altri documenti risulta
che nel 1300 era già in funzione una tonnara nel Golfo Tigullio, tra
Portofino e Santa Margherita Ligure e nel 1500 un'altra tonnara si trovava a
Monterosso, nelle Cinque terre. Questa
tonnara, tra il 1636 ed il 1667, veniva considerata seconda in
ordine di importanza, dopo quella di Camogli e prima di quella di Santa
Margherita . Se siano stati i
Fenici o i Greci ad introdurre questa pesca nel Mediterraneo è ancora poco
chiaro, di certo gli Arabi intorno
al 1000 introdussero la pesca della tonnara in Sicilia dove, tra l'VIII° ed il
XX° Secolo erano in funzione circa 80 tonnare, mentre ora ne sono rimaste solo
due, quella di Bonagia e quella di Favignana. In
una comunità piccola come Camogli anticamente la pesca del tonno poteva portare
lavoro per molti. Certamente l'economia di questo piccolo centro ha
gravitato per molto tempo intorno alla tonnara, con l'impiego di mano d'opera
locale per la costruzione e la manutenzione delle barche, poi fabbri, calafati,
fabbricanti di corbe (ceste) che erano fabbricate delle misura giusta per
contenere un certo quantitativo di pesce, calcolato in rubbi (ogni rubbo
corrisponde a circo 8 Kg), peso che viene ancora oggi utilizzato dai pescatori
locali, e poi per la preparazione
delle reti e le corde, che
anticamente erano fatte utilizzando la lisca (Ampelodesmos tenax), una
pianta con foglie lunghe e sottili che cresce spontanea sul Monte di Portofino e
che, dopo una lunga e accurata lavorazione,
dà corde resistenti all'usura del mare e che venivano ancora fabbricate fin o ai primi anni '60 a San Fruttuoso, una piccola frazione
di Camogli, sede di un'antica abbazia e di una piccola comunità di pescatori,
raggiungibile solo in barca.
Oggi questa pianta è protetta e non può più essere raccolta, ma le
vecchie attrezzature sono ancora usate, sempre a San Fruttuoso,
per fabbricare i cavi destinati alla tonnara di Camogli, utilizzando il
filetto di cocco, lo stesso che viene utilizzato per le reti.
La manifattura delle reti inoltre era anticamente affidata alle mani
capaci degli abitanti di Camogli, soprattutto
alle donne e tante famiglie vivevano
dei proventi di questo lavoro, fino al 1904, anno in cui fu impiantata
un retificio a Camogli, e ancora una volta furono le donne ad annodare
le reti, non più sedute sulla porta di casa chiaccherando con le vicine,
come in passato, ma all'interno di
questo moderno stabilimento, intrecciando le reti con
le macchine, prima utilizzando il cotone
e poi, a partire dagli anni '50 del 1900, il nylon.
Questa fabbrica ha cessato la produzione nel 1990. Da documenti dell'archivio di stato risulta che dal 1603 fino al 1709 si susseguono dei Decreti che stabiliscono che parte dei tonni pescati dovevano essere distribuiti alla popolazione di Camogli per loro uso e che la tonnara <<…… non potesse salariare in marinai ed inservienti che persone della parrocchia….>> . Le autorità avevano un occhio di riguardo per la popolazione locale che doveva avere cibo e lavoro. Di questo obbligo di consegnare tonni al Municipio si trova ancora traccia in altri documenti dell'archivio storico del Comune di Camogli tra il 1801 e il 1817. Sempre in questi documenti si legge, in varie date, che l'amministratore della tonnara aveva l'obbligo di passare al Municipio parte degli introiti della vendita del tonno, che si effettuava sul mercato di Genova, per sopperire alle spese comunali. Inoltre la tonnara era molto controllata dalle autorità Municipali se l'allora Amministratore della tonnara Antonio Senno veniva convocato in Municipio il 30 Aprile 1801 con i libri contabili per fornire non meglio specificati chiarimenti sulla sua gestione. Certo il lavoro non bastava per tutti e molti tonnarotti si spostavano verso altre tonnare, in Sicilia, in Toscana e in Sardegna, dove una comunità di questi pescatori, stabilitisi all'Asinara tra il 1700 ed il 1800, fondò in seguito Stintino. I proventi della tonnara servirono, in tempi più antichi, anche per finanziare in parte importanti opere pubbliche e religiose : tra il 1621 ed il 1624 finanziarono i lavori di prolungamento del porto di Camogli e nel 1629 servirono per il completamento del Santuario del Boschetto su una collinetta prospiciente il paese. Non si trovano registrazioni scritte delle spese effettuate per queste opere, non doveva essere considerato importante a quell'epoca, veniva semplicemente speso quanto era ritenuto necessario. Notizie
più recenti, del 1867, rivelano
che fu richiesto un canone di 920 Lire per
calare in mare la tonnara, senza specificare il nome del gestore, né il
periodo. Il 4 Marzo 1875
nell'Ufficio del Registro di Recco, su istanza del Consiglio Municipale di
Camogli, fu rilasciato, da Parte del Demanio dello Stato, un Atto di Concessione
per l'esercizio della pesca nelle acque della tonnara di Camogli per la durata
di sei anni. Il 3 Ottobre del 1877
in un non meglio precisato Ufficio Comunale di Camogli fu aperta <<un'asta
per mezzo di candela vergine, per l'appalto a tutto il 1880 dell'esercizio della
pesca nelle acque della tonnara così detta di Camogli, al prezzo annuo di lire
trecento, pagabili di semestre in semestre anticipato>>
Quest'asta fu tenuta dal Regio Delegato Straordinario Cav. Simone
Schiaffino ed il sistema ad estinzione di
candela vergine funzionava così : si accendevano delle candele una dietro
l'altra, se la terza si estingueva senza che fossero state fatte offerte, l'asta
veniva dichiarata deserta, se venivano fatte delle offerte, si aggiudicava
l'appalto l'ultimo offerente che, dopo la terza candela, avesse lasciato
estinguere una candela vergine senza che fossero state fatte altre offerte.
In quell'occasione i partecipanti erano due : Fortunato Bertolotto e
Filippo Massa. Si aggiudicò
l'appalto Fortunato Bertolotto con un'offerta di trecentodieci lire.
Nel
1883 la tonnara fu ripristinata con un canone annuo di lire 200 e negli anni tra
il 1890 ed il 1893 fu data in concessione a Pasquale Viacava che impiegò 19
marinai, poi dal 1894 al 1896
a Giuseppe ed Edmondo Gnocco, in società con Giacomo Murando, questa
volta prima con
20 marinai e poi con 25 marinai. In
quegli anni furono pescati da 65 a 300 Q.li di tonno per stagione.
Questo nonostante che nel 1884 la tonnara di Camogli, a quell'epoca in
concessione ad Andrea Cichero, non fosse più considerata remunerativa ed
interessante dato che non effettuava più la vera pesca del tonno, ma catturava
qualsiasi tipo di pesce entrasse nella rete. Non si sa in che data sia cessata
la gestione di privati, per certo
dal 1910 al 1923 fu gestita dalla Cooperativa SS. Prospero e Caterina, fondata
appositamente e amministrata dal Cap. Elia Cichero. Era composta da 20 soci,
tutti pescatori, che avevano pagato 10 lire
ciascuno per essere ammessi a farne parte e che in più tirarono fuori di
tasca loro i soldi necessari per costituirne il capitale sociale.
Dopo un altro periodo di inattività un'altra cooperativa venne
costituita in gran pompa nel 1937. Il
7 Febbraio di quell'anno, nell'Aula Magna del Municipio, alla presenza di tutte
le Autorità e dei pescatori Camogliesi veniva costituita la Soc. An.
Cooperativa Tonnarella di Camogli. Promotore
di questa iniziativa era stato l'allora Podestà Giuseppe Bozzo, il quale
anticipò di tasca propria i soldi necessari per la rimessa in opera.
Di questo avvenimento si trova traccia in una scarna annotazione
dell'allora Bibliotecario Luigi Costa : <<1937
…. Fu ripresa in primavera l'antica pesca della tonnara di Camogli, sospesa già
da diversi anni.>>. Dai dati statistici di fine anno risultò che la
Tonnara, dal 10 Aprile al 29 Ottobre di quell'anno, aveva pescato 50.500 Kg. di
pesce tra cui, oltre a quello che viene definito un buon quantitativo di tonni,
anche delfini, pescicani, squali martello, squali elefante, un balenottero e ben
6.635 Kg. di pesce luna (Mola mola), palamiti e altre varietà.
Non esistono più registrazioni contabili di quella stagione di pesca, ma
dalle cronache dell'epoca risulta che l'importo corrisposto a ai Soci lavoratori
quell'anno fu di 105.000 Lire e fu certo di grande soddisfazione per tutti.
L'anno dopo la tonnara fu messa in mare in ritardo a causa del ritardato
arrivo del cordame di canapa per preparare le reti e non ci sono dati sul
risultato della pesca. Passiamo
al 1943 : nell'autunno di quell'anno, in due giorni, incapparono nelle reti 64
tonni, per un peso complessivo di 1.050 Kg.
Dal 1943 al 1945 la tonnara non fu messa in mare a causa del totale
divieto di navigazione nelle acque del golfo imposto dallo stato di guerra, ma
riprese la sua attività al termine
del conflitto e funzionò ininterrottamente fino al 1979, rimase ancora ferma
per due anni finché, nel 1982, è stata rilevata dalla Cooperativa Pescatori di
Camogli che la gestisce ancora oggi. Non
è stato possibile reperire le registrazioni del pescato della tonnara di
Camogli in questo ultimi anni. I
documenti della precedente Cooperativa Tonnarella di Camogli sono andati
distrutti o perduti ed è stato un compito molto arduo tentare di ottenere dei
dati dall'attuale Cooperativa Pescatori. Le
uniche informazioni che ho le ho dedotte da uno studio fatto nel 1975 dal Prof.
Ferdinando Boero dell'Università di Lecce e che ricopre un periodo di 25 anni,
dal 1950 al 1974, relativo quindi alla vecchia gestione.
Tralasciando tutte le altre specie pescate, mi limito a parlare del
pregiato tonno rosso, il bluefin in inglese, il Thunnus thynnus.
La pesca di questo esemplare presenta un andamento alterno e sempre con
pesci di peso piuttosto modesto, comunque in 25 anni ne sono stati pescati 1.480
esemplari (meno di quanti ne vengono pescati in una sola stagione in una delle
grandi tonnare Siciliane o Sarde) per un peso totale di 7.785 Kg. Se invece parliamo del palamito (Sarda sarda), altro
esemplare molto pescato, nello stesso periodo ne sono stati pescati 105.630 Kg.
Quest'anno ho visto in pescheria alcuni tonni rossi, del peso di circa 20
Kg. ciascuno ed ho saputo dai titolari della Cooperativa che provenivano da una
tonnara volante posizionata davanti a Savona, cioè sul classico percorso
est/ovest dei tonni, quindi questo
potrebbe avere influito sulla mancata cattura di questo pesce da parte della
tonnara di Camogli. Fino
alla metà degli anni '70 avveniva spesso che rimanessero ammagliati nelle reti
della tonnara dei grossi esemplari di pesci atlantici, difficilmente reperibili
nel nostro mare : si trattava di grossi squali, balenotteri, una
grossa manta, poi una gigantesca tartaruga e due marlin bianchi.
Una volta venne pescato uno strano, grosso pesce coloratissimo che venne
identificato da Jacques Cousteau come appartenente alla famiglia dei pesci luna,
un "Lampris luna" o pesce imperatore, specie che vive
prevalentemente in mari caldi ed a grandi profondità.
Come questi grossi pesci siano entrati nel Golfo di Camogli è e resterà
sempre un mistero, si diceva persino che entrassero al seguito dei mercantili e
dei transatlantici diretti al Porto di Genova, ma questa è una mera ipotesi.
Alcuni di questi esemplari si trovano ora al museo di storia naturale di
Genova e dopo quegli anni catture di questo tipo sono diventate sempre più
rare. La
pesca delle acciughe alla Gorgona
Contemporaneamente
alla pesca della tonnara a Camogli si sviluppavano altri tipi di pesca, il più
importante dei quali era la pesca delle acciughe praticata alla Gorgona e che
veniva chiamata << la crociera dei cento giorni >>
perché durava appunto tre mesi. Le cronache
riportano che questo tipo di pesca si svolse tra il 1810 e il 1890,
ma da un libro cassa custodito nell'archivio dell'Arciconfraternita dei
SS. Prospero e Caterina di Camogli risulta
che nel 1742 i pescatori di ritorno dalla campagna della Gorgona consegnarono
all'Oratorio, oltre al decimo dovuto come istituzione religiosa, un ulteriore
quantitativo di pesce, dalla cui vendita furono ricavate in totale Lire 300;
altre fonti attestano che l'ultima campagna avvenne nel 1918, mentre
dalla viva voce di un vecchio pescatore ho saputo che lui stesso ha preso parte
all'ultima campagna di pesca alla Gorgona nel 1939, quando aveva 16 anni, con un
equipaggio di 6 persone. Questa
pesca annuale, veniva praticata con i leudi, grossi gozzi di 5 o 6 tonnellate di
stazza, adatti per il piccolo cabotaggio ed armati con vela latina e
remi. Almeno un terzo della popolazione maschile di Camogli vi prendeva parte e
la partenza avveniva in Maggio,
subito dopo la festa di San Fortunato, patrono dei Pescatori, che si teneva
nella seconda domenica di quel mese.
Gli equipaggi venivano scelti dai capibarca sulla calata del porto sotto
l'edicola della Madonna del Buon Viaggio e non era raro che di essi facessero
parte anche persone venute dalla campagna sovrastante Camogli e bambini di 8, 10
anni, poi i leudi venivano caricati con barili di legno vuoti e sale grosso,
oltre a provviste non deperibili, come legumi, pesce o carne salati,
l'immancabile galletta, insieme a fichi secchi e limoni della vallata per
sopperire alla mancanza di cibo fresco. In
tempi più recenti fece la sua apparizione a bordo anche un preziosissimo
pacchetto con un etto di caffè, che veniva portato unicamente a scopo
medicinale in caso di bisogno. Nei
tempi più antichi la partenza avveniva all'alba, i pescatori arrivavano alla
spicciolata e si imbarcavano in silenzio, mentre in tempi più recenti la
partenza era preceduta da una cerimonia religiosa.
La mattina una processione, preceduta dal parroco che portava la reliquia
di San Prospero, lasciava la chiesa
tra uno scampanio a festa e raggiungeva il porto dove, con la formula
<<San Prospero, proteggi gli uomini, le barche e le reti >>
benediceva la piccola flotta, dopodiché venivano alzate le vele e in un
paio di giorni, con vento buono, i leudi arrivavano a destinazione, utilizzando
anche i remi in caso di mancanza di vento.
Le acciughe appena pescate finivano subito nei barili sotto sale ed il
pescato veniva poi venduto a
Livorno a mercanti inglesi che, dopo un accurato controllo della qualità del
prodotto, che avveniva tramite un'asticella di legno infilata nel barile, lo
inviavano in Inghilterra. Quanto
veniva pescato con l'ultima calata delle reti veniva portato a Camogli in parte
per uso locale, in parte veniva
venduto per pagare le provviste e le attrezzature di bordo, acquistate a
credito, ed in parte devoluto alla
Chiesa. Il ricavato della
vendita del pesce a Livorno veniva diviso tra l'equipaggio durante il ritorno:
un sesto veniva messo da parte per la Chiesa di Camogli,
poi c'era una parte per la barca e le reti, una per il capitano e quella
per l'equipaggio che veniva diviso in base ai compiti a bordo.
Ai più piccoli restava la parte più esigua, ma molti di quei bambini
uscivano da quella scuola con un'esperienza tale che avrebbe loro permesso in
seguito di affrontare ben altri velieri e ben altri mari e di fare una brillante
carriera. Alcuni di questi leudi erano spesso di proprietà di armatori
camogliesi che vedevano in questa attività una ulteriore fonte di profitto e a
metà del 1800 nel porto di Camogli se ne contavano 120.
Nel 1939 la flotta era ridotta a poche decine di unità con propulsione a
motore, ma le modalità di pesca
erano le stesse di sempre : la rete calata
al tramonto, il sale grosso macinato a mano, le acciughe pulite a bordo
da un esperto marinaio, messe sotto
sale rigorosamente dal capobarca e poi vendute a Livorno. La parola crociera
può suggerire l'idea di un'avventurosa spedizione, in realtà si
trattava di sopportare improbe fatiche, l'equipaggio dormiva a bordo come
poteva, mangiava quando poteva e solo la domenica poteva gustare un pasto caldo,
raramente scendevano a terra e l'igiene personale era quello che era, le
mani erano piagate dal continuo salpare le funi delle reti e al ritorno a casa
questo uomini non si erano certo arricchiti. La
mugginara
Un altro tipo di pesca praticato a Camogli è quello con la mugginara, anch'essa di origine antichissima. Si tratta di una lunga rete a sacco, che calata stagionalmente da Aprile a Settembre, ogni giorno, da un terrazzino costruito appositamente a picco sul mare, tra la zona in cui viene calata la tonnara e Punta Chiappa, uno sperone di roccia che si protende in mare alla base del Monte di Portofino e chiude ad est il Golfo Paradiso. Questa rete somiglia vagamente ad una piccola tonnara volante, deve essere calata in un punto in cui l'acqua sia molto profonda in modo che vada giù a picco e la sua imboccatura sia rivolta verso il largo. Un uomo sta di guardia su questo terrazzino attento ad ogni movimento, tra il baluginare del sole e l'incresparsi del mare, mentre due uomini in basso, su due barche, aspettano il segnale per chiudere la rete. Come suggerisce il nome questa rete viene calata per catturare soprattutto i muggini che entrano nel golfo da est proprio in quella zona, ma naturalmente anche qualsiasi altro tipo di pesce. La rete, una volta recuperato il pescato dalle barche, viene tirata su e portata a terra per essere riutilizzata il giorno seguente. Purtroppo non c'è più nessuno che abbia la pazienza di passare ore accovacciato sul bordo del terrazzino ad aspettare che la rete si riempia, così, da diverse stagioni, la mugginara non viene più calata e anche questa, come tante altre tradizioni, si va perdendo. La
lampara Non dimentichiamo la lampara altro tipo di pesca
antico che pare importato a Camogli proprio dai
pescatori delle Gorgona, che lo avevano appreso da
pescatori Napoletani. Questo tipo
di pesca viene praticato prevalentemente in estate prima e dopo il tramonto di
vedono le barche da pesca con il loro equipaggio di sei persone a bordo uscire
lentamente dal porto portando a rimorchio una o più barche
di dimensioni inferiori che hanno a poppa una grossa lampada rivolta
verso il basso ad all'interno un generatore di corrente.
Anticamente la luce proveniva da un piccolo braciere sporgente nel quale
venivano bruciate pigne e legni secchi, in seguito sostituito da lampade ad
acetilene, a vapori di benzina, petrolio,
gas metano e batterie da automobile.
Ormai la tecnologia è arrivata anche qui e sulla barca principale si
trovano un sonar ed un ecoscandaglio che vengono utilizzati per localizzare i
banchi di pesce. Trovato il posto
idoneo, la lampara (che è una rete circolare)
viene posizionata e al suo centro viene collocata la barca con la
lampada, detta luce mentre i capi
della rete sono tenuti sulla barca
più grande e viene salpata ogni volta che questa è piena di pesce.
La lampara viene spostata diverse volte durante la notte a seconda degli
spostamenti dei banchi di pesce a all'alba i pescatori tornano in porto con le
barche a rimorchio ed il pesce che finirà subito sui banchi della locale
pescheria, sul mercato ittico di Genova e, in parte, nei ristoranti camogliesi.
La
pesca oggi Diverse sono le attrezzature usate dal pescatore Camogliese per i vari tipi di pesca. C'è il palamito, una lunga lenza, molto resistente, che può portare anche 1500 ami, ognuno innescato con l'esca giusta, che serve per pescare dalla occhiate fino ai pesci spada, a seconda che venga calata più o meno al largo. Poi ci sono il tremaglio, la rete di posta e la rete di profondità che viene calata oltre gli 80 metri e con la quale si catturano anche le aragoste. Gli altri tipi di rete vengono utilizzati vicino o lontano dalla costa secondo le stagioni, le condizioni del mare e delle correnti e vengono posti in mare con un andamento ad esse ed il loro scopo è quello di catturare pesce di passaggio che rimane ammagliato nella rete. La
pesca a Camogli è gestita dalla
Cooperativa Pescatori di Camogli con trenta gozzi e trenta Soci armatori, nonché
dieci dipendenti a terra ed uno stabilimento per la lavorazione del pesce, dove
vengono prodotte acciughe salate che vengono lavorate freschissime, appena
pescate e rigorosamente a mano, come facevano già in passato quei rudi uomini della Gorgona.
C'è rimasto un unico peschereccio, perché ormai da tempo è stata data la
preferenza ai grossi gozzi, più maneggevoli e più facili da gestire,
ma il Tecla, questo
è il suo nome, esce in mare tutto
l'anno, con condizioni meteo favorevoli, e si vede la sua inconfondibile sagoma
alcune miglia al largo, andare avanti e indietro per il golfo, trascinandosi
dietro la sua grossa rete. Ed
è una festa il suo rientro in porto, prima del tramonto;
una piccola folla lo attende sulla calata osservando il contenuto delle
cassette che vengono scaricate e commentando ad alta voce,
prima che il pesce venga avviato, come abbiamo già visto, al mercato
ittico di Genova, alla pescheria, anch'essa
gestita dalla Cooperativa Pescatori, al locale stabilimento per la
lavorazione del pesce ed, in parte, ai ristoranti locali. Tutti
questi sistemi di pesca sono compatibili con l'ambiente per il quale il
pescatore di Camogli ha sempre avuto un grande rispetto, soprattutto per il
fatto che qui la pesca viene praticata nell'Area Marina Protetta del Monte di
Portofino. Io non ho riportato dati, cifre e statistiche, ma la testimonianza di una realtà particolare e anomala. La pesca a Camogli, anche quella della tonnara, nasce povera; prima, in tempi antichi, come mezzo di sostentamento per la famiglia, poi, in seguito, per il sostentamento della comunità laica e religiosa, solo quello che rimaneva veniva venduto. Non è che sia mancata una mentalità imprenditoriale, come dimostra anche l'attività di inscatolamento del pesce intrapresa negli anni '50, chiusa dopo pochi anni solo per la mancanza della materia prima in quanto, come abbiamo visto, era basata sul pescato locale. Bisogna anche considerare che difficilmente le nuove generazioni oggi vogliono avvicinarsi a questo mestiere così faticoso e poco remunerativo e che il mare non è più pescoso come una volta, vuoi per l'inquinamento, vuoi per la pesca indiscriminata fatta nel passato. Forse al pescatore di Camogli basta portare avanti con ostinazione un mestiere antico, radunandosi in cooperative come nel passato e pensando solo al suo lavoro. Quanto si è pescato e quanto si è guadagnato è una cosa che riguarda solo lui, non va comunicata con facilità ad estranei. Il pescatore di Camogli è un uomo schivo, non ama parlare, forse intere notti passate in mare, nel silenzio più assoluto, con la sola compagnia dei gabbiani e dei delfini, lo ha reso così e a me piace rispettare questo suo silenzio, fare solo tesoro delle scarne informazioni ottenute perché da loro, nonostante tutto, ho imparato molte cose, ho scoperto la loro grande dignità ed il desiderio di nascondere la grande fatica quotidiana, lasciandola correre via con un semplice gesto della mano, come a dire <<non è importante >>. Bibliografia G. R. Coppedé – La Pesca nelle Cinque Terre e l'esercizio della Tonnara di Monterosso dal Secolo XVI al secolo XIX a cura dell'Istituo Internazionale di Studi Liguri, Bordighera 1974, p 114 S.
Torre – Le Magie del Tonno –Venezia 1999, pp
9, 59 N.
Ravazza, L'ultima muciara -
Trapani 1999, p 5 A.
Ferretto, Il distretto di Chiavari preromano, romano e medioevale –
Chiavari 1928, pp 635, 636, 642 C.
Parona, Relazione sulla Pesca Marittima in Liguria – Genova 1898 P.
Pavesi, Relazione alla Commissione Reale per le Tonnare – Roma 1889, p
55 Annamaria
"Lilla" Mariotti è una ricercatrice indipendente nel campo della
pesca e della tonnara in particolare.
Da alcuni anni collabora con il
Prof. John M. Dean del Baruch Institute for Marine Biology dell'Università del
Sud Carolina (USA) conducendo per lui ricerche sulla Tonnara di Camogli.
Inoltre fa parte del Team Internazionale che ha condotto ricerche e
prelievi di campioni di Pesce Luna (Mola mola) del Mediterraneo per il
Dr. Stephn Karl dell'Università di San Francisco (USA)
che conduce negli Stati Uniti approfonditi studi sul DNA di questa
specie. |