Dhyana  

 

 




I - Preparazione


   Meditare significa essere al centro del proprio mondo: si provocano le cause delle situazioni, e il mondo in cui si vive è il proprio prodotto. Siamo creatori del nostro mondo, ma anche della nostra apocalisse.
   Chi pratica la meditazione in modo costante, continuativo e con impegno, arriva all’autocomprensione: “io sono il mio mondo”. Non tollera più la minima scusa o giustificazione per negligenze, problemi, catastrofi, disgrazie e miserie. “ Io e soltanto io ne sono la causa e ho la responsabilità di tutto questo”. Da questa autoconsapevolezza nascono l’ etica, la perseveranza, l’ attenzione, la forza e la continuità, si conoscono personalmente le soluzioni per situazioni critiche e problemi. Meditare è “unità, silenzio, verità”, quindi “realtà”. E si viene a conoscere la propria realtà originaria.
   Come per ogni allenamento sportivo viene ripetuto continuamente lo stesso percorso, lo stesso colpo, la stessa tattica, così pure nella meditazione si ripete sempre l’esercizio di immergersi nel silenzio, affinché ogni singola cellula del corpo possa sentire questo silenzio.
   Quello che ci viene dato dalla meditazione, traspirerà più tardi in ogni nostra azione, in quello che è opportuno fare: Azione – conseguenza: se dall’ albero cadono le foglie, le spazzo via. Se ho mangiato, pulisco. Se ho un appuntamento alle 9, mi presento alle nove meno due minuti.
   Con questi piccoli passi si arriva al centro del proprio mondo, perché si determinano le cause di quello che accade e ci se ne assume in pieno la responsabilità, sia nel piccolo che nel grande.
   Lo yogi apprende la forma e la domina.
   E’ affascinante la via dello yoga: la forza, la disciplina, il modo avvincente di affrontare la vita quotidiana, il fine umorismo e la risata sonora, ma non tutti superano le difficoltà dovute alla disciplina, alla concentrazione. La via dello yoga presuppone quindi sin dall’ inizio forza di volontà, risolutezza e una buona dose tenacia.
   E’ una via che procura gioia e gratifica abbondantemente solo se abbiamo il desiderio assoluto di diventare effettivamente “creatori del proprio mondo”, se siamo in grado di intraprendere una strada con continuità, disciplina e motivazione duratura, se sappiamo porci delle mete, raggiungerle e proseguire oltre.
   Chi pratica il dhyana, conosce la realtà e le conseguenze del suo comportamento sulla realtà, quali cause deve determinare per raggiungere le mete aspirate, e agisce, si assume la responsabilità, prende decisioni, diventa centro magnetico di riferimento. E’ la saggezza sviluppata dall’ azione.





Rituale:
   Indicazioni, consigli e istruzioni su come iniziare, possibilmente ogni giorno, a praticare la meditazione Dhyana. Questi non sostituiscono l’istruzione impartita da un maestro (Guru), ma sono sufficienti per i primi passi.
   Scegliete i più adatti affinché la meditazione sia una fonte di gioia.

   Iniziare liberi dai pensieri quotidiani, e calmi, apriamo la finestra e facciamo entrare aria fresca. Digiuni da almeno un’ ora.
Ossigeniamo il corpo: Eseguiamo le Asana (p.e. in verticale sul capo per ossigenare il cervello), o facciamo ginnastica, balliamo, saltiamo, o facciamo un giro di jogging.
   Una doccia con acqua alternata calda/fredda, bere una tazza di te verde.
Avvicinarsi alla postazione, inchinarsi o suonare una campanella. Sedersi.

   Vestiti larghi e comodi, di materiale gradevole e arioso, di colore scuro per evitare irritazioni. Non indossare calze o cinture: Gonna pantalone, Hakama, Kimono a maniche larghe.

   Postazione, inizialmente una coperta piegata in quattro, è un Futon 90 x 90 cm.
Importante è il cuscino della giusta altezza (provare), oppure una panchetta di legno. Servono per portare le ginocchia a contatto col pavimento. Fare diverse prove, posizione del Loto, seduti sui talloni, oppure su una sedia che permetta di avere i femori paralleli al pavimento.
   E’ bene mettere una piante aromatica o profumata in un vaso: melissa, lavanda, gelsomino, menta, ecc., e anche un fiore o un rametto fiorito.
   Serve un orologio o un timer, e se volete anche una campanella.
   Rinunciare a qualsiasi tipo di musica durante la meditazione.

Luogo separato per non essere disturbati, avvisate che questo è il “vostro posto” dove desiderate non essere disturbati:

   - Pulizia: Tenerlo pulito e senza polvere. Fare entrare aria fresca. Possibilmente in contatto con la natura e le stagioni.
   - Sobrietà, modestia, vuoto e discrezione: “Meno è più “. Meglio oggetti vecchi e usati che nuovi e vistosi.
   - Armonia di colori, forme, linee e superfici, con discreta asimmetria.
   - Silenzio e protezione dai rumori o stimoli forti come odori o colori.

   L’ attenzione non deve essere distratta e lo spirito deve trovare la calma.

   L’Ora adatta è la mattina col digiuno, la ginnastica e la doccia. Quando lo spirito è già sveglio, ma ancora calmo. La meditazione prepara la giornata.
   Anche la sera prima di andare a dormire, facendo un forte esercizio fisico con respirazione a regime sostenuto, si calma lo spirito e si scacciano i pensieri della giornata per prepararsi ad un sonno gradevole e pacifico.
   Inizialmente una volta al giorno alla stessa ora e allo stesso posto. Importante è che la regolarità diventi abitudine e che si noti la gioia del silenzio.

   La durata di 10 minuti iniziali lentamente diventano 25. Periodi brevi che danno gioia, perché la gioia è un motore più potente del dovere. In questo “tempo nostro” acquistiamo forza vitale e gioia di vivere.

   La posizione del Loto è la preferita, ma l’ importante è avere la schiena diritta su una base fissa. Oscillare un po’ fino a trovare l’ equilibrio perfetto.
   Il mento leggermente ritirato, gli occhi semiaperti fissano un punto a circa un metro sul pavimento. Appena chiusi gli occhi ci si perde in pensieri e sogni. Uno spirito sveglio richiede occhi aperti.
   Le spalle rilassate. Il tono del corpo è eretto. Le mani aderenti naturali al corpo lievemente appoggiate la sinistra sulla destra, sul ventre sotto l’ombelico. Si possono congiungere i pollici senza formare monte o valle, ma diritti uno all’altro. Oppure la sinistra prende il pollice destro.
   Il flusso respiratorio sia senza alcun impedimento. Fare due respirazioni a fondo dal ventre e centrarsi su questo punto.
   Ginocchia fisse al suolo, basso ventre leggermente in avanti, schiena e nuca in linea, mento ritirato, spalle sciolte, muscolatura rilassata: Non muovere più il corpo, assolutamente fermo durante la meditazione.

    Atteggiamento mentale sveglio, attento, fresco, osservatore, luminoso e chiaro. E’ un’attenzione piena di forza come del leone. Non si tratta di sentirsi confortevolmente a proprio agio, di sonnecchiare ad un livello superiore, di divagare nel passato o di sognare del futuro. Ma Desti come un lottatore di spada prima della lotta per la vita o la morte.
   Appena seduti entrare in questo atteggiamento mentale dinamico e mantenerlo per tutto il periodo della meditazione.

   Il controllo del respiro e dei pensieri che abbiamo imparato nel Pratyahara e nel Dharana è ora che svolgano il loro compito al servizio della meditazione. Liberiamo la mente dai pensieri parassiti e teniamola pronta per il balzo verso il sublime.








 

 

 




II Meditazione


1
   Quando si medita si va “oltre”, “avanti”, non per raggiungere uno stato sociale, una certa posizione, farsi un nome o acquisire beni materiali (anche se, procedendo nella via dello Yoga, questo si verificherà). Si tratta di un atteggiamento di vita che dice: “Vai avanti”. Quello che hai raggiunto non basta. Vale la pena di migliorarlo. E’ migliorabile! E’ la crescita permanente, l’ampliamento, la maturazione e il superamento di ogni confine.
   Questo stato mentale ci fa vivere in un processo del divenire, nel senso che si cresce continuamente, oltre se stessi. Non perché lo stato attuale non basti ancora, ma perché ogni momento offre la possibilità di evolversi, perfezionarsi, migliorarsi.
   Praticando la meditazione si diventa una persona che ha deciso di dedicarsi in modo continuo all’ apprendimento volontario e al cambiamento, alla trasformazione. Significa agire nel mondo con freschezza fisica e mentale e continuare ad imparare fino a tarda età.
   Non ci si lagna e si lamenta delle cose che non vanno come si vorrebbe , se magari sono come si vorrebbe, non rimangono mai come sono.


2
   Inizialmente attraverso l’aspetto fisico (stare seduti in silenzio a fissare un punto) viene risvegliato ed esercitato l’atteggiamento interiore: Se il corpo è seduto eretto, lo è anche lo spirito. Corpo e spirito diventano una cosa sola. Il corpo è la forma, lo spirito il contenuto: Stai seduto bene! Stai seduto diritto, comodo! Stai seduto eretto, come una candela, sciolto! Se stai seduto così, sei libero, felice e fresco, siedi insieme alla terra, impara con il corpo! Il cosmo e io, ben poggiato per terra, siamo una cosa sola!
   Star seduti così è uno stato di assoluta ampiezza e leggerezza, è uno stato dell’essere vigili e permeabili; una montagna di granito e una limpida e fresca mattinata di sole invernale allo stesso tempo. Chi prova questo stato e lo pratica a lungo, nel corso del tempo lo fissa bene e lo fa diventare un’atmosfera interiore da coltivare continuamente: “io sono il centro del mio mondo”.
   Non è orgoglio e spavalderia, ma gratitudine e modestia verso questo dono concesso per l’esercizio svolto e le fatiche.
   Come l’esercizio fisico quotidiano aiuta ad ottenere un’andatura leggera e movimenti eleganti, così questo entrare quotidiano nel proprio silenzio ci procura uno stato interiore aperto e leggero che si protrae per tutto il giorno: Saldi come una roccia e leggeri come una piuma!


3
   Nel Pratyahara abbiamo imparato a calmare la mente, a stare nel silenzio dei pensieri. Con il Dharana ci siamo fatti i muscoli mentali, a stare concentrati su un’idea. Ora nel Dhyana vivremo l’ esperienza che il non pensare è vivere in un continuo lampo mentale, e questo in grande silenzio e pacatezza. La mente è immersa permanentemente nel proprio silenzio, ma ben desta e presente.
   A ciascuno di noi è successo di fare esperienza su questo stato di assoluta chiarezza mentale, quando in un momento critico o di estremo pericolo abbiamo agito non per una volontà prefissata, ma istintivamente, soltanto per uno stato di coscienza desta. Di solito i sudori sulla fronte subentrano in un secondo momento.
Al culmine di una prestazione enorme abbiamo intravisto la possibilità della vittoria, improvvisamente dentro di se si fa silenzio. Tutto si fa più chiaro e limpido che mai, come se si fosse accesa la luce dei riflettori. In questo istante si è convinti che tutte le forze del mondo siano dentro se stessi, ci si sente in grado di compiere qualsiasi cosa ed è come avere le ali. Non c’è momento più prezioso nella vita di questo istante lucido, e per anni ci sforzeremo di viverlo ancora una volta.
   Questo è lo stato di una mente completamente priva di distrazioni, presente, desta e ampia, con la facoltà di centrarsi perfettamente, con la facoltà di penetrare mentalmente un oggetto, come il fascio di energia di un riflettore in un punto, illuminandolo. Col Dhyana stiamo evocando volontariamente e su richiesta questo stato e lo coltiviamo.
   Padroneggiare questa facoltà non significa analizzare, costruire, esitare, questo è bensì “il pensare del non pensare”. E’ guidare la propria vita esattamente al momento giusto, e sempre assolutamente desti.

   La forza del braccio tiene l’ arco in tensione. La freccia posa inerte sulla mano. Il tiratore è fermo con la potenza del suo corpo attiva. E’ lui la freccia. Scaglia e lancia la sua potenza verso la meta. Non c’è colpo senza bersaglio, non sarebbe sensato impegnarsi di centrare bene?
Se una freccia non centra il bersaglio desiderato è il segno che qualcosa non va nell’ armonia del tiratore. Infatti, se tutto è a posto, si fa centro ad occhi chiusi!
Immaginiamo quali successi sarebbero possibili se riuscissimo a raggiungere una dedizione completa. Se con spirito calmo e assolutamente desto diventassimo un tutt’uno con quello che facciamo.
   Se un colpo non centra il bersaglio vuol dire che pensiero ed azione non sono ancora tutt’uno. Infatti se pensare e fare sono un tutt’uno, facciamo centro ad occhi chiusi.


4
   Col Pranayama abbiamo imparato che c’è un modo di respirare per guidare il prana dentro il nostro corpo. Nel Pratyahara abbiamo imparato ad osservare il nostro respiro. Adesso impariamo come il Dhyana è la consapevolezza e l’osservazione del respiro.
   A volte si ha il respiro stressato quando la gabbia toracica si muove nel ritmo respiratorio. Una sensazione di benessere è invece accompagnato da una respirazione tranquilla del ventre. Con una respirazione consapevole, profonda e volutamente dal ventre possiamo rafforzare o anche indurre la calma interiore e la capacità di concentrazione. Nell’inspirazione tranquilla sentiamo la pancia che “va in fuori”: vestiti larghi e niente cinture.
   Inizialmente concentriamo l’attenzione in un punto tre dita sotto l’ombelico.     Osserviamo, col movimento della pancia, lo scorrere del flusso del respiro in entrata e in uscita. Osservando più a fondo, si ha la percezione interiore ed esteriore. Questi due spazi, che sussistono soltanto nella coscienza, col tempo si annullano e si instaura uno stato di equilibrio di dentro e fuori, la coscienza si dilata. Si vivrà l’ annullamento dello spazio, si è dentro e fuori contemporaneamente, si diventa “colui che percepisce”, “questo sono io”. Tutto ciò che si è non sarà più trattato senza riguardo. Si diventa più responsabili e si prova profonda gratitudine e rispetto per tutto ciò che ci succede.
   Seguendo ulteriormente il flusso respiratorio ci si addentra sempre più in ciò che scorre, che sempre e in ogni momento ci pervade completamente: il silenzio e il movimento. E’ il flusso infinito della vita vissuto molto profondamente in ogni momento con la percezione viva del flusso respiratorio. Da questa esperienza si sviluppa lo spirito che non si ferma e non si fissa, ma è pronto, grato e in grado di confluire in nuove forme.
   La capacità di seguire il flusso respiratorio e di immergervisi sempre più in profondità produce l’effetto che questo silenzio si mantiene anche oltre il Dhyana. Nelle situazioni in cui può venir meno la calma, con un certo modo di gestire la respirazione si potrà ritornare ad essere padroni della situazione.
   - Posizione, respiro, mente.
   - Silenziosi, desti, vivi!
   - La pancia respira, tutto viene da se, non fare niente.
   - Svuotarsi completamente, tendere bene il busto, nessun blocco nella respirazione.

   Imparato questo, potremo vivere in qualsiasi momento la vera vita: mangiando, solo mangiare; dormendo, solo dormire; lavorando, solo lavorare.


5
   In Pratyahara abbiamo constatato come nella mente balenano pensieri, riaffiorano ricordi del passato, si fanno progetti per il futuro, si fanno apprezzamenti su certi eventi, ci si presentano immagini, sentimenti come noia, agitazione, impazienza, risalgono sensazioni, percezioni e moti di volontà.
Altro che introspezione silenziosa e conoscenza profonda! La mente infuria come un branco di scimmie scatenate fra glia alberi. Questo è lo stato normale della nostra mente! E in questo stato mentale superiamo i problemi della nostra vita.
   Abbiamo fatto qualche esercizio del Dharana? Per calmare la mente, per avere il dominio della mente, non basta mai!
   Assumendo la posizione eretta, immobile e silenziosa, osservando il respiro e infine contando i respiri, ci mettiamo sulla strada che ci porta a diventare fermi e silenziosi, a trovare la calma e ad essere assolutamente desti.
   Dopo qualche tentativo fallito possiamo rassegnarci e desistere, come fanno quasi tutti. “Io non sono capace di meditare, sono troppo irrequieto”. E allora bisogna appunto impararlo!
   E’ una scuola che dura una vita. Farlo e rifarlo fino ad imparare. Lo spirito deve imparare piano piano, affinché poi il procedere spirituale gli dia gioia.
   Con la spada tagliamo la catena dei pensieri, mentre contiamo i respiri da uno a dieci: Inspirazione – Espirazione;uno. Inspirazione – Espirazione;due ecc. fino a dieci. E ricominciamo daccapo. Tutto non deve svolgersi automaticamente, ma respiro per respiro, stando assolutamente desti, osservatori!
   Inutile dire che subito un pensiero, una sensazione, una percezione interviene a disturbarci, a interromperci, a fuorviarci del tutto. Un taglio netto e ricominciamo da capo. Ci vorranno tre mesi prima che riusciamo ad eseguire i respiri da uno a dieci senza essere influenzati.
   Questo è un esercizio base. Dopo qualche tempo di pratica quotidiana siamo in grado di acquisire uno stato vigile e centrato che ci renderà capaci, nel quotidiano, di comportarci in modo “adeguato, vale a dire in funzione della rispettiva situazione – sia con una reazione, sia con una azione, o sia semplicemente lasciando correre. Il compito principale in questo training è dunque questo: Non pensare, ma essere desti, percepire.


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   Meditare aiuta a stare in mezzo alla realtà, come essa si è formata o come è stata causata; adeguarsi fiduciosi e consapevoli al flusso della vita, al mutamento irrefrenabile dei fenomeni che fluiscono.
   Questo spirito è come l’acqua. Fluisce in ogni forma, riempie questa forma e confluisce nuovamente in una nuova forma.
   L’unico modo di vivere è quello di dedicarsi al flusso della vita. Non appena insorge il pensiero “Non voglio” oppure “Vorrei che fosse diversamente”, sorge il problema dell’ Io che vorrebbe che le cose fossero diverse da come sono.
   Non appena questo Io non ci sarà più, ci si troverà immersi nel flusso continuo degli eventi, senza dolori: “Dove io non ci sono, non ci sono problemi. Dimenticare se stessi significa essere illuminati da ogni cosa”.
   Lo spirito che ha dimenticato se stesso è lo spirito che scorre. E’ docile e non trattiene niente. Questo è esattamente lo spirito meditativo, sia nello star seduto immobile e in silenzio, sia anche nel movimento dinamico più estremo.
   Riempire la realtà significa: “lasciar agire, ma anche agire noi stessi per comprendere la realtà e contribuire noi stessi a formarla.”
   Ma che cosa è la vera realtà? Chi vuole conoscerla deve essere cosciente della sua ottica personale e osservare il mondo senza il filtro delle proprie opinioni. Molto spesso constaterebbe di non trovarsi in un ingorgo autostradale, ma di essere lui stesso, con le sue azioni, un ingorgo! Riconoscerebbe che non è che c’è un clima familiare o aziendale – no, le sue azioni sono il clima! Non è che lui abbia una lite – lui è la lite!
   Agire significa dedicarsi completamente a questo compito - con energia, senza stancarsi mai, dimenticando se stessi fino a rinunciare a se stessi. E una volta giunti al punto in cui si è dimenticato e rinunciato all’Io, allora saremo solo azione e dinamicità. Questi sono gli istanti in cui si avvertono dentro di sé tutte le forze del mondo, in cui ci si sente sicuri di possedere la forza di raggiungere qualsiasi meta, senza sforzo, in assoluta chiarezza e silenzio.
   Sono momenti di pura energia, ispirazione e gioia. E’ un agire libero da passato e futuro, assolutamente presente nel momento ed estremamente avvincente.
Si tratta di svolgere il proprio lavoro con piena energia e senza prefiggersi alcuno scopo di un possibile vantaggio. In un tale modo di agire si pongono le cause necessarie per lasciare maturare i relativi frutti. A chi ha assolto ora al cento percento il suo compito, la realtà si mostrerà riconoscente nel modo opportuno, con 1001 doni.
   E’ un’arte! Bisogna svolgere il proprio lavoro come un gioco da bambini, come la cosa più naturale. Si deve diventare del tutto modesti, ma orgogliosi. Il vero Io deve essere presente – deve essere desto: il centro del proprio mondo. D’ora in poi non ci sono più scuse!


7
   Come ci si esercita duramente e senza interruzione per raggiungere l’elasticità fisica, esattamente così viene incentivato anche lo spirito.
   Lo spirito reagisce con un rifiuto e con un “No” alle richieste e alle esortazioni che vengono rivolte. In tali situazioni, il principiante che rinuncia manterrà i suoi “saldi principi”, che bene o male gli saranno di aiuto nella vita – ma rimarranno anche così rigidi come sono arrivati.
   Se uno ce la fa a superare questo periodo duro, di giorno in giorno noterà che a poco a poco fisico e spirito diventano sempre più elastici. Nelle Asana il corpo impara a coordinare i movimenti con il respiro.
Questo avviene perché la mente è diventata altrettanto elastica; non reagisce più con un cocciuto No. In ogni situazione si è sempre più spontanei, desti e chiari nella reazione. E’ lo “spirito dell’acqua” che scorre chiaro, desto, fresco, in ogni possibile forma. Lo spirito scorre anche fuori dalla forma. Non rimane nella caraffa , nella ciotola o nella bottiglia, rimane sempre e soltanto “in flusso” e fedele a se stesso. Le forme vengono sempre nuovamente abbandonate, e sarà vissuta una fresca libertà.
   Con questa libertà, la forma non è più un’imposizione, ma soltanto transizione, per confluire nella prossima forma.
   Forme, figure, situazioni, persone non sono più un ostacolo, ma offrono nuove possibilità per la mente di affluire in esse e soprattutto di defluirne assumendo poi sempre nuove forme. Senza star lì ad operare una scelta e senza attaccarsi al tradizionale.
   Persone con tale atteggiamento mentale sono gli artisti con i loro lampi di genio o i campioni dello sport, quando, come per gioco, scendono sparati giù per le piste o come in trance lanciano la palla nel campo avversario. Essi vivono costantemente in uno stato in cui la forma è completamente superata e nient’altro è rimasto, se non la base di un’espressione ludica, artistica.
   Qui comincia la libertà personale, l’entusiasmo e la maestria individuale. Si crea uno stato di coscienza di qualità superiore.


8
   La separazione, tra l'Io ed ogni altra manifestazione, è considerata come qualcosa di fallace e come causa di ogni dolore - dallo struggimento più lieve fino alla più grave forma di dipendenza, dal rifiuto più leggero alla più profonda depressione.
   La dissoluzione dell’Io consegna l’uomo all’unità. Unità intesa come sinonimo di libertà, pacifismo, energia, percezione della realtà, gentilezza e saggezza.
   Una persona che abbia compiuto questo passo verso l’unità e si trovi in questa unità, è caratterizzata dal fatto di avere la fiducia e la facoltà di superare tutti i problemi che le si presentano.
   Il processo, per far sì che l’Io si dissolva, affronta frontalmente e trasforma tre aspetti con cui l’uomo entra nel mondo: Il pensare, il parlare e l’ agire.

   Il pensare viene affrontato con compiti che non si possono risolvere, dissolvere, superare razionalmente, con l'intelletto, e si cerca una soluzione che sembra non avere senso. Una volta che si ha la soluzione, si è assolutamente certi della sua verità, ma prima che la verità ci conceda l'accesso ci vuole spesso un processo mentale lungo e doloroso, che passa attraverso molti dubbi e disperazioni. Con l'accesso alla verità è collegato un nuovo modo di pensare - un pensare estremamente diretto, spontaneo e creativo.
   Questo nuovo modo di pensare non è più solo analitico e costruttivo, ma anche, e tanto più, un cogliere la realtà in modo intuitivo, così com'è, e cioè senza separazione alcuna.
   Esempio:
   "Quando si batte le mani, c'è un suono. Che cos'è il suono di una mano?"

   Il parlare viene affrontato con il silenzio e la recitazione dei sutra. Il linguaggio non è altro che pensiero espresso. E poiché il pensare separa la realtà, per mezzo della lingua la separazione viene ancor più cementata. Da cui:
   "Se non si pensa non si parla". E soprattutto: "Se non si parla non si pensa".
   Al posto del solito chiacchierio, nell'allenamento, si sta zitti e si recitano testi antichi, che hanno un contenuto didattico, il cui valore non è il messaggio intellettuale, ma l'effetto mantrico - il ritmo del flusso recitativo. Tramite questo ritmo si dischiude la realtà e la verità, si crea una nuova atmosfera in chi lo sta recitando. Per questo motivo il valore intellettuale intriseco di un sutra è solo un "dito che indica la luna"; l'attività del recitare pero fa sì che si crei un cosmo sempre nuovo.

   L' agire viene affrontato per mezzo della forma, o per meglio dire della posizione. "Nel mantenere la posizione" si crea a sua volta una nuova atmosfera in chi sta praticando l'esercizio - stare in piedi eretti o stare seduti eretti è avere un atteggiamento mentale eretto; fare convergere le mani è un atteggiamento mentale che unisce; reagire immediatamente quando si è chiamati, è essere desti nella mente. Azione e posizione sono un tutt'uno.

   In conclusione, con l'esercizio, pensare e fare diventano un'unica entità. L'uomo pensa a quello che fa e fa quello che pensa. Non vive più la realtà con la testa, ma nel modo più immediato con il corpo e con il cuore. E se dice qualcosa non sarà un "parlare di qualcosa", ma sarà l'esistenza stessa a parlare:

"Stando seduti, stare solo seduti,
mangiando, mangiare solamente,
parlando, parlare solamente,
ridendo, ridere solamente,
allora la vita stessa è una meditazione.



 

 

 




III    In pratica


*
   Ora si tratta di portare in ogni momento del quotidiano la calma, la conoscenza e la forza acquisite con la meditazione. non si tratta di ritirarsi dal mondo, ma di immergersi in pieno nel bel mezzo della vita umana e di padroneggiarla.
   Il quotidiano è la vita stessa che si accosta a noi come irripetibile caso reale. E' ora e qui che si ha la possibilità di dare il meglio nelle situazioni alterne della vita e di controllarle. Ogni secondo è il caso reale. Lo scopo è quello di mantenere costantemente la propria atmosfera interiore di maestro.
   Le occasioni di incontro con le altre persone, l'approccio con la natura, con esseri viventi e con le cose sono sempre e ovunque significativi. Non esiste grande e piccolo, importante e non importante, significante e insignificante, ma sempre e soltanto opportunità di perfezionare ulteriormente il proprio atteggiamento: "Sbuccia un'arancia come se dirigessi un'orchestra".


*
   L'atteggiamento esteriore ha a che vedere con il movimento e la dinamica: vai avanti, muoviti, definisci una meta, perseguila, parti, fai attenzione alla via e sempre al passo successivo. Metti un piede dopo l'altro. Anche la strada più lunga inizia con il primo passo - ma rimani sempre in movimento! Rimanere in movimento vuol anche dire insistere. Procedere e riconoscere che non esiste assolutamente un punto fermo è la coscienza di essere permanentemente "per strada".
   Quindi scorri insieme al resto, godi il progresso e il godimento ti condurrà immancabilmente alla meta. Peraltro, il flusso continua, e ci si danno sempre nuove mete. Vai avanti continuamente e con costanza, un po' per volta. Il procedere è esattamente tanto importante quanto lo è il raggiungimento della meta aspirata.

   Per l'atteggiamento interiore non esiste assolutamente nessuna strada - tranne che in te, nei tuoi pensieri. Esiste sempre e soltanto il momento presente. Non esiste passato, non c'è futuro, c'è solo questo momento: Ora!
   Io riconosco che questo presente sono io - assolutamente desto e presente - e che sono il padrone di questo presente. E cioè la cpnoscenza è che essere padroni del momento, è essere padroni della vita intera. Dai ora il cento per cento. Non lo puoi più fare nell'istante passato, non lo puoi fare ancora nel prossimo istante; solo ora puoi dare il cento per cento. Quindi tranne che nel pensiero una via non esiste. Padroneggia il momento e sarai il padrone del mondo.

   Per attuare l'accordo perfetto tra atteggiamento esteriore e interiore, si assume sempre di nuovo la stessa posizione, e ci si immerge profondamente nel silenzio, così con la meditazione si può percorrere l'evoluzione di una persona attraverso i mesi, gli anni e i decenni. Questa è un'evoluzione che si compie, superando una meta dopo l'altra, fino a raggiungere un grado di perfezione incredibile. E questo spirito vigile e affinato è incondizionato e immobile, esso esiste sempre e soltanto in qu   esto stesso secondo.


*
   D'apprima, la forma o l'azione viene eseguita e rappresentata dal maestro. Poi quello che è stato rappresentato viene imitato dall'allievo. Il maestro corregge. La volta successiva si esegue lo stesso modello. Il principio è che tramite l'esercizio della forma dimostrata, si esercita anche il contenuto. il corpo è la forma. Lo spirito è il contenuto. e questi due elementi devono divenire un tutt'uno.
   Questa forma viene ripetuta e ripetuta ed esercitata. E poi un bel momento succede - per la prima volta si comprende lo spirito che è insito in questa forma - si comprende in un solo momento!
   L'essenziale è che un esercizio venga ripetuto e ripetuto coscientemente, fino a che improvvisamente non si pervenga alla conoscenza. In questo momento il sapere diventa certezza.    Si guarda dentro la forma e si riconosce perché questa forma è così e non può essere diversamente. Si comprende improvvisamente che cosa si intende per forma e che c'è soltanto una strada e non due o tre. contenuto e forma, spirito e corpo coincidono - per poi separarsi nuovamente. Però almeno per una frazione di secondo, abbiamo capito. Fino alla prossima coincidenza fra i due elementi ci vuole spesso un lungo periodo di training e di fatica. Ma prima o poi un tale momento arriverà di nuovo, e più in là questi momenti si verificheranno sempre più spesso. E' la strada della conoscenza seria che porta alla continuità di evoluzione e alla cultura, dall'originale all'arte (o al gioco), alla conoscenza di noi stessi.
   Ma spesso dalla conoscenza di se stessi si va oltre fino alla giocosa dimenticanza di se stessi. Così intesa, maestria non significa altro che lo sviluppo e l' affinamento della propria personalità, della propria vita, della dinamica personale e della coltivazione del mondo in cui si vive. Questo interessa sia l'ambito di lavoro che la vita privata. Fra i due ambiti non c'è più alcuna separazione - si tratta solo della maestria che si aggiorna in ogni luogo e in ogni momento. Una separazione dei due ambiti vitali è creata soltanto nella nostra testa.
   Il tratto essenziale di uno Yogi è che esso è sempre un tutt'uno con se stesso e con la situazione, sia nel lavoro che nel tempo libero, sia nello sport che in società o in qualsiasi altra situazione. In questa persona si è sviluppata un'atmosfera interiore che ora emana all'esterno e che ne determina anche l'atmosfera. Il processo si è invertito. Mentre inizialmente le forma ha sviluppato il contenuto, ora è il contenuto a determinare la forma, emana verso l'esterno e determina anche il mondo circostante. Dunque: Cerca il tuo ambito vitale, comincia a crescerci dentro riconosci le sue regole e affinale senza sosta.
   Soltanto ciò che viene da dentro è un tesoro proprio.


*
   Chi ha fame non ha bisogno del menu, ma di cibo. Lo stesso nel Dhyana. L'idea deve diventare azione, il pensiero deve realizzarsi, e subito! quanto più ci si esercita tanto più velocemente le idee, i desideri e i sogni si tramutano in realtà.
   E alla fine tutto si dissolverà nuovamente in un punto vuoto del proprio spirito che risucchia e divora tutto quello che è stato detto, fatto, stimato prima. Il "Sutra del cuore" dice. "La forma è vuoto e il vuoto è forma. Né il vuoto è diverso dalla forma, né la forma è diversa dal vuoto. Ogni cosa nel mondo è vuota."
   Il cerchio si chiude. E' questo il momento in cui la strada infinita giunge alla fine e ricomincia. Svuotarci,liberarci dalla zavorra spirituale. Poi, quando saremo freschi e nuovi: agire con uno spirito di principiante, e il mondo si inchinerà ai nostri piedi.


*
   Lo Yogi vive nel silenzio, non immobile e ritirato, o insensibile o non presente, ma in modo vivo e desto esattamente al momento giusto. Lo fa con molta modestia, senza che lo si noti, discretamente e senza lasciare tracce.
   Se dirige una cerimonia è in tutto e per tutto maestro di cerimonia. se in occasione di una festicciola canta una canzone, è in tutto e per tutto quella canzone. Se impartisce una istruzione, sta seduta una tigre davanti a qualcuno, se chiacchiera di cose quotidiane, sta seduto davanti a qualcuno un vecchietto gentile che fa simpatia.
   Anche le donne trovano la loro espressione personale, che consente loro di utilizzare qualsiasi momento e qualsiasi luogo in modo assolutamente desto, gentile, disciplinato e chiaro.


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   A che pro tutte queste istruzioni su come dimenticare, non applicare, non rimanere appeso? Per far sì che la gioia sia diventata senza motivo (!)
   Allora questo permanente mezzo sorriso dei saggi giocherà sugli angoli delle vostre labbra, e la sua ampiezza varierà dal sorrisetto gentile allo scoppio scrosciante di riso.