Mezzi di trasporto nel XX secolo a Caccuri e dintorni |
'U Ciucciu (L'asino)
L'asino era "il mezzo di trasporto" più diffuso tra i contadini calabresi del XX secolo ed anche il più amato. 'U ciucciu, com'era chiamato in dialetto calabrese, era quasi un componente della famiglia ed anche tra i più importanti, quello che, comunque, era considerato il più produttivo. Animale intelligente (molto più intelligente del cane, nonostante il suo nome sia diventato sinonimo di ignorante), paziente, affettuoso ed instancabile, veniva adibito ad ogni sorta di trasporto per le impervie stradine delle nostre contrade là dove nessun altro mezzo sarebbe mai potuto arrivare. E cosi sul groppone del povero somaro si caricava la legna per scaldarci raccolta a Serra del Bosco, Campodimanno, Eido o qualche altro bosco del territorio caccurese, ortaggi, materiali da costruzione. Qualche volta l'animale veniva perfino aggiogato all'aratro per dissodare piccoli appezzamenti di terreno. Ovviamente, le poche volte che non c'era qualcosa da trasportare il povero somarello doveva sobbarcarsi la fatica di portare in groppa ilo proprio padrone.
Un
racconto sull'asino Ecco
come l'asino viene celebrato in quella che è, forse, la più celebre
canzone calabrese. Il mulo
Il mulo, altro mezzo di trasporto molto diffuso fino a quarant'anni fa nel nostro paese, é un incrocio tra un asino ed una cavalla ed ha il pregio di essere più robusto dell'asino e più resistente sia del padre, che della madre. Il mulo era in grado di trasportare carichi più pesanti e molto più adatto dell'asino e del cavallo per l'aratura.
Per
essere adibiti ai diversi tipi di trasporti l'asino e il mulo venivano
bardati con finimenti diversi, così come diversi erano i contenitori che
venivano legati al basto. I più comuni erano: 'E casciotte, contenitori di legno a forma di parallelepipedo con la parte inferiore mobile ruotante su due cerniere che ne consentivano l'apertura per scaricare i materiali trasportati senza caricare la cavalcatura. Erano utilizzate soprattutto per il trasporto della sabbia, della ghiaia o della calce spenta (idrossido di calcio) prodotto nei dintorni del paese; I ganci, attrezzi di legno ricurvi (simili a due "gammelli" rovesciati) che si legavano al basto ed erano utilizzati per il trasporto delle pietre squadrate (cantunere) prodotte nelle cave dei Praci che venivano utilizzate per la costruzione delle case del paese fino alla metà degli anni '60 dello scorso secolo. Utri (otri), recipienti di pelle di capra utilizzati per il trasporto dell'oilo Varrili
(barili) recipienti oblunghi di legno a doghe della capacità di 25 litri
usati per trasportare l'acqua o il vino. Venivano assicurati al basto per
mezzo delle funi (carricaturi). Un asino ne portava di solito quattro per
volta.
'U cavallu (il cavallo) Il cavallo, così come nelle altre parti d'Italia, era un quadrupoede nobile, adibito, solitamente, come mezzo di locomozione per le persone più facoltose. Solo di rado veniva utilizzato anche per il trasporto di materiali o derrate ed ancor più raramente veniva aggiogato all'aratro.
'U trainu
I primi camion fecero la loro comparsa a Caccuri nei primi decenni del
secolo scorso, ma erano pochi e, comunque, scarsamente utilizzabili per la
carenza di strade che si protrarrà fino alla metà degli anni '60. Uno
dei primi era di proprietà del signor Modesto Cimino (Murestino) ed era
guidato da Enrico Loria. A quell'epoca erano ancora molto rudimentali ed
avevano le gomme piene, senza camera d'aria.
Ape e calessino
Verso la metà degli anni '50 fecero la loro comparsa a Caccuri i primi
mezzi della Piaggio, le mitiche Api con cassone o furgonate e il
calessino, probabilmente il primo mezzo di trasporto a tre ruote (fatta
eccezione per qualche sidecar militare nel
periodo bellico) comparso a Caccuri e di proprietà di don Mario Pasculli
che lo utilizzava probabilmente per raggiungere la sua proprietà in
località Pantane. Ricordo ancora questa bellissima moto, quando
oramai non era più circolante, parcheggiato per anni nei pressi del
convento nei pressi della casa del compianto Francesco Basile, sotto il
balcone di Giuseppe Falbo, oggetto di giochi per i bambini del tempo che
vi salivano sopra sognando di guidarla. Successivamente fecero la
loro comparsa un'ape furgone di proprietà di Giuseppe Marasco (Peppe
'u Mercante) che la utilizzava per il suo commercio di stoffe ed una
a cassone di Vincenzo Falbo (Satanu) che a quel tempo aveva aperto un
negozio di fruttivendolo in piazza, nel localino che in seguito ospitò la
sartoria di mastro Giovanni Gallo.
'A fimmina (La donna)
Dopo aver elencato sommariamente i mezzi di trasporto adoperati a Caccuri nel secolo scorso e, molti, anche nei secoli precedenti, è doveroso spendere qualche altra parola per rendere omaggio ed elogiare uno dei "mezzi di trasporto" più efficaci, più paziente e, per dirla con una brutta battuta, più economico. Si tratta della donna,delle nostre nonne, che, per dare un ulteriore contributo all'economia della famiglia, oltre le altre centinaia di contributi che fornivano quotidianamente con il loro duro e qualificato lavoro, a sera, al ritorno dai campi, si caricavano anch'esse come muli portando sulla testa grosse ceste cariche di ortaggi o pesanti fascine di sterpi. C'erano donne capaci di portare in testa " 'nu menzarulu" (tra i 25 e i 30 chilogrammi) di patate o di castagne, di olive, di noci anche per cinque - sei chilometri. Per evitare escoriazioni frapponevano fra il cuoio capelluto ed il cesto un anello di stracci ( ' a curuna) ed effettuavano, ogni tanto, qualche sosta ( se spunìanu) ,, ma solo se, assieme a loro, c'era qualcuno che potesse aiutarle a rimettersi il cesto in testa ( a s' 'a 'mpesàre) quando si arano riposate un po'. Oltre alle contadine quelle che trasportavano i pesi maggiori in testa erano le fornaie ( 'e tàvule 'e ru pane e le sàrcine), ovvero i contenitori col pane da infornare e le fascine di legna per ardere il forno.
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