Le commedie |
Sin
da bambino mi e' sempre piaciuto ascoltare i vecchi. Quei simpatici
vecchietti del mio paese che, nelle giornata primaverili o
autunnali, quando il freddo non e' più o non e' ancora pungente, si
sedevano sul sedile di pietra in piazza, con la pipa in bocca ed il
bastone appoggiato fra le gambe a raccontare storie del passato.
Erano quasi sempre storielle amene: burle, scherzi architettati agli
amici, storie di tresche, di fatica, di emigrazione raccontate con
sottile ironia e bonomia. La prima si intitola: " 'N'ominu curaggiusu" (Un uomo coraggioso) ed e' la storia di uno spaccone che grida ai quattro venti il suo coraggio, vantandosi di non aver paura di nulla, racconta delle sue imprese mirabolanti, ma e' colpito da infarto per lo scherzo di alcuni ragazzini. La trama e' un pretesto per rappresentare uno spaccato della vita nei paesi della Calabria all'inizio del secolo. Intorno al protagonista ruota, infatti, una fitta schiera di personaggi: i banditori che fanno di tutto per sbarcare il lunario, gli artigiani poveri che si arrabattano facendo diversi mestieri, il prete furbastro ed avaro che sfrutta la superstizione per arricchirsi, il veterinario che si diverte a mettere zizzania tra la povera gente in lotta per la sopravvivenza, lo scemo del paese credulone e vittima degli scherzi pesanti dei buontemponi. Soggetto e regia di Giuseppe Marino, Sceneggiatura di Vittoria Larocca, musiche di Domenico Secreto, Scenografia di Gianni Porcelli
La seconda commedia, che ha avuto un buon successo di pubblico, si intitola "Zu Giuvanni e la Morte". E' la storia di un vecchio contadino, epicureo a sua insaputa, che sin dalla gioventù, riesce a gabbare ripetutamente la Morte, che lo cerca per ghermirlo, attraverso una serie di beffe. A volte la distrae, a volte la ubriaca, a volte la coinvolge in danze frenetiche fino a quando, sorpreso dalla Nera signora e non potendole più sfuggire, si incammina con lei sul viottolo che porta alle rive dell'Acheronte dove Caronte lo attende per traghettarlo. Ma prima di arrivarvi, lamentandosi per la prostata che lo tormenta e fingendo di dover fare un bisognino, riesce, ancora una volta, a sfuggire alla Morte e a ritornare al mondo per riprendere tranquillamente a gozzovigliare con gli amici. E' una metafora sulla gioia di vivere che e' sempre più forte della morte.
"Zu Giovanni e la Morte" Centro Sociale Caccuri (Carnevale 2000) Soggetto di G. Marino - Sceneggiatura di G. Marino - Scenografia di Gianni Porcelli, Musiche originali di Domenico Secreto
La terza commedia ha per titolo "'A fine 'e ru munnu" (La fine del mondo). E' la storia di un contadino dell'inizo del secolo che decide di emigrare in America. Per farlo ha bisogno dei soldi per il viaggio e li chiede al signorotto del paese. Don Nicola glieli presta, ma finisce per diventare l'amante della moglie. La relazione scatena le ire di Mariettina (Palummella), moglie di Arturo ed amante anch'essa del signorotto. La rivalità assume toni drammatici, ma poi le due donne, avviate al vizio dal dissoluto libertino, finiranno per mettersi in proprio trovando "l' America" in Italia, mentre il povero Pasquale, l'emigrato, rimarrà povero anche in America. Don Nicola, piantato dalle amanti, impazzisce. E per tutti i personaggi finisce il mondo nel quale vivevano, tutto sommato, felici. Per Pasquale crolla il mondo delle illusioni, per don Nicola il mondo dorato (donne, potere, salute, ricchezza) nel quale era vissuto e per le donne il mondo degli stenti, ma anche della purezza e dell'onesta'
"A fine e ru munnu" Centro sociale di Caccuri 12 agosto 2000 - Soggetto di G. Marino - Sceneggiatura di G. Marino - Scenografia di Gianni Porcelli - Musiche di Luigi Antonio Quintieri
Oltre alle commedie in vernacolo ho scritto per gli alunni della mia scuola anche altre opere, una commedia dal titolo "Uno strano factotum", un apologo sulle pari opportunità dal titolo " La condizione femminile nel tempo" che e' stata rappresentata al teatro Apollo di Crotone vincendo il primo premio del concorso bandito dalla Commissione provinciale per le Pari opportunità per l'anno 1999 ed un' opera a sfondo religioso ispirata ai vangeli apocrifi dal titolo "Nascita ed infanzia di Gesù" rappresentata al Centro sociale di Caccuri il 22 dicembre del 1999 per la regia di Giovannina Miliè.
La condizione femminile nel tempo - Crotone
- Teatro Apollo - Maggio
1999
Altre opere
I Giudei Nel 1984, nel 1989 e nel 1994 ho partecipato nelle vesti di sceneggiatore ed interprete alla manifestazione di teatro popolare dal titolo "I Giudei", una grandiosa rappresentazione della Passione e morte di Cristo che si mette in scena ogni 5 - 6 anni a Caccuri e che impegna circa 200 persone tra protagonisti e comparse. L'opera, in versi settecenteschi, richiama a Caccuri migliaia di persone da tutta la Calabria. Per l'edizione del 1984 e successive, dirette da Salvatore Basile, ho scritto appositamente i versi della Cena che non erano compresi nel testo originale e in quelle successive ho creato altri personaggi per rendere più completa la seduta del Sinedrio, sempre cercando di adeguare i versi, quanto più possibile, alla lingua originaria. La cena Colonna sonora di L.A. Quintieri Sulla scena una lunga tavola imbandita. Undici persone sono sedute. Sulla sinistra dello spettatore Cristo , in ginocchio, sta lavando i piedi ad un apostolo. Finita la lavanda fa cenno a Pietro di avvicinarsi. Pietro: Parmi, Signore mio, cosa non degna, che il Celeste Maestro dell’umil servo suo terga le membra. Cristo:
Tempo non e’, mio buon Simone Pietro, che tu comprenda quanto or
qui s’appressa. Sappi soltanto che se il
Figlio
dell’uomo non si fa
servo, con sacra lavanda del suo fratello dell’Eterno figlio,
questi, che mai da me non fia diviso, non entrerà giammai nel
paradiso. Cristo:
Giunto e' il momento che comprender e’
d’uopo ciò che si fece. Se il Figlio dell’uomo terse le
membra dei
diletti figli, certo
e' opportuno che i discepol miei l’un l’altro si lavino a
mia guisa; sol chi del suo frate servo diventa degno e’
del Padre mio! Le parole di Cristo sono seguite da qualche attimo di silenzio. Poi riprende il vocio dei commensali. All’improvviso cala uno strano silenzio . La tensione diventa palpabile e i discepoli si voltano a guardare Cristo. Cristo:
La limpida acqua che le membra terse puri vi fece e degni del Padre
mio. Sol un tra voi pur e’ fallace ed il Signore Giovanni:
Maestro, chi e’? Cristo:
Cristo: Chi con lui mangia della stessa
mensa a vendere il Maestro ormai già pensa. I
discepoli
si guardano tra loro increduli.
Cristo spezza il pane e lo porge a Giuda. Giuda:
Son forse io, Signore? Cristo:
Tu l’hai detto, ma quel che devi far, fallo al più presto. Giuda
si alza ed esce. Cristo:
Cristo:
Da lungo tempo desiderai con voi sedere a questo desco. Or già s’appressa
l’antica profezia de’ padri nostri. Ne’ mangero’ con voi di
questo pane, se non nel regno del Celeste Padre. (Spezza il pane e
lo porge a un discepolo). Questo del Figlio dell’Eterno
e’ il corpo per voi sacrificato; ciascun di questo pane si
satolli, cibo immortale, mistica vivanda che l’uomo al Dio
del ciel fa somigliante. ( Prende una coppa di vino e la porge allo
stesso discepolo) Questo della vite e’ il dolce succo;
bevete tutti del Maestro il sangue versato in remissione dei
peccati. Chi del calice mio disseterassi degno e’ del regno dell’Eterno
Padre. Il calice passa di mano, Poi, in silenzio, tutti si alzano e si abbracciano tra di loro lentamente. |