|
DECRETO
LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267 Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali G.U.
n. 227 del 28-9-2000-Suppl. Ordinario n. 162-in vigore dal 13.10.2000
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli
articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto
l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto
l'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265, recante delega al Governo per
l'adozione di un testo unico in materia di ordinamento degli enti locali; Vista la
preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 20 aprile 2000; Acquisiti
i pareri delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera
dei Deputati; Udito il
parere del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza generale dell'8 giugno
2000; Acquisito
il parere della Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e della Conferenza
unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Vista la
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 agosto
2000; Sulla
proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per gli affari
regionali e della giustizia; E m a n a il
seguente decreto legislativo: Articolo 1. 1. E'
approvato l'unito testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali,
composto di 275 articoli. Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a
Roma, addi' 18 agosto 2000 CIAMPI Amato,
Presidente del Consiglio dei Ministri Bianco,
Ministro dell'interno Loiero,
Ministro per gli affari regionali Fassino,
Ministro della giustizia Visto, il
Guardasigilli: Fassino Avvertenza:
Il presente decreto legislativo è pubblicato, per motivi di massima urgenza,
senza note, ai sensi dell'art. 8, comma 3 del regolamento di esecuzione del
testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione
dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali
della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
14 marzo 1986, n. 217. In
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - del 30 ottobre
2000 si procederà alla ripubblicazione del testo del presente decreto
legislativo corredato delle relative note, ai sensi dell'art. 10, comma 3 del
D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092. PARTE I - ORDINAMENTO ISTITUZIONALE TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1. Oggetto 1. Il
presente testo unico contiene i principi e le disposizioni in materia di
ordinamento degli enti locali. 2. Le
disposizioni del presente testo unico non si applicano alle regioni a statuto
speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le
attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. 3. La
legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina
dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i principi
che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa. L'entrata
in vigore di nuove leggi che enunciano tali principi abroga le norme statutarie
con essi incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro 120 giorni
dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette. 4. Ai
sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono
introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa
modificazione delle sue disposizioni. Art. 2. Ambito di applicazione 1. Ai
fini del presente testo unico si intendono per enti locali i comuni, le
province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e
le unioni di comuni. 2. Le
norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si applicano, altresì,
salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con
esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed
imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei
servizi sociali. Art. 3. Autonomia dei comuni e delle
province 1. Le
comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome. 2. Il
comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli
interessi e ne promuove lo sviluppo. 3. La
provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta la propria
comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo. 4. I
comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e
amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei
propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza
pubblica. 5. I
comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite
loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarietà.
I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività
che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei
cittadini e delle loro formazioni sociali. Art. 4. Sistema regionale delle autonomie
locali 1. Ai
sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo
comma, della Costituzione, le regioni, ferme restando le funzioni che attengono
ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori, organizzano
l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e
le province. 2. Ai
fini di cui al comma 1, le leggi regionali si conformano ai principi stabiliti
dal presente testo unico in ordine alle funzioni del comune e della provincia,
identificando nelle materie e nei casi previsti dall'articolo 117 della
Costituzione, gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle
caratteristiche della popolazione e del territorio. 3. La
generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni,
alle province e alle comunità montane, in base ai princìpi di cui all'articolo
4, comma 3, della legge del 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni
territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni
che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. 4. La
legge regionale indica i principi della cooperazione dei comuni e delle province
tra loro e con la regione, al fine di realizzare un efficiente sistema delle
autonomie locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile . 5. Le
regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e
procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme
di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la
collaborazione e l'azione coordinata fra regioni ed enti locali nell'ambito
delle rispettive competenze. Art. 5. Programmazione regionale e locale 1. La
regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e
territoriale e su questi ripartisce le risorse destinate al finanziamento del
programma di investimenti degli enti locali. 2. Comuni
e province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e
programmi dello Stato e delle regioni e provvedono, per quanto di propria
competenza, alla loro specificazione ed attuazione. 3. La
legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione degli enti locali
alla formazione dei piani e programmi regionali e degli altri provvedimenti
della regione. 4. La
legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli
strumenti della programmazione socio-economica e della pianificazione
territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell'attuazione dei
programmi regionali. 5. La
legge regionale disciplina, altresì, con norme di carattere generale, modi e
procedimenti per la verifica della compatibilità fra gli strumenti di cui al
comma 4 e i programmi regionali, ove esistenti. Art. 6. Statuti comunali e provinciali 1. I
comuni e le province adottano il proprio statuto. 2. Lo
statuto, nell'ambito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce
le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica
le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle
minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in
giudizio. Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di
organizzazione dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni e province,
della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini
alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e
quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico. 3. Gli
statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di
pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125,
e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi
collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed
istituzioni da essi dipendenti. 4. Gli
statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due
terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta,
la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e
lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della
maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al
presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie. 5. Dopo
l'espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, lo
statuto è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione, affisso all'albo
pretorio dell'ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero
dell'interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo
statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo
pretorio dell'ente. Art. 7. Regolamenti 1. Nel
rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la
provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in
particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli
organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e
per l'esercizio delle funzioni. Art. 8. Partecipazione popolare 1. I
comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme
associative e promuovono organismi di partecipazione popolare
all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono
disciplinati dallo statuto. 2. Nel
procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche
soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati
secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi
stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. 3. Nello
statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché
procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli
o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi
collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro
tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su
richiesta di un adeguato numero di cittadini. 4. Le
consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare
materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza
con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali. 5. Lo
statuto, ispirandosi ai principi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione
alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri
regolarmente soggiornanti. Art. 9. Azione popolare e delle
associazioni di protezione ambientale 1.
Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano
al comune e alla provincia. 2. Il
giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune
ovvero della provincia. In caso di soccombenza, le spese sono a carico di chi ha
promosso l'azione o il ricorso, salvo che l'ente costituendosi abbia aderito
alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore. 3. Le
associazioni di protezione ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8
luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del
giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno
ambientale. L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito
e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione. Art. 10. Diritto di accesso e di
informazione 1. Tutti
gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione
di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una
temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia
che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in
quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle
persone, dei gruppi o delle imprese. 2. Il
regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso
agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo
pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e
dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per
assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure
e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li
riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle
informazioni di cui è in possesso l'amministrazione. 3. Al
fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività
dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai
servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni. Art. 11. Difensore civico 1. Lo
statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione del
difensore civico, con compiti di garanzia dell'imparzialità e del buon
andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando,
anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi
dell'amministrazione nei confronti dei cittadini. 2. Lo
statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico
nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale. 3. Il
difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di
controllo nell'ipotesi prevista all'articolo 127. Art. 12. Sistemi informativi e statistici 1. Gli
enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi concernenti le loro
funzioni in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici
automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le
amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il
territorio nazionale. 2. Gli
enti locali, nello svolgimento delle attività di rispettiva competenza e nella
conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici
che operano in collegamento con gli uffici di statistica in applicazione del
decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. E' in ogni caso assicurata
l'integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema
statistico nazionale. 3. Le
misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli
articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. TITOLO II - SOGGETTI CAPO I - Comune Art. 13. Funzioni 1.
Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la
popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei
servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del
territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente
attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze. 2. Il
comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua
forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la
provincia. Art. 14. Compiti del comune per servizi di
competenza statale 1. Il
comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva
militare e di statistica. 2. Le
relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai
sensi dell'articolo 54. 3.
Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono
essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti
finanziari, assicurando le risorse necessarie. Art. 15. Modifiche territoriali, fusione
ed istituzione di comuni 2. La
legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante fusione di due o più
comuni contigui, prevede che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano
assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. 3. Al
fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, lo
Stato eroga, per i dieci anni successivi alla fusione stessa, appositi
contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai
singoli comuni che si fondono. 4. La
denominazione delle borgate e frazioni è attribuita ai comuni ai sensi
dell'articolo 118 della Costituzione. Art. 16. Municipi 1. Nei
comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui lo statuto
comunale può prevedere l'istituzione di municipi nei territori delle comunità
di origine o di alcune di esse. 2. Lo
statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei
municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto.
Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli
amministratori dei comuni con pari popolazione. Art. 17. Circoscrizioni di decentramento
comunale 1. I
comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il loro
territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di
partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di
esercizio delle funzioni delegate dal comune. 3. I
comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il
territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo
quanto previsto dal comma 2. 4. Gli
organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle
circoscrizioni nell'ambito dell'unità del comune e sono eletti nelle forme
stabilite dallo statuto e dal regolamento. 5. Nei
comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere
particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia
organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla
normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali
forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di
elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a
maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione
territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle
nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria. Art. 18. Titolo di città 1. Il
titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della
Repubblica su proposta del Ministro dell'interno ai comuni insigni per ricordi,
monumenti storici e per l'attuale importanza . CAPO II - Provincia Art. 19. Funzioni 1.
Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che
riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei
seguenti settori: a)
difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle
calamità; 2. La
provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa
proposti, promuove e coordina attività nonché realizza opere di rilevante
interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e
turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. 3. La
gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal
presente testo unico per la gestione dei servizi pubblici locali. Art. 20. Compiti di programmazione 1. La
provincia: a)
raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della
programmazione economica, territoriale ed ambientale della regione; 2. La
provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione
della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano
territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto
del territorio e, in particolare, indica: a)
le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione
delle sue parti; 3. I
programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi
alla regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della
programmazione socio-economica e territoriale. 4. La
legge regionale detta le procedure di approvazione nonché norme che assicurino
il concorso dei comuni alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani
territoriali di coordinamento. 5. Ai
fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti di pianificazione
territoriale predisposti dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa
attribuite dalla regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la
compatibilità di detti strumenti con le previsioni del piano territoriale di
coordinamento. 6. Gli
enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle rispettive competenze,
si conformano ai piani territoriali di coordinamento delle province e tengono
conto dei loro programmi pluriennali. Art. 21. Circondari e revisione delle
circoscrizioni provinciali 1. La
provincia, in relazione all'ampiezza e peculiarità del territorio, alle
esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi, può disciplinare
nello statuto la suddivisione del proprio territorio in circondari e sulla base
di essi organizzare gli uffici, i servizi e la partecipazione dei cittadini. 2. Nel
rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo statuto della
provincia può demandare ad un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea
dei sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di
coordinamento, e la previsione della nomina di un presidente del circondario
indicato a maggioranza assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del
consiglio comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente
ha funzioni di rappresentanza, promozione e coordinamento. Al presidente del
circondario si applicano le disposizioni relative allo status del presidente del
consiglio di comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario. 3. Per la
revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i
comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 della Costituzione,
tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi: a)
ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si
svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della
popolazione residente; 4. Ai
sensi del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione le regioni emanano
norme intese a promuovere e coordinare l'iniziativa dei comuni di cui alla
lettera d) del comma 3. CAPO III - Aree metropolitane Art. 22. Aree metropolitane 1. Sono
considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano,
Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui
insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in
ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché
alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. 2. Su
conforme proposta degli enti locali interessati la regione procede entro
centottanta giorni dalla proposta stessa alla delimitazione territoriale
dell'area metropolitana. Qualora la regione non provveda entro il termine
indicato, il Governo, sentita 3.
Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle
regioni a statuto speciale. Art. 23. Città metropolitane 1. Nelle
aree metropolitane di cui all'articolo 22, il comune capoluogo e gli altri
comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta
integrazione in ordine all'attività economica, ai servizi essenziali, ai
caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in
città metropolitane ad ordinamento differenziato. 3. La
proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a
cura di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua
approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli
aventi diritto al voto espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti,
essa è presentata dalla regione entro i successivi novanta giorni ad una delle
due Camere per l'approvazione con legge. 4.
All'elezione degli organi della città metropolitana si procede nel primo turno
utile ai sensi delle leggi vigenti in materia di elezioni degli enti locali. 5. La
città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della
provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando
l'identità delle originarie collettività locali. 6. Quando
la città metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si
procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o
all'istituzione di nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui
all'articolo 21, considerando l'area della città come territorio di una nuova
provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento
ai principi contenuti nel presente comma. 7. Le
disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino,
ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto
speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla
legislazione regionale. Art. 24. Esercizio coordinato di funzioni 1. La
regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti
sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali,
attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie: a)
pianificazione territoriale; 2. Le
disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino
all'istituzione della città metropolitana. Art. 25. Revisione delle circoscrizioni
comunali 1.
Istituita la città metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali
interessati, può procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei
comuni compresi nell'area metropolitana. Art. 26. Norma transitoria 1. Sono
fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane. 2. La
legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il
conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni
amministrative in base ai principi dell'articolo 4, comma 3, della legge 15
marzo 1997, n. 59, e le modalità per l'esercizio dell'intervento sostitutivo da
parte del Governo in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112. CAPO IV - Comunità montane Art. 27. Natura e ruolo 1. Le
comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni
montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la
valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di
funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali. 2. La
comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da
sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può
cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I
rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei
comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la
rappresentanza delle minoranze. 3. La
regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4,
gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in
modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e
l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunità
montana avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale. 4. La
legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare: a)
le modalità di approvazione dello statuto; 5. La
legge regionale può escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente
montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore
al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i
capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a
40.000 abitanti. L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei
benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione
europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere,
altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in
forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non
superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e
socioeconomico della comunità. 6. Al
comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con
quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse
attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale
disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione
comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune
si provvede allo scioglimento della comunità montana. 7. Ai
fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle
regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono
provvedere ad individuare nell'ambito territoriale delle singole comunità
montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento
orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione
agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della
realtà socio-economica. 8. Ove in
luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità
montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali
attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti
dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive
modificazioni. Art. 28. Funzioni 2 .
Spettano alle comunità montane le funzioni attribuite dalla legge e gli
interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione europea o dalle leggi
statali e regionali. 3. Le
comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e
individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo
socioeconomico, ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo Stato e
dalla regione, che possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali
operativi di esecuzione del piano. 4. Le
comunità montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale
di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento. 5. Il
piano pluriennale di sviluppo socioeconomico ed i suoi aggiornamenti sono
adottati dalle comunità montane ed approvati dalla provincia secondo le
procedure previste dalla legge regionale. 6. Gli
interventi finanziari disposti dalle comunità montane e da altri soggetti
pubblici a favore della montagna sono destinati esclusivamente ai territori
classificati montani. 7. Alle
comunità montane si applicano le disposizioni dell'articolo 32, comma 5. Art. 29. Comunità isolane o di arcipelago CAPO V - Forme associative Art. 30. Convenzioni 1. Al
fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti
locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni. 2. Le
convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli
enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. 3. Per la
gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di
un'opera lo Stato e la regione, nelle materie di propria competenza, possono
prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione
di un disciplinare-tipo. 4. Le
convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione
di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti,
ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti
partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti
partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto
degli enti deleganti. Art. 31. Consorzi 1. Gli
enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio
associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste
per le aziende speciali di cui all'articolo 4. Salvo
quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali
partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi
dagli enti locali, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti
degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro
delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata
dalla convenzione e dallo statuto. 6. Tra
gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio. 8. Ai
consorzi che gestiscono attività aventi rilevanza economica e imprenditoriale e
ai consorzi creati per la gestione dei servizi sociali se previsto nello
statuto, si applicano le norme previste per le aziende speciali. Art. 32. Unioni di comuni 1. Le
unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma
contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni
di loro competenza. 3. Lo
statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci
dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da
componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la
rappresentanza delle minoranze. 5. Alle
unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i princìpi previsti per
l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di
composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non
può comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla
popolazione complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti
dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati. Art. 33. Esercizio associato di funzioni e
servizi da parte dei comuni 1. Le
regioni, nell'emanazione delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni,
attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei
comuni. 2. Al
fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore
dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio
delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4.
Nell'ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma
associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie,
entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso
inutilmente il termine di cui sopra, la regione esercita il potere sostitutivo
nelle forme stabilite dalla legge stessa. 3. Le
regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi
concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione
associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le
unioni, che può prevedere altresì la modifica di circoscrizioni comunali e i
criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva
unificazione. Il programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto
delle unioni di comuni regolarmente costituite. 4. Al
fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi,
delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con
proprie leggi, nell'ambito del programma territoriale di cui al comma 3, le
forme di incentivazione dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei
comuni, con l'eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A
tale fine, oltre a quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le
regioni si attengono ai seguenti principi fondamentali: a) nella
disciplina delle incentivazioni: b)
favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la
corresponsione dei benefici in relazione al livello di unificazione, rilevato
mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle
caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale
da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione; c)
prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione
e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale; d)
promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione,
prevedendo comunque ulteriori benefici da corrispondere alle unioni che
autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali
interessati, di procedere alla fusione. Art. 34. Accordi di programma 1. Per la
definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento
che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e
coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di
altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il
presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in
relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o
sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma,
anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il
coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il
finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. 3. Per
verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente
della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una
conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate. 5. Ove
l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del
sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta
giorni a pena di decadenza. 6. Per
l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi
dell'amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi
finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione
dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di
avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni. 7. La
vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali interventi
sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della regione o
dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli
enti locali interessati, nonché dal commissario del Governo nella regione o dal
prefetto nella provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni
statali o enti pubblici nazionali. 8.
Allorché l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due
o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo di programma è promossa
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui spetta convocare la
conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in
tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei
ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno
partecipato all'accordo. Art. 35. Norma transitoria TITOLO III - ORGANI CAPO I - Organi di governo del comune e
della provincia Art. 36. Organi di governo 1. Sono
organi di governo del comune il consiglio, la giunta, il sindaco. 2. Sono
organi di governo della provincia il consiglio, la giunta, il presidente. Art. 37. Composizione dei consigli 1. Il
consiglio comunale è composto dal sindaco e: da
60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti; 2. Il
consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e : da
45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000
abitanti; 3. Il
presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano la intera
provincia. 4. La
popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento
ufficiale. Art. 38. Consigli comunali e provinciali 2. Il
funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è
disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in
particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la
discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei
consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni
caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per
legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della
provincia. 3. I
consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme
regolamentari i comuni e le province fissano le modalità per fornire ai
consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti e nelle province possono essere previste strutture
apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2
i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il
proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente
costituiti. 4. I
consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di
surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione. 5. I
consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la
pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli
atti urgenti e improrogabili. 6. Quando
lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel
proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle
commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicità dei
lavori. 7. Le
sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti
dal regolamento. 8. Le
dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio,
devono essere assunte immediatamente al protocollo dell'ente nell'ordine
temporale di presentazione. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa
d'atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci
giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate
deliberazioni, seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta
dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i
presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma
dell'articolo 141. Art. 39. Presidenza dei consigli comunali
e provinciali 1. I
consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore
a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri
nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti,
tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività
del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie
di presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato
secondo le modalità di cui all'articolo 40. Nei comuni con popolazione sino a
15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del
consiglio. 2. Il
presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a riunire il
consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un
quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo
all'ordine del giorno le questioni richieste. 3. Nei
comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto
dal sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio salvo differente
previsione statutaria. 4. Il
presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e
preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle
questioni sottoposte al consiglio. Art. 40. Convocazione della prima seduta
del consiglio 1. La
prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve essere convocata entro il
termine perentorio di dieci giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il
termine di dieci giorni dalla convocazione. 2. Nei
comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta, è
convocata dal sindaco ed è presieduta dal consigliere anziano fino alla
elezione del presidente del consiglio. La seduta prosegue poi sotto la
presidenza del presidente del consiglio per la comunicazione dei componenti
della giunta e per gli ulteriori adempimenti. E' consigliere anziano colui che
ha ottenuto la maggior cifra individuale ai sensi dell'articolo 73 con
esclusione del sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco,
proclamati consiglieri ai sensi del comma 11 del medesimo articolo 73. 3.
Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di presiedere l'assemblea,
la presidenza è assunta dal consigliere che, nella graduatoria di anzianità
determinata secondo i criteri di cui al comma 2, occupa il posto immediatamente
successivo. 4. La
prima seduta del consiglio provinciale è presieduta e convocata dal presidente
della provincia sino alla elezione del presidente del consiglio. 5. Nei
comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta del
consiglio è convocata e presieduta dal sindaco sino all'elezione del presidente
del consiglio. 6. Le
disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano salvo diversa previsione
regolamentare nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto. Art. 41. Adempimenti della prima seduta 1. Nella
prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su
qualsiasi altro oggetto, ancorchè non sia stato prodotto alcun reclamo, deve
esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II titolo III e dichiarare
la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste,
provvedendo secondo la procedura indicata dall'articolo 69. 2. Il
consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra i propri componenti la
commissione elettorale comunale ai sensi degli articoli 12 e seguenti del
decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967 n. 223. Art. 42. Attribuzioni dei consigli 1. Il
consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico - amministrativo. 2. Il
consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: a)
statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui
all'articolo 48 comma 3 ,criteri generali in materia di ordinamento degli uffici
e dei servizi; 3. Il
consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla
definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle
linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei
singoli assessori. 4. Le
deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono
essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia,
salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla giunta da
sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di
decadenza. Art. 43. Diritti dei consiglieri 1. I
consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione
sottoposta alla deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di
chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalità dettate
dall'articolo 39, comma 2 e di presentare interrogazioni e mozioni . 2. I
consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici,
rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed
enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi
specificamente determinati dalla legge. 3. Il
sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati
rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di
sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione
di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal
regolamento consiliare. 4. Lo
statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute
e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le
cause giustificative. Art. 44. Garanzia delle minoranze e
controllo consiliare 1. Lo
statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze
attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi
funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite. 2. Il
consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, può
istituire al proprio interno commissioni di indagine sull'attività
dell'amministrazione. I poteri, la composizione ed il funzionamento delle
suddette commissioni sono disciplinati dallo statuto e dal regolamento
consiliare. Art. 45. Surrogazione e supplenza dei
consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali 1. Nei
consigli provinciali, comunali e circoscrizionali il seggio che durante il
quinquennio rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è
attribuito al candidato che nella medesima lista segue immediatamente l'ultimo
eletto. 2. Nel
caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell'articolo 59, il consiglio,
nella prima adunanza successiva alla notifica del provvedimento di sospensione,
procede alla temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio
delle funzioni di consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato,
dopo gli eletti, il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la
cessazione della sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo alla
surrogazione a norma del comma 1. Art. 46. Elezione del sindaco e del
presidente della provincia - Nomina della giunta 1. Il
sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini a suffragio
universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri
dei rispettivi consigli. 2. Il
sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta, tra
cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio
nella prima seduta successiva alla elezione. 3. Entro
il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente della provincia,
sentita la giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle
azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato. 4. Il
sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori,
dandone motivata comunicazione al consiglio. Art. 47. Composizione delle giunte 1. La
giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal
sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di
assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo,
arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali,
computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque
non superiore a sedici unità. 2. Gli
statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero
degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi. 3. Nei
comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli
assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al
di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti
di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. 4. Nei
comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la
nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso
dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di
consigliere 5. Fino
all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e
provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente
nelle seguenti misure: a) non
superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non
superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti;
non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000
abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000
abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e
500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra
500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione
superiore a 1.000.000 di abitanti; b) non superiore a 6 per le province a cui
sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono
assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono
assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45
consiglieri. Art. 48. Competenze delle giunte 1. La
giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia nel governo
del comune o della provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali. 2. La
giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell'articolo 107, commi 1 e 2,
nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al
consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo
statuto, del sindaco o del presidente della provincia o degli organi di
decentramento; collabora con il sindaco e con il presidente della provincia
nell'attuazione degli indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente al
consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di impulso
nei confronti dello stesso. 3. E',
altresì, di competenza della giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento
degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal
consiglio. Art. 49. Pareri dei responsabili dei
servizi 1. Su
ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non
sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola
regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora
comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di
ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella
deliberazione. 2. Nel
caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso
dal Segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze. 3. I
soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei
pareri espressi. Art. 50. Competenze del sindaco e del
presidente della provincia 1. Il
sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili
dell'amministrazione del comune e della provincia. 2. Il
sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e
presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente
del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e
all'esecuzione degli atti. 3. Salvo
quanto previsto dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite
dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì
all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al
comune e alla provincia. 4. Il
sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale
nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge. 7. Il
sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi
dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla
regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei
servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente
competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico
degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare
l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti. 8. Sulla
base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della
provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei
rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni. 9. Tutte
le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque
giorni dall'insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente
incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti
sostitutivi ai sensi dell'articolo 136. 10. Il
sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e
dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di
collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli
articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e
provinciali 11. Il
sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella
seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente 12.
Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e
lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della
provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo
stemma della propria provincia, da portare a tracolla . Art. 51. Durata del mandato del sindaco,
del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati 1. Il
sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio
provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni. 2. Chi ha
ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della
provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile
alle medesime cariche. 3. E'
consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha
avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle
dimissioni volontarie. Art. 52. Mozione di sfiducia 1. Il
voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale contrario ad una
proposta del sindaco, del presidente della provincia o delle rispettive giunte
non comporta le dimissioni degli stessi. 2. Il
sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla
carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello
nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di
sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei
consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente
della provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non
oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si
procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi
dell'articolo 141. Art. 53. Dimissioni, impedimento,
rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della
provincia 2. Il
vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco e il presidente della
provincia in caso di assenza o di impedimento temporaneo, nonché nel caso di
sospensione dall'esercizio della funzione ai sensi dell'articolo 59. 3. Le
dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente della provincia diventano
efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro
presentazione al consiglio. In tal caso si procede allo scioglimento del
rispettivo consiglio, con contestuale nomina di un commissario. 4. Lo
scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la
decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonché delle rispettive
giunte. Art. 54. Attribuzioni del sindaco nei
servizi di competenza statale 1. Il
sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende: a) alla
tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti
demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di
statistica; b) alla
emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in
materia di ordine e di sicurezza pubblica; c) allo
svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle
funzioni affidategli dalla legge; d) alla
vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico,
informandone il prefetto. 2. Il
sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto
dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e
urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può
richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica. 4. Se
l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 è rivolta a persone determinate e
queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco può provvedere
d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i
reati in cui fossero incorsi. 5. Chi
sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo. 6.
Nell'ambito dei servizi di cui al presente articolo, il prefetto può disporre
ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei servizi stessi nonché per
l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere
generale. 7. Nelle
materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonché
dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare
l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio
circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale,
il sindaco può conferire la delega ad un consigliere comunale per l'esercizio
delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni. 8. Ove il
sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia ai compiti di cui al presente
articolo, il prefetto può nominare un commissario per l'adempimento delle
funzioni stesse. 9. Alle
spese per il commissario provvede l'ente interessato. 10. Ove
il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma 2, il prefetto provvede
con propria ordinanza. CAPO II - Incandidabilità, ineleggibilità,
incompatibilità Art. 55. Elettorato passivo 1. Sono
eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale,
provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi comune della
Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno
fissato per la votazione. 2. Per
l'eleggibilità alle elezioni comunali dei cittadini dell'Unione europea
residenti nella Repubblica si applicano le disposizioni del decreto legislativo
12 aprile 1996, n.197. Art.56. Requisiti della candidatura 1.
Nessuno può presentarsi come candidato a consigliere in più di due province o
in più di due comuni o in più di due circoscrizioni, quando le elezioni si
svolgano nella stessa data. I consiglieri provinciali, comunali o di
circoscrizione in carica non possono candidarsi, rispettivamente, alla medesima
carica in altro consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale. 2.
Nessuno può essere candidato alla carica di sindaco o di presidente della
provincia in più di un comune ovvero di una provincia . Art. 57. Obbligo di opzione 1. Il
candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in due province, in due
comuni, in due circoscrizioni, deve optare per una delle cariche entro cinque
giorni dall'ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata opzione
rimane eletto nel consiglio della provincia, del comune o della circoscrizione
in cui ha riportato il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero
dei votanti ed è surrogato nell'altro consiglio. Art. 58. Cause ostative alla candidatura 1. Non
possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali
e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia,
sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente
del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di
amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle
giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle
aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114, presidente e
componente degli organi delle comunità montane: a) coloro
che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo
416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al
traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74
del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di
cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il
traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione,
l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui
sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il
trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il
delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei
predetti reati; b) coloro
che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli
314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis
(malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un
atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio),
319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata
di un pubblico servizio) del codice penale; c) coloro
che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione
complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso
dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un
pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera b); d) coloro
che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a
due anni di reclusione per delitto non colposo; e) coloro
nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una
misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle
associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n.575, come
sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. 2. Per
tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dall'articolo 59 la
sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata
a condanna. 3. Le
disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi altro incarico con
riferimento al quale l'elezione o la nomina è di competenza: a) del
consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale; b) della
giunta provinciale o del presidente, della giunta comunale o del sindaco, di
assessori provinciali o comunali. 5. Le
disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano nei confronti di chi
è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato
sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa
la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo
15 della legge 3 agosto 1988, n. 327. Art. 59. Sospensione e decadenza di
diritto 1. Sono
sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58: a) coloro
che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati
all'articolo 58, comma 1, lettera a), o per uno dei delitti previsti dagli
articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice
penale; b) coloro
che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa
imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o la nomina, una condanna ad una
pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo; c) coloro
nei cui confronti l'autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non
definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una
delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575,
come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La
sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l'applicazione di
una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di
procedura penale. 2. Nel
periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione
ovvero fino a quando non sia convalidata la supplenza, non sono computati al
fine della verifica del numero legale, né per la determinazione di qualsivoglia
quorum o maggioranza qualificata. 3. La
sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La
cessazione non opera, tuttavia, se entro i termini di cui al precedente periodo
l'impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non
definitiva. In quest'ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti
decorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto. 5. La
sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell'interessato venga meno
l'efficacia della misura coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa
sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di
proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di
prevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la
sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell'albo
pretorio e comunicati alla prima adunanza dell'organo che ha proceduto
all'elezione, alla convalida dell'elezione o alla nomina. 6. Chi
ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58 decade da essa di
diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla
data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di
prevenzione. 7.
Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli enti di cui
all'articolo 8. Copie
dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse al Ministro dell'interno, ai
sensi dell'articolo 2 comma 2-quater del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive
modifiche ed integrazioni. Art. 60. Ineleggibilità 1. Non
sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale,
provinciale e circoscrizionale: 1) il
Capo della Polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di
pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell'interno, i
dipendenti civili dello Stato che svolgano le funzioni di direttore generale o
equiparate o superiori ed i capi di gabinetto dei ministri; 2) nel
territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i
prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica
sicurezza; 3) nel
territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli
ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato; 4) nel
territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i
ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno
ordinariamente le veci; 5) i
titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che
esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione del comune o
della provincia nonché i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi
uffici; 6) nel
territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle
corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonché i
giudici di pace; 7) i
dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli; 8) il
direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle
aziende sanitarie locali ed ospedaliere; 9) i
legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i
consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'azienda
sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende,
ovvero dei comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o
ospedaliera con cui sono convenzionate; 10) i
legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale
maggioritario rispettivamente del comune o della provincia; 11) gli
amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di
organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda
dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia; 12) i
sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, provinciali o
circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro comune, provincia o
circoscrizione. 2. Le
cause di ineleggibilità di cui al numero 8) non hanno effetto se le funzioni
esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza
dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento
anticipato delle rispettive assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non
hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni
successivi alla data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale,
il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono
eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte,
il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale
abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi
antecedenti la data di accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano
candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo di
cinque anni le loro funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese,
in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le
elezioni. 3. Le
cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 9),
10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per
dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in
aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione
delle candidature. 4. Le
strutture convenzionate, di cui al numero 9) del comma 1, sono quelle indicate
negli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. 5. La
pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i provvedimenti di cui al comma 3
entro cinque giorni dalla richiesta. Ove l'amministrazione non provveda, la
domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione
delle funzioni ha effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione. 6. La
cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da ogni atto inerente
all'ufficio rivestito. 8. Non
possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo
determinato. 9. Le
cause di ineleggibilità previste dal numero 9) del comma 1 non si applicano per
la carica di consigliere provinciale. Art. 61. Ineleggibilità a sindaco e
presidente della provincia 1. Non può
essere eletto alla carica di sindaco o di presidente della provincia: 1) il
ministro di un culto; 2) coloro
che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado
che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di segretario comunale o
provinciale, di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in
qualunque modo loro fideiussore. Art. 62. Decadenza dalla carica di sindaco
e di presidente della provincia 1. Fermo
restando quanto previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della
Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 e dall'articolo 5 del decreto legislativo 20
dicembre 1993, n. Art. 63. Incompatibilità 1. Non può
ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere
comunale, provinciale o circoscrizionale: 1)
l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento
di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza rispettivamente da parte del
comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una
sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi
nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente; 2) colui
che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di
coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di
diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della
provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati,
sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non
siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione; 3) il
consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo
continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 1) e 2) del presente
comma; 4) colui
che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od
amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia. La pendenza di
una lite in materia tributaria non determina incompatibilità. Qualora il
contribuente venga eletto amministratore comunale, competente a decidere sul suo
ricorso è la commissione del comune capoluogo di circondario sede di tribunale
ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso sia proposto contro
tale comune, competente a decidere è la commissione del comune capoluogo di
provincia. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune,
competente a decidere è, in ogni caso, la commissione del comune capoluogo di
regione. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente
a decidere è la commissione del capoluogo di provincia territorialmente più
vicino; 5) colui
che, per fatti compiuti allorché era amministratore o impiegato,
rispettivamente, del comune o della provincia ovvero di istituto o azienda da
esso dipendente o vigilato, è stato, con sentenza passata in giudicato,
dichiarato responsabile verso l'ente, istituto od azienda e non ha ancora
estinto il debito; 6) colui
che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o
la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato
legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per
imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano
notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; 7) colui
che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità
prevista nei precedenti articoli. Art. 64 1. La
carica di assessore è incompatibile con la carica di consigliere comunale e
provinciale. 2.
Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica di assessore
nella rispettiva giunta, cessa dalla carica di consigliere all'atto
dell'accettazione della nomina, ed al suo posto subentra il primo dei non
eletti. 3. Le
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai comuni con popolazione
sino a 15.000 abitanti. 4. Non
possono far parte della giunta il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i
parenti ed affini fino la terzo grado, rispettivamente, del sindaco e del
presidente della provincia. Gli stessi non possono essere nominati
rappresentanti del comune e della provincia. Art. 65 1. Il
presidente e gli assessori provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei
comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica
di consigliere regionale. 2. Le
cariche di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale sono, altresì,
incompatibili, rispettivamente, con quelle di consigliere provinciale di altra
provincia, di consigliere comunale di altro comune, di consigliere
circoscrizionale di altra circoscrizione. 3. La
carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una
circoscrizione del comune. Art. 66 1. La
carica di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore
sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere è incompatibile con
quella di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di
presidente o di assessore della comunità montana. Art. 67 1. Non
costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le
funzioni conferite ad amministratori del comune, della provincia e della
circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del
mandato elettivo. Art. 68 1. La
perdita delle condizioni di eleggibilità previste dal presente capo importa la
decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere
comunale, provinciale o circoscrizionale. 2. Le
cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione sia che
sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche. 3. Ai
fini della rimozione delle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni
ovvero delle cause di incompatibilità sono applicabili le disposizioni di cui
al secondo, terzo, quinto, sesto e settimo comma dell'articolo 60. 4. La
cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui
è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità o di incompatibilità. Art. 69 1. Quando
successivamente alla elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste
dal presente capo come causa di ineleggibilità ovvero esista al momento della
elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di
incompatibilità previste dal presente capo il consiglio di cui l'interessato fa
parte gliela contesta. 3. Nel
caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale ai
sensi del successivo articolo 70, il temine di dieci giorni previsto dal comma 2
decorre dalla data di notificazione del ricorso. 4. Entro
i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2 il consiglio
delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità
o di incompatibilità, invita l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se
del caso, la opzione per la carica che intende conservare. 5.
Qualora l'amministratore non vi provveda entro i successivi 10 giorni il
consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione adottata è ammesso
ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio. 6. La
deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata nella segreteria
del consiglio e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è
stato dichiarato decaduto. 7. Le
deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza
di qualsiasi elettore. Art. 70 1. La
decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere
comunale, provinciale o circoscrizionale può essere promossa in prima istanza
da qualsiasi cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia
interesse davanti al tribunale civile, con ricorso da notificare
all'amministratore ovvero agli amministratori interessati, nonché al sindaco o
al presidente della provincia. 3. Per
tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti
dall'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n.
570. 4. Contro
la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti
dagli articoli 82/2 e 82/3 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio
1960, n. 570. CAPO III - Sistema elettorale Art. 71. Elezione del sindaco e del
consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti 1. Nei
comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l'elezione dei consiglieri
comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente alla elezione del
sindaco. 2. Con la
lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e
cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da
affiggere all'albo pretorio. 3.
Ciascuna candidatura alla carica di sindaco è collegata ad una lista di
candidati alla carica di consigliere comunale, comprendente un numero di
candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai
tre quarti. Nella
scheda è indicato, a fianco del contrassegno, il candidato alla carica di
sindaco. Ciascun
elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando
il relativo contrassegno. Può altresì esprimere un voto di preferenza per un
candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al
candidato alla carica di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella
apposita riga stampata sotto il medesimo contrassegno. 6. E'
proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene il maggior numero
di voti. In caso di parità di voti si procede ad un turno di ballottaggio fra i
due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, da effettuarsi la
seconda domenica successiva. In caso di ulteriore parità viene eletto il più
anziano di età. 8. Alla
lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior
numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con
arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da
assegnare alla lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. I
restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste. A tal fine
si divide la cifra elettorale di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3,
4,... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare e quindi si scelgono,
tra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei seggi
da assegnare, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista
ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella
graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è
attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità
di quest'ultima, per sorteggio. 9.
Nell'ambito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri
comunali secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali, costituite dalla
cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. A parità di cifra, sono
proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista. Il primo
seggio spettante a ciascuna lista di minoranza è attribuito al candidato alla
carica di sindaco della lista medesima. 10. Ove
sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati
compresi nella lista, ed il candidato a sindaco collegato, purché essa abbia
riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed
il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori
iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali
percentuali, la elezione è nulla. Art. 72 1. Nei
comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il sindaco è eletto a
suffragio universale e diretto, contestualmente all'elezione del consiglio
comunale. 2.
Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all'atto della
presentazione della candidatura il collegamento con una o più liste presentate
per l'elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se
convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate. 3. La
scheda per l'elezione del sindaco è quella stessa utilizzata per l'elezione del
consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di
sindaco, scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i
contrassegni della lista o delle liste con cui il candidato è collegato.
Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di
sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul
contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore può altresì votare per un
candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta,
tracciando un segno sul relativo rettangolo. 4. E'
proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza
assoluta dei voti validi. 5.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 4, si procede ad
un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella
del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di sindaco
che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità
di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato collegato con
la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha
conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra
elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato più anziano di età. 7. Per i
candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste
per l'elezione del consiglio dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al
ballottaggio hanno tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione,
di dichiarare il collegamento con ulteriori liste rispetto a quelle con cui è
stato effettuato il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di
collegamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese
dai delegati delle liste interessate. 8. La
scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome dei candidati alla
carica di sindaco, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono
riprodotti i simboli delle liste collegate. Il voto si esprime tracciando un
segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto. 9. Dopo
il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il
maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto
sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo
di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore
cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato
eletto sindaco il candidato più anziano d'età. Art. 73 1. Le
liste per l'elezione del consiglio comunale devono comprendere un numero di
candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai
due terzi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei
consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a
50 centesimi. 2. Con la
lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e
cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da
affiggere all'albo pretorio. Più liste possono presentare lo stesso candidato
alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo
programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate. 3. Il
voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3 dell'art. 72, tracciando un
segno sul contrassegno della lista prescelta. Ciascun elettore può esprimere
inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata,
scrivendone il cognome sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno. 5. La
cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei voti validi
riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune. 6. La
cifra individuale di ciascun candidato a consigliere comunale è costituita
dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. 7. Non
sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al
primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun
gruppo di liste che abbia superato tale soglia. 8. Salvo
quanto disposto dal comma 10, per l'assegnazione del numero dei consiglieri a
ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate, nel turno di elezione del
sindaco, con i rispettivi candidati alla carica di sindaco si divide la cifra
elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste collegate successivamente per 1,
2, 3, 4,....sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere e quindi
si scelgono, fra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a
quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente.
Ciascuna lista o gruppo di liste avrà tanti rappresentanti quanti sono i
quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di
quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista o
gruppo di liste che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di
quest'ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano più posti di quanti sono
i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti, fra le altre liste,
secondo l'ordine dei quozienti. 9.
Nell'ambito di ciascun gruppo di liste collegate la cifra elettorale di ciascuna
di esse, corrispondente ai voti riportati nel primo turno, è divisa per 1, 2,
3, 4, .....sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti al gruppo di liste.
Si determinano in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi
spettanti ad ogni lista. 10.
Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo
turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già
conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del
consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene
assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro
gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi.
Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo
turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già
conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del
consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, semprechè nessuna altra
lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel
turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono
assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8. 11. Una
volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di
liste collegate, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di
consigliere i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati
a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di
più liste al medesimo candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il
seggio spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente
attribuiti al gruppo di liste collegate. 12.
Compiute le operazioni di cui al comma 11 sono proclamati eletti consiglieri
comunali i candidati di ciascuna lista secondo l'ordine delle rispettive cifre
individuali. In caso di parità di cifra individuale, sono proclamati eletti i
candidati che precedono nell'ordine di lista. Art. 74 1. Il
presidente della provincia è eletto a suffragio universale e diretto,
contestualmente alla elezione del consiglio provinciale. La circoscrizione per
l'elezione del presidente della provincia coincide con il territorio
provinciale. 2. Oltre
a quanto previsto dall'art. 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive
modificazioni, il deposito, l'affissione presso l'albo pretorio della provincia
e la presentazione delle candidature alla carica di consigliere provinciale e di
presidente della provincia sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art.
3, commi 3 e 4, della legge 25 marzo 1993, n. 3.
All'atto di presentare la propria candidatura ciascun candidato alla carica di
presidente della provincia deve dichiarare di collegarsi ad almeno uno dei
gruppi di candidati per l'elezione del consiglio provinciale. La dichiarazione
di collegamento ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa
dai delegati dei gruppi interessati. 4. La
scheda per l'elezione del presidente della provincia è quella stessa utilizzata
per l'elezione del consiglio e reca, alla destra del nome e cognome di ciascun
candidato alla carica di presidente della provincia, il contrassegno o i
contrassegni del gruppo o dei gruppi di candidati al consiglio cui il candidato
ha dichiarato di collegarsi. Alla destra di ciascun contrassegno è riportato il
nome e cognome del candidato al consiglio provinciale facente parte del gruppo
di candidati contraddistinto da quel contrassegno. 5.
Ciascun elettore può votare per uno dei candidati al consiglio provinciale
tracciando un segno sul relativo contrassegno. Ciascun elettore può, altresì,
votare sia per un candidato alla carica di presidente della provincia,
tracciando un segno sul relativo rettangolo, sia per uno dei candidati al
consiglio provinciale ad esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo
contrassegno. Il voto espresso nei modi suindicati si intende attribuito sia al
candidato alla carica di consigliere provinciale corrispondente al contrassegno
votato sia al candidato alla carica di presidente della provincia. Ciascun
elettore può, infine, votare per un candidato alla carica di presidente della
provincia tracciando un segno sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo
espresso si intende attribuito solo al candidato alla carica di presidente della
provincia. 6. E'
proclamato eletto presidente della provincia il candidato alla carica che
ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. 7.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 6, si procede ad
un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella
del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di
presidente della provincia che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero
di voti. In caso di parità di voti fra il secondo ed il terzo candidato è
ammesso al ballottaggio il più anziano di età. 9. I
candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti con i gruppi di
candidati al consiglio provinciale dichiarati al primo turno. I candidati
ammessi al ballottaggio hanno facoltà, entro sette giorni dalla prima
votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori gruppi di candidati
rispetto a quelli con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno.
La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa
dai delegati dei gruppi interessati. 10. La
scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il cognome dei candidati alla
carica di presidente della provincia, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto
il quale sono riprodotti i simboli dei gruppi di candidati collegati. Il voto si
esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del
candidato prescelto. 11. Dopo
il secondo turno è proclamato eletto presidente della provincia il candidato
che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è
proclamato eletto presidente della provincia il candidato collegato con il
gruppo o i gruppi di candidati per il consiglio provinciale che abbiano
conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra
elettorale, è proclamato eletto il candidato più anziano di età. Art. 75 2. Con il
gruppo di candidati collegati deve essere anche presentato il nome e cognome del
candidato alla carica di presidente della provincia e il programma
amministrativo da affiggere all'albo pretorio. Più gruppi possono presentare lo
stesso candidato alla carica di presidente della provincia. In tal caso i gruppi
debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di
loro collegati. 4. La
cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale dei voti validi ottenuti da
tutti i candidati del gruppo stesso nei singoli collegi della provincia. 5. Non
sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano
ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non
appartengano a nessuna coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia. 6. Per
l'assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati, si divide la
cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di candidati successivamente per
1, 2, 3, 4,.... sino a concorrenza del numero di consiglieri da eleggere. Quindi
tra i quozienti così ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a
quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente.
A ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i
quozienti ad esso appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di
quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito al gruppo di
candidati che ha ottenuto la maggior cifra elettorale e, a parità di quest'ultima,
per sorteggio. Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi
candidati, i posti eccedenti sono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo
l'ordine dei quozienti. 7. Le
disposizioni di cui al comma 6 si applicano quando il gruppo o i gruppi di
candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia
abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio
provinciale. 8.
Qualora il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato
eletto presidente della provincia non abbiano conseguito almeno il 60 per cento
dei seggi assegnati al consiglio provinciale, a tale gruppo o gruppi di
candidati viene assegnato il 60 per cento dei seggi, con arrotondamento all'unità
superiore qualora il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo o ai gruppi
contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. In caso di collegamento di
più gruppi con il candidato proclamato eletto presidente, per determinare il
numero di seggi spettanti a ciascun gruppo, si dividono le rispettive cifre
elettorali corrispondenti ai voti riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4,
..... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare. Si determinano in
tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni
gruppo di candidati. 9. I
restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di candidati ai sensi del comma
6. 10. Una
volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati,
sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati
alla carica di presidente della provincia non risultati eletti, collegati a
ciascun gruppo di candidati che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di
collegamento di più gruppi con il candidato alla carica di presidente della
provincia non eletto, il seggio spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi
complessivamente attribuiti ai gruppi di candidati collegati. 11.
Compiute le operazioni di cui al comma 10 sono proclamati eletti consiglieri
provinciali i candidati di ciascun gruppo secondo l'ordine delle rispettive
cifre individuali. 12. La
cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale viene determinata
moltiplicando il numero dei voti validi ottenuto da ciascun candidato per cento
e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio per
i candidati a consigliere provinciale. Nel caso di candidature presentate in più
di un collegio si assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra
individuale riportata dal candidato. Art. 76 1.
Avvenuta la proclamazione degli eletti, il competente ufficio del Ministero
dell'interno in materia elettorale raccoglie i dati relativi agli eletti a
cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori locali
nonché i dati relativi alla tenuta ed all'aggiornamento anche in corso di
mandato. 3. Per
gli amministratori non elettivi l'anagrafe è costituita dai dati indicati al
comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi. 4. Al
fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto
di prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati
contenuti nell'anagrafe. CAPO IV - Status degli amministratori
locali Art. 77. Definizione di amministratore
locale 1. 2. Il
presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle
indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si
intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i
presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle
province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i
presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i
consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi
delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti
degli organi di decentramento. Art. 78. Doveri e condizione giuridica 1. Il
comportamento degli amministratori, nell'esercizio delle proprie funzioni, deve
essere improntato all'imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel
pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità
degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2 e quelle proprie dei
dirigenti delle rispettive amministrazioni. 2. Gli
amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere
parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi
propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione
non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani
urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e
diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi
dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. 3. I
componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia
e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in
materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato. 4. Nel
caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al
comma 2 sia stata accertata con sentenza passata in giudicato, le parti di
strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate
e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Nelle more
dell'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il
contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di
parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano
urbanistico. 5. Al
sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai
consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere
consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al
controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province. 6. Gli
amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere
soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del
mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui
viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di
lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento
del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli
amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato
amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di
leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore
o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione. Art. 79. Permessi e licenze 1. I
lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali,
provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni,
nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a
500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata
in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si
svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere
il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei
consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal
servizio per l'intera giornata successiva. 2. Le
disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari
di leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto
dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità
montane che svolgono servizio militare di leva o che sono richiamati o che
svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in
attesa di congedo per la durata del mandato. 3. I
lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali,
metropolitane, delle comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei
consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi
fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o
circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali
previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capogruppo e degli
organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti
consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle
riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il
diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per
raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le
disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei
militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio
sostitutivo. 4. I
componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città
metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi
fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e
circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e
dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai
permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di
lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i
sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle
comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con
popolazione superiore a 30.000 abitanti. 5. I
lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori
permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora
risultino necessari per l'espletamento del mandato. Art. 80 1. Le
assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 79 sono
retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi
retribuiti sono a carico dell'ente presso il quale i lavoratori dipendenti
esercitano le funzioni pubbliche di cui all'articolo Art. 81 1. Gli
amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, che siano lavoratori
dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita
per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è
considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo
impedimento per il compimento del periodo di prova. Art. 82 1. Il
decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di
funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il
presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della
comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei
consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei
comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città
metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi
fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che
non abbiano richiesto l'aspettativa. 2. I
consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane
hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di
presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso
l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere può superare
l'importo pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo
sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. 3. Ai
soli fini dell'applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra
pensione e redditi, le indennità di cui ai 1 e 2 non sono assimilabili ai
redditi da lavoro di qualsiasi natura. 4. Gli
statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato
competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità
di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l'ente pari o
minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri
prevede l'applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non
giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali. 5. Le
indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili.
L'interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la
percezione del 50 per cento di ciascuna. 6. Le
indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano
dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona. 7. Agli
amministratori ai quali viene corrisposta l'indennità di funzione prevista dal
presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli
organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell'organo
costituiscono articolazioni interne ed esterne. 8. La
misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente
articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,
con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell'articolo 17, comma
3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita a)
equiparazione del trattamento per categorie di amministratori; b)
articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli
enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della
percentuale delle entrate proprie dell'ente rispetto al totale delle entrate,
nonché dell'ammontare del bilancio di parte corrente; c)
articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice
sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri
che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa
stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e
agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle
comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura
prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di
comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità
montana; d)
definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città
metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate; e)
determinazione dell'indennità spettante al presidente della provincia e al
sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque,
non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei
rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti,
nella determinazione dell'indennità si tiene conto del trattamento economico
fondamentale del segretario comunale; f)
previsione dell'integrazione dell'indennità dei sindaci e dei presidenti di
provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile,
spettante per ciascun anno di mandato. 9. Su
richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere
alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima
procedura ivi indicata. 10. Il
decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini
dell'adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla
base della media degli indici annuali dell'ISTAT di variazione del costo della
vita applicando, alle misure stabilite per l'anno precedente, la variazione
verificatasi nel biennio nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al
mese di giugno di termine del biennio. 11. Le
indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma
8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di giunta e di consiglio
per i rispettivi componenti. Nel caso di incremento la spesa complessiva
risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di
bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica
degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di
incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario. Art. 83 1. I
parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali possono
percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente capo. Art. 84 1. Agli
amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo
del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo
dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del
presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle
spese di viaggio effettivamente sostenute nonché la indennità di missione alle
condizioni dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge
18 dicembre 1973, n. 836, e per l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella
A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni. 2. La
liquidazione del rimborso delle spese o dell'indennità di missione è
effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata
della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute
e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione. 3. Agli
amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il
rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente
sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi
assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede
degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate. 4. I
consigli e le assemblee possono sostituire all'indennità di missione il
rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i
casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento. Art. 85 1. Le
norme stabilite dal presente capo, relative alla posizione, al trattamento e ai
permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati a funzioni elettive, si
applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle
associazioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali. 2. Le
spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione dei
componenti dei propri organi alle riunioni e alle attività degli organi
nazionali e regionali delle associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti
stessi. Art. 86 2. Agli
amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le
cariche di cui al comma 4. Alle
indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di
cui all'articolo 26, comma 1, delle legge 23 dicembre 1994, n. 724. 5. I
comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra
enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi
conseguenti all'espletamento del loro mandato. 6. Al
fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei
soggetti destinatari dei benefici di cui al comma 1 è consentita l'eventuale
ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro
cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente alla data di entrata
in vigore della legge 3 agosto 1999 n. 265, ed entro tre anni se successiva. Art. 87 1. Fino
all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai
componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche
consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 78, comma 2,
nell'articolo 79, commi 3 e 4, nell'articolo 81, nell'articolo 85 e
nell'articolo 86. TITOLO IV - ORGANIZZAZIONE E PERSONALE CAPO I - Uffici e personale Art. 88. Disciplina applicabile agli
uffici ed al personale degli enti locali 1.
All'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i
dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29,e successive modificazioni ed
integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e
lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente
testo unico. Art. 89 1. Gli
enti locali disciplinano, con propri regolamenti, in conformità allo statuto,
l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di
autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo principi di
professionalità e responsabilità. 2. La
potestà regolamentare degli enti locali si esercita, tenendo conto di quanto
demandato alla contrattazione collettiva nazionale, nelle seguenti materie: a)
responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento
delle procedure amministrative; b)
organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi; c)
principi fondamentali di organizzazione degli uffici; d)
procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; e) ruoli,
dotazioni organiche e loro consistenza complessiva; f)
garanzia della libertà di insegnamento ed autonomia professionale nello
svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca; g)
disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego nelle
pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto di cumulo di
impieghi e incarichi pubblici. 3. I
regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle procedure per le
assunzioni, fanno riferimento ai principi fissati dall'articolo 36 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni. 5. Gli
enti locali, nel rispetto dei principi fissati dal presente testo unico,
provvedono alla rideterminazione delle proprie dotazioni organiche, nonché
all'organizzazione e gestione del personale nell'ambito della propria autonomia
normativa ed organizzativa con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità
di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei
compiti loro attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate dalla normativa
concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari. 6.
Nell'ambito delle leggi, nonché dei regolamenti di cui al comma 1, le
determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla
gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dai soggetti preposti alla gestione
con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. Art. 90 1. Il
regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la
costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente
della provincia, della giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni
di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da
dipendenti dell'ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o
strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo
determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono
collocati in aspettativa senza assegni. 2. Al
personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si
applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti
locali. 3. Con
provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al comma 2 il
trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere
sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro
straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della
prestazione individuale . Art. 91 1. Gli
enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi di funzionalità e di
ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi
compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Gli organi di
vertice delle amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale
del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo
1999, n. 68, finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale. 2. Gli
enti locali, ai quali non si applicano discipline autorizzatorie delle
assunzioni, programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai
principi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per
nuove assunzioni, di cui ai commi 2 bis, 3, 3 bis e 3 ter dell'articolo 39 del
decreto legislativo 27 dicembre 1997, n. 449, per quanto applicabili,
realizzabili anche mediante l'incremento della quota di personale ad orario
ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle
assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai
processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze. 3. Gli
enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono
prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in
relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una
professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'ente. 4. Per
gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di
tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si
venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i
posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso
medesimo. Art. 92 1. Gli
enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo
determinato, pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia.
I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati
dall'amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa
presso altri enti. 2. Nei
comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi
turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di
assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei
servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari modalità di
selezione per l'assunzione del personale a tempo determinato per esigenze
temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed
escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le
disposizioni dei commi 7 e 8 dell'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio
1993 n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. Art. 93 1. Per
gli amministratori e per il personale degli enti locali si osservano le
disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello
Stato. 2. Il
tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o
sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si
ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto
della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti
secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti 3. Gli
agenti contabili degli enti locali, salvo che Art. 94 1.
Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e)
del comma 1 dell'articolo 58 nonché alle lettere a), b) e c) del comma 1
dell'articolo 59 nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni
locali, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo alla immediata sospensione
dell'interessato dalla funzione o dall'ufficio ricoperti. La sospensione è
disposta dal responsabile dell'ufficio secondo la specifica competenza, con le
modalità e procedure previste dai rispettivi ordinamenti. A tal fine i
provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del
tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle
amministrazioni o enti locali indicati nelle predette disposizioni . 2. Al
personale dipendente di cui al comma precedente si applicano altresì le
disposizioni del comma 5 dell'articolo 58 e del comma 6 dell'articolo 59 previa
attivazione del procedimento disciplinare. Art. 95 1. Il
Ministero dell'interno aggiorna periodicamente, sentiti l'Associazione nazionale
comuni italiani (Anci), l'Unione delle province d'Italia (Upi) e l'Unione
nazionale comuni, comunità enti montani (Uncem), i dati del censimento generale
del personale in servizio presso gli enti locali. 2. Resta
ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni organiche degli enti locali
prevista dall'articolo 16 ter del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 8,
convertito con modificazioni dalla legge 19 marzo 1993, n. 68. Art. 96 1. Al
fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei
procedimenti amministrativi i consigli e le giunte, secondo le rispettive
competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni
esercizio finanziario, individuano i comitati, le commissioni, i consigli ed
ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili
per la realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione o dell'ente
interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a
decorrere dal mese successivo all'emanazione del provvedimento. Le relative
funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente competenza nella
materia. CAPO II - Segretari comunali e provinciali Art. 97. Ruolo e funzioni 1. Il
comune e la provincia hanno un segretario titolare dipendente dall'Agenzia
autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, di cui
all'articolo 102 e iscritto all'albo di cui all'articolo 98. 2. Il
segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di
assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in
ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed
ai regolamenti. 3. Il
sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facoltà
prevista dal comma 1 dell'articolo 108, contestualmente al provvedimento di
nomina del direttore generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e
nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario
ed il direttore generale. 4. Il
segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne
coordina l'attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti del comma 1
dell'articolo 108 il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il
direttore generale. Il segretario inoltre: a)
partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del
consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione; b)
esprime il parere di cui all'articolo c) può
rogare tutti i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture
private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente; d)
esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o
conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia; e)
esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo
108 comma 4. 5. Il
regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, può prevedere un
vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza,
assenza o impedimento. 6. Il
rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali è disciplinato dai
contratti collettivi ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e
successive modificazioni ed integrazioni. Art. 98. Albo nazionale 2. Il
numero complessivo degli iscritti all'albo non può essere superiore al numero
dei comuni e delle province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato
di una percentuale determinata ogni due anni dal consiglio di amministrazione
dell'Agenzia di cui all'articolo 102 e funzionale all'esigenza di garantire una
adeguata opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di
provincia. 3. I
comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di segretario comunale
comunicandone l'avvenuta costituzione alla Sezione regionale dell'Agenzia. 5. Al
relativo corso si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare i
laureati in giurisprudenza, scienze politiche, economia. Art. 99. Nomina 1. Il
sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario, che dipende
funzionalmente dal capo dell'amministrazione, scegliendolo tra gli iscritti
all'albo di cui all'articolo 98. 2. Salvo
quanto disposto dall'articolo 100, la nomina ha durata corrispondente a quella
del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il
segretario cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del
sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni
sino alla nomina del nuovo segretario. 3. La
nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni
dalla data di insediamento del sindaco e del presidente della provincia, decorsi
i quali il segretario è confermato. Art. 100. Revoca 1. Il
segretario può essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del
presidente della provincia, previa deliberazione della giunta, per violazione
dei doveri d'ufficio. Art. 101. Disponibilità e mobilità 1. Il
segretario comunale o provinciale non confermato, revocato o comunque privo di
incarico è collocato in posizione di disponibilità per la durata massima di
quattro anni. 2.
Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto all'albo ed è posto a
disposizione dell'Agenzia autonoma di cui all'articolo 102 per le attività
dell'Agenzia stessa o per l'attività di consulenza, nonché per incarichi di
supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti
alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo
richiedano con oneri a carico dell'ente presso cui presta servizio. Per il
periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in
godimento in relazione agli incarichi conferiti. 3. Nel
caso di collocamento in disponibilità per mancato raggiungimento di risultati
imputabile al segretario oppure motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei
doveri d'ufficio, allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento
economico tabellare spettante per la sua qualifica detratti i compensi percepiti
a titolo di indennità per l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2. 4.
Decorsi quattro anni senza che abbia preso servizio in qualità di titolare in
altra sede il segretario viene collocato d'ufficio in mobilità presso altre
pubbliche amministrazioni nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed
economica. Art. 102 1. E'
istituita l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e
provinciali, avente personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposta alla
vigilanza del Ministero dell'Interno. 3. Con la
stessa composizione e con le stesse modalità sono costituiti i consigli di
amministrazione delle sezioni regionali. 5. All'
Agenzia è attribuito un fondo finanziario di mobilità a carico degli enti
locali, disciplinato dal regolamento di cui all'articolo 103, percentualmente
determinato sul trattamento economico del segretario dell'ente, graduato in
rapporto alla dimensione dell'ente, e definito in sede di accordo contrattuale. 6. Per il
proprio funzionamento e per quello della Scuola superiore per la formazione e la
specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale l'Agenzia
si avvale del fondo di mobilità di cui al comma Art. 103 1. Salvo
quanto previsto dal presente testo unico, sono disciplinati con regolamento,
emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
su proposta del Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali e le
rappresentanze degli enti locali, l'organizzazione, il funzionamento e
l'ordinamento contabile dell'Agenzia, l'amministrazione dell'albo e la sua
articolazione in sezioni e in fasce professionali, le modalità di svolgimento
dei concorsi per l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le fasce professionali,
il procedimento disciplinare e le modalità di utilizzazione dei segretari non
chiamati a ricoprire sedi di segreteria. 2. Il
regolamento si conforma ai seguenti principi e criteri direttivi: a)
reclutamento del personale da destinare all'Agenzia mediante utilizzo delle
procedure in materia di mobilità, ricorrendo prioritariamente, anche in deroga
alle disposizioni dell'ordinamento speciale, al personale dell'amministrazione
civile dell'interno, utilizzando anche l'istituto del comando o del fuori ruolo; b)
previsione di un esame di idoneità per l'iscrizione all'albo riservato ai
frequentatori dei corsi promossi dalla Scuola superiore per la formazione e la
specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero
dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno; c)
disciplina dell'ordinamento contabile dell'Agenzia anche in deroga alle
disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, fermo restando l'obbligo
di sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria al controllo della Corte
dei Conti; d)
utilizzazione in via prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di
segreteria per le esigenze dell'Agenzia e per incarichi di supplenza e di
reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica
rivestita presso altre amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro
carico. Art. 104 Art. 105 1. Le
regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
disciplinano le materie di cui al presente capo con propria legislazione . 2. Nel
territorio della regione Trentino - Alto Adige, fino all'emanazione di apposita
legge regionale, rimane ferma l'applicazione del titolo VI della legge 11 marzo
1972, n. 118. Art. 106 1. Fino
alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto collettivo nazionale
di lavoro resta ferma la classificazione dei comuni e delle province ai fini
dell'assegnazione del segretario prevista dalle tabelle A e B allegate al
decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1972, n. 749. 2. I
segretari già iscritti alla sezione speciale dell'albo ai sensi dell'articolo
17, comma 82, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e trasferiti presso altre
pubbliche amministrazioni, permangono nel ruolo statale e mantengono ad
esaurimento qualifica e trattamento economico pensionabile in godimento. 3. Ai
fini dell'attuazione della legge 8 marzo 1999, n. 50, i segretari comunali di
cui all'articolo 18, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica 4
dicembre 1997, n. 465, o all'articolo 39, comma 22, della legge 27 dicembre
1997, n. 449, possono essere collocati o mantenuti in posizione di fuori ruolo
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche dopo il
trasferimento alle amministrazioni di destinazione e con effetto dalla data di
entrata in vigore della citata legge n. 50 del 1999. Gli oneri relativi al
trattamento economico, fondamentale ed accessorio, dei predetti dipendenti
rimangono a carico dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari
comunali fino alla data del trasferimento alle amministrazioni di destinazione;
successivamente sono a queste imputate. Analogamente si provvede, con decreto
del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica,
per i segretari comunali in servizio presso il Ministero dell'interno ai sensi
dell'articolo 34, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 4
dicembre 1997, n. 465. CAPO III - Dirigenza ed incarichi Art. 107. Funzioni e responsabilità della
dirigenza 1. Spetta
ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le
norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio
per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico- amministrativo spettano
agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica
è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione
delle risorse umane, strumentali e di controllo. 2.
Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e
provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno,
non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di
indirizzo e controllo politico- amministrativo degli organi di governo dell'ente
o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui
rispettivamente agli articoli 97 e 108. 3. Sono
attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei
programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i
quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai
regolamenti dell'ente: a) la
presidenza delle commissioni di gara e di concorso; b) la
responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso; c) la
stipulazione dei contratti; d) gli
atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa; e) gli
atti di amministrazione e gestione del personale; f) i
provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio
presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel
rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti
generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie; g) tutti
i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino
di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione
delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e
regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e
paesaggistico-ambientale; h) le
attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni,
legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di
conoscenza; i) gli
atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi,
delegati dal sindaco . 4. Le
attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1,
comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche
disposizioni legislative. 6. I
dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli
obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei
risultati della gestione. 7. Alla
valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano i principi contenuti
nell'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286,
secondo le modalità previste dall'articolo 147 del presente testo unico. Art. 108 1. Il
sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente
della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale,
possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e
con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento
di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli
indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo
le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che
sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia
ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione
del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2 lettera
a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 2. Il
direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia,
previa deliberazione della giunta comunale o provinciale. La durata
dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente
della provincia. 3. Nei
comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla
nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui
popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore
generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi
tra i comuni interessati. 4. Quando
non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso
in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni
possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al
segretario. Art. 109 1. Gli
incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi
dell'articolo 50, comma 10,con provvedimento motivato e con le modalità fissate
dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di
competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma
amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in
caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della
provincia, della giunta o dell'assessore di riferimento, o in caso di mancato
raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati
nel piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169 o per responsabilità
particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti
collettivi di lavoro. L'attribuzione degli incarichi può prescindere dalla
precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi. 2. Nei
comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui
all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'articolo 97,
comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento
motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi,
indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni
diversa disposizione. Art. 110 1. Lo
statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o
degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa
avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o,
eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando
i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire. 2. Il
regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è
prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui
possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a
tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i
requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati
in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della
dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno
una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei
servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere
stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di
professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo
determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area
direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire.
Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per
cento della dotazione organica dell'ente, o ad una unità negli enti con una
dotazione organica inferiore alle 20 unità. 3. I
contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al
mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il
trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti
collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può
essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad
personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale,
anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di
mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento
economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta
correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo
contrattuale e del personale. 4. Il
contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l'ente
locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente
deficitarie. 5. Il
rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di
diritto con effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l'ente
locale ai sensi del comma 6. Per
obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere
collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Art. 111 1. Gli
enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell'esercizio della
propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il
regolamento ai principi del presente capo e del capo II del decreto legislativo
del 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni ed integrazioni. TITOLO V - SERVIZI E INTERVENTI PUBBLICI
LOCALI Art. 112. Servizi pubblici locali 1. Gli
enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione
dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività
rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile
delle comunità locali. 2. I
servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti
dalla legge. 3. Ai
servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 286, relativo alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei
servizi. Art. 113 1. I
servizi pubblici locali sono gestiti nelle seguenti forme: a) in
economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio
non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda; b) in
concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di
opportunità sociale; c) a
mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza
economica ed imprenditoriale; d) a
mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza
imprenditoriale; e) a
mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale
pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico
servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito
territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati; f) a
mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica
maggioritaria a norma dell'articolo 116. Art. 114 3. Organi
dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione, il
presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità gestionale. Le
modalità di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto
dell'ente locale. 5.
Nell'ambito della legge, l'ordinamento ed il funzionamento delle aziende
speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti; quelli delle
istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale
da cui dipendono. 7. Il
collegio dei revisori dei conti dell'ente locale esercita le sue funzioni anche
nei confronti delle istituzioni. Lo statuto dell'azienda speciale prevede un
apposito organo di revisione, nonché forme autonome di verifica della gestione. 8. Ai
fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti atti: a) il
piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti
tra ente locale ed azienda speciale; b) i
bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale; c) il
conto consuntivo; d) il
bilancio di esercizio. Art. 115 1. I
comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale,
trasformare le aziende speciali costituite ai sensi dell'articolo 113 lett. c)
in società per azioni, di cui possono restare azionisti unici per un periodo
comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di
tali società è determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non
inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall'ultimo
bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all'importo
minimo richiesto per la costituzione delle società medesime. L'eventuale
residuo del patrimonio netto conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo
ove possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle
aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi
anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e
passivi delle aziende originarie. 2. La
deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia
di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente, ferma
l'applicazione delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e
2330-bis del codice civile. 3. Ai
fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro
tre mesi dalla costituzione delle società, gli amministratori devono richiedere
a un esperto designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai
sensi e per gli effetti dell'articolo 2343, primo comma, del codice civile.
Entro sei mesi dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci
determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le
valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono fondati motivi,
aver proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di
conferimento non sono stati determinati in via definitiva le azioni delle società
sono inalienabili. 4. Le
società di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai fini
dell'applicazione delle norme di cui al decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474. 5. Le
partecipazioni nelle società di cui al comma 1 possono essere alienate anche ai
fini e con le modalità di cui all'articolo 116. 6. Il
conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende
speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali,
dirette e indirette, statali e regionali. 7. La
deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell'azienda
speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale
di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di
cui ai commi da Art. 116 1. Gli
enti locali possono, per l'esercizio di servizi pubblici e per la realizzazione
delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio nonché per la
realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non
rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle
competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società per azioni
senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga a
disposizioni di legge specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta
dei soci privati e all'eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato
con procedure di evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle società deve
prevedere l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o più amministratori e
sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere
destinata all'azionariato diffuso e resta comunque sul mercato. 2. La
costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli
enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi
dell'articolo 4, comma 1, del decreto legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito,
con modificazioni dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e
integrazioni. 3. Per la
realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano le norme vigenti di
recepimento delle direttive comunitarie in materia di lavori pubblici. 4. Fino
al secondo esercizio successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera,
l'ente locale partecipante potrà rilasciare garanzia fidejussoria agli istituti
mutuanti in misura non superiore alla propria quota di partecipazione alla
società di cui al presente articolo. 5. Per i
conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi e di ogni
altro bene effettuati dai soggetti di cui al comma 1, anche per la costituzione
con atto unilaterale delle società di cui al medesimo comma, si applicano le
disposizioni dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218, e
successive modificazioni. Art. 117 1. Gli
enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da
assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa
gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono
i seguenti: a) la
corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura
dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario; b)
l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c)
l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli
investimenti e della qualità del servizio; d)
l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le
prevalenti condizioni di mercato. 2. La
tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e
adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma
di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti
ai modelli organizzativi prescelti. 3.
Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall'ente pubblico per
effetto di particolari convenzioni e concessioni dell'ente o per effetto del
modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che
gestisce i servizi pubblici. Art. 118 1. I
trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e
dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di società per azioni
costituite ai sensi dell'articolo 113, lettera e) sono esenti, senza limiti di
valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore,
ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di
qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal
tribunale per la redazione della stima di cui all'articolo 2343 del codice
civile, nonché gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione
degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà. 2. Le
disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle
retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in
essere nell'ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali e
provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti
in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora
dette procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva
costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del
medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché
i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano
effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse
disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di aziende, di complessi
aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di
costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai
sensi degli articoli 31 e 274 comma 4, per la costituzione di società per
azioni ai sensi dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante
atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di
dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive
modificazioni. 3. Ai
trasferimenti di beni destinati a pubblico servizio, da parte di province e
comuni, in favore di società costituite ai sensi dell'articolo 113, lettera e)
e dell'articolo 116 nonché dei consorzi e delle aziende speciali di cui,
rispettivamente, agli articoli 31 e 114 non si applicano le disposizioni
relative alla cessione dei beni patrimoniali degli enti pubblici territoriali Art. 119 Art. 120 1. Le
città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e
della regione, possono costituire società per azioni per progettare e
realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti
urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere
che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite
procedura di evidenza pubblica. 2. Le
società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione delle
aree interessate dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione
delle stesse. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso
alle procedure di esproprio da parte del comune. 3. Le
aree interessate dall'intervento di trasformazione sono individuate con delibera
del consiglio comunale. L'individuazione delle aree di intervento equivale a
dichiarazione di pubblica utilità, anche per le aree non interessate da opere
pubbliche. Le aree di proprietà degli enti locali interessate dall'intervento
possono essere attribuite alla società a titolo di concessione. 4. I
rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni di
trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione contenente, a pena di
nullità, gli obblighi e i diritti delle parti. Art. 121 Art. 122 1.
Restano salve le competenze dei comuni e delle province in materia di lavori
socialmente utili, previste dall'articolo 4, commi 6, 7 e 8, del decreto legge
31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo
1995, n. 95, e successive modifiche ed integrazioni. Art. 123 1. Resta
fermo l'obbligo per gli enti locali di adeguare l'ordinamento delle aziende
speciali alle disposizioni di cui all'articolo 114; gli enti locali iscrivono
per gli effetti di cui al primo comma dell'articolo 2331 del codice civile, le
aziende speciali nel registro delle imprese. 2.
Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che le medesime aziende
speciali hanno posto in essere anteriormente alla data di attuazione del
registro delle imprese, di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n.
580. 3. Le
norme del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 si applicano fino
all'adeguamento delle aziende speciali alla disciplina del presente testo unico;
si applicano altresì per l'esercizio del diritto di riscatto relativo ai
rapporti in corso di esecuzione. TITOLO VI - CONTROLLI CAPO I - Controllo sugli atti Art. 124. Pubblicazione delle
deliberazioni 1. Tutte
le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante
affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni
consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge. 2. Tutte
le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate mediante affissione
all'albo pretorio del comune ove ha sede l'ente, per quindici giorni
consecutivi, salvo specifiche disposizioni. Art. 125 1.
Contestualmente all'affissione all'albo le deliberazioni adottate dalla giunta
sono trasmesse in elenco ai capigruppo consiliari; i relativi testi sono messi a
disposizione dei consiglieri nelle forme stabilite dallo statuto o dal
regolamento. Art. 126 1. Il
controllo preventivo di legittimità di cui all'articolo 130 della Costituzione
sugli atti degli enti locali si esercita esclusivamente sugli statuti dell'ente,
sui regolamenti di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti
all'autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio, sui bilanci
annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal
consiglio, sul rendiconto della gestione, secondo le disposizioni del presente
testo unico. 2. Il
controllo preventivo di legittimità si estende anche agli atti delle
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Art. 127 1. Le
deliberazioni della giunta e del consiglio sono sottoposte al controllo, nei
limiti delle illegittimità denunziate, quando un quarto dei consiglieri
provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a
15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino
a 15.000 abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l'indicazione
delle norme violate, entro dieci giorni dall'affissione all'albo pretorio,
quando le deliberazioni stesse riguardino: a)
appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di
rilievo comunitario; b)
dotazioni organiche e relative variazioni; c)
assunzioni del personale. 2. Nei
casi previsti dal comma 1, il controllo è esercitato dal comitato regionale di
controllo ovvero, se istituito, dal difensore civico comunale o provinciale.
L'organo che procede al controllo, se ritiene che la deliberazione sia
illegittima, ne da comunicazione all'ente, entro quindici giorni dalla
richiesta, e lo invita ad eliminare i vizi riscontrati. In tal caso, se l'ente
non ritiene di modificare la delibera, essa acquista efficacia se viene
confermata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti il
consiglio. 3. La
giunta può altresì sottoporre al controllo preventivo di legittimità
dell'organo regionale di controllo ogni altra deliberazione dell'ente secondo le
modalità di cui all'articolo 133 . Art. 128 1. Per
l'esercizio del controllo di legittimità è istituito, con decreto del
presidente della giunta regionale, il comitato regionale di controllo sugli atti
dei comuni e delle province. 2. Sono
disciplinate con legge regionale l'elezione, a maggioranza qualificata dei
componenti del comitato regionale di controllo di cui all'articolo 130, comma 1
lettera a) e comma 2 prima parte , la tempestiva sostituzione degli stessi in
caso di morte, dimissioni, decadenza per reiterate assenze ingiustificate o
incompatibilità sopravvenuta, nonché per la supplenza del presidente. 3. La
legge regionale può articolare il comitato in sezioni per territorio o per
materia, salvaguardando con forme opportune l'unitarietà di indirizzo. A tal
fine la regione, in collaborazione con gli uffici del comitato, cura la
pubblicazione periodica delle principali decisioni del comitato regionale di
controllo con le relative motivazioni di riferimento. 4. Le
pronunce degli organi di controllo previsti nel presente capo sono provvedimenti
definitivi. 5. I
componenti dei comitati regionali di controllo sono personalmente e solidalmente
responsabili nei confronti degli enti locali per i danni a questi arrecati con
dolo o colpa grave nell'esercizio delle loro funzioni. Art. 129 1.
Possono essere attivati nell'ambito dei comitati regionali di controllo servizi
di consulenza ai quali gli enti locali possono rivolgersi al fine di ottenere
preventivi elementi valutativi in ordine all'adozione di atti o provvedimenti di
particolare complessità o che attengano ad aspetti nuovi dell'attività
deliberativa. La regione disciplina con propria normativa le modalità
organizzative e di espletamento dei servizi di consulenza. Art. 130 1. Il
comitato regionale di controllo e ogni sua eventuale sezione sono composti: a)
da quattro esperti eletti dal consiglio regionale, di cui: 1)
uno iscritto da almeno dieci anni nell'albo degli avvocati, scelto in una terna
proposta dal competente ordine professionale; b)
da un esperto designato dal commissario del Governo scelto fra funzionari
dell'Amministrazione civile dell'interno in servizio nelle rispettive province. 2. Il
consiglio regionale elegge non più di due componenti supplenti aventi i
requisiti di cui alla lettera a) del comma 1; un terzo supplente, avente i
requisiti di cui alla lettera b) del comma 1, è designato dal commissario del
Governo. 4. Il
comitato ed ogni sua sezione eleggono nel proprio seno il presidente ed un
vicepresidente scelti tra i componenti eletti dal consiglio regionale. 5. Funge
da segretario un funzionario della regione. 6. Il
comitato e le sezioni sono rinnovati integralmente a seguito di nuove elezioni
del consiglio regionale, nonché quando si dimetta contemporaneamente la
maggioranza dei rispettivi componenti. 7. Il
presidente ed il vicepresidente del comitato, se dipendenti pubblici, sono
collocati fuori ruolo; se dipendenti privati, sono collocati in aspettativa non
retribuita. 8. Ai
componenti del comitato si applicano le norme relative ai permessi ed alle
aspettative previsti per gli amministratori locali. Art.131 1. Non
possono essere eletti e non possono far parte dei comitati regionali di
controllo: a) i
deputati, i senatori, i parlamentari europei; b) i
consiglieri e gli assessori regionali; c) gli
amministratori di enti locali o di altri enti soggetti a controllo del comitato,
nonché coloro che abbiano ricoperto tali cariche nell'anno precedente alla
costituzione del medesimo comitato; d) coloro
che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità alle cariche di cui alle
lettere b) e c), con esclusione dei magistrati e dei funzionari dello Stato; e) i
dipendenti ed i contabili della regione e degli enti locali sottoposti al
controllo del comitato nonché i dipendenti dei partiti presenti nei consigli
degli enti locali della regione; f) i
componenti di altro comitato regionale di controllo o delle sezioni di esso; g) coloro
che prestano attività di consulenza o di collaborazione presso la regione o
enti sottoposti al controllo regionale; h) coloro
che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti a livello provinciale,
regionale o nazionale, nonché coloro che abbiano ricoperto tali incarichi
nell'anno precedente alla costituzione del comitato. Art.132 1. Il
funzionamento dei comitati regionali di controllo e delle loro sezioni, le
indennità da attribuire ai componenti, le funzioni del presidente e del
vicepresidente, le forme di pubblicità della attività dei comitati e di
consultazione delle decisioni, nonché il rilascio di copie di esse sono
disciplinati dalla legge regionale. 2. Le
spese per il funzionamento dei comitati regionali di controllo e dei loro
uffici, nonché la corresponsione di un'indennità di carica ai componenti sono
a carico della regione. 3. La
regione provvede alle strutture serventi del comitato regionale di controllo
ispirandosi ai principi dell'adeguatezza funzionale e dell'autonomia
dell'organo. Art. 133 1. Il
controllo di legittimità comporta la verifica della conformità dell'atto alle
norme vigenti ed alle norme statutarie specificamente indicate nel provvedimento
di annullamento, per quanto riguarda la competenza, la forma e la procedura, e
rimanendo esclusa ogni diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito.
Nell'esame del bilancio preventivo e del rendiconto della gestione il controllo
di legittimità comprende la coerenza interna degli atti e la corrispondenza dei
dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonché con i documenti
giustificativi allegati alle stesse. 2. Il
comitato regionale di controllo, entro dieci giorni dalla ricezione degli atti
di cui all'articolo 126, comma 1 può disporre l'audizione dei rappresentanti
dell'ente deliberante o può richiedere, per una sola volta, chiarimenti o
elementi integrativi di giudizio in forma scritta. In tal caso il termine per
l'esercizio del controllo viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della
trasmissione dei chiarimenti o elementi integrativi o dell'audizione dei
rappresentanti. 3. Il
comitato può indicare all'ente interessato le modificazioni da apportare alle
risultanze del rendiconto della gestione con l'invito ad adottarle entro il
termine massimo di trenta giorni. 4. Nel
caso di mancata adozione delle modificazioni entro il termine di cui al comma 3,
o di annullamento della deliberazione di adozione del rendiconto della gestione
da parte del comitato di controllo, questo provvede alla nomina di uno o più
commissari per la redazione del conto stesso. 5. Non può
essere riesaminato il provvedimento sottoposto a controllo nel caso di
annullamento in sede giurisdizionale di una decisione negativa di controllo. Art. 134 1. La
deliberazione soggetta al controllo necessario di legittimità deve essere
trasmessa a pena di decadenza entro il quinto giorno successivo all'adozione.
Essa diventa esecutiva se entro 30 giorni dalla trasmissione della stessa il
comitato regionale di controllo non trasmetta all'ente interessato un
provvedimento motivato di annullamento. Le deliberazioni diventano comunque
esecutive qualora prima del decorso dello stesso termine il comitato regionale
di controllo dia comunicazione di non aver riscontrato vizi di legittimità. 2. Nel
caso delle deliberazioni soggette a controllo eventuale la richiesta di
controllo sospende l'esecutività delle stesse fino all'avvenuto esito del
controllo. 3. Le
deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo
eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione.
4. Nel
caso di urgenza le deliberazioni del consiglio o della giunta possono essere
dichiarate immediatamente eseguibili con il voto espresso dalla maggioranza dei
componenti. Art. 135 1. Il
prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati
dal Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del
decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive modificazioni ed integrazioni,
qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti, che esistano
tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività riguardanti appalti,
concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo o contratti similari per la
realizzazione di opere e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario
assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche
amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli
interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge. 2. Ai
medesimi fini indicati nel comma 1 il prefetto può chiedere che siano
sottoposte al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni degli enti
locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i
contratti, con le modalità e i termini previsti dall'articolo 133, comma 1. Le
predette deliberazioni sono comunicate al prefetto contestualmente
all'affissione all'albo. Art. 136 1.
Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine,
ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo
di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito,
ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede
entro sessanta giorni dal conferimento dell'incarico. Art. 137 1. Con
riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli enti locali, in caso di
accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti
dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli
interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo
termine per provvedere. 2.
Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto
inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. 4. Restano ferme le disposizioni in
materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente. Art. 138 Art. 139 1. Ai
pareri obbligatori delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo,
delle regioni e di ogni altro ente sottoposto a tutela statale, regionale e
subregionale, prescritti da qualsiasi norma avente forza di legge ai fini della
programmazione, progettazione ed esecuzione di opere pubbliche o di altre
attività degli enti locali, si applicano le disposizioni dell'articolo 16 della
legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni, salvo
specifiche disposizioni di legge. Art. 140 1. Le
disposizioni del presente capo si applicano anche agli altri enti di cui
all'articolo 2, compresi i consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione
di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale
e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali,
intendendosi sostituiti alla giunta e al consiglio del comune o della provincia
i corrispondenti organi di governo. CAPO II - Controllo sugli organi Art. 141. Scioglimento e sospensione dei
consigli comunali e provinciali 1. I
consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno: a)
quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti
violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; 1)
impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del
presidente della provincia; c)
quando non sia approvato nei termini il bilancio. 2. Nella
ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale
il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta
il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario
affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e
comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema
di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al
consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non
superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce,
mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del
provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la
procedura per lo scioglimento del consiglio. 3. Nei
casi diversi da quelli previsti dal numero 1) della lettera b) del comma 1, con
il decreto di scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che
esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso. 4. Il
rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo
turno elettorale utile previsto dalla legge. 5. I
consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad
esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro
eventualmente attribuiti. 6. Al
decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro contenente i
motivi del provvedimento; dell'adozione del decreto di scioglimento è data
immediata comunicazione al parlamento. Il decreto è pubblicato nella "GazzettaUfficiale"
della Repubblica italiana. 7.
Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa del decreto di
scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, può
sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli
comunali e provinciali e nominare un commissario per la provvisoria
amministrazione dell'ente. 8. Ove
non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni di cui al
presente articolo si applicano, in quanto compatibili, agli altri enti locali di
cui all'articolo 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo
provvedimento di scioglimento degli organi comunque denominati degli enti locali
di cui al presente comma è disposto con decreto del Ministro dell'interno. Art. 142 1. Con
decreto del Ministro dell'interno il sindaco, il presidente della provincia, i
presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e
delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi
quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti
violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico. 3. Sono
fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59. Art. 143 1. Fuori
dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono
sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo
59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli
amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento
degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli
organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e
provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati
ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo
stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comunale o
provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di
presidente della provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se
diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e
funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque
connesso alle cariche ricoperte. 2. Lo
scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri. Il provvedimento di scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri
è trasmesso al Presidente della Repubblica per l'emanazione del decreto ed è
contestualmente trasmesso alle Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto
della provincia con una relazione che tiene anche conto di elementi
eventualmente acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell'interno ai sensi
dell'articolo 2, comma 2-quater del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive
modificazioni ed integrazioni. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli
accertamenti di cui al comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento
penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore
della repubblica competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di
procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano
rimanere segrete per le esigenze del procedimento. 3. Il
decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a
diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi
eccezionali, dandone comunicazione alle commissioni parlamentari competenti, al
fine di assicurare il buon andamento delle amministrazioni e il regolare
funzionamento dei servizi ad esse affidati. Il decreto di scioglimento, con
allegata la relazione del Ministro, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. 4. Il
provvedimento con il quale si dispone l'eventuale proroga della durata dello
scioglimento a norma del comma 3 è adottato non oltre il cinquantesimo giorno
antecedente la data fissata per lo svolgimento delle elezioni relative al
rinnovo degli organi. Si osservano le procedure e le modalità stabilite dal
comma 2 del presente articolo. 5. Quando
ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di
scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro
incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente
mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di 60
giorni e il termine del decreto di cui al comma 3 decorre dalla data del
provvedimento di sospensione. 6. Si fa
luogo comunque allo scioglimento degli organi a norma del presente articolo
quando sussistono le condizioni indicate nel comma 1, ancorché ricorrano le
situazioni previste dall'articolo 141. Art. 144 Con il
decreto di scioglimento di cui all'articolo 143 è nominata una commissione
straordinaria per la gestione dell'ente, la quale esercita le attribuzioni che
le sono conferite con il decreto stesso. La commissione è composta di tre
membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra
magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La
commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale
utile. Presso il
Ministero dell'interno è istituito, con personale della amministrazione, un
comitato di sostegno e di monitoraggio dell'azione delle commissioni
straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria. Con
decreto del Ministro dell'interno, adottato a norma dell'articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le modalità di
organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria per l'esercizio
delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità di pubblicizzazione degli
atti adottati dalla commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e
funzionamento del comitato di cui al comma 2. Art. 145. Gestione straordinaria 1. Quando
in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell'articolo 143 sussiste la
necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei
cui confronti è stato disposto lo scioglimento, il prefetto, su richiesta della
commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, può disporre,
anche in deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in
posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di
amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra
anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un
compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal
prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a
ciascuno dei componenti della commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il
trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello
Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di
appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla
prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa, sugli
accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal
Ministero dell'interno. La prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli
accreditamenti è autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in
genere della contabilità speciale. Per il personale non dipendente dalle
amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al
rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte
proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri
derivanti dalla presente disposizione si provvede con una quota parte del 10 per
cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.
575, e successive modificazioni, nonché del ricavato delle vendite disposte a
norma dell'articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-.legge. 14 giugno 1989, n. 230,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai
beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi
della medesima legge n. 575 del 1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione,
la commissione straordinaria potrà rilasciare, sulla base della valutazione
dell'attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di
lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione
di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato,
delle regioni e degli enti locali. 2. Per
far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare la sollecita
realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la commissione straordinaria di
cui al comma 1 dell'articolo 144, entro il termine di sessanta giorni
dall'insediamento, adotta un piano di priorità degli interventi, anche con
riferimento a progetti già approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono
essere nuovamente approvati dalla commissione straordinaria. La relativa
deliberazione, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci giorni al
prefetto il quale, sentito il comitato provinciale della pubblica
amministrazione opportunamente integrato con i rappresentanti di uffici tecnici
delle amministrazioni statali, regionali o locali, trasmette gli atti
all'amministrazione regionale territorialmente competente per il tramite del
commissario del Governo, o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla
dichiarazione di priorità di accesso ai contributi e finanziamenti a carico
degli stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali. Le
disposizioni del presente comma si applicano ai predetti enti anche in deroga
alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente agli importi
totalmente ammortizzabili con contributi statali o regionali ad essi
effettivamente assegnati. 3. Le
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a far tempo dalla data di
insediamento degli organi e fino alla scadenza del mandato elettivo, anche alle
amministrazioni comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine
del periodo di scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell'articolo 143. 4. Nei
casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento a situazioni di
infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, connesse all'aggiudicazione
di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero
l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali, la commissione
straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie
verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del
decreto-.legge. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla
legge 12 luglio 1991, n. 5. Ferme
restando le forme di partecipazione popolare previste dagli statuti in
attuazione dell'articolo 8, comma 3, la commissione straordinaria di cui al
comma 1 dell'articolo 144, allo scopo di acquisire ogni utile elemento di
conoscenza e valutazione in ordine a rilevanti questioni di interesse generale
si avvale, anche mediante forme di consultazione diretta, dell'apporto di
rappresentanti delle forze politiche in ambito locale, dell'Anci, dell'Upi,
delle organizzazioni di volontariato e di altri organismi locali particolarmente
interessati alle questioni da trattare. Art. 146. Norma finale 1. Le
disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri
enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e
province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed
ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli
circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti. 2. Il
Ministro dell'interno presenta al Parlamento una relazione semestrale
sull'attività svolta dalla gestione straordinaria dei singoli comuni. CAPO III - Controlli interni Art. 147. Tipologia dei controlli interni 1. Gli
enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa,
individuano strumenti e metodologie adeguati a: a)
garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la
legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa; b)
verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed
economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante
tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati; c)
valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; d)
valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani,
programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in
termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. 2. I
controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra
funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3,
comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni ed integrazioni. 4. Per
l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono
istituire uffici unici, mediante convenzione che ne regoli le modalità di
costituzione e di funzionamento. 5.
Nell'ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione, d'intesa
con le province, sono istituite apposite strutture di consulenza e supporto,
delle quali possono avvalersi gli enti locali per l'esercizio dei controlli
previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. Capo IV - Controlli esterni sulla gestione Art. 148. Controllo della Corte dei Conti 1. PARTE SECONDA - ORDINAMENTO FINANZIARIO E
CONTABILE TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI Art. 149. Principi generali in materia di
finanza propria e derivata 2. Ai
comuni e alle province la legge riconosce, nell'ambito della finanza pubblica,
autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite. 3. La
legge assicura, altresì, agli enti locali potestà impositiva autonoma nel
campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, con conseguente adeguamento
della legislazione tributaria vigente. A tal fine i comuni e le province in
forza dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e
successive modificazioni possono disciplinare con regolamento le proprie
entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e
definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota
massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione
degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le
disposizioni di legge vigenti. 4. La
finanza dei comuni e delle province è costituita da: a)
imposte proprie; b)
addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali; c) tasse
e diritti per servizi pubblici; d)
trasferimenti erariali; e)
trasferimenti regionali; f) altre
entrate proprie, anche di natura patrimoniale; g)
risorse per investimenti; h) altre
entrate. 5. I
trasferimenti erariali sono ripartiti in base a criteri obiettivi che tengano
conto della popolazione, del territorio e delle condizioni socio-economiche,
nonché in base ad una perequata distribuzione delle risorse che tenga conto
degli squilibri di fiscalità locale. 6. Lo
Stato assegna specifici contributi per fronteggiare situazioni eccezionali. 7. Le
entrate fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo
della comunità ed integrano la contribuzione erariale per l'erogazione dei
servizi pubblici indispensabili. 9. La
legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire ad investimenti
degli enti locali destinati alla realizzazione di opere pubbliche di preminente
interesse sociale ed economico. 10. La
legge determina un fondo nazionale speciale per finanziare con criteri
perequativi gli investimenti destinati alla realizzazione di opere pubbliche
unicamente in aree o per situazioni definite dalla legge statale. 12. Le
regioni concorrono al finanziamento degli enti locali per la realizzazione del
piano regionale di sviluppo e dei programmi di investimento, assicurando la
copertura finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite
o delegate. 13. Le
risorse spettanti a comuni e province per spese di investimento previste da
leggi settoriali dello Stato sono distribuite sulla base di programmi regionali.
Le regioni, inoltre, determinano con legge i finanziamenti per le funzioni da
esse attribuite agli enti locali in relazione al costo di gestione dei servizi
sulla base della programmazione regionale. Art. 150 3.
Restano salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e Bolzano. Art. 151 1. Gli
enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno
successivo, osservando i principi di unità, annualità, universalità ed
integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine può
essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita 2. Il
bilancio è corredato di una relazione previsionale e programmatica, di un
bilancio pluriennale di durata pari a quello della regione di appartenenza e
degli allegati previsti dall'articolo 172 o da altre norme di legge. 3. I
documenti di bilancio devono comunque essere redatti in modo da consentirne la
lettura per programmi, servizi ed interventi. 4. I
provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono
trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con
l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura
finanziaria. 5. I
risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità economica e
dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio e il conto del
patrimonio. 6. Al
rendiconto è allegata una relazione illustrativa della giunta che esprime le
valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati
conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. 7. Il
rendiconto è deliberato dall'organo consiliare entro il 30 giugno dell'anno
successivo. Art. 152 1. Con il
regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i principi contabili
stabiliti dal presente testo unico, con modalità organizzative corrispondenti
alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni
previste dall'ordinamento per assicurare l'unitarietà ed uniformità del
sistema finanziario e contabile. 2. Il
regolamento di contabilità assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei
risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per
l'esercizio di funzioni e servizi. 3. Il
regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle competenze
specifiche dei soggetti dell'amministrazione preposti alla programmazione,
adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere
finanziario e contabile, in armonia con le disposizioni del presente testo unico
e delle altre leggi vigenti. 4. I
regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della parte
seconda del presente testo unico, da considerarsi come principi generali con
valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le quali
non si applicano qualora il regolamento di contabilità dell'ente rechi una
differente disciplina : articoli
177 e 178; articoli
179, commi 2, (lettere b) c) e d), e 3, 180, commi da 1a 3, 181, commi 1 e 3,
182, 184, 185, commi da articoli
186, 191, comma 5, 197, 198; articoli
199, 202. comma 2, 203, 205, 207; articoli
da articoli
235, commi 2 e 3, 237, 238. Art. 153. Servizio economico-finanziario 1. Con il
regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi sono disciplinati
l'organizzazione del servizio finanziario, o di ragioneria o qualificazione
corrispondente, secondo le dimensioni demografiche e l'importanza
economico-finanziaria dell'ente. Al servizio è affidato il coordinamento e la
gestione dell'attività finanziaria. 2. E'
consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti per assicurare il
servizio a mezzo di strutture comuni . 3. Il
responsabile del servizio finanziario di cui all'articolo 151, comma 4, si
identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti preposti alle
eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilità. 4. Il
responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione
corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di
entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari
servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica
periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese. 5. Il
regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali vengono resi i
pareri di regolarità contabile sulle proposte di deliberazione ed apposto il
visto di regolarità contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il
responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura
della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli
stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di
realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto
dal regolamento di contabilità. 6. Il
regolamento di contabilità disciplina le segnalazioni obbligatorie dei fatti e
delle valutazioni del responsabile finanziario al legale rappresentante
dell'ente, al consiglio dell'ente nella persona del suo presidente, al
segretario ed all'organo di revisione ove si rilevi che la gestione delle
entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi di situazioni - non
compensabili da maggiori entrate o minori spese - tali da pregiudicare gli
equilibri del bilancio. In ogni caso la segnalazione è effettuata entro sette
giorni dalla conoscenza dei fatti. Il consiglio provvede al riequilibrio a norma
dell'articolo 193, entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, anche
su proposta della giunta. 7. Lo
stesso regolamento prevede l'istituzione di un servizio di economato, cui viene
preposto un responsabile, per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non
rilevante ammontare. Art. 154 1. E'
istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio sulla finanza e la
contabilità degli enti locali. 4. Il
presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero non superiore a
diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno con proprio decreto tra
funzionari dello Stato, o di altre pubbliche amministrazioni, professori e
ricercatori universitari ed esperti. L'Upi, l'Anci e l'Uncem designano ciascuna
un proprio rappresentante. L'Osservatorio dura in carica cinque anni. 5. Il
Ministro dell'interno può assegnare ulteriori funzioni nell'ambito delle
finalità generali del comma 2 ed emanare norme di funzionamento e di
organizzazione. 7. Ai
componenti dell'Osservatorio spettano il trattamento economico ed i rimborsi
spese previsti per i componenti della Commissione per la finanza e gli organici
degli enti locali. Art. 155 1. a)
controllo centrale, da esercitare prioritariamente in relazione alla verifica
della compatibilità finanziaria, sulle dotazioni organiche e sui provvedimenti
di assunzione di personale degli enti dissestati e degli enti strutturalmente
deficitari, ai sensi dell'articolo 243; b) parere
da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego
del piano di estinzione delle passività, ai sensi dell'articolo 256, comma 7; c)
proposta al Ministro dell'interno di misure straordinarie per il pagamento della
massa passiva in caso di insufficienza delle risorse disponibili, ai sensi
dell'articolo 256, comma 12; d) parere
da rendere in merito all'assunzione del mutuo con e) parere
da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego
dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, ai sensi dell'articolo 261; f)
proposta al Ministro dell'interno di adozione delle misure necessarie per il
risanamento dell'ente locale, a seguito del ricostituirsi di disavanzo di
amministrazione o insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con i
normali mezzi o mancato rispetto delle prescrizioni poste a carico dell'ente, ai
sensi dell'articolo 268; g) parere
da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di sostituzione di tutto o
parte dell'organo straordinario di liquidazione, ai sensi dell'articolo 254,
comma 8; h)
approvazione, previo esame, della rideterminazione della pianta organica
dell'ente locale dissestato, ai sensi dell'articolo 259, comma 7. 2. La
composizione e le modalità di funzionamento della Commissione sono disciplinate
con regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23
agosto 1988, n. 400. Art. 156 1. Ai
fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del
presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le
seguenti classi demografiche: a) comuni
con meno di 500 abitanti; b) comuni
da c) comuni
da d) comuni
da e) comuni
da f) comuni
da g) comuni
da h) comuni
da i) comuni
da l) comuni
da m) comuni
da n) comuni
da 500.000 abitanti ed oltre. 2. Le
disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti relative
all'attribuzione di contributi erariali di qualsiasi natura, nonché
all'inclusione nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984,
n. 720, alla disciplina del dissesto finanziario ed alla disciplina dei revisori
dei conti, che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non
diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata
alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i
dati dell'Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell'Uncem per
le comunità montane. Per le comunità montane e i comuni di nuova istituzione
si utilizza l'ultima popolazione disponibile. Art. 157 1. Ai
fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti locali rispettano le
disposizioni di cui agli articoli 25, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468,
e successive modificazioni ed integrazioni. Art. 158 1. Per
tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti
locali è dovuta la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante
entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura
del segretario e del responsabile del servizio finanziario. 2. Il
rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, documenta i
risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia dell'intervento. 3. Il
termine di cui al comma 1 è perentorio. La sua inosservanza comporta l'obbligo
di restituzione del contributo straordinario assegnato. 4. Ove il
contributo attenga ad un intervento realizzato in più esercizi finanziari
l'ente locale è tenuto al rendiconto per ciascun esercizio. Art. 159 1. Non
sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti
degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti
esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto
della procedura espropriativa. 2. Non
sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche
d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a : a)
pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri
previdenziali per i tre mesi successivi; b)
pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre
in corso; c)
espletamento dei servizi locali indispensabili. 3. Per
l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che
l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e
notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme
destinate alle suddette finalità. Le
procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non
determinano vincoli sulle somme né limitazioni all'attività del tesoriere. 5. I
provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle
procedure di cui all'articolo 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui
all'articolo 27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di
Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti
dell'attestazione di copertura finanziaria prevista dall'articolo 151, comma 4,
e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del
comma 2, quantificate ai sensi del comma 3. Art. 160 1. Con
regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.
400, sono approvati : a) i
modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi i quadri riepilogativi; b) il
sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili di entrata e di spesa; c) i
modelli relativi al bilancio pluriennale; d) i
modelli relativi al conto del tesoriere; e) i
modelli relativi al conto del bilancio ivi incluse la tabella dei parametri di
riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei
parametri gestionali; f) i
modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione; g) i
modelli relativi al conto del patrimonio; h) i
modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili di cui
all'articolo 227. 2. Con
regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.
400, è approvato lo schema relativo alla relazione previsionale e programmatica
previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome. Art. 161 1. Gli
enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati
del bilancio di previsione e del rendiconto. Le certificazioni sono firmate dal
segretario e dal responsabile del servizio finanziario. 2. Le
modalità per la struttura, la redazione e la presentazione delle certificazioni
sono stabilite tre mesi prima della scadenza di ciascun adempimento con decreto
del Ministro dell'interno d'intesa con l'Anci, con l'Upi e con l'Uncem, da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. 3. La
mancata presentazione di un certificato comporta la sospensione della seconda
rata del contributo ordinario dell'anno nel quale avviene l'inadempienza. 4. Il
Ministero dell'interno provvede a rendere disponibili i dati delle
certificazioni alle regioni, alle associazioni rappresentative degli enti
locali, alla Corte dei conti ed all'Istituto nazionale di statistica. TITOLO II - PROGRAMMAZIONE E BILANCI CAPO I - Programmazione Art. 162. Principi del bilancio 1. Gli
enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto
in termini di competenza, per l'anno successivo, osservando i principi di unità,
annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e
pubblicità. La situazione corrente, come definita al comma 6 del presente
articolo, non può presentare un disavanzo. 2. Il
totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le
eccezioni di legge. 4. Tutte
le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a
carico degli enti locali e di altre eventuali spese ad esse connesse. Parimenti
tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione
delle correlative entrate. La gestione finanziaria è unica come il relativo
bilancio di previsione : sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non
siano iscritte in bilancio. 5. Il
bilancio di previsione è redatto nel rispetto dei principi di veridicità ed
attendibilità, sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in
mancanza, da altri idonei parametri di riferimento. 6. Il
bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo.
Inoltre le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle
previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di
ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari non possono essere
complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli
dell'entrata e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le
eccezioni previste per legge. Per le comunità montane si fa riferimento ai
primi due titoli delle entrate. 7. Gli
enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui
all'articolo 8, la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del
bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalità previste dallo statuto e
dai regolamenti. Art. 163 1. Nelle
more dell'approvazione del bilancio di previsione da parte dell'organo regionale
di controllo, l'organo consiliare dell'ente delibera l'esercizio provvisorio,
per un periodo non superiore a due mesi, sulla base del bilancio già
deliberato. Gli enti locali possono effettuare, per ciascun intervento, spese in
misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel
bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla
legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. 2. Ove
non sia stato deliberato il bilancio di previsione, è consentita esclusivamente
una gestione provvisoria, nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa
dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria è
limitata all'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni
derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali
tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di
residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale,
limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni
patrimoniali certi e gravi all'ente. 3. Ove la
scadenza del termine per la deliberazione del bilancio di previsione sia stata
fissata da norme statali in un periodo successivo all'inizio dell'esercizio
finanziario di riferimento, l'esercizio provvisorio si intende automaticamente
autorizzato sino a tale termine e si applicano le modalità di gestione di cui
al comma 1, intendendosi come riferimento l'ultimo bilancio definitivamente
approvato. Art. 164 2. Il
bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio, costituendo limite
agli impegni di spesa, fatta eccezione per i servizi per conto di terzi. Art. 165 1. Il
bilancio di previsione annuale è composto da due parti, relative
rispettivamente all'entrata ed alla spesa. 2. La
parte entrata è ordinata gradualmente in titoli, categorie e risorse, in
relazione, rispettivamente, alla fonte di provenienza, alla tipologia ed alla
specifica individuazione dell'oggetto dell'entrata. 3. I
titoli dell'entrata per province, comuni, città metropolitane ed unioni di
comuni sono: Titolo I
- Entrate tributarie; Titolo II
- Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della
regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni
delegate dalla regione; Titolo
III - Entrate extratributarie; Titolo IV
- Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da
riscossioni di crediti; Titolo V
- Entrate derivanti da accensioni di prestiti; Titolo VI
- Entrate da servizi per conto di terzi. 4. I
titoli dell'entrata per le comunità montane sono : Titolo I
- Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della
regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni
delegate dalla regione; Titolo II
- Entrate extratributarie; Titolo
III - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da
riscossioni di crediti; Titolo IV
- Entrate derivanti da accensioni di prestiti; Titolo V
- Entrate da servizi per conto di terzi. 5. La
parte spesa è ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi,
in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati economici, alle funzioni
degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla
natura economica dei fattori produttivi nell'ambito di ciascun servizio. La
parte spesa è leggibile anche per programmi dei quali è fatta analitica
illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione
previsionale e programmatica. 6. I
titoli della spesa sono : Titolo I
- Spese correnti; Titolo II
- Spese in conto capitale; Titolo
III - Spese per rimborso di prestiti; Titolo IV
- Spese per servizi per conto di terzi. 7. Il
programma, il quale costituisce il complesso coordinato di attività, anche
normative, relative alle opere da realizzare e di interventi diretti ed
indiretti, non necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento di un fine
prestabilito, nel più vasto piano generale di sviluppo dell'ente, secondo le
indicazioni dell'articolo 151, può essere compreso all'interno di una sola
delle funzioni dell'ente, ma può anche estendersi a più funzioni. 10.
Ciascuna risorsa dell'entrata e ciascun intervento della spesa indicano : a)
l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti dal rendiconto del
penultimo anno precedente all'esercizio di riferimento e la previsione
aggiornata relativa all'esercizio in corso ; b)
l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese che si
prevede di impegnare nell'esercizio cui il bilancio si riferisce. 12. I
bilanci di previsione degli enti locali recepiscono, per quanto non contrasta
con la normativa del presente testo unico, le norme recate dalle leggi delle
rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese
relative a funzioni delegate, al fine di consentire la possibilità del
controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e
l'omogeneità delle classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione
degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione
regionali. Le entrate e le spese per le funzioni delegate dalle regioni non
possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di
previsione degli enti locali. 13. Il
bilancio di previsione si conclude con più quadri riepilogativi. 14. Con
il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al
bilancio di previsione, inclusi i quadri riepilogativi, il sistema di codifica
del bilancio ed il sistema di codifica dei titoli contabili di entrata e di
spesa, anche ai fini di cui all'articolo 157. Art. 166 1. Gli
enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione un fondo di riserva non
inferiore allo 0,30 e non superiore al 2 per cento del totale delle spese
correnti inizialmente previste in bilancio. 2. Il
fondo è utilizzato, con deliberazioni dell'organo esecutivo da comunicare
all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilità, nei
casi in cui si verifichino esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni
degli interventi di spesa corrente si rivelino insufficienti. Art. 167 1. Gli
enti locali iscrivono nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo
dell'ammortamento accantonato per i beni relativi, almeno per il trenta per
cento del valore calcolato secondo i criteri dell'articolo 229. Art. 168 1. Le
entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi, ivi compresi i fondi
economali, e che costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per
l'ente, sono ordinati esclusivamente in capitoli, secondo la partizione
contenuta nel regolamento di cui all'articolo 160. 2. Le previsioni e gli accertamenti
d'entrata conservano l'equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa. Art. 169 1. Sulla
base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo
esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio, il piano esecutivo di
gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi,
unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi. 2. Il
piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore graduazione delle risorse
dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in
capitoli. Art. 170 1. Gli
enti locali allegano al bilancio annuale di previsione una relazione
previsionale e programmatica che copra un periodo pari a quello del bilancio
pluriennale. 2. La
relazione previsionale e programmatica ha carattere generale. Illustra anzitutto
le caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell'economia
insediata e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e
tecnologiche. Comprende, per la parte entrata, una valutazione generale sui
mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando
l'andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli. 3. Per la
parte spesa la relazione è redatta per programmi e per eventuali progetti, con
espresso riferimento ai programmi indicati nel bilancio annuale e nel bilancio
pluriennale, rilevando l'entità e l'incidenza percentuale della previsione con
riferimento alla spesa corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di
investimento. 4. Per
ciascun programma è data specificazione della finalità che si intende
conseguire e delle risorse umane e strumentali ad esso destinate, distintamente
per ciascuno degli esercizi in cui si articola il programma stesso ed è data
specifica motivazione delle scelte adottate. 5. La
relazione previsionale e programmatica fornisce la motivata dimostrazione delle
variazioni intervenute rispetto all'esercizio precedente. 6. Per
gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione indica anche gli
obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in
termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio. 7. La
relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni
annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento
alla delibera di cui all'articolo 172, comma 1, lettera c), e relativi piani di
attuazione e con i piani economico-finanziari di cui all'articolo 201. 8. Con il
regolamento di cui all'articolo 160 è approvato lo schema di relazione, valido
per tutti gli enti, che contiene le indicazioni minime necessarie a fini del
consolidamento dei conti pubblici. 9. Nel
regolamento di contabilità sono previsti i casi di inammissibilità e di
improcedibilità per le deliberazioni di consiglio e di giunta che non sono
coerenti con le previsioni della relazione previsionale e programmatica. Art. 171 1. Gli
enti locali allegano al bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale
di competenza, di durata pari a quello della regione di appartenenza e comunque
non inferiore a tre anni, con osservanza dei principi del bilancio di cui
all'articolo 162, escluso il principio dell'annualità. 2. Il
bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede di
destinare per ciascuno degli anni considerati sia alla copertura di spese
correnti che al finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per
queste ultime, della capacità di ricorso alle fonti di finanziamento. 3. Il
bilancio pluriennale per la parte di spesa è redatto per programmi, titoli,
servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l'ammontare delle spese correnti
di gestione consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall'attuazione degli
investimenti, nonché le spese di investimento ad esso destinate, distintamente
per ognuno degli anni considerati. 4. Gli
stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il primo anno coincidono
con quelli del bilancio annuale di competenza, hanno carattere autorizzatorio,
costituendo limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede
di approvazione del bilancio di previsione. 5. Con il
regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al
bilancio pluriennale. Art. 172 1. Al
bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti : a) il
rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello cui si
riferisce il bilancio di previsione, quale documento necessario per il controllo
da parte del competente organo regionale; b) le
risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende
speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l'esercizio
di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il
bilancio si riferisce; c) la
deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione del bilancio,
con la quale i comuni verificano la quantità e qualità di aree e fabbricati da
destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie - ai sensi
delle leggi 18 aprile 1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865 e 5 agosto 1978, n.
457 - che potranno essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie; con
la stessa deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun
tipo di area o di fabbricato; d) il
programma triennale dei lavori pubblici di cui alla legge 11 febbraio 1994, n.
109; e) le
deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le
tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni
dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per
i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo
di gestione dei servizi stessi. f) la
tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà
strutturale prevista dalle disposizioni vigenti in materia. Art. 173 1. I
valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e nella relazione
previsionale e programmatica sono espressi con riferimento ai periodi ai quali
si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione programmato. CAPO II - Competenze in materia di bilanci Art. 174. Predisposizione ed approvazione
del bilancio e dei suoi allegati 1. Lo
schema di bilancio annuale di previsione, la relazione previsionale e
programmatica e lo schema di bilancio pluriennale sono predisposti dall'organo
esecutivo e da questo presentati all'organo consiliare unitamente agli allegati
ed alla relazione dell'organo di revisione. 2. Il
regolamento di contabilità dell'ente prevede per tali adempimenti un congruo
termine, nonché i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei
membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti
dall'organo esecutivo. 3. Il
bilancio annuale di previsione è deliberato dall'organo consiliare entro il
termine previsto dall'articolo 151. La relativa deliberazione ed i documenti ad
essa allegati sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo regionale di
controllo. 4. Il
termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo regionale di controllo,
previsto dall'articolo 134, decorre dal ricevimento. Art. 175 1. Il
bilancio di previsione può subire variazioni nel corso dell'esercizio di
competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che nella parte
seconda, relativa alle spese. 2. Le
variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare. 3. Le
variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di
ciascun anno. 4. Ai
sensi dell'articolo 42 le variazioni di bilancio possono essere adottate
dall'organo esecutivo in via d'urgenza, salvo ratifica, a pena di decadenza, da
parte dell'organo consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro
il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto
termine. 6. Per le
province, i comuni, le città metropolitane e le unioni di comuni sono vietati
prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate
iscritte nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli
interventi finanziati con le entrate dei primi tre titoli. Per le comunità
montane sono vietati i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati
con le entrate iscritte nei titoli terzo e quarto per aumentare gli stanziamenti
per gli interventi finanziati con le entrate dei primi due titoli. 7. Sono
vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto
di terzi in favore di altre parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di
somme tra residui e competenza. 8.
Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall'organo
consiliare dell'ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si attua la verifica
generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva,
al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio. 9. Le
variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all'articolo 169 sono di
competenza dell'organo esecutivo e possono essere adottate entro il 15 dicembre
di ciascun anno. Art. 176 1. I
prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza dell'organo esecutivo e
possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno. Art. 177 1. Il
responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene necessaria una modifica della
dotazione assegnata per sopravvenute esigenze successive all'adozione degli atti
di programmazione, propone la modifica con modalità definite dal regolamento di
contabilità. 2. La
mancata accettazione della proposta di modifica della dotazione deve essere
motivata dall'organo esecutivo. TITOLO III - GESTIONE DEL BILANCIO CAPO I - Entrate Art.178. Fasi dell'entrata 1. Le
fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento, la riscossione ed il
versamento. Art.179 a) per le
entrate di carattere tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di
altre forme stabilite per legge; b) per le
entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a
carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell'utenza,
a seguito di acquisizione diretta o di emissione di liste di carico; c) per le
entrate relative a partite compensative delle spese, in corrispondenza
dell'assunzione del relativo impegno di spesa; d) per le
altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti,
provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici. 3. Il
responsabile del procedimento con il quale viene accertata l'entrata trasmette
al responsabile del servizio finanziario l'idonea documentazione di cui al comma
2, ai fini dell'annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi
previsti dal regolamento di contabilità dell'ente. Art.180 1. La
riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell'entrata, che
consiste nel materiale introito da parte del tesoriere o di altri eventuali
incaricati della riscossione delle somme dovute all'ente. 2. La
riscossione è disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al
tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla convenzione di cui all'articolo
210. a)
l'indicazione del debitore; b)
l'ammontare della somma da riscuotere; c) la
causale; d) gli
eventuali vincoli di destinazione delle somme; e)
l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui è riferita
l'entrata, distintamente per residui o competenza; f) la
codifica; g) il
numero progressivo; h)
l'esercizio finanziario e la data di emissione. 4. Il
tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell'ente, la
riscossione di ogni somma, versata in favore dell'ente, anche senza la
preventiva emissione di ordinativo d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne dà
immediata comunicazione all'ente, richiedendo la regolarizzazione. Art. 181 1. Il
versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento
delle somme riscosse nelle casse dell'ente. 2. Gli
incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme
riscosse nei termini e nei modi fissati dalle disposizioni vigenti e da
eventuali accordi convenzionali, salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22
e seguenti del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. 3. Gli
incaricati interni, designati con provvedimento formale dell'amministrazione,
versano le somme riscosse presso la tesoreria dell'ente con cadenza stabilita
dal regolamento di contabilità. CAPO II - Spese Art. 182. Fasi della spesa 1. Le
fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione, l'ordinazione ed
il pagamento. Art. 183 2. Con
l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza la necessità di
ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese
dovute: a) per il
trattamento economico tabellare già attribuito al personale dipendente e per i
relativi oneri riflessi; b) per le
rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi di preammortamento ed
ulteriori oneri accessori; c) per le
spese dovute nell'esercizio in base a contratti o disposizioni di legge. 3.
Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure
in via di espletamento. I provvedimenti relativi per i quali entro il termine
dell'esercizio non è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i
terzi decadono e costituiscono economia della previsione di bilancio alla quale
erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di
amministrazione di cui all'articolo 186. Quando la prenotazione di impegno è
riferita a procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non
concluse entro tale termine, la prenotazione si tramuta in impegno e conservano
validità gli atti ed i provvedimenti relativi alla gara già adottati. 4.
Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute rispetto all'impegno
assunto, verificate con la conclusione della fase della liquidazione. 5. Le
spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate nei
seguenti modi : a) con
l'assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano impegnate in
corrispondenza e per l'ammontare del mutuo, contratto o già concesso, e del
relativo prefinanziamento accertato in entrata; b) con
quota dell'avanzo di amministrazione si considerano impegnate in corrispondenza
e per l'ammontare dell'avanzo di amministrazione accertato; c) con
l'emissione di prestiti obbligazionari si considerano impegnate in
corrispondenza e per l'ammontare del prestito sottoscritto; d) con
entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare
delle entrate accertate. Si
considerano, altresì, impegnati gli stanziamenti per spese correnti e per spese
di investimento correlati ad accertamenti di entrate aventi destinazione
vincolata per legge. 6.
Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi successivi, compresi nel
bilancio pluriennale, nel limite delle previsioni nello stesso comprese. 7. Per le
spese che per la loro particolare natura hanno durata superiore a quella del
bilancio pluriennale e per quelle determinate che iniziano dopo il periodo
considerato dal bilancio pluriennale si tiene conto nella formazione dei bilanci
seguenti degli impegni relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al
periodo successivo. 8. Gli
atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia al servizio finanziario
dell'ente, nel termine e con le modalità previste dal regolamento di contabilità. 9. Il
regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali i responsabili
dei servizi assumono atti di impegno. A tali atti, da definire
"determinazioni" e da classificarsi con sistemi di raccolta che
individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza, si applicano,
in via preventiva, le procedure di cui all'articolo 151, comma 4. Art. 184 1. La
liquidazione costituisce la successiva fase del procedimento di spesa attraverso
la quale, in base ai documenti ed ai titoli atti a comprovare il diritto
acquisito del creditore, si determina la somma certa e liquida da pagare nei
limiti dell'ammontare dell'impegno definitivo assunto. 2. La
liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di
spesa ed è disposta sulla base della documentazione necessaria a comprovare il
diritto del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità della
fornitura o della prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti
quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite. 4. Il
servizio finanziario effettua, secondo i principi e le procedure della
contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi, contabili e
fiscali sugli atti di liquidazione. Art. 185 2. Il
mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente individuato dal
regolamento di contabilità nel rispetto delle leggi vigenti e contiene almeno i
seguenti elementi : a) il
numero progressivo del mandato per esercizio finanziario; b) la
data di emissione; c)
l'intervento o il capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa
è allocata e la relativa disponibilità, distintamente per competenza o
residui; d) la
codifica; e)
l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto
tenuto a rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il relativo codice
fiscale o la partita IVA; f)
l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o
sia stata concordata con il creditore; g) la
causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima l'erogazione della
spesa; h) le
eventuali modalità agevolative di pagamento se richieste dal creditore; i) il
rispetto degli eventuali vincoli di destinazione. 3. Il
mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla sussistenza
dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che provvede altresì
alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere. 4. Il
tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme
iscritte a ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri obblighi di legge,
anche in assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento.
Entro quindici giorni e comunque entro il termine del mese in corso l'ente
locale emette il relativo mandato ai fini della regolarizzazione. CAPO III - Risultato di amministrazione e
residui Art. 186. Risultato contabile di
amministrazione 1. Il
risultato contabile di amministrazione è accertato con l'approvazione del
rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato
dei residui attivi e diminuito dei residui passivi. Art. 187 a) per il
reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove
l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un
importo pari alla differenza; b) per la
copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili a norma dell'articolo 194; c) per i
provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui
all'articolo 193 ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il
finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo
dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento; d) per il
finanziamento di spese di investimento. 3. Nel
corso dell'esercizio al bilancio di previsione può essere applicato, con
delibera di variazione, l'avanzo di amministrazione presunto derivante
dall'esercizio immediatamente precedente con la finalizzazione di cui alle
lettere a), b) e c) del comma 2. Per tali fondi l'attivazione delle spese può
avvenire solo dopo l'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio
precedente, con eccezione dei fondi, contenuti nell'avanzo, aventi specifica
destinazione e derivanti da accantonamenti effettuati con l'ultimo consuntivo
approvato, i quali possono essere immediatamente attivati. Art.188. Disavanzo di amministrazione Art. 189 1.
Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine
dell'esercizio. 2. Sono
mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per
le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore
della correlativa entrata. 3. Alla
chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi le somme derivanti da mutui
per i quali è intervenuta la concessione definitiva da parte della Cassa
depositi e prestiti o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del
contratto per i mutui concessi da altri Istituti di credito. 4. Le
somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate entro il termine
dell'esercizio costituiscono minori accertamenti rispetto alle previsioni e, a
tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione. Art. 190 1.
Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine
dell'esercizio. 2. E'
vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate ai sensi
dell'articolo 183. 3. Le
somme non impegnate entro il termine dell'esercizio costituiscono economia di
spesa e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della
gestione. CAPO IV - Principi di gestione e controllo
di gestione Art. 191. Regole per l'assunzione di
impegni e per l'effettuazione di spese 1. Gli
enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile
registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e
l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Il
responsabile del servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di spesa,
comunica al terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria,
contestualmente all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la
successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta
comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato,
in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino
a quando i dati non gli vengano comunicati. 2. Per le
spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione fatta a terzi contiene il
riferimento agli stessi regolamenti, all'intervento o capitolo di bilancio ed
all'impegno. 3. Per i
lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento
eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a
pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'anno
in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al
terzo interessato è data contestualmente alla regolarizzazione. 4. Nel
caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione
dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre,
ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi
dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e
l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura.
Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che
hanno reso possibili le singole prestazioni. 5. Agli
enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di
amministrazione ovvero indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono
stati validamente adottati i provvedimenti di cui all'articolo 193, è fatto
divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente
previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni
già assunti nei precedenti esercizi. Art. 192 1. La
stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del
responsabile del procedimento di spesa indicante: a) il
fine che con il contratto si intende perseguire; b)
l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali; c) le
modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia
di contratti delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base. Si
applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa della Unione
europea recepita o comunque vigente nell'ordinamento giuridico italiano. Art. 193 1. Gli
enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il
pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la
copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti,
secondo le norme contabili recate dal presente testo unico. 2. Con
periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e
comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l'organo
consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di
attuazione dei programmi. In tale sede l'organo consiliare dà atto del
permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento
negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli
eventuali debiti di cui all'articolo 194, per il ripiano dell'eventuale
disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i
dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di
amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza
ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il
pareggio. La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo. 3. Ai
fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due
successivi tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle
provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica
destinazione per legge, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni
patrimoniali disponibili. 4. La
mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti
dal presente articolo è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione
del bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con applicazione della
procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo. Art. 194 1. Con
deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa
periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali
riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da : a)
sentenze esecutive; b)
copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei
limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi,
purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui
all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; c)
ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da
norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi
pubblici locali; d)
procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità; e)
acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1,
2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza. 2. Per il
pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della
durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i
creditori. 3. Per il
finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a
norma dell'articolo 193, comma Art. 195 1. Gli
enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino
all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, possono disporre
l'utilizzo, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il
finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui
con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non
superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222. 3. Il
ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione, secondo le modalità
di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di
tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene
ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per
il pagamento di spese correnti. 4. Gli
enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio ai sensi
dell'articolo 193 possono, nelle more del perfezionamento di tali atti,
utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta
eccezione per i trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e del
ricavato dei mutui e dei prestiti, con obbligo di reintegrare le somme vincolate
con il ricavato delle alienazioni. Art. 196 1. Al
fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati, la corretta ed
economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento
della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli
enti locali applicano il controllo di gestione secondo le modalità stabilite
dal presente titolo, dai propri statuti e regolamenti di contabilità. 2. Il
controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di
attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l'analisi delle risorse
acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi
offerti, la funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia,
l'efficienza ed il livello di economicità nell'attività di realizzazione dei
predetti obiettivi. Art. 197 1. Il
controllo di gestione, di cui all'articolo 147, comma 1 lettera b), ha per
oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale delle province, dei
comuni, delle comunità montane, delle unioni dei comuni e delle città
metropolitane ed è svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di
contabilità dell'ente. 2. Il
controllo di gestione si articola almeno in tre fasi : a)
predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi; b)
rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei
risultati raggiunti; c)
valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di
verificare il loro stato di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza
ed il grado di economicità dell'azione intrapresa. 3. Il
controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di
costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i
mezzi finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati
qualitativi e quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i
ricavi. 4. La verifica dell'efficacia,
dell'efficienza e della economicità dell'azione amministrativa è svolta
rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile per unità
di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali
dei servizi degli enti locali di cui all'articolo 228, comma 7. Art. 198 1. La
struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di
gestione fornisce le conclusioni del predetto controllo agli amministratori ai
fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati ed ai
responsabili dei servizi affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari
per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili. TITOLO IV - INVESTIMENTI CAPO I - Principi generali Art. 199. Fonti di finanziamento 1. Per
l'attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare : a)
entrate correnti destinate per legge agli investimenti; b) avanzi
di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese
correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti; c)
entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni
di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni; d)
entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle regioni,
da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da
interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali; e) avanzo
di amministrazione, nelle forme disciplinate dall'articolo 187; f) mutui
passivi; g) altre
forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge. Art. 200 1. Per
tutti gli investimenti degli enti locali, comunque finanziati, l'organo
deliberante, nell'approvare il progetto od il piano esecutivo dell'investimento,
dà atto della copertura delle maggiori spese derivanti dallo stesso nel
bilancio pluriennale originario, eventualmente modificato dall'organo
consiliare, ed assume impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le
ulteriori o maggiori previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, delle
quali è redatto apposito elenco. Art. 201 1. Gli
enti locali e le aziende speciali sono autorizzate ad assumere mutui, anche se
assistiti da contributi dello Stato o delle regioni, per il finanziamento di
opere pubbliche destinate all'esercizio di servizi pubblici, soltanto se i
contratti di appalto sono realizzati sulla base di progetti "chiavi in
mano" ed a prezzo non modificabile in aumento, con procedura di evidenza
pubblica e con esclusione della trattativa privata. 2. Per le
nuove opere di cui al comma 1 il cui progetto generale comporti una spesa
superiore al miliardo di lire, gli enti di cui al comma 1 approvano un piano
economico-finanziario diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario
dell'investimento e della connessa gestione, anche in relazione agli introiti
previsti ed al fine della determinazione delle tariffe. 3. Il
piano economico-finanziario deve essere preventivamente assentito da una banca
scelta tra gli istituti indicati con decreto emanato dal Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica. 4. Le
tariffe dei servizi pubblici di cui al comma 1 sono determinati in base ai
seguenti criteri: a) la
corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura
dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico finanziario; b)
l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c)
l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli
investimenti e della qualità del servizio. CAPO II - Fonti di finanziamento mediante
indebitamento Art. 202. Ricorso all'indebitamento 1. Il
ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali è ammesso esclusivamente
nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli
investimenti. Può essere fatto ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei
debiti fuori bilancio di cui all'articolo 194 e per altre destinazioni di legge. 2. Le
relative entrate hanno destinazione vincolata. Art. 203 1. Il
ricorso all'indebitamento è possibile solo se sussistono le seguenti condizioni
: a)
avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno
precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di
indebitamento; b)
avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative
previsioni. 2. Ove
nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o
variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al
bilancio annuale, fermo restando l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1.
Contestualmente modifica il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e
programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la
copertura delle spese di gestione. Art. 204 1. Oltre
al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 2. I
contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti,
dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione
pubblica e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità,
essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni
: a)
l'ammortamento non può avere durata inferiore a dieci anni; b) la
decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al primo gennaio dell'anno
successivo a quello della stipula del contratto; a richiesta dell'ente
mutuatario, gli istituti di credito abilitati sono tenuti, anche in deroga ai
loro statuti, a far decorrere l'ammortamento dal primo gennaio del secondo anno
successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto; c) la
rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota
capitale e della quota interessi; d)
unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono
essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli
ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio
dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento
del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui
è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono
calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della
somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente
mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo; e) deve
essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove
necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto
dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le
norme vigenti; f) deve
essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui,
determinato periodicamente dal Ministro del tesoro, bilancio e programmazione
economica con proprio decreto. Art. 205. Attivazione di prestiti
obbligazionari 1. Gli
enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari nelle forme
consentite dalla legge. CAPO III - Garanzie per mutui e prestiti Art. 206. Delegazione di pagamento 1. Quale
garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti gli
enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate
afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale. Per le comunità montane il
riferimento va fatto ai primi due titoli dell'entrata. Art. 207 1. I
comuni, le province e le città metropolitane possono rilasciare a mezzo di
deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui
destinati ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento da parte di
aziende da essi dipendenti, da consorzi cui partecipano nonché dalle comunità
montane di cui fanno parte. 2. La
garanzia fideiussoria può essere inoltre rilasciata a favore della società di
capitali, costituite ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera e), per
l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui
all'articolo 116, comma 3. La
garanzia fideiussoria può essere rilasciata anche a favore di terzi per
l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione o alla ristrutturazione di
opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente
locale, purché siano sussistenti le seguenti condizioni: il
progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata una
convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilità di utilizzo
delle strutture in funzione delle esigenze della collettività locale; la
struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente al termine della
concessione; la
convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia
di questi alla realizzazione o ristrutturazione dell'opera. 4. Gli
interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento garantite con
fideiussione concorrono alla formazione del limite di cui al comma 1
dell'articolo 204 e non possono impegnare più di un quinto di tale limite. TITOLO V - TESORERIA CAPO I - Disposizioni generali Art. 208. Soggetti abilitati a svolgere il
servizio di tesoreria 1. Gli
enti locali hanno un servizio di tesoreria che può essere affidato: a) per i
comuni capoluoghi di provincia, le province, le città metropolitane, ad una
banca autorizzata a svolgere l'attività di cui all'articolo 10 del decreto
legislativo 1 settembre 1993, n. 385; b) per i
comuni non capoluoghi di provincia, le comunità montane e le unioni di comuni,
anche a società per azioni regolarmente costituite con capitale sociale
interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la
gestione del servizio di tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti
locali e che alla data del 25 febbraio 1995 risultavano in possesso del codice
rilasciato dalla Banca d'Italia per operare in tesoreria unica, a condizione che
abbiano adeguato entro il 10 marzo 2000 il capitale sociale a quello minimo
richiesto dalla normativa vigente per le banche di credito cooperativo; c) altri
soggetti abilitati per legge. Art. 209 1. Il
servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione
finanziaria dell'ente locale e finalizzate in particolare alla riscossione delle
entrate, al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli
adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti
dell'ente o da norme pattizie. 2. Il
tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel rispetto della legge 29
ottobre 1984, n. 720 e successive modificazioni. 3. Ogni
deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal
tesoriere. Art. 210 2. Il
rapporto viene regolato in base ad una convenzione deliberata dall'organo
consiliare dell'ente. Art. 211 1. Per
eventuali danni causati all'ente affidante o a terzi il tesoriere risponde con
tutte le proprie attività e con il proprio patrimonio. 2. Il
tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati
all'ente. Art. 212 1. I
soggetti di cui all'articolo 208 che gestiscono il servizio di tesoreria per
conto di più enti locali devono tenere contabilità distinte e separate per
ciascuno di essi. Art. 213 1.
Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano il servizio di
tesoreria viene gestito con metodologie e criteri informatici, con collegamento
diretto tra il servizio finanziario dell'ente ed il tesoriere, al fine di
consentire l'interscambio dei dati e della documentazione relativi alla gestione
del servizio. CAPO II - Riscossione delle entrate Art. 214. Operazioni di riscossione 1. Per
ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza, numerata in ordine
cronologico per esercizio finanziario. Art. 215. Procedure per la registrazione
delle entrate 1. Il
regolamento di contabilità dell'ente stabilisce le procedure per la fornitura
dei modelli e per la registrazione delle entrate; disciplina, altresì le
modalità per la comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite, nonché
la relativa prova documentale. CAPO III - Pagamento delle spese Art. 216. Condizioni di legittimità dei
pagamenti effettuati dal tesoriere 1. I
pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi entro i limiti
dei rispettivi interventi stanziati in bilancio o dei capitoli per i servizi per
conto di terzi. A tal fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio di
previsione approvato nonché tutte le delibere di variazione e di prelevamento
di quote del fondo di riserva debitamente esecutive. 2. Nessun
mandato di pagamento può essere estinto dal tesoriere se privo della codifica. 3. Il
tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto
residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro nell'elenco dei residui
sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario e consegnato al
tesoriere. Art. 217 Art. 218 1. Il
tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente sul mandato o su
documentazione meccanografica da consegnare all'ente, unitamente ai mandati
pagati, in allegato al proprio rendiconto. 2. Su
richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli estremi di qualsiasi
operazione di pagamento eseguita nonché la relativa prova documentale. Art. 219 1. I mandati interamente o parzialmente
non estinti alla data del 31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione in
assegni postali localizzati o con altri mezzi equipollenti offerti dal sistema
bancario o postale. Art. 220 CAPO IV - Altre attività Art. 221. Gestione di titoli e valori 1. I
titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal
tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro
rispettive scadenze. 2. Il
tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per
spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo
rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente
tutti gli estremi identificativi dell'operazione. 3. Il
regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i
prelievi e per le restituzioni. Art. 222 1. Il
tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta,
concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre
dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per
i comuni, le province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi
tre titoli di entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due
titoli. 2. Gli
interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo
delle somme con le modalità previste dalla convenzione di cui all'articolo 210. CAPO V Art. 223 2. Il
regolamento di contabilità può prevedere autonome verifiche di cassa da parte
dell'amministrazione dell'ente. Art. 224 1. Si
provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito del mutamento della persona
del sindaco, del presidente della provincia, del sindaco metropolitano e del
presidente della comunità montana. Alle operazioni di verifica intervengono gli
amministratori che cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonché il
segretario, il responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione
dell'ente. Art. 225 1. Il
tesoriere è tenuto, nel corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti: a)
aggiornamento e conservazione del giornale di cassa; b)
conservazione del verbale di verifica di cassa di cui agli articoli 223 e 224; c)
conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste dalla legge; 2. Le
modalità e la periodicità di trasmissione della documentazione di cui al comma
1 sono fissate nella convenzione. Art. 226 1. Entro
il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere,
ai sensi dell'articolo 93, rende all'ente locale il conto della propria gestione
di cassa il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della
Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione del rendiconto. 2. Il
conto del tesoriere è redatto su modello approvato col regolamento di cui
all'articolo 160. Il tesoriere allega al conto la seguente documentazione: a) gli
allegati di svolgimento per ogni singola risorsa di entrata, per ogni singolo
intervento di spesa nonché per ogni capitolo di entrata e di spesa per i
servizi per conto di terzi; b) gli
ordinativi di riscossione e di pagamento; c) la
parte delle quietanze originali rilasciate a fronte degli ordinativi di
riscossione e di pagamento o, in sostituzione, i documenti meccanografici
contenenti gli estremi delle medesime;. d)
eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti. TITOLO VI - RILEVAZIONE E DIMOSTRAZIONE
DEI RISULTATI DI GESTIONE Art. 227. Rendiconto della gestione 1. La
dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto, il quale
comprende il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio. 2. Il
rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno
dell'anno successivo, tenuto motivatamente conto della relazione dell'organo di
revisione. La proposta è messa a disposizione dei componenti dell'organo
consiliare prima dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il
rendiconto entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal
regolamento. Il rendiconto deliberato è inviato all'organo regionale di
controllo ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 133. 3. Per le
province, le città metropolitane, i comuni con popolazione superiore ad 8.000
abitanti e quelli i cui rendiconti si chiudono in disavanzo ovvero rechino la
indicazione di debiti fuori bilancio, il rendiconto è presentato alla Sezione
Enti locali della Corte dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del
decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 febbraio 1982, n. 51, e successive modifiche ed integrazioni. 4. Ai
fini del referto di cui all'articolo 3, commi 4 e 7, della legge 14 gennaio
1994, n. 20 e del consolidamento dei conti pubblici, 5. Sono
allegati al rendiconto: a) la
relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo 151, comma 6; b) la
relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo 239, comma 1, lettera d); c)
l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza. 6.
Qualora l'organizzazione degli enti locali lo consenta il rendiconto è
trasmesso alla Sezione enti locali anche attraverso strumenti informatici, con
modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione. Art. 228 1. Il
conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria
contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni. 2. Per
ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento della spesa, nonché per
ciascun capitolo dei servizi per conto di terzi, il conto del bilancio
comprende, distintamente per residui e competenza: a) per
l'entrata le somme accertate, con distinzione della parte riscossa e di quella
ancora da riscuotere; b) per la
spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora
da pagare. 3. Prima
dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l'ente
locale provvede all'operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella
revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui. 4. Il
conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di
gestione e con quello contabile di amministrazione, in termini di avanzo,
pareggio o disavanzo. 5. Al
conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri di riscontro della
situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali
con andamento triennale. Le tabelle sono altresì allegate al certificato del
rendiconto. 6.
Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti indicazioni uniformi
possono essere individuati dal regolamento di contabilità dell'ente locale. 7. Il
Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con rilevazione
dell'andamento triennale a livello di aggregati, sui parametri gestionali dei
servizi degli enti locali indicati nella apposita tabella di cui al comma 5. I
parametri a livello aggregato risultanti dal rapporto sono resi disponibili
mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. 8. I
modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al comma 5 sono
approvati con il regolamento di cui all'articolo 160. Art. 229 1. Il
conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi dell'attività
dell'ente secondo criteri di competenza economica. Comprende gli accertamenti e
gli impegni del conto del bilancio, rettificati al fine di costituire la
dimensione finanziaria dei valori economici riferiti alla gestione di
competenza, le insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei
residui e gli elementi economici non rilevati nel conto del bilancio. 2. Il
conto economico è redatto secondo uno schema a struttura scalare, con le voci
classificate secondo la loro natura e con la rilevazione di risultati parziali e
del risultato economico finale. 3.
Costituiscono componenti positivi del conto economico i tributi, i trasferimenti
correnti, i proventi dei servizi pubblici, i proventi derivanti dalla gestione
del patrimonio, i proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le
sopravvenienze attive e le plusvalenze da alienazioni. E' espresso, ai fini del
pareggio, il risultato economico negativo. 4. Gli
accertamenti finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la
dimensione finanziaria di componenti economici positivi, rilevando i seguenti
elementi: a) i
risconti passivi ed i ratei attivi; b) le
variazioni in aumento o in diminuzione delle rimanenze; c) i
costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti per la produzione in economia
di valori da porre, dal punto di vista economico, a carico di diversi esercizi; d) le
quote di ricavi già inserite nei risconti passivi di anni precedenti; e) le
quote di ricavi pluriennali pari agli accertamenti degli introiti vincolati; f)
imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime di impresa. 5.
Costituiscono componenti negativi del conto economico l'acquisto di materie
prime e dei beni di consumo, la prestazione di servizi, l'utilizzo di beni di
terzi, le spese di personale, i trasferimenti a terzi, gli interessi passivi e
gli oneri finanziari diversi, le imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli
oneri straordinari compresa la svalutazione di crediti, le minusvalenze da
alienazioni, gli ammortamenti e le insussistenze dell'attivo come i minori
crediti e i minori residui attivi. E' espresso, ai fini del pareggio, il
risultato economico positivo. 6. Gli
impegni finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la
dimensione finanziaria di componenti economici negativi, rilevando i seguenti
elementi : a) i
costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei passivi; b) le
variazioni in aumento od in diminuzione delle rimanenze; c) le
quote di costo già inserite nei risconti attivi degli anni precedenti; d) le
quote di ammortamento di beni a valenza pluriennale e di costi capitalizzati; e)
l'imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime d'impresa. 7. Gli
ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati con i seguenti
coefficienti : a)
edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione straordinaria al 3%; b)
strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%; c)
macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri beni mobili al 15%; d)
attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%; e)
automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al 20%; f) altri
beni al 20%. 8. Il
regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti economici di
dettaglio per servizi o per centri di costo. 9. Al
conto economico è accluso un prospetto di conciliazione che, partendo dai dati
finanziari della gestione corrente del conto del bilancio, con l'aggiunta di
elementi economici, raggiunge il risultato finale economico. I valori della
gestione non corrente vanno riferiti al patrimonio. 10. I
modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione sono
approvati con il regolamento di cui all'articolo 160. Art. 230 1. Il
conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume
la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le
variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza
iniziale. 2. Il
patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti
giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente, suscettibili di
valutazione ed attraverso la cui rappresentazione contabile ed il relativo
risultato finale differenziale è determinata la consistenza netta della
dotazione patrimoniale. 3. Gli
enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica
distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle
disposizioni del codice civile. 4. Gli
enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle
relative manutenzioni straordinarie, come segue : a) i beni
demaniali già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati in misura pari all'ammontare
del residuo debito dei mutui ancora in estinzione per lo stesso titolo; i beni
demaniali acquisiti all'ente successivamente sono valutati al costo; b) i
terreni già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo 25 febbraio 1995, n.77, sono valutati al valore catastale,
rivalutato secondo le norme fiscali; per i terreni già acquisiti all'ente ai
quali non è possibile attribuire la rendita catastale la valutazione si
effettua con le modalità dei beni demaniali già acquisiti all'ente; i terreni
acquisiti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo
25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al costo; c) i
fabbricati già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo 25 febbraio 1995, n.77, sono valutati al valore catastale,
rivalutato secondo le norme fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente sono
valutati al costo; d) i
mobili sono valutati al costo; e) i
crediti sono valutati al valore nominale; f) i
censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla capitalizzazione della
rendita al tasso legale; g) le
rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo le norme del codice
civile; h) i
debiti sono valutati secondo il valore residuo. 5. Gli
enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita voce i crediti
inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini
di prescrizione. 6. Il
regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto
consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività interne e esterne.
Può anche prevedere conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli
amministratori. 7. Gli
enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari. 8. Il
regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non
inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico
valore. 9. I
modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati con il regolamento di
cui all'articolo 160. Art. 231. Relazione al rendiconto della
gestione 1. Nella
relazione prescritta dall'articolo 151, comma Art. 232. Contabilità economica 1. Gli
enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto della gestione,
adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie
esigenze. Art. 233. Conti degli agenti contabili
interni 1. Entro
il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, l'economo, il
consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui all'articolo 93, comma 2,
rendono il conto della propria gestione all'ente locale il quale lo trasmette
alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni
dall'approvazione del rendiconto. 2. Gli
agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al conto, per quanto di
rispettiva competenza : a) il
provvedimento di legittimazione del contabile alla gestione; 3.
Qualora l'organizzazione dell'ente locale lo consenta i conti e le informazioni
relative agli allegati di cui ai precedenti commi sono trasmessi anche
attraverso strumenti informatici, con modalità da definire attraverso appositi
protocolli di comunicazione. 4. I
conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato con il regolamento
previsto dall'articolo 160. TITOLO VII - REVISIONE
ECONOMICO-FINANZIARIA Art. 234. Organo di revisione
economico-finanziario 1. I
consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto
limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri. 2. I
componenti del collegio dei revisori sono scelti: a)
uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le
funzioni di presidente del collegio; 3. Nei
comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e
nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un
solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di
comuni o dall'assemblea della comunità montana a maggioranza assoluta dei
membri e scelto tra i soggetti di cui al comma 2. 4. Gli
enti locali comunicano ai propri tesorieri i nominativi dei soggetti cui è
affidato l'incarico entro 20 giorni dall'avvenuta esecutività della delibera di
nomina. Art. 235. Durata dell'incarico e cause di
cessazione 2. Il
revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata
presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del
rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d). 3. Il
revisore cessa dall'incarico per: a)
scadenza del mandato; Art. 236. Incompatibilità ed
ineleggibilità dei revisori 1.
Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma
dell'articolo 2399 del codice civile, intendendosi per amministratori i
componenti dell'organo esecutivo dell'ente locale. 3. I
componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o
consulenze presso l'ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o
comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso. Art. 237. Funzionamento del collegio dei
revisori 1. Il
collegio dei revisori è validamente costituito anche nel caso in cui siano
presenti solo due componenti. 2. Il
collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche,
determinazioni e decisioni adottate. Art. 238. Limiti all'affidamento di
incarichi 1. Salvo
diversa disposizione del regolamento di contabilità dell'ente locale, ciascun
revisore non può assumere complessivamente più di otto incarichi, tra i quali
non più di quattro incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti, non più di tre in comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i
99.999 abitanti e non più di uno in comune con popolazione pari o superiore a
100.000 abitanti. Le province sono equiparate ai comuni con popolazione pari o
superiore a 100.000 abitanti e le comunità montane ai comuni con popolazione
inferiore a 5.000 abitanti. Art. 239. Funzioni dell'organo di
revisione a)
attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni
dello statuto e del regolamento; 2. Al
fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui al precedente comma,
l'organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e documenti dell'ente e può
partecipare all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione del bilancio
di previsione e del rendiconto di gestione. Può altresì partecipare alle altre
assemblee dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente, alle
riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione alle predette
assemblee all'organo di revisione sono comunicati i relativi ordini del giorno.
Inoltre all'organo di revisione sono trasmessi: a)
da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni di annullamento nei
confronti delle delibere adottate dagli organi degli enti locali; 5. I
singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire
ispezioni e controlli individuali. 6. Lo
statuto dell'ente locale può prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai
revisori. Art. 240. Responsabilità dell'organo di
revisione 1. I
revisori rispondono della veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai
loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la
riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro
ufficio. Art. 241. Compenso dei revisori 1. Con
decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del tesoro del
bilancio e della programmazione economica vengono fissati i limiti massimi del
compenso base spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente. Il compenso
base è determinato in relazione alla classe demografica ed alle spese di
funzionamento e di investimento dell'ente locale. 2. Il
compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale fino al limite
massimo del 20 per cento in relazione alle ulteriori funzioni assegnate rispetto
a quelle indicate nell'articolo 239. 3. Il
compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale quando i
revisori esercitano le proprie funzioni anche nei confronti delle istituzioni
dell'ente sino al 10 per cento per ogni istituzione e per un massimo complessivo
non superiore al 30 per cento. 4. Quando
la funzione di revisione economico-finanziaria è esercitata dal collegio dei
revisori il compenso determinato ai sensi dei commi 1, 2 e 3 è aumentato per il
presidente del collegio stesso del 50 per cento. 5. Per la
determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante al revisore della
comunità montana ed al revisore dell'unione di comuni si fa riferimento, per
quanto attiene alla classe demografica, rispettivamente, al comune totalmente
montano più popoloso facente parte della comunità stessa ed al comune più
popoloso facente parte dell'unione 6. Per la
determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante ai revisori della
città metropolitana si fa riferimento, per quanto attiene alla classe
demografica, al comune capoluogo. TITOLO VIII - ENTI LOCALI DEFICITARI O
DISSESTATI CAPO I - Enti locali deficitari:
disposizioni generali Art. 242. Individuazione degli enti locali
strutturalmente deficitari e relativi controlli 1. Sono
da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che
presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da
una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione,
contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori
deficitari. Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione del
penultimo esercizio precedente quello di riferimento. 2. Con
decreto del Ministro dell'interno, sentita 3. Le
norme di cui al presente capo si applicano a comuni, province e comunità
montane. Art. 243. Controlli per gli enti locali
strutturalmente deficitari, enti locali dissestati ed altri enti 1. Gli
enti locali strutturalmente deficitari, individuati ai sensi dell'articolo 242,
sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni
di personale da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti
locali. Il controllo è esercitato prioritariamente in relazione alla verifica
sulla compatibilità finanziaria. 2. Gli
enti locali strutturalmente deficitari sono soggetti ai controlli centrali in
materia di copertura del costo di alcuni servizi. Tali controlli verificano
mediante un'apposita certificazione che: a)
il costo complessivo della gestione dei servizi a domanda individuale, riferito
ai dati della competenza, sia stato coperto con i relativi proventi tariffari e
contributi finalizzati in misura non inferiore al 36 per cento; a tale fine i
costi di gestione degli asili nido sono calcolati al 50 per cento del loro
ammontare; 3. I
costi complessivi di gestione dei servizi di cui al comma 2, lettere a) e b),
devono comunque comprendere gli oneri diretti e indiretti di personale, le spese
per l'acquisto di beni e servizi, le spese per i trasferimenti e per gli oneri
di ammortamento degli impianti e delle attrezzature. Per le quote di
ammortamento si applicano i coefficienti indicati nel decreto del Ministro delle
finanze in data 31 dicembre 1988 e successive modifiche o integrazioni. I
coefficienti si assumono ridotti del 50 per cento per i beni ammortizzabili
acquisiti nell'anno di riferimento. Nei casi in cui detti servizi sono forniti
da organismi di gestione degli enti locali, nei costi complessivi di gestione
sono considerati gli oneri finanziari dovuti agli enti proprietari di cui
all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n.
902, da versare dagli organismi di gestione agli enti proprietari entro
l'esercizio successivo a quello della riscossione delle tariffe e della
erogazione in conto esercizio. I costi complessivi di gestione del servizio di
cui al comma 2, lettera c), sono rilevati secondo le disposizioni vigenti in
materia. 4. Con
decreto del Ministro dell'interno, sentita 5. Agli
enti locali strutturalmente deficitari che, pur essendo a ciò tenuti, non
rispettano i livelli minimi di copertura dei costi di gestione di cui al comma
2, è applicata una sanzione pari alla perdita dell'1 per cento del contributo
ordinario spettante per l'anno per il quale si è verificata l'inadempienza,
mediante trattenuta in unica soluzione sui trasferimenti erariali spettanti per
gli anni successivi. 6. Sono
soggetti, in via provvisoria, ai controlli centrali di cui al comma 2: a)
gli enti locali che non presentano il certificato del rendiconto con l'annessa
tabella di cui al comma 1 dell'articolo 242, sino all'avvenuta presentazione
della stessa; 7. Gli
enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario sono soggetti,
per la durata del risanamento, ai controlli di cui al comma 1, sono tenuti alla
presentazione della certificazione di cui al comma 2 e sono tenuti per i servizi
a domanda individuale al rispetto, per il medesimo periodo, del livello minimo
di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, lettera a). CAPO II - Enti locali dissestati:
disposizioni generali Art. 244. Dissesto finanziario 1. Si ha
stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle
funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente
locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente
fronte con le modalità di cui all'articolo 193, nonché con le modalità di cui
all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste. 2. Le
norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province
e comuni. Art. 245. Soggetti della procedura di
risanamento 1.
Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario di
liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente. 3. Gli
organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della
gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il
dissesto. Art. 246. Deliberazione di dissesto 1. La
deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto
finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale nelle ipotesi di cui
all'articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La
deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata
una dettagliata relazione dell'organo di revisione economico finanziaria che
analizza le cause che hanno provocato il dissesto. 2. La
deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di
esecutività, al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso 4. Se,
per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di
dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto
continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario,
intendendosi operanti per l'ente locale i divieti e gli obblighi previsti
dall'articolo 191, comma 5. Le
disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto sulla base della
dettagliata relazione dell'organo di revisione di cui al comma 1 ed ai
conseguenti oneri di trasmissione di cui al comma 2 si applicano solo ai
dissesti finanziari deliberati a decorrere dal 25 ottobre 1997. Art. 247. Omissione della deliberazione di
dissesto 1. Ove
dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da
altra fonte l'organo regionale di controllo venga a conoscenza dell'eventuale
condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione
all'organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di
trenta giorni. 2. Ove
sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto l'organo regionale di controllo
assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine,
non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto. 3.
Decorso infruttuosamente tale termine l'organo regionale di controllo nomina un
commissario ad acta per la deliberazione dello stato di dissesto. 4. Del
provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la
procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente, ai sensi dell'articolo
141. Art. 248. Conseguenze della dichiarazione
di dissesto 2. Dalla
data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di
cui all'articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive
nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo
straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della
dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione
giudiziale da parte dell'ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata,
sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice con inserimento nella massa
passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese. 3. I
pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di
dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle
somme per i fini dell'ente e le finalità di legge. 4. Dalla
data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di
cui all'articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per
anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono
soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei
confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di
liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità. 5. Fermo
restando quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, gli
amministratori che Art. 249. Limiti alla contrazione di nuovi
mutui 1. Dalla
data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione del decreto di cui
all'articolo 261, comma 3, gli enti locali non possono contrarre nuovi mutui,
con eccezione dei mutui previsti dall'articolo 255 e dei mutui con oneri a
totale carico dello Stato o delle regioni. Art. 250. Gestione del bilancio durante la
procedura di risanamento 1. Dalla
data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla data di approvazione
dell'ipotesi di bilancio riequilibrato di cui all'articolo 2. Per le
spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali
indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo bilancio approvato mancano del tutto
gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti, il
consiglio o la giunta con i poteri del primo, salvo ratifica, individua con
deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel
dettaglio le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti
nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base
di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le
deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo, sono
notificate al tesoriere. Art. 251. Attivazione delle entrate
proprie 1. Nella
prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta
giorni dalla data di esecutività della delibera, il consiglio dell'ente, o il
commissario nominato ai sensi dell'articolo 247, comma 3, è tenuto a deliberare
per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla
tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di
base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti
dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e
professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto. 2. La
delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da
quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso di mancata adozione della
delibera nei termini predetti l'organo regionale di controllo procede a norma
dell'articolo 136. 3. Per le
imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del
dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta competente ai sensi della
legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la
prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella
misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni
necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello
dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. 4. Resta
fermo il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le
modalità, i termini ed i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le
maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e
tasse di cui ai commi 1 e 3, nonché di deliberare la maggiore aliquota
dell'imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di
bilancio. 5. Per il
periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio
riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti
che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che
assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del
servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare
le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i
servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con
proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista
dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere, per la loro
efficacia e per la individuazione dell'organo competente si applicano le norme
ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è
fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto. 6. Le
delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate alla Commissione per
la finanza e gli organici degli enti locali presso il Ministero dell'interno
entro 30 giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle
disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali. CAPO III - Attività dell'organo
straordinario di liquidazione Art. 252. Composizione, nomina e
attribuzioni 1. Per i
comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti l'organo straordinario di
liquidazione è composto da un singolo commissario; per i comuni con popolazione
superiore ai 5.000 abitanti e per le province l'organo straordinario di
liquidazione è composto da una commissione di tre membri. Il commissario
straordinario di liquidazione, per i comuni sino a 5.000 abitanti, o i
componenti della commissione straordinaria di liquidazione, per i comuni con
popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le province, sono nominati fra
magistrati a riposo della Corte dei Conti, della magistratura ordinaria, del
Consiglio di Stato, fra funzionari dotati di un'idonea esperienza nel campo
finanziario e contabile in servizio o in quiescenza degli uffici centrali o
periferici del Ministero dell'interno, del Ministero del tesoro del bilancio e
della programmazione economica, del Ministero delle finanze e di altre
amministrazioni dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri comunali e
provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza, fra gli iscritti nel
registro dei revisori contabili, gli iscritti nell'albo dei dottori
commercialisti e gli iscritti nell'albo dei ragionieri. La commissione
straordinaria di liquidazione è presieduta, se presente, dal magistrato a
riposo della Corte dei Conti o della magistratura ordinaria o del Consiglio di
Stato. Diversamente la stessa provvede ad eleggere nel suo seno il presidente.
La commissione straordinaria di liquidazione delibera a maggioranza dei suoi
componenti. 2. La
nomina dell'organo straordinario di liquidazione è disposta con decreto del
Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno.
L'insediamento presso l'ente avviene entro 5 giorni dalla notifica del
provvedimento di nomina. 3. Per i
componenti dell'organo straordinario di liquidazione valgono le incompatibilità
di cui all'articolo 236. a)
rilevazione della massa passiva; Art. 253. Poteri organizzatori Art. 254. Rilevazione della massa passiva 2. Ai
fini della formazione del piano di rilevazione, l'organo straordinario di
liquidazione entro 10 giorni dalla data dell'insediamento, dà avviso, mediante
affissione all'albo pretorio ed anche a mezzo stampa, dell'avvio della procedura
di rilevazione delle passività dell'ente locale. Con l'avviso l'organo
straordinario di liquidazione invita chiunque ritenga di averne diritto a
presentare, entro un termine perentorio di sessanta giorni prorogabile per una
sola volta di ulteriori trenta giorni con provvedimento motivato del predetto
organo, la domanda in carta libera, corredata da idonea documentazione, atta a
dimostrare la sussistenza del debito dell'ente, il relativo importo ed eventuali
cause di prelazione, per l'inserimento nel piano di rilevazione. 3. Nel
piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi : a) i
debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all'articolo 194 verificatisi entro
il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio
riequilibrato; 5.
Sull'inserimento nel piano di rilevazione delle domande di cui al comma 2 e
delle posizioni debitorie di cui al comma 3 decide l'organo straordinario di
liquidazione con provvedimento da notificare agli istanti al momento
dell'approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto degli elementi di
prova del debito desunti dalla documentazione prodotta dal terzo creditore, da
altri atti e dall'eventuale attestazione di cui al comma 4. 6.
Avverso i provvedimenti di diniego di inserimento nel piano di rilevazione per
insussistenza, totale o parziale, del debito od avverso il mancato
riconoscimento di cause di prelazione è ammesso ricorso in carta libera, entro
il termine di 30 giorni dalla notifica, al Ministero dell'interno. Il Ministero
dell'interno si pronuncia sui ricorsi entro 60 giorni dal ricevimento decidendo
allo stato degli atti. La decorrenza del termine per la decisione vale quale
rigetto del ricorso. Art. 255. Acquisizione e gestione dei
mezzi finanziari per il risanamento 1.
Nell'ambito dei compiti di cui all'articolo 252, comma 4, lettera b), l'organo
straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa attiva,
costituita dal contributo dello Stato di cui al presente articolo, da residui da
riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da
altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del
patrimonio disponibile. 2. Per il
risanamento dell'ente locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo,
assunto dall'organo straordinario di liquidazione, in nome e per conto
dell'ente, in unica soluzione con 4. Detto
contributo è pari a cinque volte un importo composto da una quota fissa, solo
per taluni enti, ed una quota per abitante, spettante ad ogni ente. La quota
fissa spetta ai comuni con popolazione sino a 999 abitanti per lire 13.000.000,
ai comuni con popolazione da 5. Il
fondo costituito ai sensi del comma 4 è finalizzato agli interventi a favore
degli enti locali in stato di dissesto finanziario. Le eventuali disponibilità
residue del fondo, rinvenienti dall'utilizzazione dei contributi erariali per un
importo inferiore ai limiti massimi indicati nel comma 4, possono essere
destinate su richiesta motivata dell'organo consiliare e dell'organo
straordinario di liquidazione dell'ente locale, secondo parametri e modalità
definiti con decreto del Ministro dell'interno, all'assunzione di mutui
integrativi per necessità emerse nel corso della procedura di liquidazione e
pagamento della massa passiva di cui all'articolo 256, nonché nei casi di cui
al comma 12 del medesimo articolo 256. Il mutuo, da assumere con 6. Per
l'assunzione del mutuo concesso ai sensi del presente articolo agli enti locali
in stato di dissesto finanziario per il ripiano delle posizioni debitorie non si
applica il limite all'assunzione dei mutui di cui all'articolo 204, comma 1. 7.
Secondo le disposizioni vigenti il fondo per lo sviluppo degli investimenti, di
cui all'articolo 28, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 504, sul quale sono imputati gli oneri per la concessione dei nuovi
mutui agli enti locali dissestati, può essere integrato, con le modalità di
cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni ed integrazioni, in considerazione delle eventuali
procedure di risanamento attivate rispetto a quelle già definite. 9. Ove
necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a
disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi
derivanti da alienazioni di beni, l'organo straordinario di liquidazione procede
alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini
dell'ente, avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali beni.
Ai fini dell'alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a
società di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni recate dall'articolo 3 del
decreto legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni ed integrazioni,
intendendosi attribuite all'organo straordinario di liquidazione le facoltà ivi
disciplinate. L'ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni
patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie
liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio
carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto
con 10. Non
compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui
attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata ed ai mutui passivi già
attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese. 11. Per
il finanziamento delle passività l'ente locale può destinare quota dell'avanzo
di amministrazione non vincolato. 12. Nei
confronti della massa attiva determinata ai sensi del presente articolo non sono
ammessi sequestri o procedure esecutive. Le procedure esecutive eventualmente
intraprese non determinano vincoli sulle somme. Art. 256. Liquidazione e pagamento della
massa passiva 1. Il
piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutività con il deposito
presso il Ministero dell'interno, cui provvede l'organo straordinario di
liquidazione entro 5 giorni dall'approvazione di cui all'articolo 254, comma 1.
Al piano è allegato l'elenco delle passività non inserite nel piano, corredato
dai provvedimenti di diniego e dalla documentazione relativa. 2.
Unitamente al deposito l'organo straordinario di liquidazione chiede
l'autorizzazione al perfezionamento del mutuo di cui all'articolo 255 nella
misura necessaria per il finanziamento delle passività risultanti dal piano di
rilevazione e dall'elenco delle passività non inserite, e comunque entro i
limiti massimi stabiliti dall'articolo 255. 3. Il
Ministero dell'interno, accertata la regolarità del deposito, autorizza
l'erogazione del mutuo da parte della Cassa depositi e prestiti. 4. Entro
30 giorni dall'erogazione del mutuo l'organo straordinario della liquidazione
deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte
le passività inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l'entità
dell'acconto l'organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le
pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti
sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività
inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l'organo straordinario di
liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti
e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva
disponibile gli importi degli accantonamenti non più necessari, su segnalazione
del Ministero dell'interno, per scadenza dei termini di impugnativa del
provvedimento di diniego di ammissione al passivo o per definitività della
pronuncia sui ricorsi proposti ai sensi dell'articolo 254, comma 6. 5.
Successivamente all'erogazione del primo acconto l'organo straordinario della
liquidazione può disporre ulteriori acconti per le passività già inserite nel
piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente, utilizzando le
disponibilità nuove e residue, ivi compresa l'eventuale quota di mutuo a carico
dello Stato ancora disponibile, previa autorizzazione del Ministero
dell'interno, in quanto non richiesta ai sensi del comma 2. Nel caso di
pagamento definitivo in misura parziale dei debiti l'ente locale è autorizzato
ad assumere un mutuo a proprio carico con 7. Il
piano di estinzione è sottoposto all'approvazione, entro 120 giorni dal
deposito, del Ministro dell'interno, il quale valuta la correttezza della
formazione della massa passiva e la correttezza e validità delle scelte
nell'acquisizione di risorse proprie. Il Ministro dell'interno si avvale del
parere consultivo da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli
enti locali, la quale può formulare rilievi e richieste istruttorie cui
l'organo straordinario di liquidazione è tenuto a rispondere entro sessanta
giorni dalla comunicazione. In tale ipotesi il termine per l'approvazione del
piano, di cui al presente comma, è sospeso. 8. Il
decreto di approvazione del piano di estinzione da parte del Ministro
dell'interno è notificato all'ente locale ed all'organo straordinario di
liquidazione per il tramite della prefettura. 10. Con
l'eventuale decreto di diniego dell'approvazione del piano il Ministro
dell'interno prescrive all'organo straordinario di liquidazione di presentare,
entro l'ulteriore termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica
del provvedimento, un nuovo piano di estinzione che tenga conto delle
prescrizioni contenute nel provvedimento. 11. Entro
il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle operazioni di pagamento,
l'organo straordinario della liquidazione è tenuto ad approvare il rendiconto
della gestione ed a trasmetterlo all'organo regionale di controllo ed all'organo
di revisione contabile dell'ente, il quale è competente sul riscontro della
liquidazione e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva
liquidazione. 12. Nel
caso in cui l'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è
tale da compromettere il risanamento dell'ente, il Ministro dell'interno, su
proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, può
stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva
della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a
carico dello Stato. Art. 257. Debiti non ammessi alla
liquidazione 2. Il
consiglio dell'ente individua con propria delibera, da adottare entro 60 giorni
dalla notifica del decreto di cui all'articolo 256, comma 8, i soggetti ritenuti
responsabili di debiti esclusi dalla liquidazione, dandone contestuale
comunicazione ai soggetti medesimi ed ai relativi creditori. 3 Se il
consiglio non provvede nei termini di cui al comma 2 si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 136. Art. 258. Modalità semplificate di
accertamento e liquidazione dei debiti 5. Si
applicano, per il seguito della procedura, le disposizioni degli articoli
precedenti, fatta eccezione per quelle concernenti la redazione ed il deposito
del piano di rilevazione. Effettuati gli accantonamenti di cui al comma 6. I
debiti transatti ai sensi del comma 3 sono indicati in un apposito elenco
allegato al piano di estinzione della massa passiva. CAPO IV - Bilancio stabilmente
riequilibrato 1. Il
consiglio dell'ente locale presenta al Ministro dell'interno, entro il termine
perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all'articolo
252, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. 3. Per
l'attivazione delle entrate proprie, l'ente provvede con le modalità di cui
all'articolo 251, riorganizzando anche i servizi relativi all'acquisizione delle
entrate ed attivando ogni altro cespite. 4. Le
province ed i comuni per i quali le risorse di parte corrente, costituite dai
trasferimenti in conto al fondo ordinario ed al fondo consolidato e da quella
parte di tributi locali calcolata in detrazione ai trasferimenti erariali, sono
disponibili in misura inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale
ed a quella media della fascia demografica di appartenenza, come definita con il
decreto di cui all'articolo 263, comma 1, richiedono, con la presentazione
dell'ipotesi, e compatibilmente con la quantificazione annua dei contributi a ciò
destinati, l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta, quale
fattore del consolidamento finanziario della gestione. 5. Per la
riduzione delle spese correnti l'ente locale riorganizza con criteri di
efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando, o
quanto meno riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine
l'esercizio di servizi pubblici indispensabili. L'ente locale emana i
provvedimenti necessari per il risanamento economico-finanziario degli enti od
organismi dipendenti nonché delle aziende speciali, nel rispetto della
normativa specifica in materia. 7. La
rideterminazione della dotazione organica è sottoposta all'esame della
Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali per l'approvazione. 8. Il
mancato rispetto degli adempimenti di cui al comma 6 comporta la denuncia dei
fatti alla Procura regionale presso 9. 10. Le
regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano,
possono porre a proprio carico oneri per la copertura di posti negli enti locali
dissestati in aggiunta a quelli di cui alla dotazione organica rideterminata,
ove gli oneri predetti siano previsti per tutti gli enti operanti nell'ambito
della medesima regione o provincia autonoma. 11. Per
le province ed i comuni il termine di cui al comma 1 è sospeso a seguito di
indizione di elezioni amministrative per l'ente, dalla data di indizione dei
comizi elettorali e sino all'insediamento dell'organo esecutivo. Art. 260. Collocamento in disponibilità
del personale eccedente 1. I
dipendenti dichiarati in eccedenza ai sensi dell'articolo 259, comma 6, sono
collocati in disponibilità. Ad essi si applicano le vigenti disposizioni, così
come integrate dai contratti collettivi di lavoro, in tema di eccedenza di
personale e di mobilità collettiva o individuale. 2. Il
Ministero dell'interno assegna all'ente locale per il personale posto in
disponibilità un contributo pari alla spesa relativa al trattamento economico
con decorrenza dalla data della deliberazione e per tutta la durata della
disponibilità. Analogo contributo, per la durata del rapporto di lavoro, è
corrisposto all'ente locale presso il quale il personale predetto assume
servizio. Art. 261. Istruttoria e decisione
sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato 2. Entro
il termine di quattro mesi 5. Con il
decreto di cui al comma 3 è disposto l'eventuale adeguamento dei contributi
alla media previsto dall'articolo 259, comma 4. Art. 262. Inosservanza degli obblighi
relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato 2. Nel
caso di emanazione del provvedimento definitivo di diniego di cui all'articolo
261, comma 4, sono attribuiti al commissario i poteri ritenuti necessari per il
riequilibrio della gestione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza
oneri a carico dello Stato. Art. 263. Determinazione delle medie
nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della
consistenza delle dotazioni organiche 1. Con
decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua le medie
nazionali annue, per classe demografica per i comuni ed uniche per le province,
delle risorse di parte corrente di cui all'articolo 259, comma 4. 2. Con
decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua con proprio
decreto la media nazionale per classe demografica della consistenza delle
dotazioni organiche per comuni e province ed i rapporti medi
dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti in condizione
di dissesto ai fini di cui all'articolo 259, comma CAPO V - Prescrizioni e limiti conseguenti
al risanamento Art. 264. Deliberazione del bilancio di
previsione stabilmente riequilibrato 2. Con il
decreto di cui all'articolo 261, comma 3, è fissato un termine, non superiore a
120 giorni, per la deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione o
rendiconti non deliberati dall'ente nonché per la presentazione delle relative
certificazioni. Art. 265. Durata della procedura di
risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di approvazione
dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato 1. Il
risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti
da quello per il quale viene redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente
riequilibrato. Durante tale periodo è garantito il mantenimento dei contributi
erariali. 2. Le
prescrizioni contenute nel decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio sono
eseguite dagli amministratori, ordinari o straordinari, dell'ente locale, con
l'obbligo di riferire sullo stato di attuazione in un apposito capitolo della
relazione sul rendiconto annuale. Art. 266. Prescrizioni in materia di
investimenti 1.
Dall'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, e per la durata
del risanamento come definita dall'articolo 265 gli enti locali dissestati
possono procedere all'assunzione di mutui per investimento ed all'emissione di
prestiti obbligazionari nelle forme e nei modi consentiti dalla legge. Art. 267. Prescrizioni sulla dotazione
organica 1. Per la
durata del risanamento, come definita dall'articolo 265, la dotazione organica
rideterminata ai sensi dell'articolo 259 non può essere variata in aumento. Art. 268. Ricostituzione di disavanzo di
amministrazione o di debiti fuori bilancio 1. Il
ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile con i mezzi di cui
all'articolo 193, o l'insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con le
modalità di cui all'articolo 194, o il mancato rispetto delle prescrizioni di
cui agli articoli 259, 265, 266 e 267, comportano da parte dell'organo regionale
di controllo la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per
l'accertamento delle ipotesi di reato e l'invio degli atti alla Corte dei conti
per l'accertamento delle responsabilità sui fatti di gestione che hanno
determinato nuovi squilibri. 2. Nei
casi di cui al comma 1 il Ministro dell'interno con proprio decreto, su proposta
della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, stabilisce le
misure necessarie per il risanamento, anche in deroga alle norme vigenti,
comunque senza oneri a carico dello Stato, valutando il ricorso alle forme
associative e di collaborazione tra enti locali di cui agli articoli da Art. 269. Modalità applicative della
procedura di risanamento 1. Le
modalità applicative della procedura di risanamento degli enti locali in stato
di dissesto finanziario sono stabilite con regolamento da emanarsi ai sensi
dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. 2. Nelle
more dell'emanazione del regolamento di cui al comma 1 continuano ad applicarsi,
in quanto compatibili, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della
Repubblica 24 agosto 1993, n. 378. PARTE III - Associazioni degli enti locali Art. 270. Contributi associativi 1. I
contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari competenti dell'Anci,
dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel, delle altre associazioni degli
enti locali e delle loro aziende con carattere nazionale che devono essere
corrisposti dagli enti associati possono essere riscossi con ruoli formati ai
sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai
concessionari del servizio nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti hanno
l'obbligo di garantire, sul piano nazionale, adeguate forme di pubblicità
relative alle adesioni e ai loro bilanci annuali. 2. La
riscossione avviene mediante ruoli, anche in unica soluzione, su richiesta dei
consigli delle associazioni suddette, secondo le modalità stabilite nel decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46. 3. Gli
enti associati hanno diritto di recedere dalle associazioni entro il 31 ottobre
di ogni anno, con conseguente esclusione dai ruoli dal 1° gennaio dell'anno
successivo. Art. 271. Sedi associative 1. Gli
enti locali, le loro aziende e le associazioni dei comuni presso i quali hanno
sede sezioni regionali e provinciali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre,
dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, possono con apposita deliberazione,
da adottarsi dal rispettivo consiglio, mettere a disposizione gratuita per tali
sedi locali di loro proprietà ed assumere le relative spese di illuminazione,
riscaldamento, telefoniche e postali a carico del proprio bilancio. 2. Gli
enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono disporre il
distacco temporaneo, a tempo pieno o parziale, di propri dipendenti presso gli
organismi nazionali e regionali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem,
della Cispel e sue federazioni, ed autorizzarli a prestare la loro
collaborazione in favore di tali associazioni. I dipendenti distaccati
mantengono la posizione giuridica ed il corrispondente trattamento economico, a
cui provvede l'ente di appartenenza. Gli enti di cui sopra possono inoltre
autorizzare, a proprie spese, la partecipazione di propri dipendenti a riunioni
delle associazioni sopra accennate. 3. Le
associazioni di cui al comma 2 non possono utilizzare più di dieci dipendenti
distaccati dagli enti locali o dalle loro aziende presso le rispettive sedi
nazionali e non più di tre dipendenti predetti presso ciascuna sezione
regionale. Art. 272. Attività delle associazioni
nella cooperazione allo sviluppo 2. I
comuni e le province possono destinare un importo non superiore allo 0,80 per
cento della somma dei primi tre titoli delle entrate correnti dei propri bilanci
di previsione per sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo ed
interventi di solidarietà internazionale. PARTE IV - Disposizioni transitorie ed
abrogazioni Art. 273 Norme transitorie 1. Resta
fermo quanto previsto dall'articolo 10, comma 3, e dall'articolo 33 della legge
25 marzo 1993, n. 2. Resta
fermo altresì quanto previsto dall'articolo 51 commi 3-ter e 3-quater della
legge 8 giugno 1990, n. 142, fino all'applicazione della contrattazione
decentrata integrativa di cui ai C.C.N.L. per il personale del comparto delle
regioni e delle autonomie locali sottoscritti il 31 marzo e il 1° aprile 1999
limitatamente a quanto già attribuito antecedentemente alla stipula di detti
contratti. 3. La
disposizione di cui all'articolo 51 comma 1 del presente testo unico relativa
alla durata del mandato ha effetto dal primo rinnovo degli organi successivo
alla data di entrata in vigore della legge 30 aprile 1999, n. 120. 4. Fino
al completamento delle procedure di revisione dei consorzi e delle altre forme
associative, resta fermo il disposto dell'articolo 60 della legge 8 giugno 1990,
n. 142, e dell'articolo 5, commi 11-ter e 11-quater, del decreto legge 28 agosto
1995, n. 361, convertito con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437. 5. Fino
all'entrata in vigore di specifica disposizione in materia, emanata ai sensi
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, resta fermo il disposto
dell'articolo 19 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, per la parte
compatibile con l'ordinamento vigente. 6. Le
disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo unico della legge comunale
e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano
fino all'adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dal
presente testo unico. 7. Sono
fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e
contabile adottati nel periodo intercorrente tra il 18 maggio 1997 ed il 21
agosto 1999 e non sottoposti al controllo, nonché degli atti emanati in
applicazione di detti regolamenti. Art. 274. Norme abrogate 1. Sono o
restano abrogate le seguenti disposizioni: regio
decreto 3 marzo 1934, n. 383; Art. 275. Norma finale 1. Salvo
che sia diversamente previsto dal presente decreto e fuori dei casi di
abrogazione per incompatibilità, quando leggi, regolamenti, decreti, od altre
norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni espressamente abrogate
dagli articoli contenuti nel presente capo, il riferimento si intende alle
corrispondenti disposizioni del presente testo unico, come riportate da ciascun
articolo. |
|
Webwriter: Giandrea Cipolla |