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Appendice n.2: la matematica è solo un'opinione
Ne esiste infatti una dove una mela più una mela è uguale a 2pigreco, e avendo avuto la conferma numerica dell'esistenza non quantificabile dello stato nascente di una grandezza continua, forse esiste anche una matematica dove l'infinito vale 1
Dato che nell'ambito della MOC (vedi Appendice n.1) il simbolo 2,1 ha il significato:
2,1 = 1 + 1/dieci
ed è altrettanto legittimo quanto il simbolo 1,1 nell'ambito della matematica corrente, dove il significato è lo stesso, ed appunto:
1,1 = 1 + 1/dieci
ciò vuol dire che quello che noi disegnamo e chiamiamo asse reale, in realtà, è solo un'ottima rappresentazione grafica del continuo, ma l'abbinamento numerico di ogni suo punto con un numero, i cosiddetti numeri reali, è tutt'altro che scontato.

Generalizzando, infatti, è lecito dire che uno stesso punto del cosiddetto asse reale può essere soggetto a dei molteplici abbinamenti numerici, tutti legittimi e coerenti, nell'ambito, ognuno, di una specifica matematica.

E può benissimo capitare che mentre in una specifica matematica un determinato punto è abbinato ad un numero cosiddetto razionale, in un'altra matematica, quello stesso punto, è abbinato ad un numero periodico o addirittura a un numero irrazionale.

In realtà quello che accade è semplicemente che gli unici numeri che esistono, e che infatti sono presenti in tutte le matematiche, sono solo i numeri interi (uno, due, e così via), tutto il resto è una semplice rappresentazione numerica del continuo.

Gli abbinamenti numerici che vengono fuori, nell'ambito, ognuna, di una specifica matematica, e cioè quelli: razionali, periodici e irrazionali sono insomma, secondo me, delle semplici incompatibilità, legate al fatto di voler rappresentare il continuo con le cose più discrete di questo mondo, appunto i numeri.

Si tratta di incompatibilità, simili a quelle che coinvolgono l'immenso ed il nulla, cui è improbo porvi rimedio, perchè figlie di una forzatura ingiustificata:
la pretesa, cioè, di voler rappresentare il continuo con un qualcosa, i numeri, del tutto inadatti.

E' come pretendere di rappresentare con un dipinto, ed avendo a disposizione qualche colore, tutta la gamma di colori dell'universo.

Ma è veramente possibile inventarsi delle matematiche dove sia possibile far diventare intere delle rappresentazione numeriche del continuo, che nella matematica corrente ci appaiono in forma cosiddetta: razionale, periodica e irrazionale ?
Io penso di si.

Intanto, in relazione alla matematica corrente, per quanto riguarda i cosiddetti numeri interi negativi, ho già spiegato (vedi paragrafo LA.19) che in realtà si tratta di numeri naturali travestiti, e la stessa cosa ritengo si possa dire delle rappresentazioni razionali.

La rappresentazione razionale ad esempio 0,1 è il rapporto 1/10 che, in realtà, è il numero naturale 1, con riferimento ad una scala in cui l'unità sia stata divisa, appunto, in dieci parti. Quindi in realtà: 0,1 è 1 travestito da 0,1.

La cosa più semplice è dunque inventarsi una matematica col fine di far sparire determinate rappresentazioni razionali (ovviamente se ne ripresenteranno altre in tale siffatta ipotetica matematica), basta, infatti, cambiare la scala di riferimento.

Per quanto riguarda quelli che chiamiamo numeri periodici, e ad esempio 0,333..3 che è il rapporto 1/3, in realtà è il numero naturale 1, con riferimento ad una scala in cui l'unità sia stata divisa in tre parti, ed infatti dà luogo alla rappresentazione 0,1 che non è affatto periodica. Quindi in realtà: 0,333..3 è 1 travestito da 0,333..3.

Per fare dunque sparire determinate rappresentazioni periodiche (ovviamente se ne ripresenteranno altre in tale siffatta ipotetica matematica), basta inventarsi una matematica con un diverso numero di parti in cui dividere l'unità.

Per quanto riguarda quelli che chiamiamo numeri irrazionali, e ad esempio pigreco = 3,14... che è il rapporto (lunghezza-della-circonferenza)/diametro, in realtà è il numero naturale 1, con riferimento ad una scala in cui l'unità sia esattamente uguale al rapporto: (lunghezza-della-circonferenza)/diametro. Quindi in realtà: pigreco è 1 travestito pigreco.

Per fare dunque sparire determinate rappresentazioni irrazionali (ovviamente se ne ripresenteranno altre in tale siffatta ipotetica matematica), basta inventarsi una matematica con una diversa modalità di definire l'unità.

In relazione a quest'ultima cosa, non c'è infatti niente di illogico se infatti affermo che, in realtà, quello che facciamo con la matematica corrente è sommare dei rapporti T, dove T è il rapporto:
(generica quantità)/(identica quantità del numeratore).

Per cui il numero naturale o puro, ad esempio, 7 è appunto sette volte il rapporto T.

Del tutto lecita è allora anche una matematica dove l'unità è definita a partire da un rapporto fra quantità dissimili, e nello specifico definita a partire dal seguente rapporto R:
(lunghezza-della-circonferenza)/diametro.

Col che il numero naturale 7 ha ora il significato di sette volte il rapporto R.

Quindi:
(lunghezza-della-circonferenza)/diametro
è effettivamente irrazionale, ma solo in relazione alla matematica corrente, dove l'unità è definita a partire dal rapporto T.
In una ipotetica matematica dove l'unità è definita a partire dal rapporto R, vale, viceversa, semplicemente, 1.

La cosa interessantissima che si consegue è che se nei conti salta fuori il rapporto:
(lunghezza-della-circonferenza)/diametro
è del tutto lecito sostituirlo con 1.

Ci si potrebbe chiedere:
ma quanto vale effettivamente, nella matematica con rapporto R, la lunghezza della circonferenza ?

La risposta è:
la domanda è insensata, nella misura in cui è insensata la domanda:
ma quanto vale effettivamente, nella matematica con rapporto T, la generica quantità al numeratore di quest'ultimo ?

Insomma, in siffatta ipotetica matematica è sparito il presunto numero irrazionale:
(lunghezza-della-circonferenza)/diametro.

E siccome gli unici numeri presenti in tutte le possibili matematiche sono i numeri interi, possiamo senz'altro dire che gli unici numeri che effettivamente esistono sono solo i numeri interi, tutto il resto è una semplice rappresentazione numerica del continuo.

E' importante capire che come il numero 7 nella matematica con rapporto R, ha il significato di sette volte il rapporto R, così nella matematica con rapporto T, lo stesso numero, ha il significato di sette volte il rapporto T.

Ma voglio essere ancora più chiaro.

In generale possiamo senz'altro dire che, il nostro modo di vedere il discreto, è solo uno dei possibili modi, ma non è assolutamente l'unico.

La confusione a questa punto ci appare totale, ma in realtà non è così.

Fortunatamente, infatti, possiamo utilizzare il nostro modo di vedere il discreto, come pietra di paragone, per confrontare, gli altri modi possibili di vedere il discreto.

Ebbene, un possibile modo di vedere il discreto potrebbe benissimo essere quello per il quale l'unità viene fatta coincidere con la nostra metà, dando luogo ad una matematica in cui, ad esempio, una singola mela viene indicata numericamente con il numero 2.

Un'altro possibile modo di vedere il discreto potrebbe benissimo essere quello per il quale l'unità viene fatta coincidere con il nostro doppio, dando luogo ad una matematica in cui, ad esempio, una singola mela viene indicata numericamente con 1/2.

Tutto ciò è assolutamente lecito, e mentre nel primo caso il rapporto R vale 1/2, nel secondo caso il rapporto R vale 2.

La quantificazione del rapporto R, è naturalmente relativa al nostro modo di vedere il discreto, e ci consente, non solo di capire che il nostro modo di vedere il discreto è del tutto relativo, ma anche che l'unico modo per passare da una matematica con rapporto R, alla nostra matematica con rapporto T, è quella di sommare siffatti rapporti R, e quindi di moltiplicare il risultato ottenuto, per l'effettivo valore del rapporto R, che nei due esempi proposti vale rispettivamente: 1/2 e 2.

Generalizzando, a tutto ciò si può aggiungere che, in realtà, con la matematica corrente, senza rendercene conto, sommiamo noi stessi tanti rapporti T, rapporti fra quantità che riteniamo, identiche, in ciò convinti di essere nel giusto. Ma ove mai fossimo in errore, ciò, ai fini della rappresentazione numerica del continuo, non ha nessuna rilevanza.

Alla luce delle considerazioni esposte sono allora altrettanto legittimi:

- sia il modo di vedere il discreto come quello per il quale l'unità viene fatta coincidere con il nostro 1/pigreco, dando luogo ad una matematica in cui, ad esempio, una singola mela, viene indicata numericamente con il numero pigreco, e per la quale: una mela più una mela è uguale a 2pigreco

- sia il modo di vedere il discreto come quello per il quale l'unità viene fatta coincidere con il nostro pigreco, dando luogo ad una matematica in cui, ad esempio, una singola mela, viene indicata numericamente con il numero 1/pigreco.

Tutto ciò è assolutamente lecito, e mentre nel primo caso il rapporto R vale 1/pigreco, nel secondo caso il rapporto R vale pigreco.

La quantificazione del rapporto R è importante, perchè ci consente di passare da siffatta matematica con rapporto R, alla nostra matematica con rapporto T.

Basta infatti sommare siffatti rapporti R, e quindi moltiplicare tale numero, per l'effettivo valore del rapporto R, che nei due ultimi esempi proposti vale, appunto, rispettivamente: 1/pigreco e pigreco.

Insomma, i soli numeri che in realtà esistono sono solo quelli interi, mentre quelli usati ad esempio fra due interi successivi, sono la semplice rappresentazione numerica del continuo, che noi abbiamo confuso con i numeri, semplicemente perchè abbiamo finora immaginato ed usato solo la rappresentazione corrente.

Le matematiche possibili sembrano dunque essere non una o due, ma dieci, cento, tutte con una loro coerenza interna.

Insisto che si tratta di matematiche diverse, perchè sono fra di loro incompatibili, dato che riproducono ognuna una diversa rappresentazione numerica del continuo, e ciò in rapporto:

- a un determinato modo di vedere il discreto: con ciò fissando una data visione dell'unità

- al tipo, ma soprattutto al numero di simboli da adoperare per rappresentare i numeri interi

- al tipo, ma soprattutto al numero di simboli per rappresentare il continuo nell'ambito dell'unità, simboli che nulla vieta che possano essere in numero uguale o minore, o addirittura maggiore di quelli usati per rappresentare i numeri interi, con ciò scegliendo il numero di parti in cui dividere l'unità

- alla scelta se abbinare o meno al nulla un simbolo.

In una matematica, ad esempio, diversa dalla corrente solo per il fatto che l'unità è divisa in due parti e non in dieci, per rappresentare le frazioni dell'unità bastano due soli simboli (0 ed 1), anche se per rappresentare gli interi si usano gi usuali simboli da zero a nove.

Così è ad esempio nel range fra 0 e 1 è:

0
1/8 = 0,001
2/8 = 1/4 = 0,01
3/8 = 0,011
4/8 = 2/4 = 1/2 = 0,1
5/8 = 0,101
6/8 = 3/4 = 0,11
7/8 = 0,111
1

Quasi due mesi fa, quando la MOC ancora non l'avevo nemmeno ideata, nella Prefazione di questo sito, dopo aver definito come stato nascente di una grandezza continua, il primo manifestarsi di quest'ultima, ragionando esclusivamente su di un piano logico-teorico, scrissi:

Quantificare un istante di tempo, dunque, non sarà mai possibile, ed infatti di una grandezza continua in generale noi diciamo che non ha una quantità minima indivisibile.

Ma alla luce delle considerazioni esposte forse è più giusto dire:

che una grandezza continua ha una quantità minima indivisibile, il suo stato nascente, la cui quantificabilità ci è però per sempre preclusa, e ciò perchè non siamo i creatori del tutto.

Ma la quantificabilità dello stato nascente di una grandezza continua, potrebbe addirittura esserci preclusa, perchè la grandezza continua corrispondente nemmeno esiste, pur essendo funzionale alla comprensione dell'universo, e che dunque si tratta di semplice pensiero umano coadiuvato da un mero conteggio.

Per cui anche tale siffatto stato nascente, ha senz'altro un'esistenza reale, come reale è il pensiero umano che l'ha partorito, ma, come quest'ultimo, è del tutto non quantificabile.

Ebbene, se si va a rileggere anche l'Appendice n.1, che ho ideato e scritto ben dopo la stesura della Prefazione, si scopre che lo Stato Nascente di una Grandezza Continua (SNGC) è ben evidente che, nell'ambito della MOC: esiste, anche se non è numericamente quantificabile, essendoci ignota la più minuta scala di rappresentazione possibile.

Si tratta, insomma, di una conferma numerica di un qualcosa, l'esistenza non quantificabile dello SNGC, prevista sul piano logico-teorico, in tutt'altro contesto, circa due mesi fa.

Nella MOC, infatti, il numero più piccolo rappresentabile è 1,1, numero che può tendere, quando la scala di rappresentazione diventa la più minuta possibile, solo alla rappresentazione numerica non quantificabile dello SNGC, dato che la rappresentazione rimane, nonostante il passaggio al limite, congelata a 1,1 ed oltre la quale non è possibile spingersi, essendo giunti alla più minuta scala di rappresentazione possibile, scala numericamente non quantificabile.

Altrettanto legittima quanto la MOT (la matematica corrente), la MOC non presenta incongruenze, ma l'evidente esistenza dello SNGC e la sua impossibile quantificabilità numerica nell'ambito della MOC, ci fa comprendere come sia impossibile l'esatta rappresentazione numerica del continuo in qualunque matematica, ed anche nell'ambito della MOT.

Quello che infatti facciamo, in realtà, sia nell'ambito della MOT che della MOC, è conteggiare degli intervallini infinitesimi, ognuno rappresentante lo SNGC.

E mentre:

- nell'ambito della MOT il conteggio comincia da zero, dato che gli intervalli, compreso quello che rappresenta lo SNGC, vengono designati con il nome dell'estremo inferiore

- nell'ambito della MOC il conteggio comincia da 1, dato che gli intervalli, compreso quello che rappresenta lo SNGC, vengono designati con il nome dell'estremo superiore.

In entrambe le matematiche insomma, ogni singola rappresentazione numerica del continuo, è separata, nei confronti della più vicina possibile, dallo SNGC, per cui non è affatto vero che del continuo è possibile una esatta riproduzione numerica.

Nella MOT ciò ci sfugge, ma semplicemente perchè gli intervalli, compreso quello che rappresenta lo SNGC, vengono designati con il nome dell'estremo inferiore, che nello specifico è 0.

Quest'ultima cosa crea l'illusione di essere riusciti a rappresentare numericamente ed esattamente tutto il continuo, ma in realtà non è così.

La riprova di ciò è l'impossibilità di riuscire, nell'ambito della MOT, a quantificare l'infinitamente grande, e ciò perchè quest'ultimo è l'estremo superiore dell'ultimo intervallino infinitesimo, ennesimo rappresentante della SNGC, SNGC che, non essendo quantificabile, non ci consente, di conseguenza, nemmeno di quantificare l'infinitamente grande.

E la cosa cui viene spontaneo pensare, a questo punto, e che le rappresentazioni numeriche del continuo, irrazionali e periodiche, presenti in ogni matematica, sono nient'altro che il tentativo, impossibile da realizzare, di voler simboleggiare numericamente dei punti del continuo che si trovano esattamente al centro dello SNGC.

Avendo poi il continuo e il discreto vite indipendenti dato che, come si è visto, è del tutto arbitrario il riferimento per definire l'unità in entrambi, la cosa più logica sembrerebbe quella di prendere ciò che è indefinibile nella MOT e nella MOC, e farle diventare unità, per dar luogo ad una variante della MOT e della MOC.

E quindi rispettivamente:

- una variante della MOT, dove l'unità è tutto il continuo, col che l'infinito vale 1, e tutto il continuo viene ad essere rappresentato numericamente fra 0 ed 1

- una variante della MOC, dove l'unità è lo SNGC, col che lo SNGC vale 1, e tutto il continuo viene ad essere rappresentato numericamente con i soli numeri interi.

Ma è possibile dar corpo a tali siffatte varianti della MOT e della MOC, senza cadere in incongruenze ?


Giovanni
lunedi 26° giorno di novembre 2001



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