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Per far di conto, invece, credo che essi si affidavano alle dita delle mani o ai sassi, e ciò sia per contare che per conteggiare, e nella sostanza usando mentalmente un sistema di numerazione posizionale su base decimale, ben prima che questo venisse proposto con i simboli e le implementazioni aritmetiche che tutti noi conosciamo.
Ed infatti gli antichi Romani, anche se con notazione numerica scrivevano LXXVII (e solo per denotare una quantità), non dicevano nè scrivevano quinquaginta decem decem quinque unum unum, ma dicevano e scrivevano: septaginta septem.
Ritengo ciò la prova dell'uso mentale di un sistema di numerazione posizionale su base decimale attraverso l'uso dei sassi, proprio perchè gli Antichi per capire, ad esempio, la numerosità del gregge C, unione del gregge A composto di sessantacinque pecore, e del gregge B composto di dodici pecore, mischiavano i sassi, i sei grandi e cinque piccoli rappresentativi del gregge A, e l'uno grande e due piccoli rappresentativi del gregge B.
Ed appunto ottenendo sette sassi grandi e sette sassi piccoli, e quindi settantasette pecore, ovvero septaginta septem pecore.
Il problema dunque, che nessun popolo dell'antichità fu in grado di risolvere, fu quello di inventarsi un formalismo simbolico numerico coerente con il sistema mentale di calcolo coadiuvato dai sassi, sistema di calcolo che all'epoca reputo già fosse senz'altro posizionale e decimale.
Viene, a questo punto, spontaneo chiedersi:
ma il sistema di numerazione posizionale su base decimale corrente, è l'unico possibile ?
e ancora:
ci si può inventare un sistema di numerazione posizionale su base decimale che non prevede il numero zero ?
Ebbene, penso di essere riuscito nell'impresa di dare corpo, appunto, ad un innovativo sistema di numerazione posizionale su base decimale e che, fra l'altro, non prevede il numero zero.
E ciò, nonostante mi sia volutamente mosso nell'ambito di una logica primitiva, con l'obiettivo di comprendere la mente logica-matematica degli Antichi, e quella istintiva e primitiva dell'uomo moderno.
Da questo punto di vista, l'invenzione (o la scoperta ?) degli ordinali capovolti, utili fra l'altro per il conteggio del tempo all'indietro (paragrafo CA.20) è stata determinante.
Conteggio del tempo all'indietro, con il quale gli Antichi erano in evidente difficoltà: si veda la designazione dei giorni del mese degli antichi Romani fatta attraverso il sistema delle calende, none e idi.
Conteggio del tempo all'indietro, con il quale siamo addirittura in difficoltà noi Moderni: si veda la cronologia con gli anni avanti Cristo, con la quale, il buon Dionigi il Piccolo, non c'entra perfettamente niente.
Ma andiamo con ordine.
L'Origine Estrema (OE) di tutte le grandezze continue è il nulla, un concetto logico dietro il quale non esiste nè il denaro, nè lo spazio, nè il tempo, nè nient'altro.
Di una grandezza continua però diciamo che non ha una quantità minima indivisibile.
Sembrerebbe dunque che le grandezze continue siano fatte di nulla.
In realtà, ad esempio, il presente esiste, ed è un istante, e separa il passato dal futuro.
Per dirimere la questione penso si possa dire:
se indichiamo con le parole stato nascente di una grandezza continua, il primo manifestarsi di quest'ultima, interrogarsi sulla quantificabilità dell'istante di tempo, equivale a interrogarsi sulla quantificabilità dello stato nascente del tempo, che estrapolando, equivale a interrogarsi sulla quantificabilità dello stato nascente di tutte le grandezze continue, e quindi equivale a interrogarsi sullo stato nascente dell'universo (il tutto).
Ma a quest'ultimo interrogativo non saremo mai in grado di rispondere, perchè vorrebbe dire che un giorno saremo in grado di capire come passare dal nulla al tutto, con ciò diventando noi stessi i creatori dell'universo di cui facciamo attualmente parte.
La qual cosa non è possibile, dato che allora non saremmo oggi qui a chiederci della quantificabilità dell'istante di tempo.
Il creatore del tutto, è appunto al disopra di tutto, tempo incluso.
Quantificare un istante di tempo, dunque, non sarà mai possibile, ed infatti di una grandezza continua in generale noi diciamo che non ha una quantità minima indivisibile.
Ma alla luce delle considerazioni esposte forse è più giusto dire:
che una grandezza continua ha una quantità minima indivisibile, il suo stato nascente, la cui quantificabilità ci è però per sempre preclusa, e ciò perchè non siamo i creatori del tutto.
Ma la quantificabilità dello stato nascente di una grandezza continua, potrebbe addirittura esserci preclusa, perchè la grandezza continua corrispondente nemmeno esiste, pur essendo funzionale alla comprensione dell'universo, e che dunque si tratta di semplice pensiero umano coadiuvato da un mero conteggio.
Per cui anche tale siffatto stato nascente, ha senz'altro un'esistenza reale, come reale è il pensiero umano che l'ha partorito, ma, come quest'ultimo, è del tutto non quantificabile.
In generale, per le grandezze continue, è impossibile fissare una OE.
Una tipica grandezza continua senza OE è, ad esempio, il tempo.
Alla domanda:
"Quando nasce il tempo ?"
non siamo, infatti, in grado di rispondere.
Tipiche grandezze continue con una OE, sono viceversa la velocità e il denaro.
Tra le due grandi Guerre Mondiali sono infatti esistite monete italiane che erano e si chiamavano Centesimi (di lire).
E fra breve entreranno in circolazione in Europa, i Centesimi di euro, anche quello denaro.
Nulla vieta, d'altra parte, anche se non esiste la corrispondente
moneta, di dire che quella cosa:
"Non vale nemmeno un milionesimo di lire"
o anche meno.
Al fatto che non tutte le grandezze continue hanno una OE, si può ovviare introducendo l'Ordinamento Capovolto (OC), si veda a tal fine il paragrafo LA.19.
L'OC fa riferimento ad una logica alternativa a quella cui fa riferimento l'Ordinamento Tradizionale (OT), e pertanto da luogo ad una nuova matematica, appunto la Matematica dell'Ordinamento Capovolto (MOC).
E' di importanza fondamentale capire che, ad esempio, un segmento che
nell'OT misura 1,7
nell'OC, lo stesso segmento, misura 2,7.
E ciò perchè, semplicemente, sono alternativi i modi di designare gli intervalli.
Se, infatti, nell'OT i numeri sono l'espressione numerica
della quantità di intervalli completi, raggiunti e superati.
Per cui la misura 1,7 significa che sono stati appunto
raggiunti e superati: 1 intervallo e 7 sottointervalli.
Nell'OC i numeri sono l'espressione numerica della quantità
di intervalli completi, raggiunti ma non superati.
Per cui la misura 2,7 significa che sono stati appunto
raggiunti ma non superati: 2 intervalli e 7 sottointervalli.
Tutto ciò comporta, fra l'altro, che solo i segmenti che hanno per misura un numero intero (senza decimali), si ritrovano ad avere la stessa notazione numerica nell'OT e nell'OC.
E anche se nell'OC al nulla non è associabile un numero, lo 0 (zero) (vedi paragrafo LA.19), l'aritmetica esiste ugualmente, come del resto i suoi dieci numeri, che appunto sono:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 ç
con l'ultimo numero a destra, che è il numero dieci, mentre ogni numero è la corrispondente quantità relativa agli ordinali capovolti:
1ç° 2ç° 3ç° 4ç° 5ç° 6ç° 7ç° .......
ovvero:
ultimo penultimo terzultimo ..............
Riporto di seguito i primi 200 numeri
interi dell'OC in notazione
posizionale e decimale, dai quali è possibile
ricavare tutti i successivi, e per i quali l'impiego
del numero zero non è assolutamente necessario:
da uno a cento:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 ç
11 12 13 14 15 16 17 18 19 1ç
21 22 23 24 25 26 27 28 29 2ç
31 32 33 34 35 36 37 38 39 3ç
41 42 43 44 45 46 47 48 49 4ç
51 52 53 54 55 56 57 58 59 5ç
61 62 63 64 65 66 67 68 69 6ç
71 72 73 74 75 76 77 78 79 7ç
81 82 83 84 85 86 87 88 89 8ç
91 92 93 94 95 96 97 98 99 9ç
da centouno a duecento:
ç1 ç2 ç3 ç4 ç5 ç6 ç7 ç8 ç9 çç
111 112 113 114 115 116 117 118 119 11ç
121 122 123 124 125 126 127 128 129 12ç
131 132 133 134 135 136 137 138 139 13ç
141 142 143 144 145 146 147 148 149 14ç
151 152 153 154 155 156 157 158 159 15ç
161 162 163 164 165 166 167 168 169 16ç
171 172 173 174 175 176 177 178 179 17ç
181 182 183 184 185 186 187 188 189 18ç
191 192 193 194 195 196 197 198 199 19ç
E così via.
Il sistema di numerazione posizionale su base decimale senza il numero zero è stato dunque trovato e, fra l'altro, consente anche un risparmio di caratteri.
Il numero mille è: 99ç = 9 * ç^2 + 9 * ç^1 + ç.
Il numero duemila è: 199ç = 1 * ç^3 + 9 * ç^2 + 9 * ç^1 + ç.
Il numero duemilauno è: 19ç1 = 1 * ç^3 + 9 * ç^2 + ç * ç^1 + 1.
Secondo la MOC, alternativa alla Matematica dell'Ordinamento Tradizionale (MOT), è ad esempio:
1,7 + 1,2 = 1,9 (e non 2,9)
perchè:
1,7 + 1,2 = 7/ç + 2/ç = 1/ç (7 + 2) = 9/ç = 1,9
ma anche:
1,7 - 1,2 = 1,5 (e non 0,5)
perchè:
1,7 - 1,2 = 7/ç - 2/ç = 1/ç (7 - 2) = 5/ç = 1,5
Attenzione che, ad esempio, le quantità:
1,1
2,2
sono rispettivamente più piccole delle quantità:
1
2
ed infatti:
1,1 = 1/ç = un decimo
1,2 = 2/ç = due decimi
2,1 = 1 + 1/ç
2,2 = 1 + 2/ç
Per cui anche se è:
1 > 1,1
è
1,2 > 1,1
La sequenza di numeri reali in crescita (da sinistra a destra) con una sola cifra decimale, fino ad 1 è:
1,1___1,2___1,3___1,4___1,5___1,6___1,7___1,8___1,9___1,ç__1
Anche 14,1 è più piccolo di 14, ed infatti è:
14,1 = 13 + 1/ç = 1*ç + 3 + 1/ç
Utili alla comprensione della MOC sono anche, ad esempio, le operazioni:
1 + ç = 11
1 * ç = ç
3,1 + 2,7 = (2 + 1/ç) + (1 + 7/ç) = 3 + 8/ç = 4,8
3,8 - 2,6 = (2 + 8/ç) - (1 + 6/ç) = 1 + 2/ç = 2,2
3,7 - 2,8 = (2 + 7/ç) - (1 + 8/ç) = 1 + 7/ç - 8/ç =
= ç/ç + 7/ç - 8/ç = 9/ç = 1,9
3,7 + 2,8 = (2 + 7/ç) + (1 + 8/ç) = 3 + 15/ç =
= 3 + ç/ç + 5/ç = 4 + 5/ç = 5,5
Se dunque nella MOT la parte intera di un numero reale,
ovvero la parte intera di un "numero con la virgola",
e quindi la sequenza di numeri "a sinistra" della virgola,
è più piccola del numero reale stesso, e con riferimento,
ad esempio, al numero 403,207 è:
403 minore di 403,207 .
Nella MOC, invece, la parte intera di un numero reale, ovvero la parte
intera di un "numero con la virgola", e quindi la
sequenza di numeri "a sinistra" della virgola, è
più grande del numero reale stesso, e con riferimento,
ad esempio, al numero 74ç,2ç5 è:
74ç maggiore di 74ç,2ç5 .
Nel paragrafo LA.19 è scritto fra l' altro:
" Ma allora vuol dire che, questa volta, l'immenso,
e cioè l'estremo superiore dell'intervallo finale, in
base alla definizione allargata di numero cardinale,
è associabile ad un numero, essendo ora l'immenso
incluso nell'intervallo finale, e quindi concettualmente
raggiungibile.
Per cui, mentre nell'ambito dell'ordinamento tradizionale,
l'immenso non è un numero, nell'ambito dell'ordinamento
capovolto, ha la dignità di numero.
Ha quindi diritto ad un simbolo, per esempio questo:
oo
e ad un nome numerico, ovvero
infinito. "
Fin qui, dunque, si è detto che:
- per individuare l'estremo superiore dell'intervallo cui appartiene il numero reale R dell'ordinamento capovolto, basta prendere semplicemente la parte intera di R
- poichè l'immenso è incluso nell'intervallo finale, questi è concettualmente raggiungibile, per cui, nell'ambito dell'OC, all'immenso è associabile un numero, ovvero il simbolo oo che chiamiamo infinito.
Quest'ultima cosa è quello che effettivamente avviene.
L'oo (l' infinito) infatti, è un numero che saremo sempre in grado di quantificare, dato che per ogni numero reale R della MOC, comunque grande (anche titanico), è sempre possibile individuare l'estremo superiore dell'intervallo cui appartiene R.
E ciò prendendo semplicemente la parte intera di R.
Nella MOC, dunque, l'infinito è un numero come tutti gli altri, maneggiabile numericamente sempre, e per esempio usarlo per per effettuare le normali quattro operazioni aritmetiche.
Basterà infatti scrivere:
oo = (parte intera del numero reale titanico R)
Ma la MOC regalerà e regala altre sorprese, e per esempio, il fatto che, non esistendo lo zero, l'addizione non ha un elemento neutro, e non è nemmeno possibile la sottrazione fra numeri identici.
In generale, come nella MOT le operazioni che coinvolgono l'immenso sono impossibili, così nella MOC lo sono quelle che coinvolgono il nulla.
Della MOC, in realtà, c'è già traccia nella nostra matematica, la MOT, ed esattamente nei numeri negativi.
Numeri negativi che sono l'espressione della sottomissione, ed anzi dell'annientamento, della MOC alla MOT.
Capito il meccanismo di azione di suddetto annientamento, è possibile e lecito, dualmente, annientare del tutto la MOT, introducendo i numeri negativi nella MOC.
Si è detto che i due tipi di ordinamento sono distinti e separati, e danno luogo a due distinte matematiche.
Quello che però possiamo fare, e che inconsapevolmente abbiamo fatto, è fondere i due tipi di ordinamenti e nel modo spiegato in dettaglio nel paragrafo LA.19.
In sostanza lì spiego che, le "tacche" dell'OC, da positive diventano negative, per far si che, gli spostamenti nell'OC, siano da considerarsi positivi e negativi, in modo concorde a quanto avviene nell'OT.
Quello che, a livello numerico, successivamente avviene, e che nel paragrafo segnalato non è scritto, è che, per ottenere l'asse reale a tutti noto, in aggiunta a quanto già detto, e sempre inconsapevolmente, quello che abbiamo fatto è anche leggere le lunghezze dei segmenti dell'OC, utilizzando il criterio adottato per leggere la misura dei segmenti dell'OT.
Così, ad esempio, un segmento che nell'OC misura 2,7 viene trattato numericamente come un segmento di lunghezza 1,7 con ciò sottomettendo di fatto, la MOC alla MOT, ed anzi annientandola.
Se, dunque, vogliamo sottomettere, viceversa, la MOT alla MOC, dobbiamo esattamente fare le stesse cose.
E quindi: ridesignare le "tacche" dell'OT con i numeri negativi, e leggere la misura dei segmenti dell'OT secondo la logica dell'OC, con ciò sottomettendo di fatto, la MOT alla MOC, ed anzi annientandola.
Ciò si traduce nello scrivere numericamente che:
1,2 - 1,7 = 2/ç - 7/ç = 1/ç (2 - 7) = - 5/ç = -1,5
Giovanni
sabato 6° giorno di ottobre 2001