PHOTOGRAFIA.


Photo o Foto. Parola derivante dal greco phos o photós che significa luce.
Fotografia = Foto + Grafia. Perciò luce + disegno o disegno di luce.
Procedimento chimico - fisico mediante il quale è possibile registrare, con un adatto materiale sensibile alla luce,
(pellicola) le immagini proiettate su di esso tramite un opportuno sistema ottico (obiettivo) che manda l'immagine sulla pellicola che si trova in una camera oscura.


STORIA DELLA FOTOGRAFIA.


La fotografia oltre ad essere un mezzo di informazione e uno strumento scientifico e tecnologico è anche un hobby molto popolare e largamente diffuso. La fotografia è largamente utilizzata in ogni campo delle attività umane, infatti viene usata dalla pubblicità, che ne ha fatto uno stile, come anche nella documentazione, nel giornalismo e non ultimo, nella ricerca scientifica. Le prime applicazioni per la fotografia si ebbero con J. N. Niepce, al quale viene abitualmente attribuita l'invenzione della fotografia; egli iniziò nel 1813 a studiare i possibili perfezionamenti da apportare alle tecniche litografiche. Da queste ricerche ebbe origine l'interesse di Niepce per la registrazione diretta di immagini sulla lastra litografica, senza l'intervento dell'incisore.

L. M. Daguerre

In collaborazione con il fratello Claude, Niepce cominciò a studiare la sensibilità alla luce del cloruro d'argento e nel 1816 ottenne la sua prima immagine fotografica (che ritraeva un angolo della sua stanza di lavoro) utilizzando un foglio di carta sensibilizzato probabilmente con cloruro d'argento. L'immagine, tuttavia, non potè essere fissata completamente, per cui Niepce fu indotto a studiare la sensibilità alla luce di molte altre sostanze, soffermandosi sul bitume di Giudea che possiede la proprietà di divenire insolubile in olio di lavanda in seguito a esposizione alla luce. Il primo successo con la nuova sostanza fotosensibile risale al 1822, con la riproduzione su vetro di un'incisione che raffigurava papa Pio VII. La riproduzione andò però distrutta qualche tempo dopo e la più antica immagine oggi esistente è quella dei tetti visibili dallla finestra del suo laboratorio, ottenuta utilizzando una camera oscura nella quale l'obiettivo era una lente biconvessa dotata di diaframma e di un rudimentale sistema di messa a fuoco e con un'esposizione di otto ore. Alle immagini così ottenute Niepce diede il nome di eliografie.

I tetti fotografati da Niepce

Nel 1829 egli fondò con L. M. Daguerre, già noto per il suo diorama, una società per lo sviluppo delle tecniche fotografiche. Nel 1839 il fisico D. F. Arago descrisse all'Accademia delle Scienze di Parigi unprocedimento messo a punto da Daguerre, che venne chiamato dagherrotipia;la notizia suscitò; l'interesse di W.H.F. Talbot, che dal 1835 sperimentava un procedimento fotografico denominato calotipia, e di J. F. Herschel,il quale sperimentava un procedimento su carta sensibilizzata con sali d'argento, utilizzando un fissaggio a base di tiosolfato sodico.

W. H. F. Talbot

In questo stesso periodo, a Parigi, H. Bayard ideò un procedimento originale che faceva uso di un negativo su carta sensibilizzata con ioduro d'argento, dal quale si otteneva successivamente una copia positiva. Bayard fu però invitato, per evitare una concorrenza diretta con il procedimento di Daguerre, a desistere dalla continuazione degli esperimenti.

H. Bayard

Lo sviluppo della dagherrotipia fu favorito anche dalla costruzione di apparecchi speciali muniti di un obiettivo a menisco acromatico messo a punto nel 1829 da C. L. Chevalier. Tra il 1840 e il 1870 ca. si ebbero numerosi perfezionamenti dei processi e dei materiali fotografici: nel 1841 A. Claudet diede nuovo impulso alla ritrattistica introducendo lastre per dagherrotipia a base di cloruro e ioduro d'argento, che consentivano pose di pochi secondi; nel 1851 F. Scott Archer ideòil procedimento al collodio che si diffuse al posto della dagherrotipia e della calotipia. Tra il 1851 e il 1852 vennero introdotte l'ambrotipia e la ferrotipia, procedimenti con cui si ottenevano dei positivi apparenti incollando un negativo su lastra di vetro sopra un supporto di carta o panno neri oppure di metallo brunito; nel 1857 comparve il primo ingranditore a luce solare a opera di J. J. Woodward; nel 1859 R. Bunsen e H. E. Roscoe realizzarono le prime istantanee con lampo al magnesio; le prime immagini a colori per sintesi additiva vennero ottenute nel 1861 da J. C. Maxwell; nel 1868 L. Ducos du Hauron ottenne le prime immagini a colori mediante sintesi sottrattiva. Nel 1871 R. L. Maddox realizzò le prime lastre con gelatina animale come legante. Nel 1873 H. Vogel scoprì il principio della sensibilizzazione cromatica e realizzò le prime lastre ortocromatiche. Affermatesi queste, che possono essere considerate le basi della fotografia, le ricerche si indirizzarono al perfezionamento dei materiali sensibili, dei procedimenti di sviluppo e degli strumenti ottici. Tra le innovazioni più importanti si ricordano l'introduzione degli apparecchi fotografici portatili (1880) e delle pellicole in rullo con supporto in celluloide, realizzate per la prima volta da G. Eastman nel 1888. Nel 1890 F. Hurter e V. C. Driffield iniziarono lo studio sistematico della sensibilità alla luce delle emulsioni, dando origine alla sensitometria. Un considerevole miglioramento delle prestazioni degli obiettivi si ebbe nel 1893, quando H. D. Taylor introdusse un obiettivo anastigmatico (tripletto di Cooke) con sole tre lenti non collate; tale obiettivo, perfezionato da P. Rudolph nel 1902 con l'introduzione di un elemento posteriore collato, venne prodotto l'anno dopo dalla Zeiss sotto il nome di Tessar. Altri progressi si ebbero con l'introduzione del sistema reflex (1928) e degli strati antiriflesso sulle superfici esterne delle lenti che migliorarono enormemente la trasmissione tra aria e vetro e il contrasto degli obiettivi. Nel 1948 E. H. Land introdusse il processo Polaroid in bianco e nero, che permetteva di ottenere in pochi secondi una copia positiva, utilizzando un apparecchio e una pellicola speciali. Successivamente il processo venne esteso anche al colore. Con gli anni Sessanta gli esposimetri incorporati nelle macchine fotografiche hanno dato l'avvio all'epoca degli automatismi; alla fine degli anni Ottanta la miniaturizzazione dei circuiti elettronici ha reso possibile oltre all'esposizione anche la messa a fuoco completamente automatica. I micromotori provvedono al caricamento della pellicola, al suo avanzamento dopo ogni scatto, e al riavvolgimento nel caricatore al termine dell'uso.Gli studi sulla fotografia elettronica hanno portato negli ultimi anni, dopo vari tentativi, alla produzione di macchine che registrano su un dischetto magnetico (o su una scheda) immagini a colori, che possono essere immediatamente viste su uno schermo TV o su computer e stampate con procedimenti che vanno dagli aghi al getto d'inchiostro per passare alle laser e alla sublimazione. Le stampanti ad aghi a causa della distanza che hanno gli aghi e della loro battitura non si possono considerare adatte a riprodurre fotografie, ma già quelle a getto d'inchiostro raggiungono una definizione accettabile. Le stampanti laser si avvicinano ancora di più ad una foto reale mentre quelle a sublimazione potrebbero già considerarsi buone stampe. In un prossimo futuro si potranno stampare fotografie realizzate da macchine fotografiche con supporto digitale che potranno eguagliare quelle eseguite su pellicola - carta. Non bisogna comunque pensare che la fotografia tradizionale abbia i giorni contati.

Chi ama la fotografia continuerà a usare la pellicola per poi svilupparle in proprio o tramite laboratori. Già in precedenza, con l'avvento della fotografia a colori, si diceva che la fotografia in bianco e nero avrebbe avuto i giorni contati. Cosa invece tutt'altro che vera, anzi negli ultimi anni si sta assistendo ad un ritorno massiccio del bianco e nero nella pubblicità come anche nelle foto di matrimonio.


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