Lo Stemma del Comune di Sassetta (torre torricellata, merlata alla ghibellina di cinque e di tre, mezza aperta al campo, che richiama lo Stemma degli Orlandi, feudatari medievali del Castello,visibile sul fonte battesimale della Chiesa di S.Andrea Apostolo |
M |
a Tigrin Della
Sassetta, - faccia ed anima cattiva, - trasse a corsa pe' capelli - un lucchese
che fuggiva - e la spada per le reni una volta e due gli fisse - tinse il dito
entro quel sangue - su la porta così scrisse: - manda a te Bonturo
Dati - che i Lucchesi hai consigliati - da la porta a San Friano
- questo saluto il popolo pisano. Così
Giosuè Carducci conclude la sua Faida di Comune.
Tigrino
degli Orlandi della Saxeta è un personaggio leggendario, quasi sicuramente “creato”
dal Carducci stesso, che lo rese protagonista dell’episodio, al seguito
di Uguccione della Faggiola, avvenuto
all'assedio di Lucca del 1314, che già fu raccontato dal poeta trecentesco Albertino Mussato.
Il Carducci scelse, non a caso, il nome di un sassetano per il suo truce
guerriero: da sempre, Sassetta ha fama di “vero
nido di uccelli rapaci, abitato da uomini usi alla lotta e resi più rudi
dall'asprezza del luogo, dalle folte foreste circostanti e dalla sicurezza del
loro castello, uomini fieri e sanguinari”, come ebbe a definirla lo storico
don Enrico Lombardi. Il Poeta era rimasto particolarmente impressionato dalla
tragica fine di don Giovanni Bertinelli, suo insegnante a Bolgheri,
assassinato, si dice, per vendetta da un suo servitore sassetano, tale Cagnerino: Cagnerino il bracconiere, Cagnerino
dalla "barba diventata bianca ma
l'anima rimasta nera", Cagnerino tanto
famoso a Sassetta da essere diventato un modo di dire: come sei cagnerino! ad indicare chi non dimentica e non perdona. Ma
il Poeta conosceva ed apprezzava anche altri aspetti di Sassetta, se è vero,
come si racconta, che fu durante una delle molte graditissime cene di caccia in
casa dell'amico sassetano Agostino Agostini (padre di Emilio) che il Carducci
trovò l'ispirazione per declamare i famosissimi versi estemporanei “il primo pretto, il secondo schietto, il
terzo senz'acqua, il quarto non s'annacqua, il quinto tutto vino, il sesto come
il primo”.
I Della Sassetta furono un ramo della potente famiglia
pisana degli Orlandi-Pellari; oltre al più famoso Tigrino, i maggiori esponenti furono: Pannocchia, che nel 1252 assalì e distrusse
l'Abbazia di San Pietro in Palazzuolo di Monteverdi -territorio della nemica
Volterra-, (e la voce popolare vuole ancor oggi tutti i sassetani per questo
scomunicati); Iacopo, Cavaliere e Capitano della Milizia Fiorentina nel 1475; e
Ranieri, che partecipò all'insurrezione
pisana del 1494, e per questo nel 1516 fu esiliato da Firenze, e perse il
feudo.
Il
feudo della Sassetta già nel dicembre 1517 fu venduto al Capitolo dei Canonici
di Firenze. A causa dell’esiguità del prezzo pagato, appena 901 scudi, il Fisco
ne ottenne la restituzione.
Il
21 novembre del 1524 i beni furono ancora venduti al pubblico incanto: stavolta
li acquistò Filippo
Strozzi, per 2.400 fiorini d’oro, ma nel 1537, dopo che Filippo Strozzi,
alla guida degli esuli fiorentini antimedicei, fu sconfitto a Montemurlo e
imprigionato, i suoi beni tornarono al Fisco.
Il
25 Marzo 1539, ne fu infeudato il Capitano Matteo Sabatini da Fabriano che, secondo una voce popolare, venne, vide, e partì spaventato da
Sassetta e dai sassetani. O più realisticamente, come pare dai documenti e
tenuto conto che il Sabatini morì nel 1540, fu il figlio Sabatino che, successogli,
per inosservanza delle leggi perse il feudo nel 1542.
Sassetta si trova in Provincia di Livorno, alle pendici di Capodimonte, nell’entroterra fra Cecina e Piombino. |
Così, il 13 marzo 1543 subentrò Pirro Musefilo da S. Genesio, che assunse il titolo di Conte
di castel Sassetta, e ricoprì importanti incarichi alla corte di Cosimo I (fu
Segretario del Granduca, esperto di linguaggi cifrati, Ambasciatore a Napoli e
in Spagna …); alla sua morte però, il figlio maggiore era prigioniero dei
Turchi e gli altri ancora infanti, e
così non poterono o non seppero fare le pratiche opportune per la successione.
In questo periodo, per i continui mutamenti e
verosimilmente anche per la poca attenzione e cura dei feudatari, la comunità di
Sassetta visse uno dei suoi momenti di maggior disagio: in quegli anni, ci
informa don Garzia di Montalvo
nei suoi Ricordi, “chi aveva tante castagne da ingrassare un
maiale si chiamava ricco”.
Infine, il 19 ottobre 1563, il feudo fu concesso ad Antonio Ramirez da Montalvo,
nobile spagnolo, ed ai suoi discendenti in perpetuo. I Ramirez
da Montalvo tennero la Signoria di Sassetta fino
all'abolizione dei feudi, nella seconda metà del sec. XVIII, assumendo in
seguito il titolo di Marchesi e godendo i diritti di patronato sulla Chiesa
Parrocchiale. Antonio Ramirez di Montalvo,come si
legge nelle due targhe commemorative tuttora esistenti, edificò, sui resti del
Castello degli Orlandi, il Palazzo
che ancor oggi domina l’abitato di Sassetta. In anni recenti, il castello ha
ospitato la caserma delle guardie forestali e gran parte dei terreni sono divenuti
di proprietà demaniale, ma la parte inferiore del grosso edificio conserva
ancora tratti di mura medievali. Sul portone, a bozze, della facciata, un
grande stemma barocco dei Montalvo e nella parte
posteriore, che dà nella corte antica, una lapide di marmo con lo stemma dei Montalvo e l’epigrafe: “Antonius Montalvus primus Saxettae dominus - a.d.1571”.
Le riforme leopoldine del 1776 istituirono la comunità di Sassetta con la medesima
estensione territoriale del feudo, costituita dal territorio del popolo di Sant'Andrea Apostolo alla Sassetta.
La comunità fu compresa nel territorio della cancelleria di Campiglia e
sottoposta alla giurisdizione civile e criminale del vicario regio di Volterra.
Nel 1826 il pievano di Sassetta ottenne il titolo di "Arciprete".
Nel 1849 il Castello e le terre della Sassetta vennero
acquistate dalla famiglia Del Gratta; in quegli anni il processo di riscatto
dal giogo feudale aveva raggiunto il proprio apice, e anche a Sassetta fu
costituito (1848) un “comitato pubblico” per la rivendicazione delle vecchie
consuetudini, che avviò un lungo
contenzioso con i nuovi possidenti.
In seguito, il Palazzo appartenne ai Von Berger di
Livorno (ed era ultimamente conosciuto a Sassetta come “Fattoria di Bombèrge”), che nel secondo
dopoguerra lo cedettero all’Azienda Forestale. Attualmente il Palazzo,
restaurato nella facciata e ritornato all’antico nome di Palazzo
Montalvo, è in possesso del Comune.
Nella millenaria chiesa
di Sant’Andrea, costruita entro il perimetro del castello, esiste un
suggestivo ricordo degli Orlandi della Sassetta: il fonte
battesimale romanico, la cui pila è decorata da una stilizzata torre
merlata dello stemma degli Orlandi. Sempre nella chiesa parrocchiale, si
conservano le reliquie di Santa Lorìca e una pregiata Croce di Cristallo di
Rocca, ed alcuni pregevoli quadri, almeno uno dei quali, una Madonna circondata da santi, della fine
del Quattrocento o primi del Cinquecento, è di ottima fattura e di notevole
valore artistico. In particolare un “San
Francesco che riceve le stimmate” è opera di Giovan
Battista Soldini.
Una lapide, posta sulla facciata della casa natale,
ricorda ancora le doti di cuore e di mente del professore Agostino Giorgerini,
valente compositore di musica “umile
quanto grande” come dice l’iscrizione. I vecchi ricordano ancora Francesco Carducci, abile
pittore autodidatta, le cui belle tele si conservano ancora in molte case di
Sassetta e del quale si può ammirare un bellissimo affresco nella chiesa
parrocchiale. Anche nello sport (naturalmente venatorio) Sassetta ha avuto un
illustre rappresentante in Amerigo Del Gratta, vincitore di numerose gare
nazionali e internazionali e campione europeo di tiro al piccione.
Emilio
Agostini, infine, poeta purtroppo quasi dimenticato, è stato il delicato
cantore di Sassetta e l’autore di un ottimo libro a carattere autobiografico,
intitolato “Lumiere di Sabbio”.