sassetta[1]

SASSETTA

 

comune[1]

Lo Stemma del Comune di Sassetta (torre torricellata, merlata alla ghibellina di cinque e di tre, mezza aperta al campo, che richiama lo Stemma degli Orlandi, feudatari medievali del Castello,visibile sul fonte battesimale della Chiesa di S.Andrea Apostolo

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a Tigrin Della Sassetta, - faccia ed anima cattiva, - trasse a corsa pe' capelli - un lucchese che fuggiva - e la spada per le reni una volta e due gli fisse - tinse il dito entro quel sangue - su la porta così scrisse: - manda a te Bonturo Dati - che i Lucchesi hai consigliati - da la porta a San Friano - questo saluto il popolo pisano. Così Giosuè Carducci conclude la sua Faida di Comune.

Tigrino degli Orlandi della Saxeta è un personaggio leggendario, quasi sicuramente “creato” dal Carducci stesso, che lo rese protagonista dell’episodio, al seguito di Uguccione della Faggiola, avvenuto all'assedio di Lucca del 1314, che già fu raccontato dal poeta trecentesco Albertino Mussato. Il Carducci scelse, non a caso, il nome di un sassetano per il suo truce guerriero: da sempre, Sassetta ha fama di “vero nido di uccelli rapaci, abitato da uomini usi alla lotta e resi più rudi dall'asprezza del luogo, dalle folte foreste circostanti e dalla sicurezza del loro castello, uomini fieri e sanguinari”, come ebbe a definirla lo storico don Enrico Lombardi. Il Poeta era rimasto particolarmente impressionato dalla tragica fine di don Giovanni Bertinelli, suo insegnante a Bolgheri, assassinato, si dice, per vendetta da un suo servitore sassetano, tale Cagnerino: Cagnerino il bracconiere, Cagnerino dalla "barba diventata bianca ma l'anima rimasta nera", Cagnerino tanto famoso a Sassetta da essere diventato un modo di dire: come sei cagnerino! ad indicare chi non dimentica e non perdona. Ma il Poeta conosceva ed apprezzava anche altri aspetti di Sassetta, se è vero, come si racconta, che fu durante una delle molte graditissime cene di caccia in casa dell'amico sassetano Agostino Agostini (padre di Emilio) che il Carducci trovò l'ispirazione per declamare i famosissimi versi estemporanei “il primo pretto, il secondo schietto, il terzo senz'acqua, il quarto non s'annacqua, il quinto tutto vino, il sesto come il primo”.

 

 

I Della Sassetta furono un ramo della potente famiglia pisana degli Orlandi-Pellari; oltre al più famoso Tigrino, i maggiori esponenti furono: Pannocchia, che nel 1252 assalì e distrusse l'Abbazia di San Pietro in Palazzuolo di Monteverdi -territorio della nemica Volterra-, (e la voce popolare vuole ancor oggi tutti i sassetani per questo scomunicati); Iacopo, Cavaliere e Capitano della Milizia Fiorentina nel 1475; e Ranieri, che partecipò all'insurrezione pisana del 1494, e per questo nel 1516 fu esiliato da Firenze, e perse il feudo.

 

Il feudo della Sassetta già nel dicembre 1517 fu venduto al Capitolo dei Canonici di Firenze. A causa dell’esiguità del prezzo pagato, appena 901 scudi, il Fisco ne ottenne la restituzione.

 

Il 21 novembre del 1524 i beni furono ancora venduti al pubblico incanto: stavolta li acquistò Filippo Strozzi, per 2.400 fiorini d’oro, ma nel 1537, dopo che Filippo Strozzi, alla guida degli esuli fiorentini antimedicei, fu sconfitto a Montemurlo e imprigionato, i suoi beni tornarono al Fisco.

 

Il 25 Marzo 1539, ne fu infeudato il Capitano Matteo Sabatini da Fabriano che, secondo una voce popolare, venne, vide, e partì spaventato da Sassetta e dai sassetani. O più realisticamente, come pare dai documenti e tenuto conto che il Sabatini morì nel 1540, fu il figlio Sabatino che, successogli, per inosservanza delle leggi perse il feudo nel 1542.

 

 

 

Sassetta  si trova in Provincia di Livorno, alle pendici di Capodimonte, nell’entroterra fra Cecina e Piombino.

Così, il 13 marzo 1543 subentrò Pirro Musefilo da S. Genesio, che assunse il titolo di Conte di castel Sassetta, e ricoprì importanti incarichi alla corte di Cosimo I (fu Segretario del Granduca, esperto di linguaggi cifrati, Ambasciatore a Napoli e in Spagna …); alla sua morte però, il figlio maggiore era prigioniero dei Turchi e gli altri ancora infanti, e così non poterono o non seppero fare le pratiche opportune per la successione.

 

In questo periodo, per i continui mutamenti e verosimilmente anche per la poca attenzione e cura dei feudatari, la comunità di Sassetta visse uno dei suoi momenti di maggior disagio: in quegli anni, ci informa don Garzia di Montalvo nei suoi Ricordi, “chi aveva tante castagne da ingrassare un maiale si chiamava ricco”.

 

Infine, il 19 ottobre 1563, il feudo fu concesso ad Antonio Ramirez da Montalvo, nobile spagnolo, ed ai suoi discendenti in perpetuo. I Ramirez da Montalvo tennero la Signoria di Sassetta fino all'abolizione dei feudi, nella seconda metà del sec. XVIII, assumendo in seguito il titolo di Marchesi e godendo i diritti di patronato sulla Chiesa Parrocchiale. Antonio Ramirez di Montalvo,come si legge nelle due targhe commemorative tuttora esistenti, edificò, sui resti del Castello degli Orlandi, il Palazzo che ancor oggi domina l’abitato di Sassetta. In anni recenti, il castello ha ospitato la caserma delle guardie forestali e gran parte dei terreni sono divenuti di proprietà demaniale, ma la parte inferiore del grosso edificio conserva ancora tratti di mura medievali. Sul portone, a bozze, della facciata, un grande stemma barocco dei Montalvo e nella parte posteriore, che dà nella corte antica, una lapide di marmo con lo stemma dei Montalvo e l’epigrafe: “Antonius Montalvus primus Saxettae dominus - a.d.1571”.

 

Le riforme leopoldine del 1776 istituirono la comunità di Sassetta con la medesima estensione territoriale del feudo, costituita dal territorio del popolo di Sant'Andrea Apostolo alla Sassetta. La comunità fu compresa nel territorio della cancelleria di Campiglia e sottoposta alla giurisdizione civile e criminale del vicario regio di Volterra. Nel 1826 il pievano di Sassetta ottenne il titolo di "Arciprete".

 

Nel 1849 il Castello e le terre della Sassetta vennero acquistate dalla famiglia Del Gratta; in quegli anni il processo di riscatto dal giogo feudale aveva raggiunto il proprio apice, e anche a Sassetta fu costituito (1848) un “comitato pubblico” per la rivendicazione delle vecchie consuetudini, che avviò un lungo contenzioso con i nuovi possidenti.

 

In seguito, il Palazzo appartenne ai Von Berger di Livorno (ed era ultimamente conosciuto a Sassetta come “Fattoria di Bombèrge”), che nel secondo dopoguerra lo cedettero all’Azienda Forestale. Attualmente il Palazzo, restaurato nella facciata e ritornato all’antico nome di Palazzo Montalvo, è in possesso del Comune.

 

Nella millenaria chiesa di Sant’Andrea, costruita entro il perimetro del castello, esiste un suggestivo ricordo degli Orlandi della Sassetta: il fonte battesimale romanico, la cui pila è decorata da una stilizzata torre merlata dello stemma degli Orlandi. Sempre nella chiesa parrocchiale, si conservano le reliquie di Santa Lorìca e una pregiata Croce di Cristallo di Rocca, ed alcuni pregevoli quadri, almeno uno dei quali, una Madonna circondata da santi, della fine del Quattrocento o primi del Cinquecento, è di ottima fattura e di notevole valore artistico. In particolare un “San Francesco che riceve le stimmate” è opera di Giovan Battista Soldini.

 

Una lapide, posta sulla facciata della casa natale, ricorda ancora le doti di cuore e di mente del professore Agostino Giorgerini, valente compositore di musica “umile quanto grande” come dice l’iscrizione. I vecchi ricordano ancora Francesco Carducci, abile pittore autodidatta, le cui belle tele si conservano ancora in molte case di Sassetta e del quale si può ammirare un bellissimo affresco nella chiesa parrocchiale. Anche nello sport (naturalmente venatorio) Sassetta ha avuto un illustre rappresentante in Amerigo Del Gratta, vincitore di numerose gare nazionali e internazionali e campione europeo di tiro al piccione.

 

Emilio Agostini, infine, poeta purtroppo quasi dimenticato, è stato il delicato cantore di Sassetta e l’autore di un ottimo libro a carattere autobiografico, intitolato “Lumiere di Sabbio”.

 

 

 

 

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