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STORIA DI ROMA


La Monarchia dei sette Re
(753 - 510 a.C.)

 

Romolo - Numa Pompilio - Tullo Ostilio - Anco Marzio -
Tarquinio Prisco
- Servio Tullio - Tarquinio il Superbo



I° Re: Romolo (753-716 a.C.)

Il primo re fu naturalmente Romolo. Tracciato il solco ed eliminato il fratello, il problema più incombente era di trovare le donne per la sua compagine. Senza donne non era possibile alcuna discendenza e nessun futuro glorioso avrebbe segnato la sorte di Roma.

A questo punto Romolo decise ancora una volta di risolvere la questione con l'inganno: lo stratagemma passò alla storia come il ratto delle sabine. Il piano era di invitare a una festa il vicino popolo dei sabini con le donne al seguito, e al momento opportuno, sfruttando la sopresa, rapire quante più fanciulle possibile. Il piano riuscì alla perfezione: il bottino fu di seicentottantatre ragazze vergini, meno una, Ersilia, rapita per errore, che diventò la sposa di Romolo.

Al ratto seguì l'inevitabile guerra tra romani e sabini che finì soltanto grazie al provvidenziale intervento di Ersilia: ella si fece portavoce delle sabine rapite supplicando i contendenti di mettere fine a quella inutile carneficina che avrebbe rischiato di uccidere i padri dei loro figli. A quanto pare le sabine si erano abituate (o rassegnate) ai rapitori.

Fatta la pace, Tito Tazio, re dei sabini, divenne monarca alla pari di Romolo e si stabilì con il suo popolo sul Quirinale (Tito era originario di Curi e i suoi vennero chiamati quiriti).

A Romolo si atrribuisce la prima divisione sociale delle genti romane: il popolo venne diviso in tre etnie (o tribù): I Ramnes (o Ramini) di Romolo, I Tities (o Tizi) di Tito Tazio e i Luceres (o Luceri), tribù che raggruppava le genti di origine etrusca.

Romolo decise poi di formare un senato (Curia) composto da 100 (poi ampliato a 200) patres (padri fondatori) nominati dal re, ad esclusione dei Luceri.

Anche l'esercito fu diviso in milites e celeres, i primi fanti e i secondi cavalieri.

I due reggenti decisero poi di bonificare l'area del Campidoglio e costruire un Foro, ovvero uno spazio attorno al quale si sarebbero affaciati la Curia, i templi delle divinità maggiori, i mercati e le botteghe degli artigiani; il centro politico, religioso ed economico della città romana.

Accade però che Tito Tazio morì in seguito a un'imboscata forse tesagli da qualche città sabina limitrofa e Romolo si trovò solo a fronteggiare una popolazione spaccata in due: per arginare la crisi si profuse in una nuova divisione della popolazione. Si decise di dividere i romani in patrizi (i patres, i fondatori storici) e plebei (tutti gli altri). Ai primi spettavano i compiti religiosi ed amministrativi, ai secondi l'artigianato, il commercio e il lavoro nei campi. I matrimoni tra cittadini di classi diverse furono proibiti.

La morte di Romolo è avvolta nel mito: scomparve in una notte di tempesta durante un'eclissi, il suo corpo non fu mai ritrovato. Si dice che salì in cielo sul carro di Marte per diventare il protettore dei romani col nome di Quirino (ma forse fu solo vittima di un complotto).


II° Re: Numa Pompilio, il pio (716-672 a.C.)

Dopo la morte di Romolo seguì un periodo di confusione in cui si susseguirono alla guida di Roma dieci patrizi, mentre le stirpi sabine e romane lottavano tra di loro per la supremazia.

Alla fine si decise di eleggere a reggente Numa Pompilio, di stirpe sabina e marito di Tazia, la figlia del defunto re sabino. Numa Pompilio era un uomo al di sopra delle parti: era molto religioso e poco portato alla frenesia della vita politica tanto che alla responsabilità del governo preferì in principio la calma di Curi. Ma i romani lo convinsero dicendogli che governando avrebbe reso un servizio a Dio.

Il suo regno fu contraddistinto dalle riforme religiose: introdusse riti meno sanguinari, riformò il calendario portandolo da 10 a 12 mesi (aggiunse Gennaio, in onore di Giano Bifronte, e Febbraio, in precedenza l'anno seguiva il ciclo lunare e cominciava da Marzo, consacrato a Marte), i giorni dell'anno passarono da 304 a 355.
A lui si attribuisce anche la fondazione del collegio dei pontefici, massime cariche religiose, e la suddivisione della popolazione per mestieri (fabbri, vasai, carpentieri e orefici). Fu un re ben voluto dalla plebe e molto popolare.

Morì a ottantanni senza aver mai fatto una guerra, quando già le due stirpi riappacificate gli avevano eretto un mausoleo sul Gianicolo.


III° Re: Tullo Ostilio, il distruttore di Alba (672-640 a.C.)

Tullo Ostilio, di origine latine, era assai diverso dal suo predecessore: Il suo nome venne associato alla distruzione di Alba Longa.
Per avere un casus belli che giustificasse la guerra come giusta agli occhi degli dei istituì il collegio dei feziali, i quali avevano il compito di trovare un pretesto per ogni belligeranza.

La guerra con Alba fu lunga e spietata (è qui che si svolse l'episiodio degli Orazi e Curiazi). La città fu distrutta e la sua popolazione deportata sul monte Celio; Il suo re, Mezio Fufezio, fu sventrato atrocemente, legato mani e piedi a quattro quadrighe con cavalli partite in direzioni opposte.

Gli ultimi anni del suo regno videro la costruzione di una nuova sede senatoriale (Curia Hostilia) e la sconfitta degli Etruschi di Veio, nonche una terribile epidemia di peste.

Mori' in un incendio provocato da un fulmine scagliato da Giove, il quale pare non avesse gradito un rito sacro a lui dedicato.


IV° Re: Anco Marzio, il fondatore di Ostia (640-616 a.C.)

Anco Marzio, di stirpe sabina e marito di una figlia di Numa Pompilio, divenne il IV° re di Roma.
Dopo aver conquistato il terreno che separava la città dalla costa, fondò Ostia, così anche Roma, come si disse, potè avere il suo Pireo (il porto di Atene).
Fornita Roma di uno sbocco marittimo e migliorata la navigabilità del Tevere, aumentarono i commerci, sopratutto del sale, per estrarre il quale si scavarono nuove saline e si costruirono per conservarlo dei magazzini lungo il fiume. Il re ordinò poi la distribuzione gratuita del prodotto, cosa che risultò gradita alla popolazione, che lo usava per conservare i cibi.
Le barche risalivano il Tevere per portare il sale alle zone piu' interne e scendevano cariche di legname, facendo aumentare gli scambi e instaurando stabili rapporti d'affari con gli etruschi.

Al re si attribuisce poi la costruzione del primo ponte in legno sul Tevere, il Sublicio, a sud della futura isola Tiberina, e la conquista, con abituale deportazione delle popolazioni entro le mura della città, di numerose tribù locali.


V° Re: Tarquinio Prisco e l'occupazione etrusca (616-578 a.C.)

Con Tarquinio Prisco inizia l'occupazione etrusca di Roma. Era figlio di Demarato, un eminente greco fuggito da Corinto e stabilitosi a Tarquinia, città etrusca. Tarquinio, che si chiamava ancora Lucumone, sposò Tanaquilla, raffinata dama etrusca, che lo convinse a trasferirsi a Roma dove divenne il braccio destro di Anco Marzio. Il re lo fece tutore dei suoi figli e lo iscrisse nella tribù lucera.

Salito al trono col nome latino di Lucio Tarquinio Prisco, allargò il numero dei patres della Curia introducendovi per la prima volte dei membri etruschi.
Non contravennendo agli usi romani, intraprese una serie di battaglie vittoriose nei confronti dei popoli vicini, continuando ad espandere il territorio di Roma e formando una lega di stati etruschi con reciprochi vincoli di non belligeranza.

Tarquinio introdusse nel protocollo di corte i fasci littori e le più raffinate usanze etrusche, fece sfoggio di grande sfarzo durante le celebrazioni e si circondò di guardie del corpo. La città di Roma venne ingrandita e abbellita: si lastricarono le strade, si arricchì il Foro di nuovi tempi e nuove strutture, si costruì il Circo Massimo e si iniziò la costruzione del tempio di Giove Capitolino.

A Tarquinio si attribuisce il generale affinamento dei riti e delle tradizioni romane sotto l'influenza della più raffinata civiltà etrusca.
Morì ucciso da sicari assoldati dai figli di Anco Marzio, che lo accusavano di aver conquistato il trono grazie al favore che godeva agli occhi del padre, nonchè alle sue ricchezze.


VI° Re: Servio Tullio, il rifondatore (578-534 a.C.)

Servio Tullio, etrusco, era di orgini servili ma aveva preso in sposa Tarquinia, una delle figlie di Tarquinio Prisco, e si era assai distinto in battaglia come comandante di cavalleria.

Fu un re non eletto, in particolare si racconta che salì al trono grazie a uno stratagemma escogitato assieme alla suocera. I due fecero credere alla popolazione che Tarquinio Prisco fosse ancora vivo e che in punto di morte avesse passato momentaneamente il regno nelle mani di Servio, carica che da temporanea divenne definitiva.

Servio Tullio dovette domare le rivolte di Veio, Cere e Tarquinia, che non riconscevano il lui il successore di Tarquinio e si rifiutavano di rispettare gli accordi di non belligeranza firmati con il predecessore.
In ricordo delle sue orgini fece una legge che permetteva a chiunque di poter scalare i livelli sociali a dispetto delle origini di classe.

Servio venne ricordato per essere un grande riformatore, tanto da meritarsi l''appellativo di rifondatore di Roma: per conoscere meglio la popolazione fece indire un censimento generale, quindi passò a dividere le genti in cinque classi secondo il censo.
A lui si devono le possenti mura di tufo che cinsero Roma nel V° secolo (conosciute come serviane).
Servio assegno' poi ad ogni moneta di bronzo una immagine di un capo di bestiame (pecus, da cui pecunia) in rapporto al loro diverso valore.

La città venne divisa in quattro zone: la Palatina, L'Esquilina, la Collina (o Quirinale) e la suburana (o Celio). Alle tre tribu' originarie (Ramini, Tizi e Luceri), dette tribù urbane, venne aggiunta una quarta tribù, detta rustica, composta da tutte quelle popolazioni che si erano aggregate alla città per vari motivi (guerre, deportazioni e profughi di diversa natura) le quali prendevano il nome dalla zona geografica di origine.

Il regno di Servio vide un periodo di pace, stabilità e concordia tra le diverse stirpi romane. Sull'Aventino venne eretto, di comune accordo, un tempio alla vergine dea Diana, divinità dei boschi cara alla plebe, agli schiavi e alle donne.

Tutto ciò non impedì la morte violenta di Servio Tullio per mano della figlia Tullia, che intendeva impossessarsi del regno assieme al cognato. La leggenda vuole che, ucciso il padre, la figlia ne abbandonò il corpo esanime in strada e vi passò sopra con il suo carro. Quindi, non paga, fece avvelenare il marito, Arunte Tarquinio, per sposarne il fratello Lucio Tarquinio, che divenne il nuovo re.


VII° Re: Tarquinio il Superbo, il tiranno (534-510 a.C.)

L'ultimo re di Roma fu ricordato per la sua tirannia e l'assoluta iniquità, e per aver esasperato a tal punto il popolo romano da meritarsi l'appellativo di Superbo, nonché la rivolta che lo scacciò.

Il Superbo sciolse il senato, ne vietò ogni riunione e uccise tutti coloro che gli mostrarono opposizione. Impose poi nuove tassazioni, arricchendo il suo patrimonio personale e distruggendo tutto l'impianto di riforme del suo predeccessore, governando senza alcuna regola e a suo esclusivo tornaconto.

L'episodio leggendario che provocò la caduta della monarchia e la scacciata degli etruschi da Roma vede come protagonista Sesto, un figlio di Tarquinio. Assieme ai fratelli Tito e Arunte e ad altri compagni di baldoria, ormai ubriachi, proposero di vedere cosa mai stessero combinando in quel momento le proprie mogli.
Giunti a casa, le trovarono con gran sorpresa tutte più o meno affacendate in baccanali, tranne una, Lucrezia, la moglie di Lucio Tarquinio Collatino, seduta al telaio. La cosa non finì qui.
Ospite di Tarquinio Collatino, Sesto abusò sessualmente di sua moglie Lucrezia.
L'indomani Lucrezia si precipitò dal padre e dal marito, e spiegando loro cosa era successo, trasse da sotto le vesti un pugnale e si uccise.

Da questo suicido scaturì una furente sollevazione popolare guidata da il padre di Lucrezia, Spurio Lucrezio, dal marito e dal figlio di una sorella di Tarquinio il Superbo, Lucio Giunio Bruto, fino allora defilato ma destinato a grandi cose. Egli portò il cadavere di Lucrezia al foro e giurò di vendicarne la morte con l'aiuto dei romani e dell'esercito che ancora assediava Ardea.

Era il 510 a.C. quando Roma scacciò la dinastia dei Tarquini, ormai completamente screditata e divisa al suo stesso interno, liberandosi della dominazione etrusca e dandosi una nuova forma di governo.

Tarquinio il Superbo fu costretto all'esilio e si rifugiò nella città etrusca di Cere, mentre il figlio Sesto fu ucciso a Gabi. Così nasceva, secondo la leggenda, la Repubblica dei consoli.

 

 

 

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