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San Tommaso

SAN TOMMASO
d'Aquino

(1221-1274)

 

 

Tommaso d'Aquino fu l'esponente più eminente della scolastica di derivazione aristotelica: il Cristianesimo si era da secoli diffuso in tutta Europa e Tommaso fu il principale interprete del suo apogeo grazie alla riscoperta del pensiero di Aristotele, fino allora poco considerato dalla teologia prevalentemente indirizzata verso il neoplatonismo.

Tommaso nacque nella famiglia dei conti di Aquino, la madre si chiamava Teodora e il padre Landolfo. Da piccolo studiò presso i monaci benedettini di Montecassino, finché nel 1239, in seguito alla decisione presa da Federico II di fare dell'abbazia una fortezza militare, si iscrisse all'Università di Napoli, frequentando la facoltà delle arti dal 1239 al 1243.

Nel 1244, affascinato dall'ordine dei predicatori, decise di farsi domenicano, nonostante la decisa opposizione della famiglia. Nel 1245 si trasferì quindi a Parigi dove studiò teologia sotto la guida di Alberto Magno. In seguito al trasferimenti di questi a Colonia, Tommaso decise di seguire il maestro nella città germanica.

Tonato a Parigi nel 1252, cominciò la carriera dell'insegnamento, dapprima come baccelliere e poi come come maestro reggente di teologia a Parigi. Nel biennio 1272-1273 è maestro di teologia presso l'università di Napoli.

Nel 1274 parte per Lione per partecipare alla commissione del concilio ecumenico, ma dopo alcuni giorni di viaggio muore nell'abbazia di Fossanova.

Le sue più importanti opere sono: le Questioni disputate (1259), il Trattato contro i Gentili (1269-1273) e il Trattato di teologia (o Somma teologica), lasciato incompiuto. Altre opere da ricordare sono il Commento alle "sentenze", L'ente e l'essenza, L'unità dell'intelletto contro gli avveroisti, L'eternità del mondo contro i mormoranti. Da aggiungere a questi vari commenti attorno alle opere di Aristotele e ai passi della Bibbia.

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Sommario

1. La collaborazione tra fede e ragione

2. Dio come vero fondamento

3. Le cinque prove dell'esistenza di Dio

4. Essenza ed esistenza, forma e materia

5. L'analogicità dell'essere

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1. La collaborazione tra fede e ragione

L'idea centrale della filosofia di Tommaso e di tutta la scolastica è l'intenzione di provare le verità divine per via razionale. La religione impone verità di fede indiscutibili, alle quali nemmeno la ragione può appellarsi, in quanto essa non può nulla contro la verità annunciata agli uomini da Dio.

Come è possibile allora conciliare le esigenze della conoscenza scientifica (considerata aristotelicamente) con i dogmi indiscutibili imposti dalla fede? L'indagine del mondo naturale, infatti, può entrare in conflitto con le verità di fede: qualora l'evidenza di un fenomeno contrasti con le Sacre Scritture, quali parti prendere? Possibile che Dio abbia creato un mondo che entri talvolta in contrasto con le sue stesse leggi?

Tommaso ritiene che Dio non possa essere così malevolo da produrre il contrasto tra l'indagine naturale e la verità divina, ovvero il contrasto tra ragione e fede. Tra filosofia e teologia non vi è dunque opposizione, seppure quest'ultima sia superiore alla prima perché portatrice di verità annunciate agli uomini direttamente da Dio. Egli non ha creato l'uomo per dotarlo di una logica ingannatrice e falsa, se una verità naturale appare talvolta in contrasto con le verità di fede, questo contrasto non è dovuto a un errore di Dio, ma piuttosto a un errore umano. Di fronte ad una contraddizione evidente tra fede e ragione, l'uomo deve quindi imparare a vedere la questione in un diverso aspetto, partendo dal presupposto che l'errore è dovuto ad un insufficiente approfondimento del problema.

In altri termini la natura creata da Dio non può essere in contrasto ma solamente in accordo con le verità da Egli stesso trasmesse agli uomini. Ogni presunta discrepanza tra le due dimensioni consiste in un errore umano.

Detto questo il metodo privilegiato per indagare la realtà è rappresentato dalla ragione, la quale ha pieno diritto di indagine naturale ed ontologica, ma solo nell'ambito ed entro i confini tracciati dalle verità di fede (i dogmi).

Tommaso afferma che la ragione deve venire in aiuto della fede in tre modi:

1. Dimostrando le verità dogmatiche, come ad esempio la Trinità e l'unicità del principio divino;

2. Spiegando per immagini e similitudini i misteri della fede;

3. Ribattendo le obiezioni degli atei.


2. Dio come vero fondamento

Il progetto di Tommaso di servirsi della logica aristotelica pone la necessità di utilizzare il sillogismo come metodo di indagine. Come abbiamo già visto per Aristotele (si veda il Capitolo 9 della sua scheda) il sillogismo presenta però un problema fondamentale: la veridicità delle premesse. Il sillogismo, infatti, per sua natura, abbisogna di provare continuamente le verità sulle quali poggia il processo delle deduzioni. In forza di questo, il sillogismo necessita a monte di una premessa vera e dimostrata per la sua semplice evidenza (evidenza che Aristotele riscontrerà nei fenomeni empirici).
Come può Tommaso allora dare avvio alla catena delle deduzioni proprie del sillogismo fondandola su premesse non evidenti quali l'esistenza di Dio e dei principi di fede?

Tommaso sostiene nella Somma teologica che la scienza rispecchia le verità teologiche, in quanto l'intera Creazione di Dio è soggetta alle leggi della natura fondate da Egli stesso. La scienza è quindi la legge divina che determina il funzionamento dei processi naturali. "[...] poiché essa [la scienza] procede dai principi conosciuti con la luce di Dio e dei beati. Pertanto, allo stesso modo che la musica accetta come buoni i principii che le sono trasmessi dalla matematica, così la sacra dottrina accetta i principii che le sono rivelati da Dio" (Somma Teologica).

Per fondare comunque il sillogismo sulla verità del principio divino, Tommaso si affida alla tripartizione neoplatonica della realtà: in principio vi è Dio, da Dio deriva la creazione, al termine di tale processo vi è un ritorno di tutto al Principio Primo (si veda l'escatologia di Eriugena).

Ecco che allora "Poiché lo scopo principale di questa sacra dottrina è di comunicare la conoscenza di Dio, e non solo per quel che Dio è in sé, ma anche in quanto è principio e fine della realtà, e specialmente della creatura razionale, intendendo esporre questa dottrina tratteremo prima di Dio, in secondo luogo del cammino a Dio della creatura razionale, in terzo luogo di Cristo, perché in quanto uomo, Cristo è per noi la via che porta a Dio" (Somma teologica).

Dunque Dio si pone al principio di ogni cosa come creatore, la creazione è sua "creatura razionale" in quanto risponde a leggi razionali create da Egli stesso, infine ogni cosa, alla fine dei tempi (annunciati da Cristo con la Lieta Novella) è destinata a ritornare a Dio risolvendosi nella beatitudine eterna.
Ovviamente, la dottrina di Tommaso non fa riferimento al
neoplatonismo classico: Dio non crea il mondo per emanazione ma secondo un atto volontario, come il ritorno dell'uomo a Dio non è praticato per via puramente mistica ma dettato da necessità teologiche legate a veri e propri annunci divini (la verità del compimento del mondo nella fine dei tempi è annunciata dai Vangeli).

Da tutto questo discorso deriva che Dio si pone come fondamento della logica, che è sua stessa creazione, Dio si pone come premessa prima di ogni processo sillogistico. Tale priorità assoluta è dimostrata dalle verità teologiche annunciate dalla sua stessa parola. L'intero edificio filosofico tomista (e scolastico) poggerà allora sulle verità rivelate, l'indagine razionale si svolgerà nell'alveo tracciato da tali verità, la ragione non potrà che essere in accordo con le rivelazioni divine in quanto essa stessa creazione e strumento di Dio.


3. Le cinque prove dell'esistenza di Dio

Nella Somma teologica Tommaso indica cinque prove dell'esistenza di Dio per via razionale. Il procedimento utilizzato da Tommaso si appoggia sulle considerazioni aristoteliche relative al motore immobile e costituiscono degli argomenti "a posteriori", ossia partono dai dati empirici dell'esperienza per giungere all'affermazione della necessità di un Primo Principio.

Alla base di queste considerazioni vi è l'affermazione di Tommaso che L'uomo è limitato e può percepire solo le cose sensibili, non può penetrare i segreti della sostanza divina. Per indagare il divino egli può far riferimento solamente alla ragione, un metodo però indiretto e limitato, ma pur sempre giustificato dal fatto che la ragione è creazione divina e quindi metodo validissimo.

1° prova: Il movimento (il motore immobile). "Omne quod movetur ab alio movetur" (come si è già visto per Aristotele). Questo significa che Tommaso accetta il significato del divenire e del mutamento allo stesso modo di Aristotele, ovvero come passaggio da potenza ad atto. Questo passaggio abbisogna di un qualcosa che permetta alle cose di muoversi. Vi è quindi un mosso (qualcosa che muta dalla potenza all'atto) e un movente (qualcosa che genera il mosso, che genera il passaggio e che muove). Se per ogni sostanza naturale vi è alle spalle un movente, non è possibile che esista una catena infinita di moventi, le cose sarebbero un nulla. Ecco allora che è necessario un movente che non muove, un motore immobile, che è Dio.

L'impossibilità di spiegare ogni movimento con una serie infinita di movimenti è infatti contrario al principio di non-contraddizione. Se ogni cosa fosse mossa all'infinito, mosso e movente coinciderebbero.

2° prova: Il rapporto causa/effetto (la causa incausata). Tutte le cose possiedono una causa efficiente che le produce (che le rendono effettive). A sua volta la causa che produce una cosa ha alle spalle un'altra causa e così via. Questo rapporto causale evidentemente non può essere infinito, deve esistere una Causa Incausata, una causa priva di un'altra causa alle sue spalle che dia inizio alla catena ininterrotta delle cause e degli effetti, ovvero Dio.

3° prova: La contingenza (l'essere necessario). Il mondo è fatto di cose possibili, ovvero di cose che nascono e finiscono, che passano da uno stato di essere a non essere più (sono contingenti, ovvero sono fintanto che sono). Ciò comporta la possibilità che tutto ciò che esiste possa essere stato un giorno un puro nulla. Ammettere la possibilità che qualcosa fosse un nulla significherebbe dire che non potesse esistere questa cosa anche in seguito, visto che dal nulla non si genera il nulla (ex nihilo nihil, ovvero "ciò che esce dal nulla, rimane un nulla" perché il nulla non esiste). Ecco allora la necessità di un essere assolutamente necessario, ovvero qualcosa che non può non esistere, la base stabile nelle quali le cose prendono forma, ovvero Dio.

4° prova: I diversi gradi di perfezione (l'essere perfettissimo). Le cose del mondo hanno tutte diversi gradi di perfezione, una cosa può essere più o meno bella, più o meno vera, più o meno giusta. Tutte hanno in se la possibilità di migliorare e comunque lasciano aperta la possibilità di una perfettibilità. Se ogni cosa potesse migliorarsi all'infinito, il concetto stesso di perfezione ne risulterebbe svuotato, poiché mai niente sarebbe veramente perfetto. Ecco perché secondo Tommaso deve per forza di cosa esistere un essere perfettissimo, che è già perfezione e contiene al massimo grado tutte le determinazioni finite degli enti finiti (contenga quindi il bello, il vero, il giusto come concetti puri e assoluti). Questo essere perfettissimo è Dio.

5° prova: il fine (l'intelligenza ordinatrice). Tutti le cose naturali tendono a un fine, ogni cosa naturale ha un ordine. Tuttavia tutte le cose naturali inorganiche e organiche non possiedono una coscienza del proprio fine, non sono coscienti di ciò a cui tendono e dell'ordine entro il quale sono stati creati. Ecco che allora è necessario che dietro a questa loro mancanza di coscienza dei fini vi sia un'intelligenza cosciente e ordinatrice, una coscienza che attribuisca per ciascuna cosa vivente il fine per cui è stata creata: questa intelligenza ordinatrice è Dio.

Tali cinque dimostrazioni non vogliono essere sostitutive alle verità di fede, esse costituiscono dei preamboli alla conoscenza di Dio. Dio rimane un essere inconoscibile alle capacità limitate degli uomini, tuttavia queste cinque prove intendono dimostrare come anche attraverso la ragione, opera divina, l'uomo riesce a pervenire ad un'affermazione della sua esistenza. Ecco che la ragione non è un male e nemmeno entra in contrasto con la Rivelazione, la ragione è parte integrante del creato e rispecchia la volontà divina.


4. Essenza ed esistenza, forma e materia

La distinzione tra ente ed essenza riveste particolare importanza nell'ambito della teologia tomista.

Per ente si intende ogni cosa che è, che ha la qualità di esistere (un'esistenza). Le cose esistenti non sono solo quelle che si manifestano nel mondo naturale e sensibile, tutto il mondo divino degli angeli, del Paradiso e Dio stesso sono forme di esistenza non manifeste nel modo in cui si manifestano gli oggetti naturali. Tuttavia questi enti esistono, ovvero non sono un niente.

L'essenza delle cose è invece la determinazione che rende un essere ciò che e non un altro. L'essenza può essere allora considerata la definizione dell'ente, ovvero ciò che a ciascun ente permette di essere una certa cosa. Tommaso la chiama anche "quiddità" (quidditas, dal latino quid="che cosa?").

L'essenza esprime allora la potenza dell'ente, l'essenza che si unisce all'ente (alla pura esistenza) genera la sostanza determinata, in atto. Il passaggio tra essenza (in potenza) ed esistenza (l'atto dell'essenza) può realizzarsi solamente per mezzo di Dio, Egli è colui che si incarica di creare le cose nella realtà in ragione della loro essenza. Solo Dio è allo stesso tempo essenza ed esistenza, in quanto essere puro, necessario e perfettissimo.

Da questi concetti derivano anche quelli di forma e materia, sostanzialmente ripresi da Aristotele.
La forma è il principio per cui la materia assume un determinato aspetto e va a formare una determinata sostanza. La sostanza delle cose è infatti un composto (un sinolo) di forma e materia. La forma è quindi ciò che crea in atto una sostanza servendosi della materia, ovvero servendosi di un sostrato di esistenza necessario alla forma per plasmarlo secondo una qualsiasi essenza (la materia indeterminata accoglie la forma in potenza, ovvero avendo già in sé le qualità potenziali di diventare un ente determinato). La forma si configura così come l'essenza di ogni cosa secondo l'ordine e le qualità volute da Dio.


5. L'analogicità dell'essere

Nella teologia medievale particolare importanza riveste il problema di definire se la sostanza divina sia o meno la stessa di quella umana. Il problema è legato al fatto di dimostrare quale sia il reale rapporto tra Creatore e Creazione, se il primo è assolutamente trascendente alla seconda o se le due dimensioni condividono la stessa sostanza (tesi del panteismo, di Plotino, dei neoplatonici e di Spinoza, ad esempio).

Tommaso sostiene l'analogicità tra l'essere divino e quello umano. L'essere dell'uomo non è identico a quello di Dio ma è solo simile all'essere divino (Dio infatti, secondo le Sacre Scritture, ha creato l'uomo a sua "immagine e somiglianza"). L'essere degli uomini e della natura creata costituisce una sostanza analoga ma imperfetta rispetto a quella divina. L'essere degli uomini è infatti soggetto a corrompersi e a distruggersi, mentre l'essere divino è eterno e immutabile.

Tale distinzione permette anche di ribadire la supremazia della teologia sulla filosofia: La teologia studia l'essere puro e assoluto, l'essere divino, mentre la filosofia si interessa di conoscere l'essere proprio della Creazione, analogo ma imperfetto rispetto a quello del Creatore. Ecco perché per l'uomo è impossibile conoscere in senso assoluto e definitivo la natura divina, l'uomo è infatti immerso nell'imperfezione limitante generata dal suo essere qualitativamente inferiore.

 

(si vedano anche Tomismo e Scolatica)

 

 

Scheda di Synt - ultimo aggiornamento 03-10-2004

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