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Rosso dorato
di Sheera

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Capitolo II
Casualità

 

Il giovane si stava aggirando per il centro. Era da un po’ che non faceva un giro da quelle parti. Improvvisamente si fermò davanti ad un vetrina che non aveva mai notato. Un nuovo negozio di pesca? Entrò senza esitare.

Asuka stava allegramente chiacchierando con Kagome, sua cara amica sin dai tempi delle elementari, quando erano vicine di casa. Kagome era più vecchia di lei, ma le due si erano frequentate spesso, fino alla partenza della prima per quei quattro mesi di studio a Londra. Ora si erano ritrovate, dopo ben sei mesi.

Kagome: “E così hai finito per iscriverti allo Shohoku…”

Asuka: “Mi sembra normale, come mio fratello. E poi è il più vicino…”

Kagome: “Come vanno le cose con tuo fratello, tra l’altro?”

Asuka (ridendo): “È sempre il solito… Ma non importa, gli voglio un gran bene, lo sai. Poca gente si rende conto di quanto sia veramente sensibile…”

Kagome (sospirando): “Già…”

Asuka: “Credo sia cotto di una ragazza della nostra scuola. Però non mi ha detto chi è. Inoltre ho come l’impressione che mi nasconda qualcosa.”

Kagome: “Innamorato? Fagli gli auguri…”

Asuka: “Scherzi? Lascia perdere. Ad ogni modo, da quando sono tornata ha qualcosa di diverso. La nostra complicità sembra cambiata, sai? Te l’ho detto: è come se mi nascondesse qualcosa…”

Kagome: “Tuo fratello non è mai stato un tipo semplice da capire…”

Asuka: “Cambiamo discorso, dai! Dimmi, come ti trovi al Ryonan? Sempre bene?”

Kagome: “Naturalmente. Però la nostra squadra di pallavolo non è così forte. Non so se ci incontreremo al torneo…”

Asuka: “Mmh, non hai avuto molta fortuna, eh? Beh, ho sentito dire che nemmeno lo Shohoku era un granchè, l’anno scorso.”

Kagome: “Sì, ma adesso sei arrivata tu!”

Asuka: “Non intendevo questo. Ci sono elementi secondo me molto validi, ma gli manca la carica giusta. Però stanno migliorando…”

Kagome: “In compenso, comunque, la nostra squadra di basket sembra essere il club che ottiene i migliori risultati in tutta la scuola. Una volta sono andata a guardarli giocare. C’è un tipo con i capelli a spazzola e gli occhi blu, che continua a sorridere. Mi sta molto simpatico.”

Asuka: “L’hai conosciuto?”

Kagome: “A dire il vero sì. Gli ho parlato, perché una mia compagna era stracotta di lui. È stato molto gentile. Ha detto che non gl’interessava, perché preferiva concentrarsi sul basket, però si è preoccupato, perché non voleva farla soffrire. Alla fine, in qualche modo abbiamo arrangiato tutto, e lui mi ha pure ringraziata. Mi saluta sempre. È cordiale e simpatico. Forse un giorno te lo presenterò: secondo me voi due stareste bene insieme, eh eh!”

Asuka: “Non dire cretinate! E non ricominciare a fare l’agenzia “vi troviamo l’anima gemella”! Combini di quei casini!”

Kagome: “Sì, però spesso i miei metodi si rivelano efficaci. Quando non è così, invece, riesco ad attutire i colpi…”

Asuka: “D’accordo, ma stavolta lasciami fuori. Se ripenso a quella storia con Yohei [che storia?]… Bene, basta! Ah, guarda! Un nuovo negozio di moda! Presto, andiamo a vedere! Ho bisogno di un nuovo zainetto!”

Presa l’amica per la mano, la trascinò dietro di sé, correndo verso il suo obiettivo. Kagome le stava dietro, al pari incuriosita. Negli ultimi tempi avevano aperto un sacco di nuovi negozi.

Erano rimaste lì dentro per parecchio tempo. Improvvisamente Kagome guardò l’orologio.

Kagome: “Ah! Devo assolutamente scappare! Scusa, Asuka! Ti chiamo, va bene?”

Asuka: “ Si può sapere dove vorresti andare? Non mi dire che ne stai combinando un’altra delle tue!”

Kagome: “Sai, Shun è a pezzi perché è totalmente cotto di Hisame… quella che era innamorata di Sendoh. Ci vediamo!”

Era scattata via a gran velocità, lasciando l’amica sola, ad osservarla mentre si dileguava. ‘Lo sapevo, sempre la solita! Come diavolo farà, poi? Secondo me ha messo un’inserzione sul giornale! E poi chi diavolo sarebbe Sendoh? L’ha detto come se lo conoscessi. Boh!’.

Aveva pagato lo zaino alla cassa ed era uscita dal negozio. Stava risitemando ancora il borsellino, quando improvvisamente sentì un forte strattone. Si rese subito conto di essere stata scippata!

Asuka (mettendosi a correre): “Al ladro! Fermati, maledetto bastardo!”

Riusciva a tenergli dietro, ma non aveva modo di accorciare le distanze che li separavano. Improvvisamente ebbe come l’impressione che una saetta le avesse sfiorato il fianco. Si fermò. Un ragazzo stava correndo a gran velocità dietro al delinquente. In poco tempo lo raggiunse e gli fu adosso. Con uno spintone lo fece cadere a terra. Asuka rimase per un attimo sbigottita. Le pareva che fosse capitato tutto in un lampo. Si riscosse e andò verso il suo giovane benefattore, che sorridendo le porgeva lo zainetto nuovo, contenente il suo portafoglio.

Asuka: “Grazie mille. Sei stato davvero gentile…(?)”

Ragazzo: “Sendoh Akira. Anf… È stato un piacere! Sbuff...”

Sendoh? Ma non era il nome che poco prima aveva pronunciato Kagome? Lo guardò più attentamente (intanto un poliziotto di ronda si stava occupando dello scippatore). Aveva i capelli a spazzola, disordinati dopo la corsa, gli occhi blu e un sorriso molto caldo. Cominciava a capire.

Asuka: “Scusa, ma tu… conosci per caso una ragazza di nome Kagome?”

Sendoh: “Mmh, sì. È quella che si occupa dei problemi di cuore, vero? Quella che mi ha parlato di… come si chiamava?”

Asuka: “…Hisame…”

Sendoh: “Già, esattamente! Tu invece sei…?”

Asuka: “Asuka, per tutti quanti. Cosa posso fare per ringraziarti, mio gentile atleta?”

Sendoh: “…Atleta?”

Asuka: “Hai già ripreso fiato, si vede che sei abituato a fare scatti. Posso offrirti qualcosa da bere? Avrai sete dopo quella corsa… E poi abbiamo adirittura un’amica in comune!”

Sendoh sorrise ed accettò la proposta di buon grado.

La coppia si recò così in uno dei vicini bar. Asuka vide dei tavoli all’aperto e chiese al suo accompagnatore se gli sarebbe dispiaciuto stare fuori, in quella bella giornata. Sempre sorridendo, questi fece un cenno, intendendo che quella di stare fuori era una buona idea.

Asuka si sentì immediatamente a proprio agio. Quel ragazzo era veramente gentile e cortese, come le aveva detto l’amica. Inoltre era anche molto carino. Le piacevano un sacco quegli occhi blu, che la guardavano allegramente.

Sendoh, dal canto proprio, stava facendo le sue considerazioni su quella tipa incontrata improvvisamente. Di solito non giocava a fare l’eroe, ma cominciava a convincersi che stavolta ne era davvero valsa la pena. Quella bella ragazza aveva due occhi verdi scuri che gli facevano girare la testa. Anche i capelli erano di un colore stupendo: nel sole avevano riflessi dorati. Com’era carina! Sendoh non si sentiva così da molto tempo. Certo, le ragazze le guardava eccome, ma una così... Hisame non gli era piaciuta molto, doveva ammetterlo. Aveva usato la scusa del basket per non ferirla. Allo stesso tempo però era sempre stato contento della sua libertà. Era la prima volta che pensava seriamente di rinunciarvi per qualcuno. ‘Akira, che ti passa per la testa? Sei matto? Solo perché è carina non vuol dire che ti vuole… Meglio non rischiare. Forse dovrei tentare di cominciare un discorso…’

Sendoh: “Sei di Kanagawa?”

Asuka: “Sì, sono cresciuta a qui.”

Sendoh: “Ah!... Posso chiederti a chi devi quel colore di capelli?”

Asuka: “Mia madre…”

Sendoh sorrise osservandola. Era caduto un altro silenzio. Ora cosa poteva dire? Chiederle che scuola frequentasse? Quanti anni avesse? Sembravano lo solite domande di rito, poste tanto per dire qualcosa. Aveva voglia di iniziare un discorso, e quella non sarebbe stata la maniera migliore. Optò per una scelta un po’ meno banale, dopo aver sorseggiato dal proprio bicchiere.

Sendoh: “Come mai conosci Kagome?”

Asuka: “Vengo anch’io dall’epoca Sengoku…”

Sendoh: “???”

Asuka: “Ah ah! Ma che faccia fai? Stavo scherzando! Dai!…Non conosci Inu Yasha?”

Sendoh: “Manga? Non ne leggo da parecchio tempo. La mia passione è il basket…”

Asuka: “È vero, Kagome me l’aveva detto. Così giochi nella squadra del Ryonan, vero?”

Sendoh: “Già… Anche tu pratichi uno sport?”

Asuka (con entusiasmo): “Gioco a pallavolo. È lo sport più bello che esista!”

Sendoh la guardò un po’ perplesso. Poi lei si rese conto di ciò che aveva detto ed arrossì. Che sciocchezza fare un commento simile ad un patito del basket! Però le era venuta una buona idea. Decise di chiederglielo quando sarebbe tornata dalla toilette: certamente aveva i capelli tutti scomposti per via della corsa; non ci aveva però ancora fatto caso. Si scusò e sgusciò via. Sendoh pensò così di aprofittarne per pagare il conto: non voleva che alla sua “prima uscita” con una ragazza dovesse pagare lei, nemmeno se era in debito di riconoscenza. ‘Forse sarà la scusa buona per…’

Asuka: “Eccomi, scusa se ti ho fatto aspettare!”

Lui la osservò. Si era pettinata i capelli e aveva portato un velo di leggero trucco sugli occhi. Era diventata ancora più bella. Si alzò senza darle il tempo di risedersi.

Sendoh: “Ti vanno due passi?”

Asuka: “Ma… il conto…”

Sendoh: “Non preoccuparti, è a posto. Ti sdebiterai per tutto accompagnandomi nel parco qui vicino…”

La fissava con uno sguardo profondo e sicuro, sorridendo dolcemente. Asuka si sentì scogliere di fronte a quel sorriso. Non replicò. Era felice. Nessun ragazzo era mai stato così dolce e allo stesso tempo intraprendente nei suoi confronti. Le aveva fatto capire che aprezzava la sua compagnia e che non aveva intenzione di liberarsene molto presto. Lei decise di aspettare di giungere al parco, per porre quella domanda che aveva in mente da un po’.

Camminarono tranquillamente fianco a fianco, senza scambiare altre parole, ma incrociando talvolta gli sguardi. Lui continuava a distribuire generosamente teneri sorrisi, così a lei come ai bambini che scorrazzavano felici per le viuzze del parco e, distratti dai loro giochi, si scontravano con le sue gambe.

Asuka: “Sendoh?”

Sendoh: “Chiamami pure Akira…”

Asuka: “Va bene, Akira. Vorrei chiederti una cosa.”

Sendoh (sempre sorridendo): “Quello che vuoi!”

Asuka: “Mi spieghi le regole del basket?”

Silenzio. Il ragazzo si fermò, con le mani in tasca ed un’espressione di sorpresa. In un immobile momento un leggero venticello scompigliò loro i capelli. Sendoh poteva sentire la brezza soffiare e le grida dei bimbi felici riecheggiare sullo sfondo. Ma la voce più chiara di tutte era quella dei verdi occhi della sua nuova amica, che lo fissavano parendo scrutargli l’anima. Si perse per un dolce e silenzioso attimo in quel verde profondo. Lei, allo stesso modo, si sentì trasportare dal suo sguardo. Infondeva tranquillità. Era come guardare un lago pacifico sotto ad un roseo tramonto. Poi lui distolse l’attenzione all’improvviso: una piccola palla arancione gli aveva colpito uno stinco.

Bambino: “Mi scusi, signore! Non volevo!”

Sendoh (raccogliendo la palla): “Ehi, piccolo! Giochi a basket?”

Bambino: “Certo! Un giorno diventrò un grande giocatore!”

Sendoh (sorride): “Fai bene! Allenati costantemente e vedrai che ci riuscirai!”

Presa la palla dalle grandi mani del giovane uomo, il bimbo ricambiò il sorriso e corse via allegramente, palleggiando. Asuka era rimasta a guardare la scena in silenzio. Aveva un’espressione allegra e rilassata.

Asuka: “Ci sai fare con i bambini, vero?”

Sendoh: “Con creature tanto dolci… come si fa a non riuscirci?”

La guardò come se stesse parlando di lei.

Asuka: “Attento, Akira! Le felpate zampe di un gatto possono nascondere taglienti artigli. Prendi me, per esempio. Ho un caratterino…”

Sendoh (ride): “Lo so, me ne sono accorto! Non tutti gridano “maledetto bastardo” a qualcuno nel bel mezzo della strada!”

Asuka (arrossita, guarda a terra): “Ma lui mi aveva rubato lo zaino…”

Sendoh: “Vieni, “piccola paprika”! Ti spiego le regole dello sport più bello che esista, secondo me, naturamente. Sediamoci!”

“Piccola paprika”? Che strana definizione. Ma la trovava carina. Gliel’aveva detto in maniera molto amichevole. Si sedettero, e il ragazzo cominciò la propria lezione, senza nemmeno chiederle perché volesse conoscere le regole del basket.

La loro conversazione continuò per parecchio tempo. Dopo che Sendoh aveva finito con il basket, si spostarono sulla pallavolo. Lui lo aveva sempre trovato un sport noioso e statico [mai guardato “Attacker Yu!”?], ma la maniera appasionata in cui lei ne parlava lo aveva reso interessante. L’ascoltava rapito, con il gomito appoggiato sullo schienale della panca e la guancia adagiata sulle nocche della mano chiusa a pugno. Aveva un’espressione beata, con un dolcissimo sorriso disegnato sulle labbra (tanto per cambiare). Avrebbe voluto fermare quegli attimi e portarli via con sé. Sembrava perfetto. Loro due, il parco, il tramonto… Il tramonto? Incredibile! Avevano tirato quell’ora? Contemporaneamente anche Asuka parve accorgersene. Si riscosse dal suo impegnato ragionamento e guardò l’orologio. Era tardissimo!

Asuka: “Aaargh! Non è possibile! Devo andare! Domani ho l’esperimento d’inglese, e ancora non ho studiato! E poi ho anche la partita! Devo andare subito!!!”

Sendoh: “Asuka, aspetta! Non vuoi che ti accompagni a casa?”

Asuka: “No, no. Non ti preoccupare! Vado! Ciao!… È stato un pomeriggio molto piacevole!…”

Sendoh era ancora seduto. La guardò mentre si allontanava, poi sospirò. Era scomparsa correndo, allo stesso modo in cui era apparsa diverse ore prima. Entrò in uno stato pensieroso, rivivendo tutti quei singoli momenti. Un angelo dai capelli rosso-dorati era scivolato nella sua vita… E ora? Non sapeva nulla di lei! Solo il suo nome e il fatto che giocava a pallavolo. Come avrebbe potuto contattarla di nuovo? Si sentì panicare improvvisamente. Non sapeva nemmeno che scuola frequentasse! Dopo tutto quel parlare di pallavolo, non aveva nemmeno nominato il suo club! Si lasciò ricadere sullo schienale. Come avrebbe fatto ora? Poi un lampo. Ma certo! Kagome!… No, non lei. Era una ragazza gentile, ma non gli piaceva che si immischiasse tanto negli affari privati della gente. Lui non parlava mai di sé stesso [tranne con Koshino]. Avrebbe dovuto trovare un’altra soluzione…

Un altro Slam Dunk perfetto. Sendoh sembrava in forma come al solito. Era totalmente concentrato sul gioco. Gori 2 (cioè Uozumi) lo osservava soddisfatto. La prossima volta avrebbero certamente battuto lo Shohoku. Poi si accorse di una ragazza sulla porta della palestra. Era sua cugina Hisame. Chissà come mai si trovava lì? Accanto a lei c’era un’altra figura femminile, a cui non fece caso. Entrambe osservavano le mirabolanti prestazioni dell’asso del Ryonan. Rimasero per tutto l’allenamento. Gori 2 le aveva rimosse dai suoi pensieri, finchè, conclusi gli esercizi, si era recato vicino alle due giovani studentesse.

Uozumi: “Hisame, ciao! Come mai hai seguito il nostro allenamento?”

Hisame (rossa): “Ciao, cugino. Beh, io…”

Kagome (chiaramente, la ragazza al fianco di Hisame): “Ciao, Sendoh! In forma come al solito, eh?”

Sendoh (notando Hisame): “Kagome… Scusa, vorrei farmi una doccia…”

Kagome: “Certo, ma posso dirti solo due parole?”

Il ragazzo sospirò discretamente e si avvicinò alla ragazza, che lo tirò per un braccio verso un angolo deserto della palestra.

Kagome: “Mi dici cosa combini? Avevi detto che non ti interessava avere un rapporto con una ragazza perché sei concentrato sul basket!”

Sendoh: “…?”

Kagome: “In breve: mi ha telefonato Asuka, raccontandomi del vostro splendido pomeriggio insieme! E indovina chi stava passando per il parco in quel momento?’

Sendoh: “Ehm… Hisame?”

Kagome: “Ma che intuizione! Sei stato molto sleale nei suoi confronti! Se non ti piaceva potevi anche dirmelo!”

Sendoh (insolitamente freddo): “Era così difficile da capire?”

Kagome: “!!”

Sendoh (secco): “Mi dispiace, non volevo che ci restasse male. Non sono stato sleale. Non c’è stato comunque nulla fra me e Asuka!”

Kagome: “Lo so. Credo che in fondo Asuka preferisca un tipo di nome Rukawa… Non me l’ha detto, ma mi ha tirato la testa come un pallone su di lui!”

Aveva lasciato cadere il commento quasi per caso. Sendoh sentì un tuffo al cuore. Gli pareva che il suo battito fosse cessato improvvisamente. Possibile? Rukawa? Allora Asuka frequentava lo Shohoku? Era confuso. Si voltò senza dire nulla e si recò rapidamente, pensieroso, negli spogliatoi. Voleva farsi una doccia e lavare via qualsiasi cosa. Non ci riuscì. Continuava a tormentarsi. ‘In fondo è stata solo gentile… Abbiamo chicchierato come degli amici… Non è successo nulla… Stupido, Akira! Stupido, stupido! Avresti dovuto impedirle di andarsene, avresti dovuto fare qualcosa! Ma perché Rukawa? Perché tutte le ragazze s’innamorano di lui? Ma che diavolo ha questo tipo? È così terribilmente bello?’. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e il cuore d’inividia e gelosia. Aveva le braccia tese e le mani appoggiate alla parete. Il getto d’acqua calda gli colpiva la nuca e le spalle. Fissava il terreno. Non voleva piangere. Come mai si sentiva così male? Non gli era mai successo. Innamorato? Dopo un solo pomeriggio? Impossibile! Non voleva crederci, ma sapeva che era così. ‘Sì, Rukawa, sei bello sul serio…’ Tirò un pugno alla parete. I suoi compagni di squadra, che fino a quel momento non avevano fatto molto caso a lui, sussultarono.

Uozumi/Fukuda/Hikoichi: “Sendoh, ti senti bene?”

Koshino/Uekusa: “Che ti prende?”

Sendoh si riscosse dai suoi pensieri, rendendosi improvvisamente conto di dove si trovasse. Tutti i suoi compagni lo stavano guardando attoniti.

Sendoh: “Niente, niente… Scusate…”

Così dicendo scivolò via, cercando di evitare d’incrociare gli sguardi degli altri. Aveva smesso di pensare ed era stato preso da un’istinto di fuga. Si asciugò e vestì velocemente, poi uscì senza sistemarsi i capelli. Tutti lo osservarono perplessi: cosa poteva essergli preso? Non era il solito Sendoh. Koshino intuì improvvisamente che doveva aver a che fare con ciò che gli aveva detto Kagome. Sì, ma cosa?

Koshino: “Uozumi, tu sai che cos’ha detto Kagome a Sendoh?” [Kagome è conosciuta in tutto l’istituto]

Uozumi: “No, non ne ho la più pallida idea…”

 

Sendoh, uscito dalla palestra, si era messo a correre. Quale insolita sensazione di confusione e dolore sentiva dentro di lui? Non aveva mai provato nulla del genere. Senza fare caso a dove si dirigesse, continuò la sua fuga. Da cosa stava scappando? Dalla verità? Poteva anche essere così. Sentiva i suoni della città rimbombare nella sua testa. Tutto gli ripeteva quel nome: Rukawa. Per la prima volta in vita sua sentì di odiare qualcuno. Improvvisamente si rese conto di cosa dovesse provare Sakuragi, che subiva lo stesso suo destino, ma riguardo ad Haruko Akagi [mi sa che l’ha notato chiunque, fuorchè Haruko...].

Si fermò, chino, con le mani poggiate sulle ginocchia leggermente piegate. Stava ansimando, tenendo gli occhi strizzati e la fronte corrugata. Poi una voce alle sue spalle lo nominò.

?: “Tu sei Akira Sendoh!”

Sendoh alzò lo sguardo. Che razza di caso bizzarro! Shinichi Maki si trovava proprio di fronte a lui!

Maki: “Ti senti bene?”

Non capì molto il senso della sua domanda sulle prime. Stava ansimando, era vero, ma a causa della corsa… Poi lo notò. Aveva le gote bagnate. Il vento, la corsa, la confusione… non si era reso conto che stava piangendo! Ormai era inutile tentare di negare il proprio dolore. Scosse il capo.

Maki: “Sendoh, posso fare qualcosa per te?”

Sendoh (con sguardo triste): “Sai far scomparire le persone?”

Maki: “??”

Sendoh (accenna un sorriso sconsolato): “Lascia perdere… Grazie comunque!”

Il ragazzo si girò e fece per andarsene.

Maki: “Ehi, non voglio che mi racconti cos’hai!… Ti vanno due tiri?”

Stava facendo roteare un pallone da basket sull’indice. Sorrise con aria di sfida. Sendoh, asciugandosi le gote ancora bagnate, annuì.

La loro sfida pareva interminabile. L’asso del Ryonan riuscì a cancellare ogni pensiero, concentrandosi sul gioco. Avevano accordato che avrebbe vinto il primo che avesse staccato l’altro di undici punti (somma dei numeri delle loro maglie [ma anche numero della maglia di Rukawa, imbranati… Vabbè, occhi-blu non pare essersene accorto…]). Nessuno dei due ci riusciva. Poi decisero di fermarsi per riposare un poco. Si sedettero per terra.

Maki: “È incredibile come ti distrae, vero?”

Sendoh: “Già! È la cosa migliore che ci sia!” [per chi non l’avesse capito, stanno parlando del basket...]

Maki: “È sempre un piacere giocare con te…”

Sendoh: “Grazie… Un vero caso incontrarci, non trovi?”

Maki: “Già, che ci fai da queste parti?”

Sendoh: “Non prestavo molta attenzione a dove stessi andando. Tu, invece? Non mi sembra che siamo in zona Kainan…”

Maki: “He he, no! A dire il vero devo vedere una persona. Sono arrivato parecchio in anticipo, e… No! Cavolo! Mi starà aspettando! E sono tutto sudato! Che figuraccia farò!!”

Sendoh: “Se devi incontrare questa persona dove eravamo prima è meglio che ti sbrighi. Io me ne torno a casa. Ti ringrazio di cuore per avermi aiutato!”

Maki: “Io non ho fatto niente. Magia del basket! Ci vediamo, campione! Su di corda!”

Maki si era alzato e si era avviato, salutando l’altro con la mano. Sendoh si sentiva un po’ sollevato. Non aveva mai parlato con lui prima di allora, eppure in quel momento erano stati molto naturali. Sentiva di avere un nuovo amico, e ne era felice. Sperava di rincontrarlo presto. Aveva deciso che non avrebbe pensato più a nulla, che avrebbe cercato di mantenere la mente sgombra. In fondo era inutile fare speculazioni basandosi sulle parole di una persona arrabbiata. Decise di lasciar perdere. Si alzò e si incamminò verso casa. Era piuttosto lontana: lo aspettava un bella passeggiata nella frizzante brezza serale. Ritrovando il suo sorriso e la sua serenità, procedeva con passo tranquillo.

 

>Continua...

Capitolo 3

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