01. Diamond in the fog “Allora, ti muovi o no?” mi urlo’ da dietro la porta. Era la voce del mio migliore amico; quel giorno aveva una partita importante e non voleva arrivare in ritardo. “Aspetta un attimo, non trovo la maglietta azzurra!” gli risposi irritata. Eravamo un po' in ritardo, verissimo, pero’ il palazzetto dello sport era vicino, e poi avremmo potuto farci portare da mia mamma. “E allora mettine un'altra... e’ cosi’ difficile?” quel giorno era molto nervoso. Anche i campioni ogni tanto hanno paura di perdere, vero? “MAMMA! Dove hai messo la MIA maglietta azzurra?” ero in preda ad una crisi isterica. “Ho detto che voglio mettere quella, e quella mettero’!” “E’ sulla sponda del letto, tesoro, non l'avevi vista?” quando mi rispose a questo modo pensai che mi stesse prendendo per scema... ero gia’ passata venti volte davanti al letto e non avevo visto nessuna maglietta. Eppure, come al solito, la mamma aveva ragione! “Sei pronta o no?!” a essere sincera non ho mai conosciuto una persona cosi’ impaziente come lui... in quel momento maledii il giorno in cui gli avevo promesso di andare a vederlo! Mi infilai la maglietta ed uscii dalla stanza. “Era ora, Sua Maesta’ la regina d'Inghilterra!” commento’ sarcastico. “Ci puo’ accompagnare mia madre, se hai cosi’ paura di arrivare in ritardo!” gli risposi alzando le spalle e con noncuranza. “Lascia perdere, ho voglia di fare due passi” si mise il borsone sulle spalle e poi aggiunse “Forza, andiamo!” Uscimmo di casa e ci incamminammo verso il palazzetto che si trovava a soli 500 metri da casa mia. Contrariamente ad ogni aspettativa, arrivammo in anticipo di ben quindici minuti rispetto agli ordini di mio nonno. Eh gia’, l'allenatore della squadra di Kacchan era proprio mio nonno: Mitsuyoshi Anzai, conosciuto anche come “il Buddah dai capelli bianchi”. Il mio nonnino... l'unico, insieme a Kazuki, che mi abbia capita quando ne avevo bisogno. A quel tempo vivevo a Yokosuka, con i nonni e la mamma, da circa 3 anni, cioe’ da quando i miei genitori avevano divorziato. Non era stato un bel periodo, ma nella mia vita non c'era mai stato nulla di facile: prima di tutto perche’ sono una ragazza. Anche mio padre e’ un allenatore di basket e in quanto a tale, voleva che i suoi figli avessero successo in questo sport; ma una ragazza non potra’ mai raggiungere gli stessi livelli di un uomo e per questo il grande Keichi Kiyosawa ce l’ha sempre avuta con me! Lo sapevo fin da quando ero piccola, pero’ non volevo mollare, volevo dimostrargli che anche io ero in grado di darmi da fare... volevo che fosse orgoglioso di me... Fu cosi’ che iniziai a giocare a basket. Non che servi’ a qualcosa, sia ben chiaro... il grande allenatore non aveva tempo da dedicare ad una mocciosa di 7 anni; ogni volta che tornavo a casa delusa perche’ lui non era venuto a vedere l'ennesima partita, mio fratello mi consolava: non parlavamo, ma il suo sguardo dolce e protettivo valeva piu’ di tutte le parole del mondo. E ora se ne era andato anche lui: era partito un paio di mesi prima per l'America e ormai l’unica persona che mi era rimasta era proprio Kaede. “C'e’ qualcosa che non va, Natsuko?” la voce di Kacchan mi riporto’ sul pianeta Terra. “Non sono io quella che ha il terrore di non saper reggere il confronto con Sendoh!” gli risposi in tono volutamente provocatorio e facendogli la linguaccia. A quel punto si giro’ di scatto e mi fulmino’ con lo sguardo: “Io? Perdere contro quell'incapace? Ma per favore!” “Guarda che stavo solo scherzando... perche’ sei cosi’ irritabile, oggi?” chiesi con un filo di voce. Ogni volta che si tirava in ballo il basket, quel ragazzo cambiava radicalmente e diventava irascibile come pochi. In quel momento pensai che gli bruciasse ancora la sconfitta dell'ultima volta: lui ODIA perdere. “Scusami, hai ragione... una curiosita’... perche’ nomini sempre Sendoh?” una smorfia si fece largo sul suo viso “Non ti sarai mica innamorata di lui?!” scoppio’ in una bella risata... una risata del tutto falsa, una risata che nascondeva amarezza e tristezza. Quell'idiota... chissa’ quali idee gli frullavano per la testa... Eravamo seduti sul pavimento degli spogliatoi del palazzetto: era freddissimo e ci rinfrescava un po'. “No che non sono innamorata di lui. Perche’ dovrei esserlo?” gli risposi acidamente e quel cretino mi fece un sorriso serenissimo (Kaede che sorride: una data da segnare sul calendario!), senza pronunciare una parola. “Che hai da ridere?” a quel punto ero anche un po' offesa, oltre che sconcertata... pero’ la misi sullo scherzo: “Non credi alle mie parole? Traditore che non sei altro!” gli dissi, rubandogli la divisa dal borsone e lanciandogliela addosso subito dopo. Penso che sia stata questa mia caratteristica a legarci cosi’ a fondo. Lui serissimo, io pazza da legare: in fondo gli opposti si attraggono, no? Dal momento in cui ci eravamo conosciuti Kaede era cambiato: era diventato piu’ espansivo, anche se la strada era ancora lunga da percorrere. E io decisi di percorrerla insieme a lui. Mi ricordo ancora la volta in cui ci incontrammo: era il primo giorno di scuola della seconda media e lui mi aveva investita in bicicletta. Stette a fissarmi per qualche secondo, poi raccolse le sue cose e se ne ando’ in classe ancora assonnato. E il pomeriggio in spiaggia? Chissa’ se se lo ricorda ancora... ero li’ a pensare ai fatti miei, quando arrivo’ e si sedette vicino a me. Non disse una parola e ben presto ne capii il motivo: con lui non c'era bisogno di parlare, basta guardarlo negli occhi: quegli occhi che molti giudicano inespressivi, se osservati bene, rivelano un velo di infelicita’ e di malinconia, rivelano un ragazzo che nasconde molti segreti. Basta conoscerlo per capire che e’ una persona stupenda... quelli che credono che lui sia pomposo, spocchioso e presuntuoso... beh, loro sbagliano. Come possono giudicare qualcuno senza nemmeno conoscerlo? E’ proprio questo che mi fa arrabbiare: la superficialita’ della gente. “Pianeta Terra chiama Natsuko Kiyosawa, pianeta Terra chiama Natsuko Kiyosawa: Nacchan sei ancora viva o gli abitanti di Omega-4 ti hanno catturata e cucinata allo spiedo?” “Scusami, oggi sono molto pensierosa...” “Non me ne ero accorto, guarda!” rispose sarcasticamente. Davvero troppo sarcastico per i miei gusti. “Hey!” era la voce di Ryo-chan. “Ciao gente!” questo era Mitsui-senpai... “Ciao!” rispondemmo in coro io e Kaede. “Rukawa, e’ ora di cambiarci! Gli altri stanno arrivando: si stanno mettendo d'accordo per gli ultimi schemi con Anzai!” mi fece l'occhiolino Mitsui. In poche parole mi dovevo levare dalle scatole. “Ci vediamo dopo, ragazzi! In bocca al lupo, faccio il tifo per voi!” dopo quell'occhiolino ero diventata bordeaux, ma nessuno se ne accorse: faceva molto caldo quel giorno. “Ah, ehm... Kacchan... fallo a pezzi!” Lui si giro’ facendo finta di avere in mano una pistola e poi sparo’ “BANG! Colpito e affondato, manico di scopa! Non mi freghi!” Iniziai a ridere, mentre i ragazzi sparivano dietro agli armadietti. Raccolsi lo zaino ed uscii in corridoio per dirigermi verso le tribune. Capitolo 2 Torna alla pagina di Slam Dunk Torna all’indice delle Fanfiction |