Ecco il dodicesimo operato del mio narcisuccio nero...

Disclaimers: Purtroppo il genio che ha inventato i personaggi principali, esclusi quelli della Natsu family, non sono io, ma è il dottor T. (Inoue). Eppoi io mica sono un genio!

Capitolo Dodicesimo – Removal

È così dolce il risveglio nelle mattinate in cui non attendi altro che il giorno che sta per arrivare!

Mi sollevo a sedere, mentre la sveglia sintonizzata su Radio Anime ancora intona la canzone che mi ha fatto aprire gli occhi.

"Fire soul love..." mormoro, ricordando il titolo del pezzo.

E intanto lascio correre per l’ennesima volta i miei ricordi a quella sera. Mi sembrano passati solo secondi, da allora. Tutto è così vivo nella mia mente. Io ed Akira che raggiungiamo il gruppo di giocatori, Taoka che ci chiede cosa diavolo stessimo facendo, e Hiroaki che distoglie l’attenzione con un mirato commento che non c’entra nulla. Ci siamo mangiati con gli occhi per tutto il tempo che restava, e i nostri amici hanno certamente intuito più che subito cosa fosse accaduto. Gli altri, invece, se ne stavano in tutto un altro mondo. Quello normale, suppongo, siccome noi eravamo proprio fra le nuvole.

Ha insistito per accompagnarmi fino a casa, ed abbimo parlato come se stessimo insieme da anni. Era tutto così perfetto! Fra una cosa e l’altra gli ho anche spiegato come fossero andate le cose con Shiro, e lui ha detto che lo voleva assolutamente conoscere.

Una volta sulla porta, incurante di tutto e tutti, mi ha preso fra le braccia e mi ha costretto ad abbandonarmi ad un bacio mozzafiato. E in quel momento è stato come se atterrassi a terra, dopo aver percorso più o meno due ore sospeso a mezz’aria. Mi sono reso conto che non era affatto un sogno, che tutto quanto stava succedendo sul serio. Akira era diventato il mio ragazzo, e questa consapevolezza mi ha scosso fin nel profondo delle ossa, in un turbine di gioia, sorpresa e spavento. Insomma, tutto sommato non ero mai stato con nessuno. Il pensare che lui mi amasse quanto io amavo lui, in quel momento, mi ha fatto venire i brividi. Ho iniziato a tremare fra le sue forti braccia che mi stringevano a sè. Mi sentivo un cucciolotto indifeso, lì, nella sua calda stretta. Era tutto così sconvolgentemente perfetto!

"Cosa c’è? Perchè tremi?"

"Akira..." dico, scostandogli un poco quei ciuffi che ricadono sulla sua fronte "...è solo che tutto sembra così... così..."

"...Perfetto? Anche a me! Non riesco neppure a crederci... È la prima volta che mi innamoro e vengo ricambiato!... Perchè sorridi così?"

"È solo che mi hai rubato le parole di bocca, mio stupendo capitano!"

"Ah... ma ti avviso: se non la smetti di guardarmi così mi sa che non arrivi vergine a domani!"

"Io non ci riesco, a guardarti in un altro modo, Akira! Mi sento le gambe di gelatina!"

"Vorrà dire che non posso lasciarti andare, se no cadi!"

"Sì, Kira-kun, non lasciarmi andare... Per favore..." concludo, affondando il viso nel suo petto. Lui mi acarezza dolcemente fra i capelli e sussurra un "neanche per sogno" in una maniera che mi fa girare la testa. Rimaniamo lì ancora per un po’, non so di preciso quanto, come due piccioni nel bel mezzo della primavera. Poi, finalmente, lasciando un ultimo bacio e un "buonanotte" dietro di sè, si allontana e dichiara un "a domani" come per dire che riprenderemo i nostri discorsi il giorno successivo. Lo osservo per un po’, finchè la lontananza e l’oscurità non lo strappano alla mia percezione. Aspetto un attimo, sospiro e faccio per girarmi, quando una figura si avvicina nell’oscurità. Che sia ancora lui? Aguzzo la vista, e mi accorgo che invece è Shiro. Attendo che si avvicini, poi gli sorrido come un beota e dico:

"Ho perso una scarpetta, ma mi hanno promesso che domani me la restituiscono..."

"Kojiro... Io ho trovato una scarpetta, ma non credo che sia la tua..." risponde, con la stessa espressione in faccia. Ci limitiamo ad abracciarici felici, prima di rientrare.

Cammino con il naso in un libro, tanto per cambiare. Ma questa volta sto solo ripassando per la prova scritta d’inglese. Mi blocco solo quando realizzo che stavo per scontrarmi con qualcuno.

"Sempre con la testa fra i libri, eh?" mi accoglie la mia voce preferita.

"Beh, se "qualcuno" ieri non mi avesse tenuto più di un’ora al telefono, io adesso non sarei costretto a ripassare il testo..." lo rimbecco con fare un po’ scherzoso.

"Uffa, ancora questa storia? Tanto prenderai un ottimo voto, come al solito..."

"Beh, perchè studio!... Non fare quella faccia, dai! Senti qui, piuttosto! Questa frase descrive esattamente i miei pensieri, nel momento in cui ti ho visto per la prima volta!"

"Uh? Che frase?"

"I might call him a thing divine, for nothing natural I ever saw so noble."

"…" diventa tutto rosso, e mi fissa con due occhioni da cucciolo. Lo mangerei quando fa così!

"Non guardarmi così!" sussurro "Se no come pretendi che possa resisterti?"

"Lo dici tu a me, dopo che mi hai detto una frase del genere? Vorrei saltarti adosso!"

"Risparmiati per domani sera: Shiro esce con Sayaka..." gli faccio l’occhiolino.

Se ne sta lì, con la testa appoggiata sul mio petto e la schiena adagiata fra le mie gambe. Io sono seduto e lo acarezzo sulla fronte.

"Leggimela ancora una volta, ti prego!" mi dice, con una voce che sembra miele.

"Di nuovo, Acchan? Ma dai, l’avrai imprata a memoria!"

"Sì, ma detta dalla tua voce è ancora più bella... E poi non mi hai ancora spiegato cosa significhi K.S.N..."

"È solo per via del soprannome che mi ha affibiato mio fratello... Kuroi Suisen. Ed "N" sta per il mio cognome..."

"Kuroi Suisen? Mi piace... Mi piace un sacco! Nella tua famiglia ce l’avete proprio tutti, la vena poetica, eh?"

Non rispondo, ma lui ruota il corpo fino a ritrovarsi faccia a faccia con me. Insomma, sdraiato su di me (più che sul divano), in mezzo alle mia gambe, e con la bocca a pochissimi centimentri dalla mia. Ben presto inizia a baciarmi con passione. Mi lascio andare a quella splendida schermaglia fra le nostre lingue, finchè la sua mano si insinua sotto alla mia maglia ed il suo dito prende a stuzzicarmi il capezzolo sinistro. La sua bocca scivola fino al mio orecchio, lo mordicchia, e poi passa sul collo. Rimango teso un momento, godendomi a pieno questa nuova sensazione. Malgrado le parole, non eravamo mai andati oltre al bacio, finora. Ma in fondo dev’essere perchè non siamo mai stati completamente soli. La cosa non aveva posto grandi problemi, ma sapevamo entrambi di desiderare intensamente l’occasione per poter approfondire il nostro contatto, almeno un po’. Non so fino a che punto ci porteremo, ma non mi va di pensarci. Mi lascio andare al mio istinto, esattamente come sta facendo lui. Ben presto ci liberiamo dei rispettivi indumenti che ci coprono il torace. Inizio ad esplorare il suo petto con le labbra e le mani, finchè non riesco a strappargli un gemito. Lo guardo soddisfatto, interrompendo temporaneamente la mia attività. I suoi occhi scintillano. Senza resistere un attimo di più a quello splendore, lo afferro per i fianchi e lo traggo a me con vigore, facendo ricongiungere le nostre labbra. Lui mugugna contento, ed io gli faccio eco. Ci strofiniamo l’uno contro l’altro ancora per un po’.

Siamo tanto presi che non sentiamo più nulla. Almeno io. Akira, invece, ad un certo punto si blocca e solleva la testa. Faccio per chiedergli che cos’ha, ma lui mi anticipa apoggiando un dito sulle mie labbra, per farmi tacere. E infatti passano solo pochi istanti quando delle voci raggiungono anche me. E dopo di esse, arrivano subito anche i rispettivi proprietari, che si affacciano all’ingresso del salotto. Il sangue mi si gela nelle vene, il respiro mi si blocca. Akira è ancora su di me, a torso nudo, e con lo sguardo rivolto ad una terza persona, che lo fissa shoccatissimo: mio padre. Lentamente, con calma, il mio ragazzo si alza e raccoglie dal pavimento l’indumento di cui l’avevo privato. Io rimango immobile, senza neppure fiatare. Mio padre ha gli occhi puntati nei miei, e lì, alla fine, la leggo, quell’espressione che tanto avevo temuto di vedere.

Mi alzo piano, sempre fissando quello sguardo impietoso. Mia madre è dietro di lui, e tiene una mano sulla bocca, come se avesse visto una cosa terrificante. Akira, invece, è accanto a me. Credo che sia imbarazzato per essere stato colto proprio in quella situazione, ma nulla di più. Del resto è naturale: i suoi genitori non gli hanno mai posto problemi per le sue scelte. Sua madre, anzi, ha insistito per incontrarmi, ed ha iniziato a venerarmi non appena ho varcato la soglia di casa sua per la prima volta. Per quanto abbia detto a mister occhi blu che in casa mia la situazione sarebbe stata diversa, lui si è sempre mostrato fiducioso. Lo è anche ora. Io, invece, inizio a tremare, e fisso il pavimento.

"Dov’è tuo fratello?" mi interroga il mio genitore con voce ferma e serissima, rompendo quel silenzio di ghiaccio.

"È uscito con la sua ragazza..."

"Ah, bene! Almeno lui!" risponde. Sento un fremito dentro di me. Stringo i pugni, senza alzare lo sguardo.

"Hiroshi, ti prego... Cerca di calmarti, ora!" interviene mia madre alle sue spalle, riconoscendo il preludio della sfuriata ormai prossima.

"No, Michiru! C’è poco da calmarsi!" sbraita lui. "E per quel che riguarda te... Prendi la tua roba e vattene da qui!"

"Checcosaaa?!!!" grida Akira, sbigottito. Io non rispondo. Mi dirigo verso le scale, con la testa bassa.

"Adesso basta, Hiroshi! Stiamo parlando di nostro figlio, te ne rendi conto?!"

"Appunto, te ne rendi conto? Io non lo voglio, un figlio invertito! Non in questa casa!" li sento dire, mentre percorro i gradini verso l’alto, senza pronunciare una parola. Akira è rimasto fermo esattamente dove si trovava, ammutolito, incredulo. Quando esco dalla mia stanza con due borse piene di roba, lui è ancora lì, bloccato, che fissa mio padre come un pesce. Solo quando arrivo in fondo alle scale parla di nuovo.

"È uno scherzo, vero?!"

"Ma tu chi sei, poi? Cosa diavolo vuoi?! Esci da casa mia anche tu, razza di finocchio del cazzo!" devo dire che è raro sentire certi vocaboli sulla sua lingua. Beh, l’ha presa pure peggio di quanto mi aspettassi. Ma in questo momento la cosa non m’importa proprio. È come se avessi maturato una corazza di pura insofferenza nei suoi confronti. Appoggio le borse a terra e mi avvicino a lui, fino a trovarmi a pochi centimetri dal suo naso. Lo fisso attraverso i ciuffi neri che mi ricadono davanti agli occhi. Poi lascio cadere la chiave di casa per terra e lo afferro per il colletto.

"Non ho capito bene le ultime parole." Dico freddissimo ed iracondo.

"Sei pazzo? Lasciami andare!"

"Stappati le orecchie, brutto stronzo!" dichiaro, stringendo ancora di più la morsa. "A me dici quello che vuoi, ma Akira non lo insulti, hai capito?! Hai capito?!!" gli urlo in faccia.

"Basta, Kojiro!" mi dice il mio lui, appoggiando una mano sulla mia spalla. "Andiamocene via da questa topaia! Si sente la puzza delle bestie che ci vivono!"

"Sì, hai ragione..." dico, mollando la presa. Raccolgo le borse e mi porto verso l’ingresso.

"Kojiro, aspetta, ti prego!" mia madre mi raggiunge con uno scatto e due occhioni imploranti.

"Mi dispiace, mamma! Comunica all’esattore che gli restituirò le spese degli ultimi tre anni appena potrò. In fondo ho mangiato a tradimento sotto questo tetto per tutto questo tempo. Prima però non lo sapevo, abbi pazienza." Annuncio con voce gelida.

"Oh, insomma, smettetela! Hiroshi, scusati subito con lui! E tu, Kojiro, riporta quella roba in camera tua!" dice, raggiungendo di nuovo suo marito.

"Fossi scemo!" risponde quello.

"Fossi deficiente!" lo rimbecco io, con uno sguardo ancora più cattivo.

Nessuno dice più nulla. Esco, ed il mio ragazzo mi raggiunge rapido, prendendomi una delle borse dalla mano e caricandosela su di una spalla. Camminiamo per un po’, senza dire una parola. Poi lui prende fiato.

"Mi dispiace..."

"A me no! Certo, se potessi ospitarmi per qualche giorno, finchè non mi sistemo..."

"Ma sei deficiente?! Ti paiono cose da chiedere?!"

Mi fermo in mezzo alla strada e lo guardo. Sorrido sconsolatamente, e lui mi acarezza una guancia. Poi un tuono, qualche goccia. Finchè non inizia a piovere sul serio.

Arriviamo sulla soglia di casa sua bagnati come due pulcini, dopo che abbiamo trascinato litri di acqua per tutto il palazzo. Lui prende una chiave, la infila nella toppa e le fa fare due giri.

"Mi dispiace, dovrai accontentarti del nostro appartamento di bassa borghesia..."

"Smettila, Acchan! È meglio che restare in casa di uno che magari si fa prendere da un raptus nella notte e viene a pugnalarmi, no?" dico sorridendo, mentre entro in casa sua.

"Aaaaaaah! Ragazzi, che cosa avete combinato! Non muovetevi da lì!" ci accoglie la voce di sua madre.

"Mamma... Ha iniziato a piovere... E poi il padre di Kojiro l’ha buttato fuori di casa, dopo che ci ha trovati mezzi nudi sul divano di casa sua..."

"Ma senti un po’ questa! Beh, qui nessuno ti sbatte la porta in faccia, caro! Ma adesso svestiti, altrementi, oltre a slozzarmi la casa, ti prendi pure un malanno!"

"Grazie, signora Sendoh..." le rispondo, iniziando a liberarmi dei vestiti fradici.

"Sciocchezze! E chiamami Aiko: qui siamo tutti nella stessa famiglia! Bando ai convenevoli!"

Devo dire che non è difficile capire da chi abbia preso il carattere Akira: basta osservare sua madre per due secondi!

"Papà dov’è?"

"Ah, in ufficio. Sapessi che casino gli è successo! Ma lasciamo perdere, credo che ora la cosa migliore per voi due sia una cioccolata fumante!"

"Mamma, dai! Non siamo due bambini!"

"No, siete due pulcini baganti! Vai a prendere due asciugamani in bagno e dai qualcosa di asciutto a questo povero ragazzo! Ne ha già passate abbastanza questa sera, ti pare?" dice, con uno di quei bellissimi sorrisi che caratterizzano l’espressione di madre e figlio. Rimango zitto. Ho i miei vestiti, ma confesso che indossare qualcosa di suo non mi dispiace affatto! E poi si saranno bagnati pure quelli.

Credo che siano già le tre di notte, ormai. Non ho fatto che rigirarmi. Sento il mio playmaker preferito mugugnare nel sonno. Mi alzo a sedere e giro la testa verso di lui. La luce che filtra dalla finestra è sufficiente per riconoscere i suoi occhi che si aprono, nell’oscurità. Non dice nulla, si limita a spalancare le braccia. Io mi sollevo dal futon e mi tuffo nel suo letto. Ci stiamo solo se ci manteniamo appiccicati, ma non ci importa. Mi lascio stringere dalle sue braccia e, in silenzio, inizio a lacrimare.

"Ci sarà un giorno in cui non dovremo più affrontare tutto questo?" gli chiedo sottovoce.

Prima di rispondermi, mi acrezza la testa e sospira.

"Non lo so."

Ecco un bel finale dal tono un po’ malinconico... Potrei anche concludere qui, ma non ne ho alcuna intenzione, eh eh! Tranquilli, tranquilli: manca un solo capitolo! Però, se non ne avete voglia, potete anche fermarvi qui.

Credits: la frase che Kojiro legge ad Akira è presa dalla commedia "The Tempest" di W. Shakespeare. La canzone che il protagonista nomina all’inizio, invece... Eh eh, indovinate da che anime viene? Lo so, è difficilino: non è neppure una sigla, fa solo parte della colonna sonora!

Bye!!

Capitolo 13

Slam

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