Bene, eccomi al mio numero preferito! Speriamo che il capitolo mi esca decentemente!

Ringrazio per l’ennesima volta Inoue sensei, per aver creato Akira & co. Ricordate che sono suoi!

Capitolo Decimo

As It Used To Be

Eccomi qui, seduto in un angolo discreto dell’area appartenente al liceo. Finalmente sono riuscito a finire di ripassare quell’odioso testo teorico di matematica, e adesso posso finalmente distrarmi. Scorro le pagine del mio libro, fino a ritrovare il punto in cui mi ero interrotto. Però non leggo. Sposto lo sguardo sulla borsa che ho intravvisto con la coda dell’occhio, e getto un’occhiata all’orologio. Oggi ci volevo andare, ad allenamento, ma non so ancora se farlo o no. Perlomeno sono riuscito a recapitare il messaggio senza farmi notare da nessuno, se non altro. L’ho lasciato nel suo armadietto, nello spogliatoio, prima che arrivassero tutti, e dileguandomi subito dopo. Questo è accaduto ieri pomeriggio. Comincio ad avere il timore che si sia confuso nella massa di lettere d’amore che il mio idolo riceve, e che sia stato gettato via. Tuttavia Akira non sembra il tipo che butta le cose così. Per prima cosa è curioso, per seconda orgoglioso del suo successo, per terza fin troppo gentile. Una bella combinazione, sufficiente a farmi sperare che abbia letto almeno una volta ciò che ho scritto. Intanto però non ci siamo ancora parlati. Ho paura che lui ed Hisashi non si siano ancora sentiti, e che quindi tutto partirebbe con il piede sbagliato. Del resto lui non mi ha cercato.

Sospiro e riabbasso la testa sul mio libro preferito. Leggo una frase. Poi la rileggo. Infine la leggo una terza volta. Non che sia poi tanto particolare: il fatto è che non riesco a concentrarmi per tutta la sua lunghezza, e quindi non capisco nulla. Non so perchè, davanti a me c’è unicamente l’immagine di un ragazzo che ributta dei pesci in mare. Scuoto il capo e chiudo quelle pagine spalancate. Inutile continuare a fuggire! E poi in fondo con Mitsui mi sono chiarito, quindi... Prendo la borsa e m’incammino verso la palestra.

Nello spogliatoio non c’è più nessuno. Chissà cosa dirà Taoka, dal momento che mi presento pure in ritardo dopo una settimana di silenziosa assenza! Inizio a spogliarmi con calma: tanto ormai puntuale non posso più esserlo comunque. Capisco che non sono l’unico in questa situazione, quando la porta si apre alle mie spalle, mentre qualcuno con il fiato corto la varca. Mi giro. Ma certo, chi altri avrebbe potuto essere, in fondo? Sto zitto e aspetto che dica qualcosa.

"Ah, sei qui! E pensare che mi sono messo a cercarti per mezza scuola!" come saluto può sembrare un po’ scortese, però mi colpisce positivamente il fatto che mi cercasse.

"Ciao, Sen..."

"No, no, lascia parlare me! Allora..." mi si avvicina parecchio. Una volta di fronte a me, abbassa lo sguardo a terra e riprende il discorso interrotto. "Sono un completo idiota, e ti chiedo scusa dal più profondo del cuore. Per averti rimproverato e per averti ignorato fino ad ora. Solo che ci ero riamsto molto male pure io, e..." si blocca, passando rapidamente una mano su di un occhio. Tiene la testa tanto bassa che, malgrado sia più alto di me, non riesco proprio a vederlo in viso.

"Senti, Akira..." gli prendo le mani, mentre lui non accenna il minimo movimento "...io sono un completo deficiente. Ho reagito molto male, e me ne rammarico moltissimo. Soprattutto per il fatto che ti ho insultato. Davvero, mi prenderei a pungi! Sei solo tu a dover scusare me!"

"Ma io non avrei dovuto..."

"Tu non hai fatto proprio niente, ok? Stavi solo cercando di aiutare un amico. Sono io lo stronzo della situazione, qui!"

"Non dire così, ti prego! Hisashi mi ha spiegato cosa è successo di preciso, ed io..." sarei proprio curioso di sapere che cosa gli ha detto, Hisashi! Scommetto che si è inventato una balla colossale, se adesso Akira si sente pure in colpa per non so che cosa! "...ho fatto la figura dell’idiota!"

"Scusa, ma cosa ti ha raccontato di pre... Akira? Sono quassù, se non ti dispiace..." gli dico, appoggiando una mano sotto al suo mento e sollevandogli il viso. Quando i suoi occhi raggiungono l’altezza dei miei, mi stupisco moltissimo nell’osservarli: sono tutti rossi e lucidi. Lui tira su con il naso e mi guarda come se fosse un cane bastonato. Questa, poi! Ma perchè piange?

"Akira... per favore, no... io..."

"Stai tranquillo, è tutto a posto! È solo che ci tenevo sul serio a te, come amico! Ho avuto tanta paura di perderti! Scusa, scusa..." e intanto si asciuga gli occhi. Mi si stringe il cuore, a vederlo così! Evidentemente questo ragazzo è ancora più sensibile di quanto pensassi. "Ti ho solo accusato ingiustamente, senza rendermi conto di ciò che avevi dentro. Sono stato piatto ed insensibile!"

"Non dire così, Akira! Ti prego! Mi sono sentito così in colpa verso di te!... Adesso facciamo una bella cosa: ci mettiamo una pietra sopra e tiriamo un bel respiro, va bene? E poi entriamo in palestra e cerchiamo di dribblare al meglio gli insulti di Taoka per il ritardo, ok?" mi sorride dolcemente. Sembra un bimbo a cui è appena stata promessa una caramella per farlo smettere di piangere dopo una brutta caduta. Devo dire che darei qualsiasi cosa per potermi attaccare alle sue labbra! Però è meglio non spaventarlo.

"Su, sarà meglio darci una mossa!" lo incito con uno dei miei rarissimi sorrisi, passandogli due dita sulla guacia, in modo da raccogliere le ultime tracce visibili delle sue lacrime. Annuisce, e presto siamo entrambi in palestra. Finalmente la belva incatenata ha una buona scusa per sclerare...

"Razza di idioti, tutti e due! Vi sembra l’orario di arrivare?!" cavolo, è pure sgrammaticato! "E dopo aver saltato gli allenamenti per una settimana, inoltre! Vi spaccherei la faccia! Vi siete messi d’accordo o cosa?! Volete farmi prendere un colpo?! I miei due migliori giocatori che mi mollano proprio alle porte delle partite più importanti?! Filate subito a fare venti giri della palestra! SUBITO!"

Ubbidiamo senza dire nulla. Poi, nella corsa, ci fissiamo negli occhi. Ad entrambi non tornava un piccolo particolare... Così, fra un ansito e l’altro, iniziamo pure a chiacchierare.

"Ma come, anche tu hai saltato gli allenamenti?" lo interrogo.

"Beh, sai, in casa è passato un ciclone, io avevo da studiare, e poi..." che bugiardo incredibile! Figuriamoci se uno come lui si ammazza di studio! Lo guardo per niente convinto delle sue parole, e lui si acarezza la nuca e sorride. "E va bene, dopo il casino con te non volevo rischiare di incrociarti... Però a lui è meglio non dirlo, no?"

"Meglio di no, anche perchè abbiamo avuto la stessa idea...! Ma guarda tu che tipi!"

"Allora, voi due, facciamo salotto?! HO DETTO DI CORRERE, NON DI CHIACCHIERARE, CRISTO!" ci rimbecca nuovamente. E così cerchiamo di tacere, ma, per tutto il resto dell’allenamento, ogni volta che i nostri sguardi si incrociano ci viene da ridere come a degli scemi. Sembriamo davvero due bambini! Ma io sono tanto felice, ora! Akira, ti amo da morire!!

È solo nel momento in cui sto per rientrare nello spogliatoio che vengo colto da una terribile consapevolezza: se Akira ha saltato gli allenamenti, non può aver trovato la mia lettera! Però l’armadietto l’ha aperto, quando siamo arrivati! Mi prende un mezzo infarto. Ma come? Non capisco! Non avrò per caso sbagliato...? No, non può essere! Continuo a tormentarmi, mordendomi le labbra per il nervosismo e scuotendo di continuo la testa. Quando sono in doccia, a momenti mi metto pure a tirare capocciate al muro. È una mano che atterra sulla mia spalla, cogliendomi di sorpresa, che mi fa tornare nel mondo vero. Kitcho mi fissa perplesso, come tutti gli altri, del resto. Non per ultimo, naturalmente, Akira. E adesso cosa faccio?

"Va tutto bene? È successo qualcosa?" mi interroga il mio taciturno amico. Lo guardo negli occhi – anche perchè non ho il coraggio di fissarlo da qualche altra parte.

"Ehm..." abbandono per un attimo la mia "aria da duro", diventando una sorta di bimbo imbarazzato, che fissa la maestra dopo una sciocchezza che ha combinato. Tiro i capelli all’indietro con un rapido gesto, cercando di sorridere nella maniera migliore possibile. Alla fine riesco pure ad abbozzare una sorta di frase, che suona più o meno così: "No, no, tutto a posto! Davvero! Solo che mi sono ricordato di aver lasciato una cosa nel forno..." ma non potevo inventarmi una scusa un po’ meno deficiente?! "...speriamo che mio fratello sia già arrivato a casa... Sai, il forno era spento, però ha delle strane reazioni chimiche, e... se lo sformato diventa acido mia madre mi fa a polpette!" non riesco neppure a credere a tutte le sciocchezze che ho appena sparato! Soprattutto dal momento che mia madre non la vedo da due mesi. Ad ogni modo, concludo dicendo che se il danno è fatto, ormai è fatto, e quindi me la posso prendere anche con calma.

Terminato il mio imbarazzante e bizzarro discorso, alzo gli occhi e vedo tutti i membri della squadra fissarmi un poco perplessi. Certo che ho fatto una gran figura di merda! Cerco di dileguarmi il più in fretta possibile, uscendo con i capelli ancora bagnati. Fingendo un’andatura del tutto casuale, mi allontano piuttosto velocemente. Vorrei sprofondare!

Quando finalmente la porta di casa si richiude alle mie spalle, vengo accolto dalla voce del mio allegro fratello, che mi corre incontro.

"Ehilà, com’è andata? Guarda questo, come ti sembra? Mi è costato un occhio, ma credo che le piacerà..." mi dice, mostrandomi un cofanetto in cui è impuntato un anellino d’oro con un leggero ricamo disegnato nel centro.

"Beh, è molto... raffinato, mi pare. Credo che ad una bella donna possa stare molto bene. Bella scelta!"

"Grazie!... Ma che diavolo hai combinato ai capelli?"

"Mmgh, lascia perdere! Sapessi che figura!"

Una volta "illuminato" il mio angelo bianco con le mie nuove vicessitudini, lo sento scoppiare in una fragorosa risata.

"Ti va di sfottere?!"

"No, dai, non ti arrabbiare! Però è buffo pensare che magari hai sbagliato armadietto!"

"Sta’ zitto! Sono certo che fosse quello giusto! Cavolo!"

"Mmh... Mi sa che dovrai optare per un metodo alternativo..."

"Lo penso anch’io. Beh, domani c’è quella festa su cui si è fissato Taoka... Ha velatamente dichiarato che se non ci andiamo, ci spacca la faccia. Certo che è un’idea che poteva avere solo lui: una festa in barca!..."

"Ma dai, può essere divertente, no? E poi dovresti averla, prima o poi, l’occasione di avvicinarlo, quindi..." mi pianta in faccia un sogghigno che mi blocca lo stomaco. Inizio a sentirmi nervoso al solo pensiero di fargli una dichiarazione! Solo che se non lo farò, Shiro non mi perdonerà mai, e mi romperà le scatole per il resto dei giorni che mi restano da passare su questa terra, il che significa un bel po’ di anni, almeno spero. In fondo è meglio la batosta temporanea che mi darà il mio amato: prima o poi dovrà pur passarmi! Sospiro e mi rassegno.

E poi dicono che sono le donne, quelle lente! Dopo aver passato un’ora in bagno, fra doccia, phon e barba, ne ho passata una seconda davanti allo specchio. Non sapevo davvero che cosa mettermi. Alla fine è arrivato il solito fratello provvidenziale, che mi ha prestato la sua camicia preferita, con mille raccomandazioni al seguito. Beh, è solo una camicia bianca, però ha un taglio molto bello, e tuttavia non troppo elegante, ma giovanile. Per i pantaloni ho scelto un calssico nero. Devo dire che sono saltato fuori molto più simile ad un macho latino, piuttosto che ad un ragazzo giapponese! Peccato che io non la sappia ballare, la salsa, la rumba, e tutta quella roba là. In fondo ballare è uno sport, ed io riesco solo a giocare a basket.

Prendo un profondo respiro prima di uscire puntualissimo di casa. Anche le scarpe si sono rivelate una vera sfida! Shiro, alle mie spalle, mi fa mille incoraggiamenti, poi mi afferra una mano e mi ci mette qualcosa. Mi osservo il palmo e divento rosso come un pomodoro.

"Shicchan, ma sei tutto scemo?!!"

"E dai, scherzavo! Va bene, ridammelo, questo serve a me... Almeno spero! Ma non questa sera. Questa sera è il D-day anche per me, lo sai! Non voglio di certo saltarle adosso così, se no scappa!"

"Mpf, cerca di usarlo lo stesso se capita, però! Sono troppo giovane per diventare zio!"

Si mette a ridere, elargendomi l’ennesima pacca sulle spalle, mentre io gli sistemo la giacca. Arriviamo fino al cancello, poi ci dividiamo. All’unisono proclamiamo un "buona serata" carico di sogni e speranze, più o meno ambiziose, più o meno realizzabili. Poi, prima di allontanarci, ci promettiamo di rientrare entrambi entro la una, in modo da poterci consolare, se fosse il caso. A dire il vero l’idea è stata sua, come se già sapesse che avrò bisogno di lui. Gli sorrido amabilmente, e finalmente ci stacchiamo definitiavamente.

E adesso... Take a deep breath inside!

Cammino con calma fino al molo, rendendomi conto di non essere poi tanto in ritardo. E intanto riassumo un’altra volta tutta questa storia, che a volte mi sembra così assurda. Tutto è tornato com’era prima, anzi, è diventato pure meglio. L’unico problema è che questa situazione non può ristagnare. Mi sento rodere dentro da mille dubbi, continuando a chiedere a me stesso se sia giusto ciò che mi sono prefissato di fare, se ne valga la pena. Certo, non credo che lui lo racconterà in giro, nè che mi canzonerà in alcun modo. Però se ripenso alle sue lacrime, alle sue parole. "...ci tenevo sul serio a te, come amico..." ripeto a bassa voce, facendo eco ai miei ricordi più recenti. A dirla tutta, ho una gran paura che si metta di nuovo a piangere per la consapevolezza di ferirmi. È un ragazzo molto sensibile, e non ci riesco, a farlo soffrire. Insomma, per non fare star male lui, io piangerei anche tutte le lacrime dell’universo! Dichiarandomi a lui non farei altro che togliermi un peso, ma lui che cosa proverebbe? Non ci avevo ancora pensato...

Non se ne parla, non lo posso fare! Akira non piangerà più per me, mai più! Mi fermo sul ciglio della strada, intravvedendo già l’imbarcazione che mi aspetta, atraccata esattamente nel punto in cui avevamo chiesto di affittarla. Sento una fredda lacrima che scende da uno solo dei miei occhi, celandosi nell’oscurità della giovane notte. Finalmente mi rendo conto che l’unica cosa che devo fare, questa sera, è dirgli addio. Resterò esattamente ciò che lui vuole: un amico. Ho deciso di dichiarargli solo questo, sotto forma di promessa. E con questa promessa, rinuncerò al mio desiderio. Lui deve essere felice, ed è proprio perchè lo amo che farò in modo che questo avvenga. Sarò sempre suo, come lui mi vorrà. Ciò che sogno non conta. Conta solo lui.

Asciugo la mia lacrima e mi avvio verso ciò che fra poco mi porterà lontano da questa costa, da queste luci, da questa realtà. E quando la terra sarà solo ricordo, farò ciò che mi sono prefissato.

Mi sento scosolatmente triste, come se sapessi che questa serata segnerà una volta per tutte il mio destino. E lo farà in una maniera ineludibile. Finalmente ho capito: la vita non è solo i tuoi sogni di bambino.

Uaaaaaaa! Ma perchè non si è innamorato di me?? Sigh, sigh... Ehm, scusate!

Sempre parlando di Baricco (l’avrete capito, che mi piace), vorrei dire che "quando la terra sarà solo ricordo" l’ho presa quasi pari pari da una delle sue opere: il monologo teatrale "Novecento". Scusate, mi rendo conto che questi non si metteranno a navigare nel bel mezzo dell’oceano, ma mi piaceva così tanto!... ^__^ ...

Capitolo undici

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