Eccoci qui, siamo già a sei (mammamia, che impressione…)!

Sigh, intanto il mio consulente finanziario mi ha fatto perdere un sacco di soldi (ho già contattato Tetsuo per vendicarmi), quindi niente Akira, niente Hisashi, niente di niente! Evvabene! Tutti i personaggi citati in questa fiction e apparsi previamente su Slam Dunk sono di Inoue sensei, gli altri, perlomeno, sono miei (una piccola consolazione).

Buona lettura!

Capitolo Sesto – Black and Blue

Capelli neri. Entrambi ci squadriamo come se fossimo due tigri che stanno per scaraventarsi l’una contro l’altra. Dopo che il bel tiratore da tre dello Shohoku mi ha richiamato, mi sono girato verso di lui, libro ancora aperto in mano, ed ho puntato gli occhi nei suoi. Lui ha fatto lo stesso, e la nostra schermaglia silenziosa dev’essere durata poco più di un minuto, ma è stata abbastanza intensa da sembrare più lunga, molto più lunga. Finalmente schiude le labbra, mentre una delle sue mani scivola con fare disinvolto ad accarezzare rapidamente il suo collo, per poi tornare a rilassarsi accanto al suo fianco. Purtroppo quel leggero movimento della sua bocca, che mi lascia quasi a fiato sospeso (malgrado io non lo dia a vedere, tanto per cambiare), non tradisce alcun suono. Finisco per spazientirmi molto rapidamente.

"Allora, Mitsui, che cosa vuoi?" dico, con fare seccato.

"O-oh! Sei nervoso, Natsu?"

"Taglia, per favore! Ho fretta!" eccomi tornare lo scorbutico di sempre. Lui si limita a ricambiare le mie parole con un sorriso divertito. Ha una strana luce negli occhi. Non saprei definirla con esattezza, ma mi lascia un certo imbarazzo. Non so perché.

"Va bene, volevo solo farti i complimenti per essere appena diventato il numero uno sulla lista nera dei miei avversari, e… Dove giocavi prima? Non ti avevo mai visto…"

"Prima non giocavo. Ho iniziato un mese fa. Ma non sviare, dimmi piuttosto cosa significa "e…"!" rimane un poco perplesso alla mia dichiarazione. Posso capirlo, del resto non ci crederei neppure io. Ho invece scoperto che mi credevo un inetto in qualsiasi sport – esclusa la corsa – solo perché il basket non l’avevo mai provato. Ma credo che sia anche il mio slancio sentimentale a guidarmi in questa sorta di miracolo. Il mio talento, me ne rendo conto, è inscindibilmente legato al desiderio di apparire perfetto agli occhi di colui che mi ha stregato. Del resto la vanità ha dei poteri incredibili!

"Beh, era solo che…" perché si è fatto improvvisamente timido?

"Perdìo, Mitsui, che cosa?!" cerco di incitarlo con un po’ di agressività, a volte funziona. In realtà ho il difetto di essere più curioso di quanto gli altri credano.

"Volevo solo sapere che cosa c’è fra te e Akira…" ecco una bella risposta che mi lascia di stucco. Non capisco molto bene che cosa intenda. Ad ogni modo non riesco ad ignorare il fatto che l’abbia chiamato per nome. Possibile che sia tanto intimo con lui?

"Non ti seguo molto bene, sai? Beh, oltre al fatto che è il mio capitano, siamo amici, direi. Perché, che altro dovrebbe esserci?" credo che potrei vincere l’oscar per questa interpretazione.

"Nulla, nulla… Aehm… Tu… Come mi trovi? Fisicamente, dico…"

"Oh, insomma, ma che strane domande fai, Mitsui ? Io non ci sto dentro, davvero!" credo di avere capito benissimo cosa voglia dire. Chissà perché ho reagito così? Forse sono solo un po’ stupito dalla consapevolezza che il bel ragazzo che mi sta di fronte ha "tendenze" uguali alle mie, e la cosa mi spaventa un poco da una parte, rallegrandomi dall’altra. Di certo sono scosso, e non so come reagire. Del resto sono convinto che la legge "la miglior difesa è l’attacco" sia sempre valida, e che questo dimostri fin troppo bene a me stesso la grande insicurezza e paura che ho dentro. Ma le parole del vicecapitano dello Shohoku stanno per mandarmi ancora più in tilt di quanto credessi possibile, dal momento che ero certo di aver toccato il limite.

"Ecco, te lo chiedo perché tu per me sei bello da impazzire". Da impazzire. Ha detto proprio così! Sono preso da un forte capogiro. Lo guardo stranito, sbigottito, shoccato. Non so che cosa rispondere. Non lo so davvero. Ecco una situazione che non mi ero mai immaginato prima d’ora. Certo, con una ragazza mi viene anche naturale, di rifiutarla, ma con uno così… Come fai a dire di no ad uno così? Dovrei essere pazzo! Di certo il mio Akira non mi vorrà mai, e il tizio che mi sta davanti comincia a sembrarmi sempre più bello e, lato migliore di tutti, raggiungibile. Fa qualche passo verso di me, si china e raccoglie qualcosa da terra, proprio accanto ai miei piedi. Il mio libro. Mi era caduto senza che io me ne rendessi minimamente conto. Me lo porge, rivolgendomi uno sguardo profondissimo. È vicino, molto vicino. Le mie ginocchia iniziano a tremare. Mentre prego perché non se ne accorga, cerco una risposta convincente anche per me stesso. "Hai preso un granchio" non sarebbe poi male. In fondo ho ancora paura di dichiarare al mondo ciò che sono. Ma lui sembra fin troppo convinto per credermi. La verità l’ha inquadrata da un pezzo. "Mi dispiace, ma amo un altro" non funziona affatto: capirebbe più che immediatamente che si tratta di Akira, e io non voglio che lo sappia, proprio nessuno! "Va bene" è una cosa che mi si strozza in gola, e non riesco proprio a fare in modo che dal cervello si trasmetta alle corde vocali. E intanto non faccio che fissarlo, finchè, quasi perdendo l’equilibrio, indietreggio di un passo. Lui reagisce avanzando della stessa distanza. Mi guarda come un micione affamato, uno di quelli che ti fanno gli occhi dolci in un modo che distrugge anche il solo tentativo accennato di un rifiuto. Mi sento precipitare, di fronte a quegli occhi.

"M-mitsui… Io…"

"Da impazzire, Kojiro…" certo, impazzire è l’unica cosa che mi viene in mente, in questo momento. Quando mi afferra una mano, l’unica cosa che mi viene in mente è urlare, ma non riesco a fare neppure questo. So benissimo che lo ferirei. Rimango solo così, immobile, mentre il mio volto dipinge a chiare linee smarrimento ed imbarazzo. Vorrei solo correre via, proprio come un bambino terrorizzato. Del resto questo è esattamente ciò che sono.

"Kojiro…" con la mano libera mi accarezza la spalla, avvicinandosi ancora di più a me. Ringrazio il cielo che ci troviamo in una stradina deserta e piuttosto isolata. Probabilmente se così non fosse l’avrei già preso a schiaffi. Solo che ora non ci riesco davvero. Mi sento terribilmente nudo, qui, al primo scontro frontale con i miei sentimenti ed i miei desideri. Confesso che avevo immaginato la cosa in modo diverso. Osservo il suo corpo teso, la sua ansia che trasuda da ogni singolo muscolo del suo viso… Che bellissimo viso! Non so perché, forse per il semplice motivo che io sono uno che reagisce alle cirsi nelle maniere più inaspettate, finisco per eccitarmi. Ecco, bella frittata! Se se ne accorge posso dirmi davvero nalla brace! E che brace! Inizio ad invocare l’aiuto del cielo. Cosa faccio? Cosa faccio?? Cosa faccio??? Se mi lascio andare finisco per saltargli adosso, lo so benissimo. Ma non voglio assolutamente che questo avvenga, perché mi rendo perfettamente conto di non amarlo. Ah, se solo si comportasse come aveva fatto Naozumi, potrei prenderlo a pugni e mandarlo a quel paese. Ma lui non lo fa, non lo fa! Aiutooooooo!

"Aiutooooooo! Aaaaaaah!" l’urlo di Tarzan in versione femminile riecheggia nelle nostre orecchie. Io e Mitsui scattiamo come due felini verso quella che pare la fonte di un tale grido. Voltato l’angolo, svelato il mistero. Una donna è stata aggredita da un individuo loschissimo. Faccio per reagire, ma il mio nuovo ammiratore mi trattiene per un braccio, indicandomi un punto poco più in là. Per fortuna Mitsui mi ha salvato da una terribile figura di merda, dal momento che si tratta solo di gente che gira uno sceneggiato. Inspiro profondamente, conscio che il mio incubo sta per protrarsi, dopo questa breve pausa. Mi sbaglio.

"Ehilà! Anche voi da queste parti?" la voce che mi assale alle spalle mi fa sussultare. Mi volto, e vedo un ragazzo che sorride amichevolmente con gli occhi chiusi, dietro agli occhiali.

"Kogure!" pronunciamo all’unisono. Poi ci squadriamo.

"Non sapevo che voi due vi conosceste! Sashi-kun, come stai? E tu, Kojiro? Che bello rivederti dopo tanto tempo! Giusto, me l’avevi detto, che saresti venuto a vivere da queste parti!"

Il mistero si spiega molto in fretta: il nipote preferito della mia ex-vicina di casa, il quale trascorreva spesso le estati presso la nonnina, altri non è che l’ex-vice capitano della squadra di basket dello Shohoku. Improvvisamente rammento quanto questo allegro e mite ragazzo amasse quello sport. Però devo confessare che ignoravo che avesse frequentato quella scuola! Non importa: gli sarò riconoscente per tutta la vita! Finalmente posso scappare, tirando una scusa banalissima – il tecnico dovrebbe arrivare ad aggiustare la lavatrice, ma in realtà non l’ho ancora chiamato. Mi congedo in fretta e mi allontano fulmineo, rilasciando finalmente il fiato che fino a poco fa mi tormentava i polmoni.

"Perdonami!" e mi lascio cadere come un peso morto. Ah, sono proprio in crisi! Tanto che adesso comunico adirittura con il mio letto. Ma forse, dal momento che gli ho chiesto scusa, sarà magnanimo e non si romperà proprio in un momento critico della mia vita. Infatti, se lo volesse, lo farebbe adesso.

Penso. Pare che gli occhi blu siano un tormento costante della mia vita. Quel colore crea una gran bella confusione nella mia testa, non c’è che dire! Cerco di ricapitolare. Dunque, sono folle di Akira Sendoh, lo stupendo capitano della squadra di basket del liceo che frequento. Si tratta di una ragazzo alto, con i capelli neri portati a spazzola e gli occhi blu come il mare, sempre sorridente e di buon umore, sempre disponibile ed aperto. Il neo di questa situazione è il fatto che con ogni probabilità lui è etero, e questo pone una barriera invalicabile fra noi.

Fin qui ci siamo. Ora arriva il punto dolente. Si chiama Hisashi Mitsui, vice dello Shohoku, tiratore da tre punti. Un ragazzo dagli occhi blu, molto profondi, un sorriso terribilmente sexy, i capelli neri. È un po’ più basso di me, ma ha un gran bel fisico pure lui! Solo che non ne so nulla di più. Il punto saliente è il fatto che mi ha dichiarato di essere cotto di me. Il punto dolente è il fatto che io sono pazzo di Akira. Però questo è bello, molto bello, e gli piaccio. Mi domando se non sia il caso di accettarlo. In fondo potrei anche riuscire a dimenticarlo, Akira.

La cosa sembra cominciare a delinarsi un pochino. Ho tracciato uno schemino alla maniera "famiglia Kurata" – Shiro mi sfotterebbe per un mese se sapesse che mi piace "Kodocha"! –per farmi un’idea più chiara. Sembra che funzioni. Respiro. Poi mi blocco. Cominciano a venirmi in mente un sacco di dettagli terrificanti. Lo sguardo fra Mitsui ed Akira, il fatto che il primo abbia chiamato il secondo per nome, la maniera in cui l’uomo dei miei sogni mi ha trattato oggi – mi sono sentito un dio! – il modo in cui Mitsui si è rivolto a me, quando mi ha chiamato – non molto amichevolmente. Inizio ad incrociare le linee sul foglio davanti a me, adornandole di punti di domanda. E se Akira in fondo mi volesse bene? E se Mitsui mi avesse preso in giro per farmi diventare "meno pericoloso" come suo avversario? E se, e se, e se?

Molto bene, torno a non capire più nulla! Finisco per arrendermi. Il sistema "Kodocha" con me non funziona affatto! Forse perché sono un tipo troppo contorto. Getto via il blocco di fogli, che precipita in un angolo indefinito della mia stanza. Mi copro gli occhi con una mano e mi lascio ricadere sul cuscino. Se vado avanti così, mi si fonde il cervello! Basta, non voglio più sapere nulla! Qualcuno spenga il mio cervello – di nuovo – per favore!

"Ehi, Kojiro, va tutto bene?" sussulto. Non l’avevo sentito entrare.

"Insomma, Shiro! Quante volte te lo devo dire, di non entrare nella mia stanza così?! Porca miseria!"

"Mmh, hai la febbre?" si china verso di me, ignorando le parole che ho appena pronunciato. Mi posa una mano sulla fronte, evidentemente dopo aver notato che me la tenevo fino a pochi secondi fa. È davvero strano vedere mio fratello tanto premuroso!

"Sto benissimo!" e interrompo il contatto fisico con lui, scacciando con una manata il suo arto protratto verso di me.

"Beh, sembrerebbe di sì… Bella partita, comunque!"

"Che cos…?" rimango a fiato sospeso, come un baccalà. Bisogna dire che di spettatori ce n’erano diversi in palestra: sarebbe stato assolutamente impossibile distinguerlo fra loro. Soprattutto a causa di quelle galline stridule. Questa non me la sarei mai aspettata!

"Che ci facevi lì? Ti sei messo a fare il filo ad una ragazzina dello Shohoku, adesso?" replico, con aria seccata.

"Tu ai complimenti reagisci sempre in maniera strana! Beh, diciamo che… Sì, passavo di lì "per caso". Ah! Ah! Ce n’è una, da quelle parti, bella da impazzire!" mi viene da picchiarlo. A dire il vero non me ne frega nulla di quella povera ragazza che si ritrova ad essere la sua nuova preda. No, quello che non sopporto è il risentire quell’espressione. "Da impazzire". Basta, oggi ne ho davvero le scatole piene, della follia! Finisco con l’essere simpatico con un calcio nelle gengive, quando gli rispondo.

"E tu speri di far colpo su una donna con l’occhio nero che ti ho regalato? Sembri un clown!"

"Mmh, la cosa non è poi tanto negativa. Sai, ad impostralo come un incidente, finisco pure per fare tenerezza!"

"Buon per te, allora! Dovresti lasciarti picchiare più spesso!"

"Ma dai! Io non me la sono neppure presa più di quel tanto, e tu sei ancora incazzato per quella cosuccia che ho detto?"

"Tu non capisci un cazzo, razza d’idiota! Levati dai piedi!" e lo afferro per la scollatura della maglia che indossa. Lui inarca un sorriso provocatorio, si distanzia da me ed esce. Riesce sempre a farsi odiare, quel deficiente!

Finisco per ritrovarmi fuori di casa. Sono uscito sbattendo la porta, senza dire nulla. Mi allontano, mentre lui, aperta la finestra, mi dice qualcosa che non riesco a decifrare, forse anche perché lo ignoro. Non mi volto, e proseguo. Ho voglia di bere qualcosa e scaricarmi i nervi.

Più o meno mezz’ora dopo mi lascio accompagnare da una gelida lattina di birra nella mia passeggiata sul lungomare. Guardo l’orizzonte ancora luminoso. Arrivo fino al campetto dove io e la causa della mia pazzia ci siamo allenati, anche ieri sera. Forse speravo di trovarlo qui, ma lui non c’è. Mi porto sotto al canestro. Mi guardo intorno. Non c’è nessuno, del resto è ora di cena. Mi siedo per terra. Penso di nuovo. Sento il bisogno di vederlo, forse per avere qualcosa che mi rassicuri almeno un pochino. Sono così confuso che ho voglia di piangere, almeno per scaricare un po’ i nervi. Bevo tre lunghe sorsate. Forse è questa bevanda, che per un attimo mi raffredda il cervello. Mi si accende un improvviso lume. Mi alzo e muovo con una certa rapidità verso il molo. In fondo non è molto lontano. Ci metto una decina di minuti.

Proprio come pensavo. La bellissima figura del nostro playmaker si staglia sullo sfondo del mare tranquillo. Sembra molto rilassato ed allegro. Deglutisco, inspiro profondamente ed ascolto per pochi attimi i battiti del mio cuore. Vorrei correre da lui, ma non saprei cosa dirgli. Così mi sistemo in un angolo discreto, iniziando ad osservarlo. È bellissimo. Potrei guardarlo per ore. Vorrei andare da lui e dirgli tutto ciò che provo. Prima o poi lo farò: non posso resistere in eterno! Ma non ora. Sono successe troppe cose oggi, e non vedo l’ora che questa giornata tremenda si concluda. Decido di restare a guardarlo ancora un po’. Almeno le ultime ore prima di domani saranno incorniciate in un evento piacevole.

Rimaniamo entrambi lì per altri sessanta minuti. Non riesco a tacerlo: Akira mi piace da impazzire! Ha preso tre pesci. Li ha messi tutti in un secchio pieno d’acqua. Ora si è alzato ed ha iniziato a riordinare le sue cose. Poi il suo gesto mi colpisce: solleva il recipiente e ributta le creature in mare. Che razza di tipo! Ma non posso che trovarlo adorabile, nella sua illogicità. Mi basta così, per oggi. Passerò a prendere qualcosa da mangiare ad un qualche take-away. Sushi, magari. Tanto per restare in tema. Mi siederò da qualche parte, forse sotto ad un cigliegio, cenerò e poi rientrerò a casa. Ora mi sento sereno, e non voglio rovinare il mio stato d’animo con brutti incontri.

Per fortuna tutto è andato come da programma. Mio fratello dormiva sul divano, quando sono rientrato. Non so perchè. L’unica cosa che so è che non voglio più pensare a nulla. Da quando ho visto Akira tutte le mie preoccupazioni sono scivolate via, come i pesci che lui ha ributtato in mare. Forse è il pensiero che quel ragazzo non uccide. Comincio a convincermi che non ucciderà neppure i miei sentimenti. Non so cosa sia questa pace che mi è scesa nel cuore. Forse è stato lui. Dev’essere per questo che lo amo tanto. Bene, niente più dubbi, per oggi. Ci penserò domani.

Uff, è stata davvero una giornata lunga! Mi ha preso due interi capitoli! A voi è piaciuta?

Credits: La famiglia Kurata è di Obana sensei, una delle mie mangaka preferite! Trovo che "Kodocha" sia adorabile! E infatti anche Kojiro la pensa come me!

Swiss kisses!!

Capitolo 7

Torna a Slam Dunk

Torna all’indice delle fanfiction