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Kuroi suisen
di Sheera

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Uffa, dovrò dirvelo tutte le volte, che Akira & co. non sono miei? Di chi siano non lo so, ne ho già sentite di tutti i colori! Almeno Kojiro (seeenza alcun riferimento a Kojiro Hyuga, ma cosa ve lo fa pensare?) e Shiro sono miei! Certo che sono una madre stramba, ad accostare due nomi così. Kojiro e Shiro… Ma lasciamo perdere, che se siete qui è (spero) per leggere la mia fic. Enjoy!

Capitolo Secondo 

Just Touch Me!

 

Un’altra giornata. Quando i raggi del sole mi salutano baciando i miei occhi non ho neppure voglia di alzarmi. Ero certo che sarei finito in catalessi, di nuovo. Lo sto facendo più o meno da una settimana, senza sosta. Non riesco a non ripetermi continuamente lo stesso aggettivo: “cretino!”. Ieri mi sono addormentato con la mano ancora bagnata. Non che mi schifi, ciò che esce dal mio corpo.Ci mancherebbe anche questa! Però devo stare attento a non lasciare troppi segni sulle coperte. Non ci tengo al fatto che Shiro mi etichetti bellamente come “segaiolo incallito”, trovando l’ennesima, imbarazzante quanto falsa, spiegazione alla mia noncuranza verso le ragazze. Ma perché per una volta non può farsi venire in mente la verità? Farebbe così fatica ad accettare il fatto che io sono una “checca”? Preferisco questo all’essere considerato frigido! Ma non c’è nulla da fare: il muro di cemento che costituisce la mia facciata principale sembra gridare esattamente questo di me. Preferisco non pensarci, e raccolgo il mio fedele libro da terra. Lo apro. Non l’ho ancora finito, il quarto capitolo. Leggo qualche frase quasi a caso, mentre cerco il punto in cui mi ero interrotto.

“Però sentiva il desiderio di lasciarsi andare fra le sue braccia. L’uomo finalmente poggiò le labbra sulle sue, con estrema dolcezza. Lei chiuse gli occhi, riprendendo il fiato che aveva trattenuto.” Perché quando leggo qualcosa che ha a che fare con l’amore mi immedesimo immancabilmente nella protagonista femminile? Perché non esiste un solo scrittore che venga cosiderato talentuoso e parla di rapporti fra gay? Questa cosa mi fa incazzare! Possibile che tutto l’universo ce l’abbia con quelli come noi?! Ma che vi facciamo di male? Noi ce ne restiamo fra noi, non vi rompiamo mica i coglioni! Deglutisco e sento una lacrima bagnarmi il viso. Accidenti. Riesco a lasciarmi andare all’emotività unicamente quando sono chiuso nel segreto della mia stanza. Davvero, non lo capisco il mio modo di essere. Credo di aver talmente paura di mostrare al mondo ciò che sono, che mi nascondo dietro una maschera di pura indifferenza. Altro che aria da duro del cazzo! A me non piace, la mia aria. Eppure quando mi guardo allo specchio non posso fare a meno di riconoscere un ragazzo bellissimo. Dannazione, l’autostima fa bruttissimi scherzi! Credo che se dovessi incontrare un ragazzo come me perderei la testa, oppure lo prenderei a pugni. Eppure non sta sulle mie spalle, questa traditrice! Non fa altro che rincorrere un tipo mio coetaneo, che dal momento che io frequento il secondo anno, probabilmente penserà che sono un mentecatto. I miei problemi di salute quando ero piccolo mi hanno imposto di iniziare la scuola con un anno di ritardo. E tutti credono che io abbia bocciato. “Ma come, uno che legge così tanto!” mi pare di sentirli, i commenti della gente. Sono adirittura stufo di giustificarlo, il mio ritardo. E intanto Shiro spadroneggia all’univeristà. Mi domando quante ragazze si sia già passato.

Quando scendo in cucina lui è lì. Mi guarda con il solito sorrisino, poi iniza uno dei suoi discorsi insopportabili. Non lo ascolto, mentre continuo a chiedermi perché non gliel’ho ancora detto. Forse perché vederlo fissarmi con un’aria schifata sarebbe fin troppo insopportabile. Non è giusto. Lui ha l’ipotetico diritto di schifarsi di me, ma io non posso farlo con lui, che chiamare “playboy” sarebbe adirittura forzato, tanto sarebbe diminutivo. Ripiombo a terra insieme alla tazza di caffè che mi mette davanti, dicendo che ho un’aria da zombie. Fin qui nulla di nuovo.

“Ma mi ascoltavi? Dicevo che una che viene al tuo liceo mi fa che è nata una nuova scommessa. Accanto a quel campione di basket ci hanno messo te, sul podio!”

Lo guardo stortissimo. Lui la interpreta come una richiesta di spiegazioni più dettagliate, ma nella mia mente ronza un commento soffocato che vorrei urlargli in faccia. Come osa chiamarlo “quel campione di basket”??! Cerco di riassumere la mia compostezza inespressiva, mentre continuo ad ascoltare le sue sciocchezze.

“Sul serio! L’intellettuale tenebroso e inconquistabile. Hai già una bella fama, dopo due sole settimane che sei lì. Cavolo, la tua tecnica funziona a meraviglia! Ti cadono tutte ai piedi! Soprattutto da quando hai iniziato a giocare a basket. Questa sì, che è stata una buona idea! Tu non me la racconti giusta! Secondo me tu ti sei già scopato mezza scuola, e fai finta di essere un angelo senza ali!”

Rischio di strozzarmi con la bevanda scura e fumante che mi percorre la gola, mentre le mie pupille corrono a baciare il margine della palpebra. Lo guardo senza girare la testa. Sono letteralmente disgustato. Non so perché, ma il verbo “scopare”, quando non significa rasettare il pavimento, mi dà proprio il voltastomaco. Soprattutto quando lo pronuncia lui, con il fare di uno che la sa lunga in materia. Ho decisamente un lessico troppo utopico per descrivere la realtà dei fatti. Vorrei fargli condividere la sesazione che provo facendo atterrare le mie nocche sul suo ventre. Ma stringo le mascelle e mi limito alla solita risposta insignificante.

“Pensa quello che ti pare!”

Sorseggio ancora. A volte dicono che sembro più vecchio di lui, che ho l’aria da uomo. Come al solito nessuno capisce nulla. E intanto m’interrogo su come diavolo io sia finito lì. Per lui fa lo stesso, l’università è equidistante qui, rispetto al posto in cui abitavamo prima. Io invece mi sono ritrovato a cambiare liceo. Credo sia stata quasi una liberazione, dal momento che là l’unico che pareva essersi accorto del fatto che sono gay è uno che non mi piaceva neppure un po’, ma che non riuscivo a scollarmi di dosso in nessun modo. E infatti qui ho incontrato lui.

Sospiro. Gioco a basket da cinque giorni, e già mi sto appassionando. Non so se sia colpa sua o dello sport in quanto tale. Nella corsa sono bravo, e ormai riesco anche a palleggiare in una maniera più che decente. Cosa ancora più sorprendente, a volte centro in pieno il canestro. Non so come, ma sto prendendo confidenza con quell’anello metallico che regge quell’intreccio di fili, meta del nostro gioco, e che mi sembrava tanto ostico la prima volta che l’ho fissato... Lui è molto soddisfatto. Bisogna dire che è un ottimo capitano, e riesce sempre a motivare la squadra. Ma con me non ha bisogno di grandi discorsi, dal momento che mi sento sciogliere ogni volta che mi tira quella pacca lusinghiera sulla spalla. “Se vai avanti così ti piazzo nei titolari nel giro di un mese!”. La cosa mi spaventa. Però è adirittura incredibile il contrasto fra lui e quel rompiballe dell’allenatore! L’ho visto una volta sola, e già sento di non sopportarlo! Ma pazienza, per lui questo e altro.

Mi lascio crollare sulla panchina dello spogliatoio. Sono proprio sfinito. E il mio libro è ancora lì, nella borsa, ad attendere quella morbosa lettura che ho mostrato in passato a tutti i suoi colleghi. Non c’è niente da fare: questo sport mi spompa proprio. Ho deciso che leggerò sulla strada di casa, così forse riesco a trovare il tempo di conciliare i miei “hobby”. Apro la borsa alla ricerca del telo di spugna. Una doccia è proprio ciò di cui ho bisogno! Le cerniere si separano l’una dall’altra, formando una curva che mi permette di raggiungere il mio obiettivo.

“Allora è vero che ti piace leggere!” la sua voce mi assale alle spalle. Kami-sama, Akira! Vuoi farmi prendere un infarto? Non riesco a far altro che annuire, mentre mi giro. Improvvisamente sono preso dal terrore che quella vampata di caldo che mi ha invaso si sia manifestata con il rossore delle mie guance. Mi sorride, come fa con tutti, a troso nudo. Che corpo da urlo! Urlare, è proprio ciò che vorrei fare, ora. Ma ancora una volta reprimo le mie emozioni e mi libero della maglietta fradicia.

“Sì, leggo volentieri.”

Per la prima volta mi sembra di avergli detto una frase archiviabile come decente. Vorrei solo sapere perché la mia voce non abbandona per un attimo quel tono costantemente piatto. Porto lo sguardo lontano dal suo, fino a notare Koshino, che si sta avviando saltellante alla doccia. Merda. Fare la doccia con Akira è sempre una tortura per me. Non faccio che combattermi fra il desiderio di guardarlo e l’imposizione di non farlo. Se mi eccitassi lì verrebbe fuori un casino pazzesco. Non voglio essere costretto ad uscire dalla squadra perché sono gay! Giocare mi piace, non solo perché c’è lui. Davvero. Finalmente riesco a chiarire qualcosa nei miei pensieri, mentre un getto insistente mi dà un sollievo sublime, raffreddando il mio corpo, fin troppo scottante, e liberandomi dal sudore che ho stillato. Quando usciamo mi rivesto in fretta, per poi portarmi sotto all’asciugacapelli.

“Adoro i tuoi capelli! Sì, insomma, sono così… privi di pettinatura! Cavolo, i miei sono rigidi, l’unica cosa che riesco a fare è tirarli in aria!”

No, capitano, i tuoi sono pazzescamente stupendi! Salirei sulla panca per essere più in alto di te e poterne baciare le punte. Dannazione, adoro il tuo modo di socializzare con tutti! Non fai altro che cercare il contatto umano, anche se io spesso mi ostino a non rispondere. Accenno un sorriso. Finalmente ci sono riuscito! Del resto è quasi impossibile il contarario, visti tutti quelli che mi hai regalato tu.

“Se vuoi facciamo scambio…” non riesco a credere di aver pronunciato una battuta. Che battuta stupida! Eppure questa cosa è una nuova sensazione per le mie corde vocali. Riesco a sorridere sul serio, stavolta. È incredibile quanto le cose di fronte a lui sembrino automatiche! Gli ho detto una cosa che non pensavo. Non voglio i suoi capelli: stanno troppo bene sulla sua testa. Con fare naturale affonda una mano nei miei. Credo di svenire.

“Permetti?” dice, iniziando a pasticciarli con le sue lunge e splendide dita. Ha davvero deciso di eccitarmi? Quant’è meschino! Capisco subito che sta solo cercando di fargli prendere una forma decente. Lui invece non realizza che ha intrapreso una battaglia assolutamente impossibile, e che detta sconfitta al solo osservarla. In compenso credo di finire in estasi. Naturalmente un momento così non poteva che venire interrotto dal solito commento stupido.

“Aki-kun, sistemeresti anche i miei?” Koshino è davvero insopportabile, quando ci si mette! Lui e la sua ironia del cavolo! Ci guarda con un sorriso quasi maligno. Lo farei a pezzettini, tappo della malora! Akira si alza, abbandonando la mia testa, e ride. Come immaginavo, sono il solito “amico” che non voglio essere! Del resto è meglio così che niente.

 

Al solito, mi lascio cadere come un peso morto. Se qualcuno mi togliesse il materasso in quel momento, probabilmente finirei diritto in ospedale. A volte penso che il mio letto prima o poi si stuferà di reggere le mie botte, e allora saranno cavoli amari! Farà come i quadri che cadono: proprio quando meno te lo aspetti, magari arrivandoti in testa. Nel caso specifico, vista la mia caratteristica sfiga nei rapporti umani, probabilmente si sfascerà mentre vivrò la mia prima volta. Forse sarà meglio farlo in casa del mio lui… Akira, quanto vorrei che fossi tu! Non riesco a scrollarmi da questo pensiero, che mi attanaglia il cuore in una morsa di tristezza. Ti sto pensando un’altra volta. Mi passo una mano fra i capelli, immaginando che sia la tua  proprio come oggi. Ah, quanto vorrei fraintendere quel gesto! Ma sono così fortemente ancorato alla realtà dei fatti, che anche se qualcuno mi toccasse o mi facesse un complimento con intenzione lusinghiera finirei per non rendermente conto, o per convincermi che la suddetta persona mi sta prendendo per il culo. Perché mi viene in mente Yuki proprio ora? Di nuovo? Ma allora devo veramente sentirmi un verme a tutti i costi? “Mi dispiace, tu non mi fai né caldo né freddo”. Questa frase mi è uscita con un tono che vincerebbe il “premio insensibilità” del secolo. Mi sento stringere il cuore quando vedo l’ombra delle lacrime affacciarsi ai suoi occhi! Mi fissa solo un momento, poi corre via. Mi trattengo dall’impulso d’inseguirla. Non riesco a dirlo neppure a lei, che è stata un’amica molto profonda e comprensiva. Sono certo che l’avrebbe accettato, e che sarebbe stato pure meno umiliante che quella frase, per lei. Eppure sono io quello che non accetta. Non riesco assolutamente a sopportare neppure il pensiero di vedere un’aria che oscilla fra lo schifo e la delusione negli occhi delle persone che mi sono vicine, solo per la frase “Mi dispiace, sono gay”. Mi dispiace per cosa, poi? Cazzo, perché sono tutti sempre pronti a difendere il primo cretino che passa in strada e a demolire moralmente chi invece avrebbe bisogno della loro vicinanza? Sento una vocina dentro me che sussurra “non sono tutti così”. Stronzate! Della gente che è entrata nella mia vita non ne ho ancora conosciuto uno diverso! O sono sfigatissimo oppure, da bravo scemo che sono, non faccio che fraintendere tutto e tutti. L’unica cosa che so è ciò che sono  almeno questo  ciò che provo quando vedo un ragazzo nudo  che sia un po’ bello  ciò che non provo quando guardo una donna. Cresco e vivo in una società che non lo vuole, ciò che sono io, non l’accetta. Tendo a fare di ogni erba un fascio, e a convincermi che chiunque rispecchia l’ideale della società in cui vive, a meno che non si mostri apertamente contro corrente. Non sono ancora pronto per questo, quindi continuerò a fare l’attore per un altro po’.

Quando finalmente mi alzo dal letto e dai miei pensieri non posso ancora immaginare la prossima e vicinissima scena penosa a cui assisterò. Shiro se ne sta con una lattina di birra, seduto sul divano. Ride. Perché sta ridendo? Osservo lo schermo acceso, con i mille colori che variano ogni secondo centinaia di volte, per mostrare il mondo a chi non lo conosce. Un reportage che viene dall’Europa. Mostrano una parata che si chiama “gay pride”, e che si tiene a quanto pare ogni anno nelle maggiori città di quel continente. Osservo un poco incuriosito. Dicono che serva per conquistare i loro diritti. Servirà sul serio? Ho qualche dubbio… Shiro inizia già a gelarmi, estraniando apertamente le proprie opinioni, all’opposto di ciò che faccio io. La mia lingua si staccherà, prima o poi, se continuo a morderla.

“Ma guardali! Meglio che guardare una parata carnescialesca!”

Rimango di stucco. Dove diavolo ha imparato un vocabolo simile? Sentirlo usare un linguaggio troppo “forbito” mi dà quasi i brividi. Non da ultimo il contenuto del commento. Altre stupide frasi  per fortuna senza paroloni, che inevitabilmente stonano sulla sua lingua  continuano a volare per la stanza, scandite dalla sua voce. Almeno ha una bella voce. Ma il peggio deve ancora venire. Quando inquadrano due uomini che si baciano, ecco l’apoteosi. Sento un brivido che mi percorre la schiena: che ragazzi stupendi. Un secondo brivido, di pura ira, mi percuote sui toni di ciò che pronuncia stavolta.

“Mammamia, che schifo! Checche della malora! Che impressione! Finocchi di merda! Dovevano proprio farli vedere? Non possono trasmettere un bel porno, al posto di ‘sta roba vomitevole?”

Non mi guarda, i suoi occhi sono incollati sul teleschermo. Per fortuna. Inizio a tremare, cercando di trattenere l’impulso che si trasmette di continuo ai miei muscoli e grida “pestalo, ammazzalo!”. Sono così arrabbiato che mi sembra di avere del veleno in bocca. Non posso farlo. Non posso. Non ci riesco, a fargli del male, anche se lo odio! Ma per la prima volta mi viene il pensiero di violentare qualcuno. Ecco il miglior modo per convincerlo ancora di più di ciò che ha detto, nonché di rigirare quelle parole apertamente su di me. Del resto per me lo sono già state, visto che anch’io sono come quelli. Giro lo sguardo su di lui per un attimo. Il nostro fisico è simile, penso che ci smonteremmo a vicenda. Ma, come al solito, la mia violenza non riesce mai a trasferirsi dalla mia mente alle mie mani, e finisce per ritorcersi su di me, il suo emissario. Deglutisco, cercando di mandare giù tutto il dolore che mi sembra di poter vomitare in quel momento. Per una volta vorrei abbandonare la paura e dedicarmi puramente al coraggio di non ferire me stesso. Per una volta vorrei dimenticare le conseguenze. Non ce la faccio, come al solito. Chiaro, limpido, naturale! Ma almeno la soddisfazione di dirgli questo, me la voglio togliere.

“Certo che fai proprio dei commenti di merda, Shiro! Perché non cambi canale e stai zitto, se li trovi tanto insopportabili? Ti hanno fatto qualcosa di male?”

“Nnh, tu sei troppo tollerante, Koji-kun! Non lo capisci? Sono loro che finiranno per farci precipitare sull’orlo della distruzione! Quei bastardi contro-natura!”

“Tu invece la natura la segui, facendo l’animale in calore, vero?” l’ho solo immaginato, ma vorrei tanto che questo fosse uscito dalla mia bocca. Riesco unicamente a strozzarmi in un mugngno di disprezzo, mentre commenta che adesso vorrebbero anche adottare figli, quegli “animali da circo”. Non rispondo, voglio solo sparire. Vieni a trovarmi al circo, Shiro.

Scivolo via così in fretta che non penso neppure che tu te ne sia accorto. Crollo a terra, proprio di fronte a quel materasso che mi ospita gentilmente nei suoi caldi abbracci, tutte le notti. Caldi, come le lacrime che iniziano a scorrere impietose sulla mia pelle. Piango in silenzio, come ho sempre fatto. Piango fino ad essere totalmente sfinito. Voglio una conosolazione, qualcosa, anche solo breve. Voglio non dover lottare contro il mondo, almeno per due minuti, nella mia vita. Perché, perché, perché? Perché mi odi senza nemmeno rendertene conto, perché devo sempre soffrire per ciò che sputi fuori da quel buco del cavolo che hai sulla faccia? Sei veramente stronzo, Shiro! Qualcuno spenga il mio cervello per un momento, per favore!

Sento di nuovo la tua mano fra i miei capelli. Grazie pre avermi ascoltato. Sembra che tu mandi il tuo pensiero in mio soccorso. Toccami, Akira, toccami solamente! Fammi dimenticare l’orrore della vita, che è tanto crudele da risultare insopportabile, e tanto immensamente bella che non riesci neppure a pensare di abbandonarla. Toccami, baciami! Sento le tue labbra che mi asciugano le lacrime e percorrono tutto il mio corpo. Sono così convinto che tu sia qui, da neppure accorgermi che quelle stupende mani che mi esplorano mi conoscono già benissimo, dal momento che sono le mie. Toccami ancora fra i capelli, Akira, come hai fatto oggi. Baciami sul cuore. È bello sentirti vicino a me, amore. Consolami, dammi tutto te stesso. Ti sento caldissimo sul mio sesso, quando ci appoggi le labbra. Maledizione, anche la mia immaginazione mi tradisce! Non so cosa si possa provare a sentire una cosa del genere, perché non mi è mai capitato (fatta eccezione per quella volta con Naozumi, che è durata pochissimo e neppure voglio rammentare!). Continuo a masturbarmi, mentre cerco di pensare a qualcos’altro. La mia attenzione attera di nuovo sulle tue mani, che mi sfiorano ovunque, meravigliosamente. Continuano ad accarezzarmi, finchè non mi portano al limite.

Silenzio nella stanza. Silenzio tombale. Mi osservo un momento le dita impiastricciate dal mio seme, e sento risuonare un singulto. Il mio. Questo non avverà mai, non farà che restare nei mei sogni. Fantastico, ho trovato un secondo motivo per piangere sottovoce, come faccio sempre. Stringo il cuscino fra le braccia e sento gli occhi che mi bruciano. Non potrà andare avanti così in eterno! Non ce la faccio più!

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Allora, come vado? Tenete conto che è la prima yaoi che scrivo (bello sforzo, è la mia seconda fic in assoluto!), quindi non siate troppo severi! Ad ogni modo come vi sembra il mio Koji-kun? A me pare un po’ complicato. Sto cercando di farlo uscire “vero”, nel limite del possibile. Spero solo che quest’impresa non risulti essere una pagliacciata! Ditemi ciò che ne pensate, se vi va (sheeratuel@hotmail.com)! Però con tatto, per favore… Arigato!

Capitolo 3

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