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Cosa succede in città
by Ottavia

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Capitolo 2

 

La mattina seguente Arimi  scese a far colazione e visto Kyota si sedette al suo tavolo.

“Amore perché non hai risposto ai miei squilli ieri sera ? non mi vuoi più bene?” le chiese lui con tono fintamente disperato.

“Oh mi dispiace, ma sai purtroppo ero impegnata con il mio amante.”  gli rispose con noncuranza.

“Ma me  lo dici così, mi sbatti in faccia il tuo tradimento in questo  modo. Come posso continuare a vivere? Datemi un pugnale così potrò mettere fine al mio tormento.”

Visto che i due si stavano facendo guardar male da tutto il ristorante, Maki decise di intervenire.

“Voi due la volete piantare di fare i cretini, state dando spettacolo.”.

Dato che i due non  gli davano ascolto, diede un sonoro pugno sulla testa a Kyota.

“Ma capitano perché solo a me, non è giusto”  piagnucolò il malcapitato

“non si picchiano le ragazze, dovresti saperlo”

“E da quando Arimi è una ragazza?”

“staresti insinuando che io non sono femminile ?”- chiese la ragazza.

“Che tu sia rozza è un dato di fatto”  le rispose Kyota

“Dannato come ti permetti, io ti….”

Arimi non fece in tempo a specificare quello che avrebbe fatto perché Maki spazientito  urlò

“LA VOLETE FINIRE!”

Al che i due tornarono quatti, quatti,  a fare colazione. Sendoh, che aveva assistito divertito a tutta la scena, non era ancora riuscito a capire che genere di rapporto ci fosse tra i due, decise di levarsi la curiosità chiedendo a Maki.

“Scusa ma quei due sono amici, nemici o amanti?”

“Sono amici, anche se a volte non si direbbe. Amano fare queste sceneggiate e si divertono molto a punzecchiarsi, ma non pensano sul serio quello che dicono. Devi vederli, se qualcuno osa dire qualcosa di male su uno dei due, ecco che  l’altro lo difende a spada tratta. Perché t’interessa?”

“Curiosità.”

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Arimi si gettò su uno dei lettini che stavano accanto alla piscina. Si sentiva a pezzi, aveva fatto da arbitro a non sapeva quante partite ma era felice. Si era divertita moltissimo e le era venuta una gran voglia di tornare a giocare.

Pensare che all’inizio non le piaceva nemmeno, aveva cominciato a giocare solo per avere compagnia durante le vacanze estive. D’altronde essendo l’unica ragazza della banda si era  dovuta adattare ai loro interessi e il basket era quello che andava per la maggiore. Organizzavano dei veri e propri tornei, composti di sfide uno contro uno. Anche se la pallacanestro non era una cosa che l’esaltasse, aveva iniziato ad allenarsi in vista di quelle sfide, anche durante l’anno.

Del resto non le era mai piaciuto perdere. Ora come ora aveva raggiunto un buon livello, riusciva a tener testa  a suo fratello anche se era riuscita a batterlo solo poche volte. Però  per essere metà settembre faceva caldo. Fantastico, l’estate era decisamente la sua stagione preferita.

Aveva sempre trascorso ore ad arrostirsi per bene e questa sua passione le aveva portato anche qualche spiacevole inconveniente.

Come scordarsi la scottatura dell’anno passato? Aveva passato giorni a rimpiangere di non aver messo la crema. Stava cominciando a venirle sonno; si sarebbe concessa una dormitina. Cinque minuti giusto per chiudere gli occhi.

Si svegliò sentendosi sollevare.

Nobunaga la stava tenendo per  le gambe e Sendoh per le braccia.

Prima di poter capire quello che stava succedendo si ritrovò gettata in piscina.

Riemerse qualche secondo dopo, scuotendo  la testa per scostare i capelli dalla faccia, e sputando l’acqua che aveva bevuto. Sendoh e Kyota se la ridevano come pazzi alla vista della sua espressione.

“Molto divertente ragazzi, per poco non morivo affogata. E tu Kaede  chiese rivolgendosi a Rukawa che se ne stava placidamente seduto su una sdraio  - intervenire no, eh? È così che difendi un’amica d’infanzia ?”

“Mh” fu la sola risposta dell’interrogato.

Conosceva Kaede da una decina d’anni, dato che anche lui faceva parte della compagnia con cui passava le vacanze. Era stato lui, oltre naturalmente Shinichi, ad insegnarle a giocare. Avrebbe dovuto farci l’abitudine a quelle sue risposte a monosillabi, eppure avevano il potere d’irritarla.

“Ti hanno portato via la lingua per caso. “

Lui si alzò e le diede l’asciugamano.

“Tieni ti aspetto al campetto, se non sbaglio abbiamo una partita in sospeso.”

Arimi rimase per un attimo sorpresa, cercando di rammentare a cosa alludesse. Alla fine ricordò. Avevano iniziato quella sfida durante le vacanze di primavera ma non erano riusciti a concluderla. Poi durante le vacanze estive non si erano visti e così non c’era mai stato un vincitore.

Era passato talmente tanto tempo che se n’era scordata. Strano che Kacchan se ne ricordasse. Probabilmente lui ricordava qualunque cosa riguardasse il basket.

Si doveva dare una mossa, sapeva che Kaede detestava aspettare. Poi diventava veramente seccante e antipatico. Non che normalmente fosse il massimo della cordialità, ma almeno con la ristretta cerchia di persone che godevano della sua simpatia, si lasciava andare. Quando voleva sapeva essere simpatico.

Non aveva il tempo di vestirsi, si  limitò a cambiarsi le scarpe e infilarsi la minigonna che usava come copricostume. Forse non era l’abbigliamento migliore per andare in giro, infatti, molti si voltarono a guardarla ma non gliene importava.

Del resto il suo motto era non ti curar di loro ma guarda e passa..

La voce della sfida si era diffusa rapidamente, come sempre una notizia  un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale (….come una freccia dall’arco scocca vola veloce di bocca in bocca. Perdonate la citazione N.D. Ottavia)

Scommetteva che molti di loro pensavano che Kaede l’avrebbe stracciata solo perché era una ragazza. Bene avrebbe dimostrato che una ragazza poteva giocare a basket come, se non meglio, di un ragazzo.

***continua***

Capitolo 3

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