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ATTIVITA'
8 novembre 2002 - Taranto, 8 Novembre 2002 – Palazzo Prefettura - home
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1. Premessa

La struttura geologica del territorio murgiano è caratterizzata da piattaforme calcaree. Tale conformazione determina una particolare morfologia al territorio, sia in superficie che nel sottosuolo. La superficie (epicarso) è caratterizzata da roccia affiorante molto fratturata che drena nel sottosuolo le acque meteoriche. Il sottosuolo si presenta ricco di numerose cavità organizzate in un fitto reticolo in cui scorrono i sistemi idrici sotterranei profondi (falda acquifera).
Le emergenze ambientali, dovute ad attività umane, che interessano il territorio e l’ambiente carsico del territori pugliese riguardano sia la superficie che il sottosuolo.
Per ciò che riguarda la superficie oltre a segnalare le numerose discariche a cielo aperto che si rinvengono sparse per il territorio con tipologia di rifiuti estremamente variabile, c’è da segnalare anche un altro fenomeno non strettamente legato allo smaltimento dei rifiuti ma che costituisce comunque una emergenza ambientale, costituito dalla sistematica distruzione in superficie del banco calcareo affiorante che va sotto il nome di “spietramento”. Tale fenomeno operato dagli agricoltori sul territorio murgiano ha assunto dimensioni spaventose contribuendo a determinare situazioni di dissesto ambientale ed idrogeologico le cui conseguenze non sono ancora molto visibili ma in un futuro non lontano si mostreranno in tutta la loro gravità.
Per ciò che riguarda invece il grave fenomeno dell’inquinamento del sottosuolo, esso è determinato principalmente dalla consuetudine di immettere sia materiali che liquami in pozzi, doline, spaccature della roccia, voragini naturali che abbondano nel nostro territorio, in cui sovente finiscono anche pericolosi scarichi industriali.
Tale abitudine ha assunto negli ultimi anni l’aspetto un fenomeno diffuso e preoccupante tale da determinare all’interno delle cavità naturali del sottosuolo vere e proprie discariche dove si rinvengono ormai tutte le diverse tipologie di rifiuti.
Mentre in passato l’uso di immettere nel sottosuolo i rifiuti era limitato a contadini ed allevatori che in questa maniera si disfacevano facilmente di carogne di animali ed altri rifiuti organici, oggi si assiste all’utilizzo di queste cavità per lo smaltimento abusivo di rifiuti speciali e pericolosi, cui la legge invece impone particolari trattamenti ritenuti eccessivamente onerosi, tanto da preferire il loro occultamento (smaltimento abusivo) all’interno delle cavità naturali.
Tale scelta è inoltre dettata loro dalla certezza che molto raramente si potrà venire a conoscenza di questo smaltimento abusivo, data la impraticabilità e la impossibilità di accedere facilmente in questi luoghi se non agli speleologi.
Pertanto, una delle caratteristiche che conferisce maggiore gravità al fenomeno è costituita dal fatto che differentemente da discariche abusive a cielo aperto, l’immissione dei rifiuti nel sottosuolo e quindi il rilevamento della loro presenza non è alla portata di tutti e non è facilmente rilevabile. E’ un metodo ottimale per sfuggire ai controlli, ed è difficile operare un monitoraggio del fenomeno.
L’unica maniera per poter rilevare la presenza di tali rifiuti infatti, e quindi l’eventuale attività di smaltimento abusiva connessa, è costituita dalla segnalazione agli organi preposti da parte degli speleologi che si recano per le loro attività di ricerca nelle cavità naturali e negli ambienti ipogei documentandone lo stato di degrado in cui versano, fornendo anche elementi utili per gli opportuni interventi finalizzati ed, ove possibile, anche al loro recupero.
Un’altro aspetto che conferisce maggiore gravità all’inquinamento del sottosuolo rispetto a quello determinato dallo smaltimento abusivo in superficie, è dovuto al fatto che le grotte e le cavità naturali del sottosuolo costituiscono la sede di scorrimento delle acque meteroriche, dalla superficie fino alla falda profonda dove poi, attraverso pozzi privati o pubblici, si attinge alle risorse idriche sia per uso irriguo che potabile.
Fra l’altro, gli acquiferi carsici presentano caratteristiche dinamiche tali da esercitare uno scarsissimo contrasto alla diffusione degli inquinanti, possedendo elevata velocità di deflusso e scarsissima capacità di autodepurazione, il che li rende molto esposti a rischi di contaminazione, sia di tipo occasionale che permanente.
Il percorso dell’inquinante inizia con la sua introduzione dall’esterno o direttamente in pozzi e voragini, o nel caso di liquami, attraverso il percolamento nel suolo; segue quindi la propagazione fin nelle falde in maniera del tutto incontrollabile potendosi diffondere in qualsiasi direzione e distanza secondo la conformazione e la struttura geologica della zona interessata.

2. Lo stato di inquinamento del sottosuolo

Negli ultimi anni si è registrato un particolare incremento delle attività speleologiche e di conseguenza un aumento della frequentazione degli ambienti ipogei. Tale circostanza ha favorito il rilevamento di situazioni talvolta molto gravi relative allo stato di degrado in cui versano gli ambienti ipogei a causa della presenza di enormi quantità di rifiuti immessi in maniera del tutto illecita ed abusiva all’interno delle cavità naturali.
Inoltre, rispetto al passato in cui si rilevava principalmente la presenza di rifiuti organici (resti animali), oggi si assiste sempre più all’incremento di attività di smaltimento di particolari tipologie di rifiuti (inerti e speciali) proprio perché alcune prescrizioni sullo smaltimento di queste tipologie di rifiuti impongono trattamenti specifici ritenuti molto onerosi dalle ditte, e pertanto ne viene scelta la loro dispersione ed il loro occultamento all’interno delle cavità naturali.
Uno dei criteri utilizzati per la scelta della cavità in cui effettuare lo smaltimento abusivo è dettato dalla facilità di avvicinamento all’imbocco della voragine con mezzi (auto, autocarri) tale da permettere la facilità nello scarico, unitamente alla scarsa frequentazione del luogo in superficie da parte di potenziali testimoni. Al momento non è mai capitato a speleologi di assistere direttamente ad una operazione di immissione di rifiuti.
Due esempi tipici in provincia di Bari sono costituiti proprio dalla Grave del Cavoncello e dalla Grave di Pasciuddo.
La prima si apre in agro di Spinazzola (Ba) proprio al margine della S.P. con accesso a pochi metri dalla sede stradale, in prossimità di una cava. Si tratta di un inghiottitoio di circa 40m di profondità.
La seconda si apre a poche centinaia di metri dalla S.P. Cassano-Acquaviva, con facile accesso ai mezzi fino all’imbocco che si apre in un ampio spazio. Questa cavità si apre con un pozzo di circa 60m e continua con un ed esteso complesso sistema ipogeo di notevole interesse idrologico.
Entrambe posseggono in comune la caratteristica della facilità di avvicinamento con mezzi. In entrambe sono stati ritrovati e si ritrovano tuttora, proprio i rifiuti speciali ed ospedalieri che costituiscono la tipologia di rifuiti più pericolosa in assoluto.
I fenomeni di inquinamento del sottosuolo nella Puglia sono noti da anni e riguardano quasi tutte le cavità naturali che si aprono in superficie. Non c’è grotta in cui non si ritrovi qualche esempio, magari anche risalente al solo passato, di uso della cavità quale discarica.
Uno dei ritrovamenti cui sovente ci si imbatte, è costituito dalle carcasse di automobili (anche pullman) o rubate o utilizzate per attività criminose, occultate così in maniera semplice e sicura dai malviventi. Tali ritrovamenti risalgono per lo più a decine di anni fa; non si rinvengono attualmente carcasse di auto recenti. Sembra che almeno tale fenomeno si sia arrestato. Rimane tuttavia il problema dell’eventuale bonifica da questi rifiuti, difficoltosa per il recupero di tali resti per il loro ingombro ed il loro peso.
Altra tipologia di rifiuti, come già descritto, sono i rifiuti organici costituiti da carcasse di animali morti, sovente smaltite senza alcuna denuncia alle autorità sanitarie ed ai servizi veterinari. Ciò oltre a pregiudicare gravemente l’ambiente in cui sono immessi per la possibile diffusione di malattie infettive, impediscono una corretta analisi epidemiologica da parte dei servizi veterinari che non ricevendo alcuna denuncia sui decessi degli animali non vengono in possesso di dati utili per il monitoraggio circa la diffusione di eventuali patologie animali (zoonosi) sul territorio. Inoltre, le carogne di animali immesse in massa nelle cavità favorisce la crescita di animali (roditori) che attratti dalla quantità di resti animali utilizzati da loro come cibo, in alcuni casi (Pasciuddo) hanno preso stabile dimora moltiplicandosi a dismisura e popolando stabilmente la grotta.
Altri esempi di inquinamento sono costituiti dalla presenza in grotta di notevoli quantitativi di rifiuti inorganici quali copertoni di auto in numero impressionante; nella sola Grave di Pasciuddo se ne contano qualche centinaio, nonché batterie di auto.
Altra categoria è costituita dai rifiuti ospedalieri trovati in grande quantità sia nella Grave di Pasciuddo che nella Grave del Cavoncello, oggetto di segnalazione alle autorità preposte e di parziale intervento di bonifica. Ma il fenomeno si ripete costantemente. Fra i rifiuti ritrovati, oltre ai medicinali scaduti, fiale, flaconi, pomate, e attrezzatura sanitaria (guanti, contenitori), anche provette di sangue ancora piene.
Altri ritrovamenti di diverso genere e natura, ma non meno pericolosi, sono i residuati bellici sia risalenti all’ultimo conflitto che quelli recenti sopratutto in zone di esercitazione militare.

3. La Grave di Pasciuddo

La Grave di Pasciuddo costituisce l’esempio tipico e paradigmatico di una grotta fortemente inquinata e in grave situazione di dissesto ambientale, sia per la mole di rifiuti immessi in maniera periodica e sistematica e sia per la presenza nel sistema carsico di aspetti idrologici di rilevo.
L’inquinamento di questa grotta è sempre stato conosciuto. Si riporta una testimonianza risalente al 1973 (trent’anni fa) a seguito di una operazione di recupero del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico: “...Il recupero della salma, non raggiungibile ed imbracabile dalle scalette, ci poneva di fronte a vari problemi. L'acquitrino è formato prevalentemente da resti organici in avanzato stadio di decomposizione. Per decenni contadini, pastori, allevatori di maiali, di polli ed altri animali domestici, nonché i macelli comunali di Acquaviva e Cassano si sono serviti (e continuano a farlo malgrado i divieti) della voragine per liberarsi rapidamente di animali morti in caso di epidemie e per precipitarvi ogni sorta di rifiuti. Da questa maleodorante ed infida palude, brulicante di larve e vermi, coperta da miriadi di moscerini dal volo greve, appesantito dal lerciume sul quale si compie tutto il loro ciclo vitale, emergeva una spalla e parte di una gamba dello sfortunato pastore. Per operare con relativa tranquillità e sicurezza e premunirsi, nel contempo da eventuali infezioni, si decideva, dopo aver scartato altre possibilità, di: usare come ripiano un canotto con fondo in legno; calzare sotto la tuta tradizionale una muta completa da sub, in modo da non lasciare parti del corpo scoperte; servirsi di mascherine asettiche da sala operatoria (gentilmente messe a disposizione dall'Ospedale di Acquaviva); racchiudere la salma in un telo molto robusto (3 metri per 2) munito di apposite asole per l'imbracatura...”.La Grave di Pasciuddo è una cavità naturale il cui ingresso è ubicato in una zona di territorio a confine tra Cassano Murge ed Acquaviva delle Fonti ad una altitudine di 300 m slm. Essa si apre con un pozzo verticale di circa 60 m che sfocia in una ampia cavità che si continua attraverso una serie di passaggi in un ramo a fondo cieco, ed in un sifone. Presenta un dislivello totale di circa 70 m ed uno sviluppo planimetrico di circa 1 Km.
Essa si presenta come una grotta attiva e soggetta a piene stagionali con notevole variazione del regime di flusso delle acque. Durante le piene il livello delle acque si alza fino ad occupare tutto il volume di alcuni passaggi e del sifone. Le acque si perdono in fondo al sifone in un passaggio non praticabile, confluendo nella falda sotterranea.
La Grave di Pasciuddo ricopre pertanto una particolare importanza rispetto ad altre cavità naturali della murgia, per le sue implicazioni idrologiche poiché attraverso questa grotta si determina un apporto di notevoli quantità di acqua che poi confluiscono nella falda sottostante.
Purtroppo, nonostante la bellezza della grotta ed il suo delicato ruolo che svolge nel fungere da collettore e filtro di notevoli quantità di acqua, essa verte in una gravissima situazione di degrado ambientale e di inquinamento di origine antropica, che ha determinato un imponente squilibrio dell’ecosistema ipogeo. La Cavità viene infatti costantemente usata quale discarica abusiva in diversi periodi dell’anno. Ripetuti sopralluoghi condotti ad intervalli costanti, hanno evidenziato come il fenomeno si ripeta con costanza ed assiduità.
In diversi anni di esplorazione si è potuta constatare la presenza di notevoli quantità di rifiuti dalle tipologie assai diversificate, che vanno da quelli organici agli inerti, nonché rifiuti speciali e tossici. Sono stati infatti ritrovati: residuati bellici; lamiere di auto; carcasse di altri veicoli (biciclette, motori); copertoni di gomma di diversa misura (oltre un centinaio); materiale di plastica; vecchi elenchi telefonici (oltre 100); carcasse di animali in diverso stato di decomposizione (pecore, capre, maiali, cani, buoi, cavalli); rifiuti ospedalieri e medicinali scaduti; metalli pesanti (piombo, batterie, ecc.);
Tutto ciò rappresenta una gravissima forma di inquinamento ipogeo che ha pesanti ripercussioni sulla qualità delle acque che vengono così rese tossiche sia dal punto di vista chimico che biologico. Infatti, mentre da un lato i rifiuti organici in condizioni di normali possono essere velocemente degradati e quindi eliminati, in condizioni di costante apporto hanno invece creato un terreno ottimale per lo sviluppo di una pericolosa flora microbiologica (virus, miceti, batteri, protozoi) dal momento che le carogne di animali che vengono gettate in grotta sono rappresentate per lo più da capi abbattuti perché affetti da zoonosi. La presenza di abbondanti quantitativi di materiale in decomposizione ha determinato l’impianto di colonie di topi particolarmente grandi ed aggressivi che si nutrono con questi resti che macerano sul fondo della grotta. D’altra parte vi è anche un inquinamento di tipo chimico-fisico per la presenza di rifiuti speciali (ospedalieri) ed inerti. La grossa mole di materiale che una volta immesso giace sul fondo del pozzo, durante le piene, alzandosi il livello delle acque, galleggiando viene trasportato all’interno della cavità spingendosi per alcune centinaia di metri: vengono rinvenuti infatti rifiuti in fondo alla grotta anche molto lontano dall’ingresso. Tale situazione è stata posta anche all’attenzione della Procura della Repubblica in diverse occasioni.
Tali circostanze sono state oggetto sia di segnalazione alle autorità sanitarie regionali, comunali, ai NAS. Inoltre si è proposto alla regione un progetto di fattibilità per la bonifica del luogo ma senza alucn esito.

4. Proposta di bonifica

La Grave di Pasciuddo (come del resto tutte le altre cavità che vertono nel medesimo stato) necessita pertanto di un radicale intervento di bonifica e risanamento ambientale seguito dall’adozione di misure atte ad impedire ulteriori attività di inquinamento. Tali interventi potrebbero essere realizzati secondo il seguente schema:
1) accurata verifica e valutazione del grado di inquinamento, sia in riferimento alla quantità di rifiuti presente, che alle diverse tipologie (organici, inerti, speciali, tossici, ecc.);
2)documentazione videofotografica dello stato dei luoghi evidenziando i punti della grotta maggiormente colpiti;
3)analisi e monitoraggio ambientale con rilevazione dei parametri fisici (temperatura, umidità, pressione, radioattività, ecc.) della grotta;
4)analisi chimico-fisica e microbiologica delle acque e di altri substrati (terreno, rifiuti organici, ecc.);
5)installazione sull’imboccatura della grave di sistemi provvisori atti ad impedire ulteriori immissioni di rifiuti (grate metalliche, reti, ecc.);
6)trasporto dalle diverse parti della grotta dei rifiuti sparsi e concentrazione sul fondo del pozzo;
7) successiva installazione di un argano a motore per permettere il recupero dell’ingente mole di materiale dal fondo della grave, e successiva rimozione alla fine dell’intervento;
8) smaltimento presso discariche autorizzate delle diverse tipologie di rifiuti recuperati (inerti, speciali, tossici, ecc.);
9) successiva verifica e valutazione delle condizioni ambientali al termine dell’intervento;
10)valutazione circa eventuali altre necessità di intervento;
11) analisi chimico-fisica e batteriologica delle acque e dei diversi substrati successive agli interventi di bonifica;
12) installazione di sistemi permanenti di protezione atti ad impedire per il futuro ulteriori immissioni di rifiuti.

5. Il ruolo delle autorità preposte

E’ di fondamentale importanza che le autorità preposte intervengano secondo i propri ruoli di competenza a partire dalla prevenzione, al controllo, alla bonifica ed infine alla repressione ove si riesca ad individuarne i responsabili.
Per quanto riguarda gli speleologi vi è ampia disponibilità a collaborare a tutti i livelli istituzionali e nelle diverse fasi degli interventi, dalla prevenzione alla segnalazione, alla bonifica mettendo a disposizione le proprie professionalità scientifiche e tecniche.
Sono sempre stati, infatti, gli speleologi a segnalare casi di degrado e di inquinamento delle grotte sia agli enti locali che alle autorità giudiziarie. C’è da segnalare a tal proposito che mentre le istituzioni territoriali si sono mostrate sovente inerti rispetto al fenomeno, tranne rari casi in cui hanno contribuito alla parziale soluzione del problema (Grave del Cavoncello), l’autorità giudiziaria si è comportata in maniera più decisa e determinata.
Va però sottolineato come, a nostro modesto avviso, l’uso di porre sotto sequestro giudiziario l’area su cui si apre l’imbocco della cavità e quindi del sottosuolo ad essa collegato si rivela una soluzione controproducente. Infatti, mentre una ordinanza di sequestro (che talvolta dura anche anni) impedisce agli speleologi di recarsi all’interno della grotta e quindi di controllare direttamente lo stato dell’ambiente, non dissuade affatto coloro i quali praticano lo smaltimento illecito dei rifiuti che non temono di aggiungere il reato penale della violazione del sigillo giudiziario a quello ben più grave dello smaltimento abusivo dei rifiuti.
In tale maniera l’ambiente continua ad essere violato e gli unici controlli che potrebbero operare gli speleologi con le loro discese di ispezione sono di fatto impedite.
Pertanto, lo strumento del sequestro penale e dei sigilli che pur è indispensabile durante l’attività di indagine, a nostro modesto avviso dovrebbe essere ridotto al minimo indispensabile per poter avere continuo accesso alla grotta e poter controllare costantemente il fenomeno dell’inquinamento.

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