il mio lavoro |
è UN HOBBY UNA PASSIONE |
DOMANI
E' UN ALTRO GIORNO"
Forse
tutta la nostra poesia e umanità rimarrà sulla carta ed incontrandoci, un
giorno, ci scopriremo semplici e banali. In effetti, credo che molto spesso sia
facile essere poeti sulla carta, molto difficile è esserlo nella vita. Almeno a
me capita così; quando tratto male una persona, rispondo sgarbatamente, nego un
favore richiesto tra le righe di una conversazione o, peggio, quando nemmeno mi
accorgo delle necessità, sempre in preda alle mie smanie, alle mie corse.
Dicono che in questo modo dobbiamo essere e che questo dobbiamo avere: forza, di
fretta a procurarcelo! E facciamo cose buone per il prossimo per poi lamentarci
quando non le riceviamo. Ma è tutta lì la gratificazione per un bel gesto, nel
gesto stesso. E' nell'azione medesima la nostra gratificazione, il premio per
noi. Corriamo come un rapido che non fa fermate verso la stazione finale, il
capolinea: e noi tutti sappiamo qual è il capolinea. Voglio fermarmi ad
assaporare le rotaie di qualche binario di campagna, davanti ad una stazione
deserta senza bar, sotto il sole abbagliante del ferragosto o sotto la pioggia
vischiosa di un precoce tramonto novembrino. Voglio fare notte tra i grilli di
campagna, tra le lucciole che non vedo più da tempo e ricordo solo come
illusioni dell'infanzia. Sono volate via. Sono volati via quegli zampilli di
luce, quelle sottili scie di bagliori che zigzagavano la notte di stupore
fanciullesco. Proprio ora, ora che l'odore dell'estate cresce da dietro le
colline, ora che il rossastro colore del lento tramonto ci dà il tempo di
assaporarne il retrogusto. Ora che il crepuscolo è paziente, dolce e profumato
come l'amore. Ora che c'è un orizzonte da guardare dietro ai palazzi della
solita città. Voglio stendermi sull'erba nel primo pomeriggio e guardare in
alto. Guardare in alto un cielo che lentamente consuma il proprio tempo e
diluisce i colori con la premura, la calma e l'accuratezza di un pittore che sa
aspettare. Mescola e rimescola, confonde l'azzurro nell'arancio, l'arancio nel
rosso, il rosso nel blu ed il blu nel nero. Sfuma il colore poco a poco, pettina
il pennello contro la tela e consuma la tempera come fosse la forza delle
parole. La forza delle parole in cui ho sempre creduto. Quella forza delle
parole che mi ha fatto cadere e rialzare, consumare il dettaglio di
ripensamenti. Rovistare tra i comportamenti per scorgervi un’allusione, un
segnale. Pesare la parola, il sorriso. Scacciare la domanda che non avremmo
dovuto fare o che non avremmo voluto ci facessero. E' questa la forza delle
parole: la forza di fare piangere, sorridere ed amare. La forza di rovesciare i
verdetti, la forza di persuadere, di inferire plausibilità. La forza di
ritrovare noi stessi tra i versi di una canzone, o di una poesia. E mentre
osservo il cielo farsi scuro, dondolare assieme ai ritmi della mia anima,
riempirsi di stelle - una più una meno cosa importa? - distillerò un pensiero
per chi ha ferito, con le parole. Per chi è passato senza fermarsi, tracciando
la mia stazione come punto di una rotta, come tappa verso una meta , come stella
di una costellazione. Unisco i puntini che sono le stelle e mi raffiguro
un'immagine, quella che più mi piace. Vedo mia madre che mi chiama, vedo me.
Vedo i giorni di un calendario, concetto nelle nostre coscienze, astrazione che
inizia a farsi pesante; magari per qualcuno accompagnata da qualche capello in
meno. O, peggio, qualche speranza in meno. Ma le mie speranze sono rimaste
immutate, nessuno ha intaccato la mia voglia di rivalsa, la lenta processione
verso il centro del mio labirinto di verità. E pensare che da qualche parte là
in mezzo c'eri tu. In quel labirinto c'eri anche tu. Ti ho persa dietro a
qualche svolta, lungo qualche gioco di specchi. Hai lasciato che scivolassi via
lungo le correnti delle nostre anime, attraverso i mulinelli della coscienza. E
il vortice che mi ha inghiottito ritorna a rovesciarmi addosso vagonate di
marciume e rifiuti, giudizi e frasi vomitate come fossimo cani di strada. Calci
e pezzi di ossa di cui accontentarci, sorrisi pietosi di chi ci porta un pezzo
di pane. Ma io non sono lì, la mia anima è già via. L’Io, leggero più
dell'aria, è già volato al traguardo e sta attendendo il me, ancora qui,
pesante di false convinzioni ed errate motivazioni. Valori insensibili alla
fisica dell'universo. Eppure guardo ancora il cielo, sopra quest'erba che si fa
bagnata. Il cinguettare aspro e sottile mi indica che qualcuno sta svegliandosi,
di là dall'orizzonte ci è stata concessa una nuova possibilità, una nuova
deroga per il nostro processo di anime, per la nostra mortale querela
all'infinito. Qualcuno sta svegliandosi e stiracchiandosi le membra di ritorno
da un viaggio notturno di certo poco lusinghiero, a dirsi dagli sguardi. Nella
notte siamo stati poeti: chi nel sonno, chi osservando il cielo, chi tracciando
il terreno su un marciapiede, o su una donna. Nella notte abbiamo amato e
scritto. Più difficile è farlo di giorno, sotto gli occhi inquisitori degli
esattori di forze: coloro a cui dobbiamo qualcosa. Ognuno è al suo posto qui;
eppure brulichiamo di voglia di andar via. Corriamo verso la nostra destinazione
finale, di giorno. Facciamo qualche passo indietro , la notte. Quando nessuno ci
vede torniamo lentamente sui nostri passi a recuperare pezzi di vita che non
siamo riusciti ad afferrare. Torniamo a riguardare foto ed a pensare a qualcuno.
Prendiamo carta e penna nel tentativo di imbrattare un foglio. Magari non ci
riusciamo, certo. Magari il foglio resta bianco, così come la nostra nottata.
Ma questo poco importa; noi ci abbiamo provato a tornare indietro, a riprenderci
la vita che abbiamo dovuto lasciar sfilare dai finestrini del nostro treno. E
sono molte le scuse che dobbiamo chiedere adesso. Adesso che viviamo davvero,
ora che abbiamo versato il tributo all'edificio societario. Adesso che siamo
noi, singoli, a brillare nell'eternità. Adesso che il palazzo della civiltà ha
terminato il suo orario di lavoro e si vede qualche finestra accendersi, qua e là.
E dentro quelle finestre ci siamo noi. Dentro a qualcuna di quelle finestre ci
sono anche io. Questa notte sono stato poeta affinché, nel caso un giorno
dovessi incontrarmi, potrò raccontarmi un po' di quella vita che non riesco a
vedere. Affinché possa sentire sulla pelle il sapore dell'erba bagnata dalla
rugiada. Cosa succederà domani non lo so, continuerò a correre probabilmente;
ma finché questa notte durerà io sarò immortale. Sarò poeta. E cosa poi
succederà in fondo non è un problema di adesso. Dopotutto, domani è un altro
Giorno.