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Notizie su alcuni fabbricati scomparsi o modificati esistenti nel 1820

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Chiesa Madre intitolata a Maria Santissima del Rosario e di S.Giuseppe

La Chiesa Madre

"Dedicata a Maria S.S. del Rosario ed a Santa Maddalena, fu fabbricata, dal fondatore del paese D. Diego Tagliavia Aragona Cortez, nel 1635 e negli anni seguenti. Aveva la forma di un vasto rettangolo, che conservò sino alla fabbrica dell'abside (1828-1838). Nel 1760 vennero costruite le mura di rinforzo. Soffrì molto per gli scavi delle vicine zolfare, che dal 1870 al 1901 ne insidiarono la stabilità. Nel 1901 crollò parte del soffitto e venne chiusa. Il culto venne trasferito in un magazzino dei fratelli Caico, nella Piazza Umberto I. Restaurata dall' Amministrazione Comunale, fu restituita al culto per il Natale del 1905. In essa si seppellirono i defunti dall'origine del paese sin verso il 1834. Esistevan, pure, molte Pulpanie o tombe gentilizie, di cui è larga menzione nei libri dei Defunti. Nuovamente disastrata nel 1965 a causa dei cedimenti degli stucchi del tetto e dei cornicioni, la Madrice rimase nuovamente chiusa per alcuni anni, durante i quali il culto fu praticato nell'improvvisata chiesa adibita nei locali dell'Oratorio. Grazie alla dinamica gestione, anche se alquanto discussa, dell'allora Parroco, la popolazione montedorese venne sensibilizzata, e riuscì coi propi fondi a restaurare nuovamente la Chiesa che fu inaugurata nel 1968. La gente, specialmente anziana, presto però rimostrò per i rimaneggiamenti delle strutture (si erano aboliti gli altari laterali e molti dei Santi meno tradizionali erano stati rimossi). Le uniche vere pecche rimangono comunque la mancanza del vecchio organo, che nell'incuria era andato perduto all'uso, ed il criterio seguito nell'ultimo lavoro di restauro per la facciata, che coi pregi dei nuovi materiali, ha però occultato i vecchi e caldi toni della rossa arenaria in cui erano intagliate le pietre e i santi del frontale."

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

 

Villa comunale, qui sorgeva la Chiesa delle Anime Purganti

La chiesa delle Anime Purganti

Sorgeva accanto alla Chiesa Madre e fu fabbricata dal fondatore quando popolò il paese. Era piccola: aveva una lunghezza di circa venti metri, una larghezza di circa sette ed era alta non più di cinque metri. La porta d' ingresso era a ponente. Allato vi erano due piccoli terrani devastati, che forse costituivano la sua piccola sacrestia. Credo che mai ebbe vero culto, tranne che in funzioni occasionali e saltuarie. Dal 1834 al 1884 fu adibita a cimitero. Dopo di allora veniva usata quale Casa Mortuaria. La rammento (dopo il 1890) male coperta e mezza cadente. La chiamavano "Lu Campusantu Vecchiu". In fondo vi era un altare nudo, ed altri quattro ve ne erano ai due lati. Gli scavi delle zolfare la ridussero cadente. Ne 1927 fu spazzata via del tutto e sulla sua area vi sorse il Parco della Rimembranza per i caduti della prima guerra mondiale.

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

 

Largo S.Giuseppe, dove sorgeva la piccola chiesetta

La chiesa di S.Giuseppe

La chiesetta di S. Giuseppe sorgeva alle falde del Monte d'oro, nel punto dove era una cappelletta votiva del Patriarca che, secondo una tradizione ancor viva, vi preesisteva alla data della fondazione. La chiesetta era di umili dimensioni, con l'entrata a Sud volgente le spalle all'attuale Largo S. Giuseppe, dove sin verso il 1895 vi si notavano, ancora, i tratti delle mura di fondazione; mentre la parte anteriore era di già occupata dai fabbricati, sortivi dopo il 1880. Poche memorie abbiamo della chiesetta del Patriarca. Nel 1885 vi furono seppelliti alcuni notabili del paese, caduti nella memoria, come si apprende dal Libro dei Defunti. Pare che nel 1757, vi si abbia fatta qualche restaurazione. Difatti nel testamento di D. Orazio Caico fu Pietro (4 giugno 1757) si trovava un legato costituito da una giumenta e da due dammusi adibiti a fondaco, che il testatore destinava alla riedificazione della chiesetta di S. Giuseppe. Parimenti nell'atto di donazione del 28Dicembre 1758, col quale i Giurati della Terra di Montedoro donano quattro tumuli di terreno alla Confraternita del S.S. Sacramento, tra le clausole ve n'è una che fa obbligo alla Confraternita che una parte della rendita della terra "doveva essere impiegata nella riedificazione della Chiesa S. Giuseppe" . Ma nulla si fece, né allora, né in seguito. La strada che vi conduceva era chiamata Strata S. Giuseppe, che nel 1865 diventò Via Italia, e nel regime fascista Via Roma. Oggi è ricordata dal Largo S. Giuseppe e da una Via S. Giuseppe; Ma le tracce delle fondazioni sono scomparse da un pezzo. (Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

Leggenda o verità: Si racconta che Giuseppe, figlio del Principe Pignatelli si trovava a giocare nei pressi di un burgio di paglia che sfortunatamente rovinò a terra schiacciando il bambino che morì. Allora il principe afflitto per il grande lutto decise di erigere nel luogo del fattaccio una chiesetta, in onore del giovane figlio morto prematuramente, e la intitolò a S. Giuseppe, chiamò allora i contadini dei paesi vicini e diede loro un pezzo di terra ciascuno in modo che loro popolassero il suo Feudo dando vita così a quello che ora è Montedoro.

Vicolo S.Giuseppe

 

Ex Fondaco S.Giuseppe

Fondaco di San Giuseppe

Il Fondaco S Giuseppe era di proprieta della Caico, del ramo di Orazio. Orazio Caico di Pietro la incluse nel patrimonio che costituì al sacerdote D. Orazio D'Alessandro, il quale lo godette sino alla sua morte, avvenuta il dì 11 Luglio 1761. Dopodiché per disposizione del testamento del detto Orazio Caico (1757), La rendita del Fondaco passò all'Altare di S. Giuseppe. Il Consiglio Comunale, rispondendo al Parroco D. Gaspare Rizzo, il quale chiedeva danaro per rinnovare Alcuni arredi sacri, diceva che "che gliera bastante la rendida del Fondaco S. Giuseppe". Da molti anni non era più adibita a Fondaco ( come stalla e pagliera, e tale io la ricordo sempre). L'ultimo che la tenne in fitto fu Alessandro Salvo detto Sentinella. Nel 1927 fu venduto al sig. Alba Giuseppe, alias Mariuzzello, il quale la trasformò in casa di abitazione, elevandovi altri due vani , e nei pianterreni vi gestiva un forno intitolato "Forno S. Giuseppe".

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

Icona votiva a S.Giuseppe

 

Scalinata che portava al convento

Ospizio dei P.P. Cappuccini

Forse nei primi decenni della fondazione delpaese; un mattone "stagnato" apposto sullo stipite della porta d'ingresso, portava la scritta "Ospizio dei P.P. Cappuccini di Sutera - 1714". Era composto da quattro vani terreni, adibiti a camera da pranzo, cucina e dormitori. Una comune casa di abitazione, tranne che per la detta scritta sullo stipite ed una piccola nicchia dove il Poverello di Assisi era ritratto in sei mattoni. Sino alle leggi Eversive (1865 e 1866) fu abitata daiFrati Cappuccini del vicino convento di Sutera. Poi passò al Comune che la adibì per alloggio del Cappellano forestiero, o di qualche altro impiegato del Comune. Ultimamente fu dato come alloggio alla levatrice. Ma negli ultimi anni la levatrice la affittava come pagliera, sino a che, nel 1922, un incendio doloso la ridusse un pugno di macerie. I sei mattoni con l'effige del Santo vennero ricercati dalla devozione della signora Giuseppina Minore Campanella, vedova Alba, che a sue spese fece erigere la piccola cappelletta che ancora esiste (1926) . Sull'area del vecchio Ospizio sono sorte nuove fabbricazioni.

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

Le piastrelle con l'immagine di S.Francesco scampati al crollo

La Cappelletta votiva che ricorda il Convento

 

Via Flaminia dove un tempo sorgeva il palazzo del Barone Don Pietro Paruzzo

Il Palazzo del Barone Don Pietro Paruzzo

Sorgeva nell'area dove sorge ora l'edificio scolastico elementare (da alcuni anni non più utilizzato come tale), venne elevato tra il 1780 ed il 1790. Era la sola costruzione imponente del settecento, formato com'era da otto vani terrani, con ampio cortile, e da sei vani a prima elevazione. La costruzione era pietra e malta di gesso; ma aveva gli stipiti e le arcate con pezzi intagliati di pietra calcarea. Dagli eredi del Barone D. Pietro Paruzzo, che si impoverì per la forte spesa di fabbricazione, passò al sig. D. Michele Guarino, notaro di Bompensiere, che lasciò ai suoi eredi, tanto che tutti lo abbiamo chiamati il Palazzo dei Guarino. In detta casa vi ebbero i natali DGiuseppe Guarini (1837), che fu poi Cardinale di Messina, ed il fratello D. Pietro, avvocato di grido e per diversi anniSindaco di Montedoro, morto nel colera del 1867. Vi nacquero altresì il medico D. Angelo Guarino e l'Avvocato D. Beniamino Guarino, entrambi figli del dott. D. Paolino, che largo nome lasciarono, l'uno come medico e l'altro come Avvocat Principe del Foro di Palermo. Il Palazzo Paruzzo, poi Guarino, ebbe a soffrire forti lesioni per gli scavi delle vicine solfare tanto che nel 1896 venne abbandonato, perchè inabitabile, ed i Sigg. Guarino passarono ad abitare nella vecchia casa dei Pignatelli, sita nella Piazza maggiore.

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

 

Incrocio tra Via Alighieri e Via Savoia, dove un tempo sorgeva lo Zàgato

Lo Zàgato

Il Pasqualino, nel suo Vocabolario Siciliano, alla voce Zàgato dice "Officina ove vende salame, salumeria, cacio, olio, ed altri camangiari col diritto di privativa, Bottega di Pizzicagnoli". Come oggi esistono in ogni Comune le Privative dei tabacchi ecc..., allora vi era lo Zàgato. Il Signore del Borgo lo appaltava; poi caduto il feudalesimo veniva appaltato dal Comune. Quello del nostro paesello sorgeva in un terrano sito tra la Via Alighieri e la Via Savoia. Tale terrano era di proprietà dei Pignatelli, che lo alienarono nel 1919 assieme alle terre libere e ad altri caseggiati. In tal modo passò in proprietà al sig. Ludovico Tulumello ed oggi ai suoi eredi.

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

 

 

le carceri

Le carceri locali sorgevano dietro l'Oratorio della Confraternita de S.S. Crocifisso e furono funzionanti sino a dopo la rivoluzione del 1860. Dopo furono soppresse ed i detenuti furono avviati al carcere mendamentele di Serradifalco. La spesa era sostenuta, dapprima dal Signore della Terra, e dopo la caduta del Feudalesimo dal Comune. La Domenica, a cura del Comune, vi si celebrava una messa per i detenuti. Nel 1841, dice un atto del 28 Marzo, il locale del carcere venne diviso in due stanze, per accogliervi separatamente i condannati penali (reati comuni) ed i condannati civili (debitori insolvibili). Il gruppo delle case dietrostante l'Oratorio ed il Camposanto Vecchio, era addimandato, "A li carzari". Nel libro dei defunti c'è notato qualche detenuto,morto nel carcere locale.

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

 

 

L'Oratorio

Fu fabbricato tra il 1768 ed il 1780 dalla Confraternita del S.S. Sacramento, che vi si riuniva per le orazioni in comune, per le adunanze straordinarie, quale l'elezione del Governatore, le 40 0re, le processioni del Corpus Domini, di propria giurisdizione ecc... Serviva pure per tenervi gli arredi dei Confrati, lo stendardo, il tamburo, l'urna del S.S. Crocefisso ecc... Era di forma quadrilatera con una specie di abside, ed una piccola casetta allato, che fungeva da Sacrestia. Nel suolo vi era una fossa comune, che accoglieva le spoglie mortali dei Confrati deceduti. Durante l'epidemia della peticchiale (1883), dapprima vi si seppellirono i Confrati allora defunti, ma in seguito ne fu proibita la tumulazione, per non accrescere con la corruttela dei cadaveri la malnata moria. Cessata la moria del 1833, i Confrati fecero parecchie istanze per riaprire la loro fossa ed inumarvi i Soci; il 13 giugno 1841, la decuria diede parere favorevole per la riapertura della fossa dei Confrati, l'Intendente di Caltanissetta non fu dello stesso parere ed allegando la legge 11 Marzo 1817 che imponeva la sepoltura fuori le mura urbane, negò il consenso. Allora si usava seppellire i cadaveri nell'antica Chiesa delle Anime Purganti, allato proprio all'Oratorio, ed i Confrati, appigliandosi a tale uso, tornarono a chiedere la riapertura della fossa. La Decuria con atto del 12 Giugno 1842 la approvava ed il sig. Intendente diede il suo consenso con ufficio del 7 Luglio 1842. Da allora sino al 1842. Da allora sino al 1884 i Confrati defunti vennero inumati nella centenaria fossa dell'Oratorio. L'Oratorio subì parecchie lesioni per gli scavi delle solfare vicine, ma resistette in piedi fin dopo il 1910. Poi perdette la copertura e la copertura e lentamente fu abbandonato. Nel 1927 l'area venne occupata dalla costruzione del Parco della Rimembranza per i caduti della guerra 1915 - 1918, ed il petrame spazzato del tutto.

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

 

 

La Neviera

Agli atti del notar D. Onofrio Lumia di Montedoro, addì 28 Aprile 1797, si conferiva un alberano tra i Sigg. Santo Paruzzo, da una parte, e, dall'altra, il Rev. D. Gaetano Caico, per ragioni di interesse tra le parti. Il Barone d. Pietro Paruzzo e figli Giovanni e Santo, quali forti debitori verso il loro parente D. Gaetano Caico, cedevano a questo ultimo una vasta chiusura sita in contrada Piano di Corsa e la Niviera "esistente nel Comune di Montedoro, con quelli privilegi e facoltà accordategli dalli Giurati della Terra, per nome della Università, e dal Tribunale del Regio Patrimonio confermategli, come per Dispaccio, e come li ha goduti detto Barone Paruzzo, e li godettero la persona o le persone che a detto Paruzzo, e li vendettero... per onze 60 per una sla volta ecc.... ". Dal riportato brano del vecchio atto pubblico si rileva che nel secolo XVIII, i Giurati Montedoresi per i bisogni del popolo, avevano concesso la costruzione della neviera,con diritto di proprietà e che detta neviera era passata in mano del Barone Paruzzo, che la cedeva al cognato Don Gaetano Caico. La neviera sorgeva vicino al posto dove oggi c'è lo spartiacque dell'acquedotto dele Madonie. I nostri Padri chiamarono il posto "la Nivera", ma oggi il nome è del tutto scomparso. La neviera funzionò sino a dopo il 1870. Per come si narrava, i giovanotti della generazione che ci precedette vi andavano a raccogliere la neve, che poi vendevano per pochi soldi al sig. Angelo Tulumello, inteso Jeti, che paresia stato l'ultimo a rccogliere e conservare la neve sul posto. Durante l'epidemia del colera del 1867, i Becchini vi tenevano la loro cucina, come ci conservavano i versi seguenti, che fannoparte del componimento popolare sulla terribile epidemia. "Ninu La Ricca misu à la Nivera, cà duna focu sutta la callara."

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

 

Scalinata che porta alla Crocilla

La Crocilla

Sulla sommità del Montecroce, direttamente sullosfondo della salita Francesco Crispi, c'è un'edicola, sormontata dalla croce, ed una Madonna nella piccola nicchia. Una volta sorgeva un poco più a sinistra da chi la guarda dal caseggiato, ma dato che era cadente, si pensò di rifarla di nuovo e piantarla dov'è oggi, per essere in vista degli abitanti. La vecchia edicola era sorta a ricordo di una memorabile predicazione di Padri e il popolo la chiamava sempre "La Crucidda" per distinguerla dalla "Cruci" del Calvario. Anche negli atti pubblici il Colle veniva chiamato "La Crocilla".

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)

Cappelletta della Crocilla

La crucidda

 

 

I magazzini Pignatelli

Gli antichi m agazzini furono costruiti forse prima ancora che fosse fondato il borgo. Essi facevano parte dei beni urbani di proprietà dei Principi Pignatelli, i quali li consegnavano ai loro affittuari, come dotazione delle terre dello stato, assieme alle case coloniche, agli ovili ecc... Quando i Pignatelli vendettero le loro terre libere, i magazzini e qualche altra casa, vennero inclusi tra i cespiti ceduti alla cooperativa S.Cataldo ed ai sigg. Salvo Giuseppe e Tulumello Ludovico, i quali due ultimi se lidivisero tra loro.

(Tratto da: Memorie e Tradizioni di Montedoro Vol.2, di Giovanni Petix Ed. a cura Dell'Amm. Com. di Montedoro,1986)