L’apporto professionale dello psicologo

presso l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Napoli


Dott. Massimiliano Fabi (psicologo U.S.S.M. Napoli)


 



Il lavoro psico-sociale con gli adolescenti autori di reato comporta, in primo luogo, la conoscenza del minore stesso. Proposte, progetti e misure penali rischiano, infatti, di fallire se non trovano il proprio fondamento nella partecipazione e, soprattutto, nella comprensione dell’adolescente.

In questa direzione opera il Servizio Psicologico dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Napoli: lo psicologo, all’interno di questa cornice istituzionale, si occupa di approfondire la conoscenza della personalità e delle dinamiche evolutive, nonché di valutare e di contestualizzare il reato del minore, al fine di contribuire a formulare risposte mirate alla sua condotta deviante. Quest’ultima infatti può esser considerata in molti casi l’espressione di una “crisi” profonda, nella quale vengono messi in discussione valori, motivazioni e credenze, crisi che però contiene un potenziale evolutivo, ovvero le premesse per un cambiamento potenziale.

Parte del lavoro psicologico consiste quindi in attività di osservazione e valutazione, il cui obiettivo principale non è la formulazione di una diagnosi in senso proprio – finalizzata alla ricerca di un’etichetta – né la valutazione della capacità di intendere e di volere dell’adolescente sottoposto al procedimento penale né, parimenti, l’ottenere una “confessione” di quanto accaduto. Obiettivo principale della consultazione psicologica è, in primo luogo, la valutazione del senso soggettivo che ha per il minore il gesto contestatogli dal sistema giudiziario. Aree specifiche di osservazione, in tal senso, sono:

Ø        la personalità del minore in relazione alla fase evolutiva;

Ø        le relazioni, i ruoli, la struttura familiare ed il grado di congruenza tra ruoli, organizzazione del nucleo ed aspettative, con particolare riferimento alla coppia genitoriale;

Ø        gli effetti ricercati attraverso l’azione deviante;

Ø        la consapevolezza sulla reale gravità del reato;

Ø        la reazione all’intervento della giustizia ed ai provvedimenti cui è sottoposto;

Ø        la tipologia dell’agito, compresa la maggiore o minore sintonia dello stesso con l’esplicito sistema di valori familiari o del contesto sociale di appartenenza;

Ø        l’inserimento sociale nel gruppo dei pari, nello studio o nel lavoro;

Ø        il tipo di rapporto con la vittima.

La consultazione psicologica prevede l’ausilio di strumenti psicodiagnostici, quali test proiettivi (T.F.U. di Machover, Test dell’Albero, Test della Famiglia di Corman, Test del Paesaggio), test neuropsicologici (Visual-Motor Gestalt Test di Bender) e alcuni questionari (tra i quali il Test delle Relazioni Interpersonali di Bracken).

Questa valutazione porta alla stesura di una relazione indirizzata al giudice, che gli consenta di prendere decisioni che tengano conto per quanto possibile della situazione “oggettiva” e “soggettiva” del minore.

A tale intervento di consultazione psicologica può seguire una fase successiva che è rivolta a sostenere il minore, sia attraverso colloqui di sostegno sia attraverso una psicoterapia breve, all’interno di progetti educativi personalizzati. Tali progetti consistono in compiti concordati e pianificati - di volta in volta - sia con il minore interessato, sia mediante una prassi fondata sul confronto in équipe tra professionalità diverse.

È utile ricordare che l’intervento psicologico con adolescenti sottoposti a procedimenti penali si svolge, fin dall’inizio, in un contesto di prescrizione e non di richiesta. Il committente (l’Autorità Giudiziaria) non corrisponde all’utente (il minore): l’adolescente non chiede aiuto, non necessariamente si presenta come sofferente e, spesso, non è latore di psicopatologie vere e proprie.

Inoltre, il luogo nel quale si svolgono i colloqui è “inglobato nell’edificio giudiziario” e, pertanto, l’adolescente incontra difficoltà nel distinguere funzioni e ruoli. In molti casi, anche il semplice recarsi per un colloquio presso il medesimo fabbricato nel quale sono allocate le aule di giustizia provoca malessere o diffidenza negli utenti.

Il ragazzo che ha commesso un reato è poi caratterizzato spesso da una personalità portata ad agire e non ha ancora sviluppato pienamente le proprie capacità introspettive; nei casi più complicati si riscontrano tendenza a mentire, elevate difese narcisistiche, difficoltà ad ammettere o a rappresentare a se stessi il disvalore del gesto compiuto: tutti elementi, questi, che accentuano le difficoltà nella creazione di una relazione tra psicologo e minore.

I colloqui con ragazzi sottoposti a procedimenti penali richiedono, dunque, un adattamento della posizione abituale dello psicologo, con l’assunzione di un atteggiamento più attivo di quello normalmente adottato di fronte ad un utente che riconosce il proprio bisogno d’aiuto ed ha sufficienti capacità introspettive e di autocritica.

La finalità generale della consultazione, dunque, consiste in una estensione dello spazio di significato dell’azione-reato, ma soprattutto nella sua “costruzione” e condivisione con l’adolescente e la famiglia. In questo modo si cerca di evitare che una risposta incongrua e inadeguata banalizzi l’atto trasgressivo, riducendolo ad un gesto infantile, senza significato sociale o, al contrario, lo confonda con il significato giuridico che, quello stesso atto, può avere per un adulto.

Dal punto di vista organizzativo, infine, il Servizio Psicologico ha iniziato quest’anno un’attività di monitoraggio e di verifica delle attività svolte – per ora a cadenza semestrale - al fine di migliorare la qualità delle prestazioni erogate. L’attenzione alla qualità rientra in una filosofia di servizio attenta non solo al reato ed alla prevenzione della recidiva, ma anche al benessere dell’utente inteso nella sua globalità.

La globalità dell’approccio presuppone sia la collaborazione interprofessionale tra assistenti sociali, educatori e psicologi, sia la collaborazione interistituzionale con i Servizi del Territorio. Tale considerazione implica una complessità organizzativa del lavoro che trascende il rapporto con l’utenza, denotando numerose implicazioni sul piano conoscitivo, metodologico e relazionale.

I temi appena citati non possono certamente essere approfonditi in questa breve dissertazione; aiutano tuttavia a comprendere che, il contributo del Servizio Psicologico all’interno del Servizio Sociale per i Minorenni di Napoli, costituisce un aspetto del più ampio processo di conoscenza e “trattamento” dei ragazzi che commettono reati. In altri contesti, questo stesso contributo assume connotazioni diverse, proponendosi in maniera dialogica per un continuo e reciproco aggiornamento culturale e organizzativo, al passo con i mutevoli bisogni della giovane utenza presa in carico.

 

 


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