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“Informazione e democrazia nell’epoca della televisione”

Incontro con il giornalista Gad Lerner e con l’on. Paolo Gentiloni

1 dicembre 2003

 

Introduce Gianantonio Girelli (segretario provinciale Margherita)

 

Obiettivo della Margherita è portare al centro dell’attenzione temi che interessano il quotidiano della vita, promovendo un partito in movimento nella provincia, coinvolgendo sia gli uomini del partito, sia le personalità della cultura e dell’informazione.

Viviamo in un mondo filtrato dai mezzi d’informazione: la prima causa della globalizzazione, forse prima dell’economia, è nell’informazione. La TV ci rende partecipi di tutti i grandi fatti, ci racconta in diretta, riducendo la storia alla notizia. E spesso fatichiamo a distinguere gli eventi storici dalle banalità.

È impossibile (e inutile) sottrarsi al potere dei media: è invece importante conoscerli, sapere che creano i personaggi, hanno il potere di convincere, di rassicurare o creare paure, di spostare l’attenzione su un argomento piuttosto che su un altro.

Il tema dei media è da sempre dibattuto nel Paese: ma oggi sono modificati i ruoli. L’informazione non è il “coro” che commenta gli eventi, ne è ormai parte integrante, ne è talora causa.

Su questi temi si gioca la libertà, su questo tema dobbiamo reagire.

 

On. Emilio Del Bono

 

Passando la parola a Paolo Gentiloni voglio ricordare che da domani riprende il dibattito sulla Legge Gasparri: è impossibile parlare di informazione e democrazia senza parlare della disciplina della stessa. Il manifesto di Prodi per l’Europa, parlando dell’affaticamento delle democrazie, pone proprio l’attenzione sui media e sul pluralismo.

La Legge Gasparri consolida, invece, il sistema del duopolio: lo ha ribadito anche il Garante per la Concorrenza, ricordando che il 96% della raccolta pubblicitaria è concentrato nel sistema duopolistico. Non sono servite le sentenze della Corte costituzionale. Non è servito l’appello del Presidente Ciampi.

Il tema non è di destra o di sinistra: è una questione di libertà, di garanzie per tutti.

 

 

 

On Paolo Gentiloni (Responsabile per l’Informazione della Margherita)

 

Un pianeta dominato da due dinosauri siamesi, molto grandi e vecchi: questo è il sistema di Rai e Mediaset. Cosa è servizio pubblico? L’Isola dei Famosi o la De Filippi? Panariello o Costanzo?

E cosa è TV commerciale? Le televendite o gli spot dentro Porta a Porta?

Questi dinosauri dominano il pianeta dell’informazione in toto: in nessun paese occidentale, infatti, la televisione è così dominante e raccoglie la grande maggioranza delle risorse economiche.

IL 90% degli ascolti è riversato su RAI e Mediaset, le TV locali tutte insieme arrivano al 4%, il 2% La7.

La vera anomalia però è nel potere di Berlusconi: domina Mediaset, ma attraverso la maggioranza governa la RAI.

Il risultato della malattia del sistema è la scarsa qualità, dovuta all’assenza di concorrenza. E poi c’è poca libertà: siamo perfino a discutere i confini della satira! Chi deve stabilire i confini? Una nuova commissione?

Poca qualità e poca libertà: questa è la malattia del sistema. La legge Gasparri rinuncia a tutti i tentativi di rimedio che negli ultimi anni sono avanzati.

Negli anni 80 la nascita di Fininvest (così come, prima, la nascita di RAI 2 e RAI3) era una cosa positiva, apriva spazi di libertà. Ma il progressivo concentrarsi in poche mani (non frenato dalle Leggi Mammì e Maccanico) non è mai stato fermato.

La Mammì impediva l’incrocio di proprietà fra TV e giornali? Un giornale viene regalato prontamente al fratello.

La Maccanico imponeva di mandare sul satellite Rete4? Ma non c’è un “congruo” numero di parabole, come la legge chiede. Ecco, dunque, il continuo rinvio.

Per la combinazione di una sentenza della Corte Costituzionale e per le applicazioni della Legge Maccanico sarebbero ormai giunti a maturazione alcuni fatti: al 31 dicembre ’03 Rete4 sarebbe andata sul satellite e Mediaset avrebbe dovuto limitare la raccolta pubblicitaria al 30%.

Perciò nasce, in extremis, la Legge Gasparri, che segna l’arresa dell’Italia, lasciando a Mediaset la possibilità di crescere (attraverso il “sistema integrato delle comunicazioni” e il digitale terrestre): può arrivare a 4 – 5 reti, può incrementare la raccolta pubblicitaria del 70%.

Lo strapotere Mediaset non è una questione economica: riguarda la qualità e la libertà.

Anche il centro-sinistra ha proprie responsabilità: ha sottovalutato il conflitto d’interessi e si è diviso sulle proposte di riforma. Uno dei primi atti del centro sinistra di nuovo al governo dovrà essere una legge sul conflitto d’interessi, comprendendo inoltre che il monopolio della TV privata di Berlusconi non si combatte sul suo terreno, ma nella trasformazione del servizio pubblico, con il coraggio di metterne una parte sul mercato. Conservare 3 reti RAI ugualmente finanziate dal canone è stato un comodo alibi anche per Berlusconi.

Inserire fattori di concorrenza e novità vendendo una rete RAI e una Mediaset sarebbe la ripresa della qualità del sistema.

 

Gad Lerner, giornalista, conduttore televisivo di La7

 

Essendo stato esaustivo il quadro tracciato da Gentiloni, preferisco parlarvi qualche minuto della TV di tutti i giorni. Sono contro le gogne mediatiche e sono per il rispetto delle massime cariche dello stato, ma non posso accettare le reazioni violente di Del Noce di fronte al gioco di Staffelli che gli consegna il Tapiro d’Oro: Del Noce non è certo una “carica istituzionale”, poiché è un attore del sistema televisivo e deve saperne cogliere il gioco.

La sua reazione spropositata è segno di un evidente nervosismo, di una cappa che limita tutti.

Mentre si sta fossilizzando il sistema, qualcosa cambia: lo schieramento mediatico non ha condizionato completamente il pensiero deglii Italiani alle ultime elezioni amministrative!

Il segnale meschino di Bonolis che rilascia all’Espresso dichiarazioni e poi smentite è indicativo: l’uomo più Mediaset della RAI sta cambiando?

Persino il solito libro di Bruno Vespa tenta di limitare alcuni danni: anche lui dice di conoscere personalmente Romano Prodi!

E se Emilio Fede si ricordasse di essere stato PSDI?

E il più integerrimo politico del centro-sinistra che si occupa di TV, cioè Paolo Gentiloni, riceve oggi sempre più telefonate da gente RAI per accreditarsi.

Una prima constatazione: non ci sbaglieremmo, nei fatti, se sostituissimo il termine “pubblico” con “partitico” in RAI.

C’è chi accusa Berlusconi di avidità e bulimia. Lo stesso Ferrara chiede un passo indietro, una rinuncia ad una quota di mercato: è sufficiente ciò per accreditarsi nel prestigio internazionale? Lo avrebbe già fatto, se fosse possibile.

Non è possibile perché la sua TV è la sua assicurazione sulla vita, un’arma letale cui non può rinunciare ora che è in posizione più delicata e ricattabile. Inoltre il sistema del suo network (il sistema più efficiente al mondo e con margini del 30% di guadagno) è costruito su questa struttura: l’appoggio di Rete4, che costa poco e fa guadagnare tantissimo e l’assenza di concorrenza.

Anche il centro sinistra sapeva che limitare Rete4 era mandare in rovina un’intera azienda, che a sua volta è frutto di un’anomalia pubblica (la Rai ha tre reti! Mediaset deve averle, e deve controprogrammare per fare concorrenza).

Oggi chi potrebbe mettersi in concorrenza con 6 reti congiunte, in grado di modificare qualunque programmazione all’ultimo minuto?

La politica si preoccupa, in questa anomalia, per ora di controllare o infiltrarsi almeno nella RAI: è un bisogno del centro-sinistra, ed è un bisogno di AN, UDC e LEGA, che non hanno Mediaset.

Il consociativismo ci aveva illusi che ci fosse spazio per tutti, che alcune garanzie fossero assicurate almeno dalla compresenza di tutti i partiti: giocando lo stesso gioco di Berlusconi siamo arrivati all’attuale situazione.

Non regge più l’ipertrofia della RAI. E la legge Gasparri la conferma, impedendone la depubblicizzazione. Non c’è un imprenditore privato ragionevole disposto ad investire nell’alternativa a RAI-MEDIASET. Anche a Murdoch toccherà fare vera concorrenza a Berlusconi, se vorrà sopravvivere in questo sistema. Dunque, questa sera, speriamo in Murdoch!

 

Porta un saluto il proprietario di Retebrescia, Baresi

 

In Italia vi sono 1400 TV locali, che hanno gli stessi problemi delle grandi emittenti, ma con una raccolta pubblicitaria in pratica insignificante. I finanziamenti statali sono inconsistenti. Il duopolio sta inoltre tentando di acquistare gli impianti delle TV locali, lasciando solo i contenuti alle stesse, quasi fossero artigiani a servizio della grande industria.

Crediamo poco anche all’AUDITEL, che è controllato dal solito duopolio, per ragioni pubblicitarie. Da dati nostri, le TV locali sono molto più seguite di quanto dica l’Auditel.

 

Seguono domande dal pubblico, alle quali replicano Gentiloni e Lerner

 

Gentiloni

-         il vento può cambiare, come diceva Gad Lerner: nessuno può impedire che le persone ragionino con la loro testa. La TV concorre a creare le opinioni politiche, ma vi sono ancora fasce elettorali consapevoli. Non sottovalutiamo però il peso della TV in politica su alcune fasce di pubblico (che corrispondono, in genere, agli spettatori di Rete4): gli anziani soli, coloro che hanno scarsissima cultura, i più deboli. Non sottovalutiamo inoltre l’impatto che la TV ha sulla politica in generale: la visibilità televisiva viene fatta coincidere con le leadership e la TV impone tempi che non rendono possibile il coinvolgimento degli organi democratici di un partito

-         la RAI è un esempio opposto alla libertà della BBC. Non basta che i due presidenti delle Camere siano i garanti, se sono tutti e due della maggioranza. La riforma Gasparri peggiora la situazione, portando a 9 i membri del CdA: si sommeranno la partitocrazia e lo spoil system! Ribadisco la necessità di separare la RAI in due società, una finanziata dal canone, una dai privati.

-         Murdoch: è il capitalista d’assalto, non pare una marionetta di Berlusconi. Sa tenere ottimi rapporti con i capi di stato. I ritmi di crescita di Sky sono lentissimi, però: i singoli canali, presi singolarmente, non arrivano allo 0,5% ed hanno un tasso di penetrazione graduale, che non scalfisce ancora i grandi network. La frammentazione c’è (un tempo il programma di punta USA aveva il 40% di share, oggi ha il 25%), ma bisogna intervenire anche sui canali in chiaro, non solo sul satellite

-         Il Presidente della Repubblica? Ha mandato un solo messaggio alle Camere, e proprio su questo argomento. In passato ha attuato la moral suasion su altri temi. Su questo non è ancora intervenuto: non è destituita di fondamento l’ipotesi che il Presidente possa inviare alle Camere la legge. I tempi però sono strettissimi: se utilizza i 30 giorni, salva comunque Rete4. La vera preoccupazione dovrebbe essere che questa Legge aggira una recente sentenza della Corte Costituzionale, del 2002. Non è esclusa la possibilità che la stessa Legge torni alla Corte, che non potrà smentirsi, riconoscendo quindi come incostituzionale la legge. La pratica è stata seguita dal Presidente in grande autonomia.

 

Gad Lerner

-         c’è un retropensiero di ostilità alla TV commerciale, pensando alla BBC. La BBC era la radio di un impero che si opponeva al nazismo, è stata una bandiera internazionale di libertà. Se anche si andasse in Italia a privatizzare parte di RAI, sarà un servizio snello, con ascolti inferiori. Anche all’interno di una sana e fatta bene TV commerciale può essere conveniente offrire qualità. Noi pensiamo, in fondo, che lo strumento TV sia inevitabilmente berlusconiano: l’intrattenimento gratuito è un regalo del berlusconismo (e, attraverso ciò, ha creato il proprio elettorato). Marco Revelli (su Micromega) dopo le uscite estive di Berlusconi segnalava l’incommensurabilità del modo di rappresentarsi di Berlusconi e il linguaggio (e la rappresentazione di sé) dei Rutelli e Fassino: bisogna contrapporsi con modi di essere, con linguaggi, con profonde diversità (Prodi è andato sui passi dolomitici in bici, con il gruppo… Berlusconi ci andrebbe in elicottero!). come esprimere la diversità?

-         Il Presidente della Repubblica: i motivi di incostituzionalità possono essere evidenti, e al diritto Ciampi deve essere vincolato. Ciampi non è Scalfaro: Scalfaro era un politico a tutto tondo, senza paura di rischiare la sua popolarità. Ciampi è un servitore dello Stato che non ha mai fatto una campagna elettorale e non è mai stato iscritto ad un partito. Ha un prestigio di servitore dello stato in dimensione europea. Se Ciampi rinviasse alle Camere questa legge (e ci sono alcuni indizi, non avendo esercitato come sulla Cirami o sul lodo Schifani qualche pressione) ciò sarebbe dirompente, anche per la sua autorevolezza di fronte alla maggioranza.

-         L’urgenza di approvare la Gasparri e la tensione in atto: dopo l’11 settembre l’unica azienda editoriale che ha continuato a guadagnare allo stesso modo è stata Mediaset. Ciò è avvenuto anche attraverso un imbarazzante dirottamento di risorse pubblicitarie da parte delle grandi aziende, che hanno tagliato RAI a favore di Mediaset. Se si è tagliata la Guzzanti è perché ha detto queste cose, già dette da alcuni giornali.

appunti ripresi in diretta,

a cura dell’Ufficio formazione della Margherita provinciale,

non rivisti dai relatori.