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Il finto paladino del Risparmio..

19-01-04

di Stefano Passigli

Se nel caso Parmalat i controlli non hanno funzionato è dunque alla Consob e non a Banca d’Italia che occorre innanzitutto guardare, rafforzandone la struttura oggi insufficiente, allargandone le funzioni e assicurandone l’indipendenza dal governo, e introducendo normative adeguate. È infatti indubbio che nel caso Parmalat il controllo della Consob sia stato carente. Altrettanto indubbio è che il ministro dell’Economia - specie se sin da luglio aveva avuto sentore del dissesto - abbia omesso di attivare gli strumenti di cui dispone, come ad esempio la Guardia di Finanza, e soprattutto abbia omesso di proporre modifiche e integrazioni alle norme esistenti. È infatti inammissibile che si possa, ad esempio, collocare in Italia obbligazioni e altri strumenti finanziari emessi all’estero al di fuori di qualsiasi procedura di trasparenza che permetta di accertarne il reale grado di rischio.
A chi se non al ministro Tremonti competeva chiudere i buchi esistenti nella nostra legislazione? E non è questo infatti il compito cui si sta oggi tardivamente disponendo il governo, dopo due anni e mezzo passati a varare leggi ad personam?
Quanto nelle polemiche in corso - sollevate ad arte per sminuire il ruolo di Banca d’Italia e aumentare così la presa del governo sul sistema del credito - si dimentica o si nasconde è che i dissesti Cirio o Parmalat prima ancora che dal comportamento del sistema bancario o delle autorità di tutela sono stati originati e resi possibili dalle carenze legislative in materia di collocamento di strumenti finanziari di dubbia solidità. La soluzione sta allora nel sottoporre il collocamento di tali strumenti - indipendentemente da dove essi siano stati emessi - a scrupolosi controlli da affidare in parallelo a quanto avviene sugli altri mercati a una Consob rafforzata nei mezzi e nelle funzioni, e dotata di poteri ispettivi e sanzionatori. Sempre alla Consob sarebbe opportuno affidare il controllo degli intermediari finanziari, nonché del funzionamento dei fondi pensione e di ogni altro strumento assicurativo che abbia contenuti di risparmio.
A Banca d’Italia è invece opportuno conservare le funzioni di vigilanza non solo sulla stabilità del sistema, ma anche sulla concorrenza. Tra stabilità di un sistema e le condizioni di concorrenza tra i suoi attori vi è infatti uno stretto legame. Un sistema eccessivamente frammentato con attori dimensionalmente deboli può anche essere altamente concorrenziale, ma rimane nel contesto europeo un sistema fragile. Un sistema eccessivamente concentrato può essere stabile e competitivo sul mercato internazionale, ma certo rischia di comprimere la concorrenza interna specie nelle aree regionali più deboli. Il dimensionamento e la dislocazione degli attori bancari, e conseguentemente la regia nei processi di fusione bancaria, o viene lasciata interamente al mercato con tutti i rischi conseguenti - che nel caso italiano potrebbero essere quelli della colonizzazione del nostro sistema bancario da parte dei grandi istituti internazionali - o viene lasciato alla moral suasion e agli attuali poteri di Banca d’Italia. Si lasci dunque a Banca d’Italia il ruolo di cui oggi gode, e si lavori invece in spirito bipartisan per fare di Consob una reale autorità di garanzia.
Per raggiungere questo obiettivo occorre innovare urgentemente la normativa: compito questo che il governo ha dimostrato sin qui di non saper compiere. Faccia dunque il governo un passo indietro e lasci il Parlamento libero di ricercare intese bipartisan e di svolgere così il suo compito di legislatore.

 

Margheritanews 

 

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