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150 anni dal 1848

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PALERMO CITTÀ DELLE RIVOLUZIONI: UN ITINERARIO

Non c’è centro piccolo o grande in Sicilia che non possieda dei luoghi di memoria storica, anzi a volte questi hanno un’età plurimillenaria. Paesi e città racchiudono comunque piccoli teatri della storia dell’ottocento a testimonianza che in essa sono stati protagonisti e non estranei. Il progetto "Palermo città delle rivoluzioni" è un esempio che può bene essere seguito dovunque in Sicilia per recuperare un’orgogliosa identità.


Il percorso che si propone, praticabile interamente a piedi, è ad anello chiuso e pertanto può essere iniziato da qualunque punto. Sarà descritto iniziando dalla piazza della Rivoluzione e secondo il senso orario.

Nella piazza della Fieravecchia iniziò la rivoluzione del 1848 giorno 12 Gennaio. Il nome odierno vuole ricordare proprio quell’evento (1848a).

Avviatisi per via Cantavespri si gira a destra per piazza Croce dei Vespri. Sotto quest’ultima piazza erano stati sepolti i conquistatori angioini nella rivoluzione dei Vespri del 1282. Anche essa era stata diretta contro un re napoletano e aveva rivendicato l’indipendenza siciliana. Il ricordo e la celebrazione dei Vespri costituiva argomento di contrasto tra governo borbonico e popolazione siciliana anche per questo significato simbolico che ricopriva.

Si prosegue per l’attigua piazza S. Anna e, attraversata la via Roma che bisogna immaginare come non esistente in quanto realizzata tramite sventramento del tessuto urbano dopo il 1895, si imboccava la via Calderai seguendo il percorso che probabilmente compirono gli insorti nell’avvicinarsi ai centri del potere cittadino. Si giunge così alla via Maqueda ed alla prospiciente via Ponticello e si gira subito a destra nella via Amodei che sbocca in via Università. In questo luogo avvenne lo scontro con la cavalleria napoletana e cadde per primo Pietro Amodei, cui fu successivamente intitolata la stradina, ma le truppe borboniche, preoccupandosi di restare intrappolate nel centro della città, si ritirarono. Nella facciata laterale del palazzo dell’Università, in via dell’Università di fronte al confluire della via Amodei una lapide ricorda

 il sacrificio di Amodei. La lapide è mantenuta in condizioni di sporcizia, se ne riporta accanto il testo per facilitarne la lettura (1848b):

Qui il 12 gennaio 1848

Pietro Amodei

primo martire del popolo insorgente

spirava la grande anima

pago di sigillar col sangue

la sua immobile fede

nell’indipendenza siciliana

 

Nel luogo era situata la statua di S. Gaetano sui gradini del cui piedistallo morì Amodei, la statua fu poi rimossa per ordine del marchese Di Rudinì e si trova ora a Brancaccio alla confluenza tra la via Brancaccio e la via S. Ciro.

Attraversata la via Maqueda si gira intorno al palazzo del Municipio, sede da secoli dell’amministrazione cittadina, il cui capo fino al 1860 aveva il titolo di Pretore e non di Sindaco ed era carica da lunga tradizione riservata ad un aristocratico. Il palazzo nel 1860 si ritrovò situato nell’area della città conquistata dagli insorti e dai garibaldini e, mentre durava ancora la battaglia di Palermo, fu centro di una grande manifestazione popolare di fronte a cui Garibaldi, affacciatosi al palazzo, si impegnò a non venire a patti con i Borbone. Nel 1866 la popolazione insorta ne cacciò il marchese Di Rudinì, capo dell’amministrazione cittadina e rappresentante degli interessi dell’aristocrazia fondiaria (1860a e 1866a).

Riattraversata la via Maqueda si imbocca la via Giuseppe D’Alessi, che ricorda il capo della rivolta di Palermo del 1647 e gli avvenimenti che in quell’epoca si svolsero nell’attigua chiesa di S. Giuseppe, e la si percorre fino a vicolo Castelnuovo per cui si gira a destra. Nel vicolo al civico numero 11 aveva il proprio palazzo Carlo Cottone principe di Castelnuovo leader del movimento rivoluzionario del 1812. Dopo il golpe assolutista del 1816 egli si chiuse nel palazzo rifiutandosi di riconoscere la legittimità del nuovo regime. Si risale quindi il Corso Vittorio Emanuele, attuale denominazione della via già intitolata al viceré Garcia de Toledo, ma che conserva nella memoria di molti palermitani il nome più antico ancora di Cassaro. Si giunge alla villa Bonanno, alla piazza Vittoria ed alla piazza del Parlamento, avendo di fronte il Palazzo reale ed a destra il contiguo quartiere di S. Giacomo, tuttora adibito ad uso militare. La vegetazione non consente di cogliere la vastità della superficie complessiva, che portava tradizionalmente il nome di piano del Palazzo. Una parte di essa è adesso intitolata alla Vittoria a ricordo di quella riportata dal popolo palermitano nella rivoluzione del 1820. Qui infatti durante il festino di S. Rosalia maturarono rapidamente fermenti di rivolta che produssero l’assalto al Palazzo e la presa del potere da parte delle maestranze artigiane (1820a).

Si ritorna indietro per Corso Vittorio Emanuele, piegando a sinistra ai Quattro Canti e, attraversata la via Maqueda, si percorre la via Venezia. Nella zona era insediato il quartiere della maestranza artigiana dei conciapelle. Nel 1820 i conciapelle furono la forza trainante della rivoluzione e per questo motivo il generale napoletano Nunziante, a regime restaurato, ne rase al suolo gran parte del quartiere. La piazzetta al centro di via Venezia, una volta chiamata Piazza Nuova o Bocceria Nuova, con le aiuole al centro sono i segni di questo sventramento e della successiva risistemazione (1820b). L’azione di sventramento del rione Conceria fu poi ripresa dal regime fascista nell’area dove sono situate le vie Bari e Napoli con distruzione massiccia di assetto urbano e monumenti.

Attraversata nuovamente la via Roma si giunge alla Chiesa di S. Domenico che fu sede il 25 Marzo del 1848 della seduta inaugurale del Parlamento Generale di Sicilia (1848c). Nella chiesa vi sono i monumenti funebri di alcuni dei protagonisti dell’epoca. Uscendo dalla chiesa si piega a destra per la via Gagini o la via Roma, fino ad arrivare alla via Seminario italo-albanese che si imbocca girando poi a sinistra per la via Monte S. Rosalia. L’edificio a destra con ingresso dalla via Bara all’Olivella, attualmente sede della Fondazione Chiazzese, era sede del Monte di Pietà S. Rosalia in cui la povera gente depositava in pegno i propri beni per avere dei prestiti. Nel 1848 la marina napoletana bombardò Palermo insorta e le bombe provocarono un incendio in questo palazzo distruggendo i beni lasciati in pegno. Per domare Palermo nuovamente insorta, molto più estesa fu la zona bombardata nel 1866 dalla marina sabauda e molto più distruttivo il bombardamento per effetto delle innovazioni nelle artiglierie (1848d e 1866b).

Dalla via Bara si gira a destra per la via Lampedusa e poi a sinistra per la via Valverde e si arriva così alla via Squarcialupo, intitolata così perché nei pressi fu assassinato il capo della rivolta repubblicana del 1517, Gian Luca Squarcialupo. Percorsa questa via verso piazza Valverde, si giunge alla via Meli, girando poi a destra per via Materassai, piazza Garraffello e via Garraffello e si attraversa il corso Vittorio Emanuele. Lo si discende per una trentina di metri fino a via Parlamento che girando a destra si percorre fino al numero 32, dove in cima ad una breve rampa hanno sede la Biblioteca francescana e l’Officina di studi medioevali. Al primo piano dell’edificio, che è il complesso conventuale di S. Francesco, ebbe sede ordinaria il Parlamento Generale di Sicilia nel 1848 e 1849 in due sale configurate a L, una per la Camera dei Pari, l’altra per quella dei Comuni. È necessario concordare la visita telefonando all’Officina di Studi medioevali (333121 6161333) (1848e).

Uscendo dall’edificio si gira a sinistra giungendo alla via Immacolatella e percorrendola fino a piazza S. Francesco d’Assisi ed alla via Merlo. Si discende a sinistra lungo questa via fino a piazza Marina. Al termine della piazza a destra si imbocca la via 4 Aprile, mentre a sinistra si lascia la mole dello Steri di fronte a cui fu decapitato nel 1410 Andrea Chiaramonte capo della resistenza baronale al re aragonese Martino I. Di fronte alla via 4 Aprile qualche metro a sinistra sulla via Alloro è bene evidente la buca della salvezza da cui fuggirono due superstiti della sommossa della Gancia del 4 Aprile 1860 (1860b). Più avanti sulla destra al civico 97 si situò nel 1892 la sede dei Fasci dei Lavoratori. Il numero civico è oggi inesistente e l’edificio è stato probabilmente demolito recentemente per costruire un nuovo fabbricato (1892). Si prosegue per via Alloro fino a quando si giunge ad avere a sinistra la via Aragona che si percorre ritornando a piazza Rivoluzione (1848a).

Pier Franco Rizzo

(Pubblicato sul n°1/2 Anno 15  Gennaio - Agosto 1998)
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