Manga e Animazione

a cura di Giuseppe Tribuno e Claudio Guardigli

Leiji MATSUMOTO

Leiji Matsumoto (il cui vero nome è Akira Matsumoto) è, insieme a Go Nagai, il mangaka che più ha contribuito alla diffusione degli anime giapponesi qui in Italia a cavallo tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80.
Contrariamente a Go Nagai, però, Matsumoto non appartiene a nessuna scuola.
Nei tratti grafici di Nagai, infatti, si può benissimo riconoscere una discendenza da Shotaro Ishinomori (l'autore di Ryu il ragazzo delle caverne, Jinzou Ningen Kikaider, Kamen Rider, i Cyborg, ecc.), che appunto di Nagai fu il maestro, e in parte anche dallo stesso Osamu Tezuka, che fu il maestro di Ishinomori. Nel caso di Matsumoto, invece, non esiste nessun tipo di parentela con altri autori, e anche se il suo modo di disegnare i personaggi nella fase iniziale della sua carriera (cioè alla fine degli anni '50 e nei primissimi anni '60) ricorda non poco lo stile morbido di Tezuka, in realtà in pochi anni Matsumoto riuscì ad inventare uno stile personalissimo, che gli è valso un numero considerevole di fans, non solo in patria ma anche all'estero.
Dopo un decennio e più di opere sperimentali, tipo Sekusaroido (Sexualoid), Mitsubachi no Bouken (Le avventure di un ape), ecc., alla fine degli anni '60 ecco che vede la luce il suo primo manga importante, cioè Otoko Oidon (Io, un uomo), un'espressione nel dialetto di Fukuoka, "prefettura" (così vengono chiamate le "province" in Giappone) dell'isola di Kyushu di cui è originario Matsumoto. Questo manga narra le vicende di un ragazzo povero di Kyushu, l'alter-ego dello stesso autore, che si traferisce a Tokyo per sfondare. Gli spunti autobiografici presenti in Otoko Oidon non si contano, ma ciò che è importante è che in esso si ritrovano già tutti i personaggi che avrebbero in futuro costellato le opere più famose di Matsumoto. A cominciare dalle stupende donne dai capelli lunghi fino alle caviglie (tra i personaggi più carismatici del mondo ANIME in generale), per seguire poi coi buffi personaggi (soprattutto maschili) dall'aspetto molto cartoony, che si destreggiano tra scodelle di ramen (gli spaghetti giapponesi), bottiglie di sakè, ecc. All'appello in questo stuolo di personaggi che può rivaleggiare in numero solo con quello di Osamu Tezuka, mancava però, alla fine degli anni '60, il personaggio dell'uomo bello, alla Capitan Harlock, che Matsumoto avrebbe cominciato a sviluppare solo a partire dai primi anni '70, quando le sue storie sarebbero diventate sempre più fantascientifiche.
E' difficile stabilire quale fu il primo "bello" di Matsumoto. Probabilmente la coppia Susumu Kodai (Derek Wildstar in italiano) e Daisuke Shima (Mark Venture) di Uchuu Senkan Yamato, o forse Takuma Ichimonji (Arin Cosmos) di Danguard Ace. Sta di fatto però che qui in Italia Matsumoto è soprattutto ricordato per uno di questi suoi "belli", cioè Harlock, che sarebbe stato creato, però, solo nel '77.
Tornando ai primi anni '70, con opere come Nasca, Miraizaaban, ecc. Matsumoto fece il suo debutto nel mondo della fantascienza e mai matrimonio fu più ispirato, perché la fantascienza così come la racconta Matsumoto raggiunge davvero livelli poetici. Non c'è quasi nulla di realistico nei suoi manga ambientati nel futuro, ma per converso l'assoluto realismo dei suoi disegni tecnici (astronavi, basi spaziali, ecc.) fa sì che il lettore si dimentichi che ha di fronte una storia inverosimile, quasi favolistica (al contrario di una fantascienza alla Gatchaman, senz'altro più "possibile"). Ma di cosa è popolato l'universo di Matsumoto?
Beh, non c'è dubbio che Matsumoto sia uno tra gli autori più "giapponesi" (insieme a Rumiko Takahashi, l'autrice di Lamù, Maison Ikkoku, ecc.), nel senso che tutto nei suoi manga sa di Giappone. Di conseguenza, l'universo narrato da Matsumoto è in sostanza il Giappone, costellato qua e là di spunti da film western.
Dappertutto nei pianeti visitati, ad esempio, da Tetsuro Hoshino e Maetel (Masai Hoshino e Maisha, in italiano) del Galaxy Express 999, ci sono negozi di ramen o di udon, case in stile giapponese (con le classiche stuoie tatami a mo' di pavimento), riferimenti ai cicli naturali giapponesi (come i suggestivi concerti di cicale durante tutta la stagione estiva), ecc. Come ho accennato poco fa, forse l'unica altra autrice che presenta una così spiccata giapponesità è la Takahashi. Anche in Lamù, infatti, le abitudini dei parsonaggi alieni sono identiche a quelle dei giapponesi, come se lo stile di vita giapponese fosse l'unico possibile in tutto l'universo!
Ma l'universo di Matsumoto è anche popolato di personaggi altamente idiosincratici, come lo stesso Harlock o Susumu Kodai di Uchhu Senkan Yamato, che a tratti si rivelano (soprattutto nei manga, piuttosto che negli ANIME) freddi e spietati, secondo l'ideale "macho" di Matsumoto stesso, e che nulla hanno a che vedere con personaggi scanzonati come il Koji Kabuto di Go Nagai, ad esempio. E poi ci sono quelle splendide donne, alcune dolci, altre crudeli, che costituiscono la spina dorsale dell'opera di Matsumoto.
Senza l'invenzione di queste donne, non ci sarebbe stata la splendida Raflesia, regina delle mazoniane, ma neanche la materna Maetel del Galaxy Express o l'enigmatica Mime, amica di Harlock, senza contare l'impavida Emeraldas, la donna pirata moglie di Tochiro, costruttore dell'Arkadia, e madre della piccola Mayu. Senza queste donne il mondo manga/anime avrebbe perso alcune tra le sue eroine più memorabili.
Curiosamente, pur essendo di 6 o 7 anni più grande di Go Nagai, Leiji Matsumoto fu scoperto relativamente tardi dal mondo dell'animazione. Go Nagai, infatti, aveva appena 26 o 27 anni quando fu contattato dalla Toei per discutere della realizzazione di due serie animate (Devilman e Mazinger Z) ispirate ai suoi manga. Matsumoto, invece, dovette aspettare almeno fino ai 36 anni per veder realizzato il suo sogno di trasporre in anime la sua Uchuu Senkan Yamato (si era nel '74). L'insuccesso della serie all'epoca della sua prima trasmissione fece sì che dalle 52 puntate previste in un primo momento il numero complessivo degli episodi si abbassasse fino a 26 (una lunghezza standard al giorno d'oggi, ma sicuramente sotto la media trent'anni fa!). Forse la Yamato conteneva troppi elementi militaristici, completamente alieni alla tradizione anime dei primi anni '70, per farla apprezzare subito dal grande pubblico. Inoltre alla stessa ora, ma su un diverso canale, andava in onda, in Giappone, Heidi, che all'epoca calamitò tutti gli ascolti. Tuttavia, quando le 26 puntate della Yamato furono replicate l'anno successivo, il successo della serie raggiunse livelli stratosferici, al punto che ne fu subito realizzata una seconda serie. La canzone Uchuu Senkan Yamato, poi, cantata dal mitico Isao Sasaki (lo stesso che cantò Kyashaan, Polymar, Gaiking, Gredizer/Goldrake, ecc.) divenne così famosa che qualcuno, in Giappone, suggerì perfino di usarla come nuovo inno nazionale, al posto del tanto discusso, ma ancora in vigore, Kimi ga Yo!
Il successo delle due serie della Yamato (che furono prodotte in modo indipendente e solo distribuite dal colosso Toho), indusse presto anche la titanica Toei a contattare Matsumoto, per realizzare, nel '77, una serie animata ispirata al suo manga Danguard Ace. Matsumoto non è un estimatore del filone robotico e anche nel suo manga, Danguard si vede solo nell'ultima pagina! La serie TV ovviamente doveva prevedere largo spazio per il robot, ma alla fin fine, l'ostilità di Matsumoto per i robot giganti influenzò anche il modo in cui l'ANIME stesso si sviluppò, con quel Danguard che si vede e non si vede per tutta la prima metà della serie, in cui Takuma (Arin) e gli altri piloti vengono sottoposti ad un durissimo addestramento da parte del fantomatico capitano Dan.
La passione di Matsumoto per il disegno tecnico ha fatto sì che insieme a Combattler V e Zambot 3 della Sunrise, Danguard fosse uno tra i primi real robots della storia. Fu anche questa base di realismo che fece di Danguard una serie memorabile, davvero tra le migliori degli anni '70. Il successo di Danguard cementò la collaborazione di Matsumoto con la Toei: a partire dal '78 ben quattro serie tra quelle basate sui manga del nostro (Ginga Tetsudou 999/Galaxy Express 999, Uchuu Kaizoku Kyaputen Haarokku/Capitan Harlock, 1000nen Joou/La regina dei 1000 anni) o di cui il nostro aveva semplicemente scritto il soggetto (SF Saiyuuki Staajingaa/Starzinger) videro la luce negli studi della Toei. Nello stesso periodo, poi, la Toho realizzò la terza e ultima serie della Yamato, che però ormai non aveva più legame alcuno col fumetto originale di Matsumoto.
Di tutte queste serie, qui da noi, la più celebrata fu Capitan Harlock, che tra l'altro fu il primo anime di Matsumoto ad essere trasmesso in Italia.
La storia dell'uomo che "tanto e tanto tempo fa, nel 2977" (come recitava il narratore della serie) partì per lo spazio infinito a bordo della sua Arkadia, voltando le spalle ad una Terra popolata da gente sempre più smidollata, ha davvero marchiato in modo indelebile (insieme a Grendizer/Goldrake, i due Mazinger, Jeeg, Lupin, Candy Candy, Lady Oscar, Ken il guerriero e pochissime altre serie) la generazione di ragazzi italiani cresciuti tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80. Chi di noi non ha mai sognato di unirsi alla ciurma di Harlock? E chi non è mai stato rapito dalla bellezza eterea delle sue nemiche mazoniane? Sono sicuramente poche le serie entrate nel mito, e Capitan Harlock è sicuramente una di queste.
In Giappone, invece, insieme a Uchuu Senkan Yamato, la serie più osannata di Matsumoto è Galaxy Express, anche perch&egacute; l'idea altamente poetica di far volare un treno a vapore nello spazio fu mutuata da uno splendido romanzo per ragazzi dei primi del '900 (Ginga Tetsudou no Yoru/ La notte della ferrovia galattica) del celebrato scrittore Kenji Miyazawa, che tanto fu ispirato dal nostro Edmondo De Amicis, al punto che i personaggi del suo libro hanno tutti nomi italiani (Giovanni, Campanella, ecc.)!!
Sia nel manga che nell'anime di Galaxy Express, emerge più che mai la poesia, cemento magico dell'opera di Matsumoto: la storia del piccolo Tetsuro che dopo aver visto la propria madre venire uccisa dal Duca meccanico parte per la galassia di Andromeda (dove potrà diventare anche lui un uomo meccanico e vivere così in eterno) con la misteriosa Maetel (identica a sua madre!) che cos'è se non una parabola malinconica sulla necessità ma anche sulla difficoltà di diventare adulti? Non mi meraviglia affatto sentire che è proprio Galaxy Express l'opera preferita dallo stesso Matsumoto.
Da grande studioso della II Guerra Mondiale, poi, Matsumoto ha anche realizzato una serie di manga di guerra, molto apprezzati in patria, ma poco conosciuti in Italia. Di questi il più famoso è senz'altro The Cockpit, che circa tre anni fa fu anche trasposto in anime (una serie di OAV).
Per concludere vorrei riportare una piccola esperienza personale. Il 1 maggio del '99, uno di noi due (Giuseppe) ha avuto la fortuna di incontrare Leiji Matsumoto di persona nel palazzo della casa editrice Sanseido, nel quartiere Jimbocho di Tokyo. "Di quell'esperienza conservo uno splendido profilo di Capitan Harlock disegnatomi dalla stesso Matsumoto sul retro della copertina del primo volume di uno dei suoi ultimi manga, Niiberungu no Yubiwa (L'anello dei Nibelunghi), ispirato all'opera di Richard Wagner e che è stato anche trasposto in cartone col titolo di Harlock Saga".
Il nome Gundam sarebbe stato proposto da Matsumoto, ma tra questi e Yoshiyuki Tomino (il creatore della saga di Gundam) non c'è mai stato alcun tipo di collaborazione.
Come si sa Matsumoto, non ha mai avuto simpatia per i robot giganti (nel suo unico manga robotico, Danguard, il robot "protagonista" si vede solo nell'ultima pagina (davvero incredibile!), inoltre nel manga di Harlock fa perfino dire a Yattaran (il paffuto vice-comandante dell'Arkadia) che se tra le nuove armi in dotazione all'equipaggio ci saranno "quei robot irrealistici che andavano di moda alla fine del 20simo secolo", lui se ne sarebbe andato! Una frase di questo tipo, cos'è se non una sfida aperta al suo maggior rivale dell'epoca, cioè Go Nagai (sarebbe curioso saperne di più sui rapporti tra i due, che forse, a giudicare da "frecciatine" come quella messa in bocca a Yattaran, non saranno stati proprio idilliaci).
Altra nota curiosa è che Matsumoto non finisce mai i suoi manga o, meglio, qualcuno l'ha sì finito, ma né Capitan Harlock, né Queen Emeraldas, né tantomeno la Yamato sono stati completati. Matsumoto stesso ha più volte detto che lo fa per non precludersi la possibilità di continuarle un giorno.

il grande MAZINGA
(titolo inglese GREAT MAZINGER)

I nemici di Great Mazinger sono i discendenti degli antichi micenei (è per questo che si chiamano Mikene). Ebbene, questa "classicità" è presente anche nei nomi di alcuni di loro. Tanto per cominciare c'è Argos, il capo dei servizi segreti (Argos era il nome della nave con cui Giasone si recò nella Cólchide per impadronisrsi del vello d'oro), seguito a ruota dai suoi due scagnozzi, cioè il Duca Gorgon e la Marchesa Yanus. Il primo prende il nome da Medusa, detta anche la Górgone, il cui sguardo trasformava ogni essere vivente in pietra. La seconda, invece, ha lo stesso nome di un dio romano, Giano Bifronte che in latino si chiamava appunto Ianus, parola a sua volta derivata da "ianua", cioè porta. Da ianua deriva anche "Ianuarius", cioè "gennaio", che letteralmente significa "di Giano". A Giano infatti era dedicato il primo mese dell'anno e l'aspetto bifronte del dio altro non indicava se non la fine dell'anno vecchio e l'inizio del nuovo (una curiosità da Ianuarius deriva anche il nome "Gennaro"). A proposito, anche la Marchesa Yanus ha due facce (la seconda, simile a quella di una strega delle fiabe dei Grimm, è situata al posto della nuca ed è quindi in genere coperta dai suoi lunghi capelli). L'ultima assonanza classica tra i nemici di Great Mazinger si riscontra nel nome di uno dei generali, forse il più presente nella serie, cioè Yuri Caesar: come dire? Un nome... un programma.
Tra gli episodi tragici da ricordare (caratterizzati spesso dalla morte di fidanzati o fidanzate dei protagonisti di cui la Toei era maestra nei primi anni '70) almeno due o tre episodi.
Il primo dei tre si intitola "Bakushi! Utsukushiki Ningen Shigansha" (Morte per esplosione! La bella aspirante a diventare umana), in cui il mostro guerriero Cleo si rifiuta fino alla fine di obbedire agli ordini del Duca Gorgon, preferendo vivere in mezzo a Tetsuya, Jun, Shiro e Boss come un normale essere umano. Alla fine, però, Tetsuya sarà costretto a distruggerla, in quanto Cleo non sarà più in grado di controllare il suo corpo. Nella scena finale Great Mazinger lascerà cadere il corpo di Cleo in fondo al mare che circonda la Fortezza delle scienze, così lei potrà riposare lì vicino ai suoi amici.
Un altro episodio di Great Mazinger ricalca, per così dire, la storia di Minerva X (della serie Mazinga Z) al contrario. Si intitola "Sentoujuu Shigan. Gyakkousen ni chitta Seishun", un titolo quasi intraducibile (sarebbe qualcosa del tipo "L'aspirante mostro guerriero. Controluce di una giovinezza spezzata") che è per questo stato reso in italiano come "Morire giovani". Si tratta di un episodio molto particolare, forse il mio preferito in assoluto tra quelli della serie. Tanto per cominciare, è l'unico episodio che fa vedere come si trasforma un essere umano in mostro guerriero. Inoltre, come avevo accennato prima, in esso il canovaccio "Minerva X" viene, per la prima volta analizzato da una diversa prospettiva, quella femminile. Sarà cioè Jun a vedere il suo amico Shin'ichiro (l'apostrofo non è un errore, ma fa parte della latinizzazione del nome) diventare un mostro guerriero suo malgrado. Ovviamente, nonostante la trasformazione Shin'ichiro, o meglio Gerunigas, è questo il suo nuovo nome, non ha alcuna intenzione di battersi contro Jun e Tetsuya. La sua fine verrà decretata dalla "solita" bomba ad orologeria innescata nel suo corpo dalla Marchesa Yanus.
Un altro episodio di Great Mazinger con una trama particolarmente triste, narra di un ragazzo, Shin'ichi, che durante un esperimento del padre scienziato, finisce con l'essere esposto a delle radiazioni e si ammala di leucemia. L'episodio, intitolato in Italia "Coraggio oltre la morte", termina, ovviamente, con la morte del ragazzo (ricordo un Tetsuya grondante lacrime come non mai alla fine della puntata). La puntata è inoltre memorabile in quanto in essa appare il più forte mostro guerriero della serie, creatura di Jigoku Daigensui, cioè Gran Maresciallo Inferno (il Dott. Hell redivivo).

MAZINGA KAISER
(titolo inglese MAZIN-KAISER)

Tra gli anime di Go Nagai, è da poco uscita in Giappone la nuova serie di Mazinger, un OAV in non so quante puntate, che più che un remake delle serie classiche è una libera reinterpretazione.
La serie si chiama Majinkaizaa (Mazin-kaiser) e vede Mazinger Z e il Grande Mazinger combattere insieme contro il Dottor Inferno e il suo scagnozzo Ashura. Ovviamente, nella serie originale, il Grande Mazinger comparve solo dopo la morte di Inferno, e cioè dopo che Mazinger Z fu completamente distrutto dai mostri guerrieri di Mikene. Ma la sorpresa nell'OAV è un'altra: in aiuto dei 2 Mazinger interverrà un altro misterioso Mazinger (alto il doppio degli altri 2), chiamato Mazin-kaiser!
Il punto è, però, che non si sa proprio da dove questo robot provenga. Che sia piuttosto un nemico?
Con questo interrogativo parte uno degli OAV più attesi sia in Giappone che qui da noi. In Italia sarà la Dynamic a distribuirlo, chissà però a partire da quando?

MAZINGA Z
(titolo inglese MAZINGER Z)
(titolo originale MAJINGAA Z)

Diverso è il materiale uscito in Italia sulla serie di Mazinga: fumetti o manga, i 2 film " Mazinger Z contro Devilman" e "Mazinger Z contro il Grande Signore delle tenebre", i modellini dei robot, ecc. Non si può quindi non parlare della straordinaria abilità di Go Nagai nel dare nome ai suoi personaggi.
La parola 'Mazinger' (in giapponese si scrive 'MAJINGAA'), infatti, deriva da 'MAJIN', una parola giapponese composta da due kanji, di cui il primo, 'MA', significa 'démone', e il secondo, 'JIN', 'dio'. La parola 'MAJIN', quindi significa 'dio demonio', o se vogliamo 'dio maligno', ma spesso in giapponese una parola composta da due kanji col significato diametralmente opposto (come appunto 'MA' e 'JIN'), piuttosto che una parola singola, finisce coll'indicare due parole, quelle, appunto, costituite dal significato dei singoli kanji. Mi spiego, nel caso in questione, 'MAJIN', oltre che 'dio demonio', può anche significare 'un dio E un demonio', oppure 'dio O demonio'. Ed è in quest'ultima accezione che va interpretato il nome 'Mazinger'.
Ad ogni modo, la Z di Mazinga Z deriva dal termine Ultralega Z (Chougoukin Z), derivata a sua volta dal nuovo elemento chimico chiamato Japanium, scoperto dal dottor Juuzou Kabuto (nonno di Kouji), ai piedi del Monte Fuji. Mazinga Z è rivestito proprio da questa ultralega, che ha come caratteristica quella di essere praticamente indistruttibile.
Nelle due versioni manga di Mazinger Z (quella, più libera, di Go Nagai e quella, più fedele all'anime, di Gosaku Ota, collaboratore di Nagai), infatti, come pure nella mitica serie TV, il Dr. Juzo Kabuto (il nonno di Koji, pilota di Mazinger Z), costruttore del robot, in punto di morte spiega al suo amato nipote in lacrime che "Majingaa Z sae areba, kami ni mo akuma ni mo nareru!", cioè che tradotto: "con Mazinger Z nelle proprie mani, uno può diventare sia un dio che un demonio", ovviamente, a seconda dell'uso che si fa del gigantesco robot (a proposito, Mazinger Z è alto ben 18 metri!).
Nulla avrebbe infatti vietato a Koji di usare Mazinger per scopi malvagi, diventando lui il Dr. Hell!
La parola 'Mazinger', dunque, va tradotta con l'espressione 'robot che può trasformare il suo pilota in un dio o in un demonio'!
Sempre parlando dei nomi dei personaggi di Mazinger Z, poi, prendiamo in esame, adesso, il protagonista della serie, cioé Koji Kabuto. 'Kabuto' significa 'elmo' e in effetti Koji, per pilotare Mazinger si deve posizionare all'interno della testa del robot, cioè nel suo 'elmo' (non è infatti una novità il fatto che Mazinger sembri indossare un'armatura). Il nome Koji, o meglio, 'KOUJI', poi, scritto con gli ideogrammi usati per questo personaggio, significa 'primo figlio', o se vogliamo 'Primo', per cui, se il pilota di Mazinger Z fosse stato italiano, si sarebbe dovuto chiamare 'Primo Elmo'!
Ad ogni modo, a proposito della parola 'KOUJI' c'è anche un altro particolare, che purtroppo non può venir fuori in nessuna traduzione italiana del nome. Se è vero, infatti, che il kanji 'JI' in 'KOUJI' significa 'figlio' o 'bambino', il kanji 'KOU', oltre che 'primo', significa anche 'corazza', per cui, se il nome del protagonista vien scritto nell'ordine giapponese (col cognome che precede il nome), cioè Kabuto Kouji, esso può anche significare 'il figlio/bambino (ricoperto da) elmo e armatura'! Davvero un nome appropriato, no?
Per parlare, poi, di Mazinger Z in quanto manga/anime, è ben noto che questo robot di Go Nagai & Dynamic Pro., anche se non è il primo robot gigante della storia (il primo fu, infatti, Tetsujin 28gou, cioè Super Robot 28, di Mitsuteru Yokohama, papà, tra gli altri, di Sally la Maga, Giant Robot e lo straordinario Babil Jr.), è senz'altro il primo pilotato dall'interno, come se fosse una moto.
Fu questo particolare a decretare il successo della serie, perché per la prima volta il pilota di un robot veniva sottoposto a tutti gli shock e stress degli attacchi nemici, come se ad essere colpito fosse lui e soltanto lui (e non il suo robot). Questo 'legame psichico' tra uomo e macchina fece la fortuna del filone robotico ANIME anni '70 e nel 1979, con Gundam, la Sunrise arrivò fino a coniare un nome specifico per indicare quegli esseri umani che fossero in grado di sviluppare un particolare legame psichico con i loro robot, cioè 'new type'.
Da lì al tanto osannato Evangelion il passo fu breve (anche se non dal punto di vista temporale). Morale della favola: senza Mazinger Z non sarebbe esistita nessun'altra serie robotica giapponese, almeno non nel modo in cui le abbiamo imparate ad amare noi.
Prima di concludere, vorrei brevemente accennare al percorso che, nel lontano '72 portò Go Nagai e i suoi collaboratori a formulare la scoperta del secolo, cioè appunto quella di un robot pilotato dall'interno. Ma andiamo con ordine. Tra la fine degli anni '60 e i primissimi anni '70, in Giappone, andavano di moda i cosiddetti 'henshin mono', cioé i manga fantascientifici i cui protagonisti si trasformavano in supereroi (spesso robotici). Il padre indiscusso di questo filone fu il prematuramente scomparso Shotaro Ishinomori, papà, tra gli altri, di Ryu il ragazzo delle caverne e dei Cyborg, e maestro di Go Nagai (a sua volta Ishinomori era stato allievo del padre dei manga Osamu Tezuka).
Con manga come i notevoli Kamen Rider (Il motociclista mascherato) e Jinzou Ningen Kikaidaa (Kikaider l'androide), Ishinomori introdusse il concetto di essere umano che si trasforma in robot (come il più tardo Jeeg di Go Nagai), o comunque in supereroe, per difendere l'umanità. Questi famosi manga di Ishinomori, però, non furono mai trasposti in animazione, ma trovarono il loro spazio nel settore dei 'JISSHA', cioè quelle serie realizzate con attori in carne ed ossa, in cui il robot protagonista, ma anche i mostri nemici, altri non erano che attori con indosso dei costumi.
Nessuno dei personaggi androidi di Ishinomori, però, era gigante: sia prima che dopo la trasformazione, cioè, il protagonista manteneva la stessa taglia, quella di un normale essere umano. E anche i mostri nemici erano alti non più di due metri.
La 'rivoluzione in altezza' fu, ancora una volta, opera di Go Nagai, che col suo Devilman creò il primo 'henshin hero' che una volta trasformatosi diventava anche gigante! Da lì a Mazinger Z il passo fu breve. Come ha più volte affermato lo stesso Nagai, nel momento in cui Koji Kabuto si metteva al comando di Mazinger, in realtà lui si 'trasformava' in Mazinger (donde il legame psichico tra il robot e il suo pilota), così come i suoi predecessori Akira Fudo e Takeshi Hongo si trasformavano rispettivamente in Devilman e Kamen Rider!
A ben vedere, quindi, Mazinger Z è stato non solo il primo robot gigante più pilota della storia, ma è stato anche l'ultimo degli 'henshin heroes'. Questo non significa certo che dopo Mazinger gli henshin mono non vennero più realizzati, anzi. Se vogliamo, fu proprio grazie a Mazinger che furono realizzati i primi JISSHA (cioè, lo ripeto, le serie con attori in carne ed ossa) i cui protagonisti si trasformavano in giganti: basti pensare ai vari (un tempo famosi anche in Italia) Spectraman e Megaloman.
Che altro dire?, ci sono state pochissime serie che hanno cambiato il corso della storia dell'animazione (giapponese e non): Mazinger Z è senz'altro una di queste!
Vediamo di continuare il percorso di analisi dei nomi di alcuni personaggi della seier Mazinga, cioè Tetsuya Tsurugi (si pronuncia 'tsurughi'), o meglio Tsurugi Tetsuya, secondo l'ordine giapponese. Allora, tanto per cominciare, 'tsurugi' significa 'spada'. Ma quale tipo di spada, visto che in giapponese ci sono varie parole che vengono tradotte con l'italiano 'spada'?
Ebbene, 'tsurugi' è una spada in stile occidentale, non un fioretto, però, bensì una spada di tipo medioevale. La parte 'tetsu' in 'Tetsuya', poi, significa 'ferro', mentre '-ya' è un suffisso usato nei nomi maschili (un po' come la parte '-ro' in nomi come 'Sanshiro', 'Toshiro', ecc.) e il kanji usato per scriverlo è quello che veniva usato in giapponese antico per scrivere 'nari', cioè l'antica forma del verbo essere, oggi diventato 'da' o 'de aru' e scritto semplicemente in hiragana.
Per cui la parola 'tetsuya' altro non significa che 'è ferro', oppure 'è di ferro'. In parole povere, mentre Kabuto Koji significava 'il bambino/ragazzo (con indosso) elmo e corazza', Tsurugi Tetsuya è facilmente traducibile con 'la spada è di ferro'! Se proprio si è in cerca di una traduzione italiana del nome Tetsuya Tsurugi, proporrei il quasi cavalleresco 'Fortebraccio Spada'.
Nei primi anni '90, a vent'anni esatti dalla pubblicazione sul mitico settimanale Jump del manga di Mazinger Z, Go Nagai si cimentò col remake dello stesso Mazinger, remake che si intitola 'Mazin Saga'. I questa nuova versione del mito, tutti i vecchi personaggi, da Koji Kabuto, a Tetsuya Tsurugi a Daisuke Umon (l'Actarus italiano) sono presenti nello stesso tempo, ma dopo un breve prologo ambientato nel '92, la scena del manga si sposta nel 2200, su un Marte ormai completamente colonizzato dall'uomo. Purtroppo, questo manga è ancora incompiuto, in quanto Go Nagai ci lavora su solo nei ritagli di tempo, ma ciò che è stato pubblicato finora è davvero sconvolgente.
Una visione del futuro così pessimistica è presente solo in film come Blade Runner o Matrix, e in effetti il décor del fumetto ricalca molto da vicino la fantascienza cupa di alcuni dei migliori film americani degli ultimi vent'anni. Niente delle solari avventure del "vecchio" Mazinger Z vi è rimasto! Ad ogni modo, in questa nuova versione, Mazinger Z non è più un robot, bensì una maschera che, una volta indossata, permette a Koji di assumere superpoteri (incluso quello di ingigantirsi).
Ma è il fronte nemico che rivela gli aspetti più interessanti di Mazin Saga.
Il Dr. Hell non è più uno scienziato pazzo, bensì il dio di Marte, un'entità maligna la cui unica méta è quella di annientare la razza umana. E per farlo ha messo a punto quattro eserciti guidati dai mostruosi Barone Ashura, Conte Blocken, Visconte Bikuma e Duca Gorgon. Il design dei cattivi è davvero stupendo, forse il miglior lavoro di Nagai in assoluto. Troppo ci vorrebbe a descrivere le caratteristiche dei quattro generali, ma fra tutti, il più inquietante è forse Blocken, che ha dieci corpi, mentre la sua testa se ne sta a svolazzare senza mai ricongiungersi con nessuno dei suoi dieci colli! Davvero un manga coi fiocchi, 'sto Mazin Saga!
Per quanto riguarda il nome dei mostri avversari "kikaijuu", cioè "mostro meccanico" definisce i robot del Dr. Hell, a differenza di quelli di Mikene che si chiamano "sentoujuu", "mostri guerrieri", e di quelli di Vega, ma qui siamo già in Gren Dizer, che invece sono catalogati sotto il bizzarro nome di "embanjuu", cioè "mostri dischi (volanti)", ma che in Italia sono stati giustament resi come "dischi da combattimento"). Da ricordare tra i mostri più significativi Genocider F9 (il mostro del mitico episodio in cui Mazinger Z viene dotato del Jet Scrander, cioè le ali) e Gerberos (si legge "Gherberos") J3, il mitico dragone a tre teste di uno degli episodi più memorabili dell'intera serie.
Nall'immagine a fianco vediamo Mazinger Z che "se la intende" con una robot dall'aspetto femminile. Ovviamente, questo robot non è Afrodai Ace (Afrodite A in italiano), il robot di Sayaka, né tantomeno Dianan Ace (il robot che verrà costruito per la stessa Sayaka dopo la distruzione di Afrodai), di cui, però, il robot in questione sembra essere, in qualche modo, una specie di prototipo. Allora, questo robot donna chi è?
Ebbene, si tratta di Minerva X, un robot di cui ben pochi ricordano l'esistenza. In una famoso episodio di Mazinger Z, il Dott. Hell mette le mani su un vecchio progetto del fu Dott. Juzo Kabuto (il nonno di Koji e costruttore dello stesso Mazinger Z), che consiste in un robot femmina appositamente progettato per essere la compagna di Mazinger!
Tale robot è appunto Minerva X, che pur essendo stata costruita da Hell, in quando riprodotta in base al progetto del Dott. Kabuto, invece di essere aggressiva contro Z, dimostra subito una speciale affezione verso di lui. Ovviamente, entro la fine dell'episodio Hell sarà in grado di trasformare Minerva in un robot maligno, per cui, Koji sarà costretto a distruggerla a malincuore. La vicenda di Minerva X, di cui purtroppo ho pochissime reminiscenze anch'io, fa parte della lunga serie di episodi tragici (caratterizzati spesso dalla morte di fidanzati o fidanzate dei protagonisti) di cui la Toei era maestra nei primi anni '70: praticamente episodi simili a quello di Minerva ci sono in tutte le altre serie robotiche Toei del periodo, in particolare quelle nagaiane, cioè Gren Dizer, Getter Robot, Getter Robot G, Great Mazinger, Gaiking, Jeeg, ecc.

MIMI O SUMASEBA
(titolo originale MIMI O SUMASEBA)
(titolo italiano presuntivo SE TENDI L'ORECCHIO)

Film mai tradotto e distribuito in Italia, prodotto da Miyazaki. La sigla è la canzone 'Country Road' e nel film la protagonista si innamora del nipote di un vecchio antiquario e musicista che vive in una specie di casa in stile tirolese.
In quel film la sensazione di "Giappone" è molto forte quasi come il trovarsi dentro la succursale di Shinjuku di Toukyuu Hands (uno dei grandi magazzini del Giappone) in un giorno di sole, circondato di orologi a muro in legno su cui sono scolpite figurine di gattini, pesciolini ecc., statuine dei personaggi dei film di Miyazaki, poster di bellezze naturalistiche del Giappone, il tutto immerso in una speciale atmosfera creata appositamente da audiocassette su cui versi di uccelli, rumori di acque di torrenti che scorrono ecc. sono registrati per sprofondare l'acquirente in una pace interiore incredibile! Per quanto riguarda l'annoso problema dei film della Ghibli (i film di Miyazaki) in videocassetta (o meglio DVD), il punto è che i diritti di distribuzione degli stessi al di fuori del Giappone sono da 5 o 6 anni in mano alla Walt Disney, che forse, quindi, non li pubblicherà mai per il mercato home video (impegnati come sono, quegli extracomunitari, a distribuire i loro film non sembre di serie A). In caso di interesse consigliamo di ordinarlo direttamente dal Giappone (ma ovviamente non avranno i sottotitoli).

MOON MASKED RIDER
(titolo inglese MOON MASKED RIDER)
(titolo originale: GEKKOU KAMEN)

E' una serie in realtà molto vecchia (probabilmente è della fine degli anni '60), e a dire il vero rivela tutti gli anni che ha, non tanto nell'animazione, quanto nel tipo di storia. Il titolo italiano è lo stesso dell'edizione inglese ossia Moon masked rider, anche se nei dialoghi l'eroe protagonista viene chiamato col suo nome giapponese, cioè 'Gekkou Kamen'.
Si tratta di un personaggio in motocicletta che indossa un costume bianco con tanto di maschera, ovviamente. Questa serie deve avere più di 30 anni e anche la qualità del video da' l'idea di essere stato trasmesso più volte, probabilmente da TV locali in tutta Italia. Ma mi risulta che non sia stato trasmesso prima d'oro nel sud Italia come nel Nord.
Ad ogni modo, però, il personaggio noni è del tutto sconosciuto, perché ne esiste il manga in Giappone.
Gekkou Kamen è, come dicevo, il classico eroe dell'era immediatamente precedente a quella dei robot giganti inaugurata da Mazinger Z nel '72 (l'ultimo rappresentante del vecchio tipo di eroi fu Devilman, che precedette di appena 6 o 7 mesi la messa in onda di Mazinger).
Questa vecchia stirpe di eroi fa parte di una lunga serie di manga ed anime che prende il nome di "henshin-mono", cioè "manga/anime" in cui il protagonista si trasforma. Il più grande autore di questo tipo di manga è stato, l'ormai scomparso, Shoutarou Ishimori, l'autore, tra gli altri di Ryuu e dei Cyborg. Il suo personaggio classico aveva i capelli alla Ryuu, cioé con la punta che si allungava indietro (come pure Kouji Kabuto di Mazinger Z).

Bibliografia