OSSERVATORIO LETTERARIO

 

*** Ferrara e l'Altrove ***

 

ANNO VII – NN. 33/34    LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2003     FERRARA

 

Copertina: La Divina Commedia di Dante Alighieri/Sulla groppa del mostro (incisione sul legno) di  Béla Gy. Szabó; Foto dell'incisione stampata: di Mario De Bartolomeis.

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L'ANNIVERSARIO TRICENTENARIO UNGHERESE

 

- A cura di  Melinda Tamás-Tarr -

 

300 ANNI FA

 

INIZIÒ IN UNGHERIA LA LOTTA PER L'INDIPENDENZA NAZIONALE DI FERENC RÁKÓCZI II

 

Il giovane Ferenc II Rákóczi

Disegno ©  di Ágnes Preszler

 

     Dopo un secolo e mezzo di dominio turco l'Ungheria liberata da essi cadde sotto l'oppressione degli Asburgo. L'assolutismo asburgico fu accolto tutt'altro che pacificamente.

   È necessario ricordare come le principali vittime dell'occupazione turca furono sempre i contadini, che ogni volta erano i primi a dover sopportare il peso finanziario della guerra: le campagne erano state quasi del tutto devastate dalle operazioni militari, l'esercito imperiale doveva essere nutrito dalla popolazione. Gli ufficiali ed i loro soldati saccheggiavano senza alcun limite città e villaggi, interi territori si spopolavano a causa della fuga dei contadini, che si rifugiavano nei boschi e perfino nelle paludi; gli atti di vandalismo degli imperiali ridussero la città di Debrecen all'elemosina. Per smorzare il malcontento generale e per strappare ancora dei soldi agli ungheresi, il generale Carafa fu autorizzato dalla corte a condurre molti nobili e borghesi davanti a un tribunale militare speciale, creato a Eperjes e che, sulla base di prove del tutto inventate, li condannò a morte per confiscare i loro beni.

   La Corte di Vienna considerava l'Ungheria come una provincia conquistata — come ho già accennato nell'articolo «L'età dei lumi» pubblicato nel ns. fascicolo esattamente di un anno fa (v. Anno VI - NN. 27/28 Luglio-Agosto/Settembre-Ottobre 2002) —.  Alcuni generali imperiali e dei militari si videro assegnare in donazione immense proprietà fondiarie, mentre la nobiltà ungherese fu obbligata a produrre la documentazione attestante il suo diritto di proprietà e a versare il prezzo di riscatto per riuscire a recuperare i suoi beni. Tutto ciò si svolgeva all'insegna del rafforzamento dell'assolutismo di Leopoldo I, Vienna era dell'avviso che il solo sistema per domare «il sangue ungherese incline alla rivolta e alla irrequietezza» fosse quello di attuare un'egemonia particolarmente rigida. Il sud-est dell'Ungheria fu subordinato all'Ordine dei cavalieri teutonici, i quali ridussero i contadini liberi alla condizione servile; i Serbi che lasciarono i loro paesi occupati dai Turchi per stabilirsi in Ungheria nel 1689, vennero allocati nelle regioni meridionali e lungo il Danubio, dove godettero di una larga autonomia - la loro «capitale», Szentendre, situata a nord di Buda, ebbe ben presto un vivace sviluppo e divenne, nel XVIII secolo, il centro della vita culturale serba -. Nelle regioni deserte della Grande Pianura e del Transdanubio la corte installò dei tedeschi cattolici. Nei villaggi ungheresi, i serbi ortodossi potevano praticare in tutta libertà la propria religione, mentre il culto protestante era vietato; Vienna si adoperò in ogni modo, anche facendo ricorso alla violenza, per convertire le masse al cattolicesimo e il paese fu invaso da monaci appartenenti a tutti gli ordini religiosi. L'Ungheria esangue e devastata sopportava ogni offesa con rassegnazione, le sporadiche rivolte contadine venivano represse senza alcuna difficoltà dai mercenari stranieri. Nel 1698, dei servi torchiati dalle imposte e dei soldati congedati dalle regioni di frontiera, a sorpresa si impadronirono dei castelli di Tokaj e di Sárospatak, ma non riuscirono a resistere all'attacco dell'esercito imperiale. Il giovane principe Ferenc  (Francesco) II Rákóczi, era ormai l'unica speranza degli Ungheresi. Suo padre Ferenc I, che aveva partecipato alla cospirazione di Wesselényi, era morto nel 1676 e sua madre Ilona (Elena) Zrínyi, figlia del bano croato Peter (Pietro) Zrínyi, per tre anni aveva sostenuto la difesa del castello di Munkács (oggi nell'odierna Ucraina) contro gli imperiali. Quando nel 1688 l'assedio si concluse con la capitolazione, il giovane Ferenc II venne separato dalla madre e affidato dalla corte ai gesuiti boemi per la sua educazione, ma soprattutto per fare di lui un aristocratico fedele di Vienna. Compiuti gli studi all'università di Praga ed in Italia egli condusse una vita frivola tipica dei giovani aristocratici viennesi d'epoca. Nel 1694 sposò una principessa appartenente a una grande famiglia tedesca, quella degli Hesse-Rheinfels, entrando così in rapporti di parentela col re di Francia e si stabilì nei suoi possedimenti in Ungheria. Vestito alla maniera tedesca e amico di ufficiali dell'esercito imperiale, egli enfatizzava ed ostentava la sua fedeltà alla corte, tanto che, quando nel 1697 i contadini insorti cercarono di attirarlo dalla loro parte, preferì rifugiarsi precipitosamente a Vienna.

   Il giovane principe, tuttavia, cominciò lentamente a  prendere coscienza della situazione reale del paese, soprattutto grazie al Grande ispan, Miklós Bercsényi, di cui divenne amico.  Egli si rese conto che i suoi compatrioti si aspettavano la difesa della loro causa proprio da lui che era la più rappresentativa figura dei signori terrieri grazie anche alla sua alta appartenenza sociale. Tale presa di coscienza lo indusse finalmente a impegnarsi e seguire la  strada  tracciata dai suoi antenati. Unitosi ad altri aristocratici ungheresi, organizzò un complotto contro gli Asburgo, chiedendo aiuto anche al Re Sole (Luigi XIV). Però la sua lettera fu intercettata dagli agenti della dinastia d'Asburgo e nella primavera del 1701 venne arrestato nel suo castello di Nagysáros; fu condotto a Wiener Neustadt e richiuso nella stessa prigione da cui suo nonno materno uscì soltanto  per salire al patibolo. Rákóczi, a cui era stata destinata la stessa sorte, riuscì invece ad evadere e si rifugiò in Polonia, da dove cercò di ottenere appoggio della Francia e delle altre potenze antiasburgiche per proseguire la lotta contro Vienna. Però ottenne soltanto dei rifiuti, nessun governo ebbe fiducia nei progetti di un rifugiato isolato e privo di ogni potere.

   All'inizio del 1703 i delegati dei contadini insorti della regione di Tiszahát, con la guida di Tamás (Tommaso) Esze [si pronuncia: 'esÈ s= s nella parola 'semprÈ] si recarono al castello di Brezany [si pronuncia: 'bresanj': s = sasa, nj = gn comenella parola 'campagna'], dove Rákóczi risiedeva presso uno dei suoi amici polacchi, per annunciargli che «il popolo delle campagna era pronto e non attendeva che il suo capo». Il giovane principe, che nel 1697 aveva rifiutato di fare causa comune con i contadini e che fino a quel momento non aveva mai pensato di marciare contro Vienna, al capo di un esercito di servi della gleba, accettò la proposta di Tamás Esze. Assicuratosi della fondatezza delle richieste dei contadini, nel maggio del 1703 fece mandare delle bandiere con il motto «Cum Deo pro patria et libertate» («Con Dio per la patria e per la libertà!») e chiamò alle armi «tutti i veri ungheresi, che fossero nobili oppure no». Nel giugno dello stesso anno partì per l'Ungheria per assumere personalmente la direzione del suo esercito nella lotta per l'indipendenza nazionale.

   Nel giugno del 1703, quando Rákóczi arrivò alla frontiere ungherese, attraversando i Carpazi da nord-est, non fu accolto che da qualche centinaio di contadini, comandati da Esze, ma qualche setttimana più tardi, l'esercito di Rákóczi contava già parecchie decine di migliaia di soldati. La nobiltà inizialmente credette che si trattasse di una rivolta contadina, quindi si rinchiuse  nei castelli tentando di resistere; solo dopo un certo tempo si accorse che a capo dell'esercito contadino  c'era Rákóczi e dietro le richieste degli stessi contadini la rivendicazione nazionale. Nell'autunno del 1703, la nobiltà e le città si allearono con Rákóczi, così la sollevazione popolare si trasformò in guerra d'indipendenza nazionale.

   La maggior parte delle minoranze etniche del paese aderì alla causa ungherese e persino i serbi negoziarono a più riprese con i delegati del principe, ma le promesse della corte di Vienna li riconducevano sempre dalla parte degli Asburgo. Prima della fine dell'anno, l'esercito di Rákóczi aveva occupato l'Alta Ungheria ed il centro della Grande Pianura e cominciava a penetrare nel Transdanubio e nella Transilvania.

   All'inizio, la congiuntura politica europea era favorevole alla guerra d'indipendenza degli Ungheresi. La guerra di successione spagnola, scatenata nel 1701, aveva diviso i paesi dell'occidente europeo in due campi: i Borboni e gli Asburgo avevano mobilitato tutte le forze per ottenere la ricca eredità di Spagna. Le potenze marittime - Inghilterra e Province Unite - sostenevano Leopoldo I, mentre l'elettore di Baviera e il duca di Savoia appoggiavano Luigi XIV.

   L'Ungheria, che si era ribellata contro l'imperatore, era alleata naturale del Re Sole e Rákóczi, in realtà, riponeva grandi speranze nella cooperazione militare con la Francia. Dopo le prime vittorie ungheresi, il Re Sole entrò in contatto con Rákóczi e versò anche dei sussidi - però dire la verità piuttosto simbolici - per il mantenimento del suo esercito. Le somme accordate dal Luigi XIV coprirono le paghe di cinquemila uomini, mentre l'esercito del principe contava circa settantamila soldati.

   I primi anni della guerra di successione spagnola videro il trionfo delle armi francesi. Nella primavera del 1705, un esercito francese marciava su Vienna lungo il Danubio, mentre i kuruc/kouroutz (si pronuncia 'kuruz')  di Rákóczi minacciavano da est la città imperiale. La corte visse settimane di angoscia in quanto era chiaro che se le due armate alleate avessero occupato Vienna, gli Asburgo avrebbero subìto un ridimensionamento territoriale. Qualche mese più tardi, tuttavia, le speranze degli ungheresi svanirono. I kouroutz arrivarono alla frontiera austriaca all'inizio del 1704, ma il capo dell'esercito francese, l'elettore di Baviera Massimiliano Emanuele, invece di marciare direttamente su Vienna, si diresse verso il Tirolo, dove rimase impelagato in una guerriglia durata diversi mesi e quando alla fine avrebbe potuto riprendere la marcia, entrarono in azione l'esercito inglese e quello olandese. I francesi — dopo la disfatta inflitta loro a Höchstäd (Blenhiem) dalle truppe di Eugenio di Savoia e del duca di Marlborough — furono costretti a battere in ritirata: Vienaa si era salvata.

 

Ferenc II Rákóczi, pittura di Ádám Mányoki

 

   Rákóczi propose allora al Re Sole di riunire le loro forze stabilendo dei contatti diretti attraverso l'Adriatico e la Croazia, ma anche tale progetto fallì come quello precedente. L'aiuto francese si rivelò di mese in mese meno efficace: dopo le sconfitte subìte su tutti i fronti, il Re Sole si rifiutò di impegnarsi accanto agli ungheresi e di concludere un trattato di alleanza con Ferenc Rákóczi II, eletto nel 1704 principe di Transilvania e divenuto nel 1705 «principe comandante d'Ungheria», titolo che gli conferì la Dieta di Széchény.

   Ormai Rákóczi vedeva con chiarezza che la speranza di una vittoria definitiva rischiava di svanire se non si fossero riusciti a dare alla causa ungherese una portata europea e che gli ungheresi sarebbero stati condannati a lottare da soli contro gli Asburgo. Per compensare la propaganda alimentata dalla corte di Vienna, egli preparò dei documenti da sottoporre all'opinione europea per informarla dei motivi e degli obiettivi della guerra d'indipendenza. Fece anche divulgare un periodico scritto in latino dal titolo Mercurius Veridicus. Inviò degli ambasciatori presso il re di Svezia, il re di Prussia, il re di Danimarca, la Dieta polacca e la Santa Sede, ma fu ricompensato solo con parole incoraggianti. Nessun paese era disposto a entrare in conflitto con gli Asburgo a causa dell'Ungheria. Anche la Porta [l'Impero ottomano] rifiutò di aiutare Rákóczi. Solo lo zar Pietro il Grande, in quegli anni in guerra contro la Svezia, accettò di concludere un trattato con l'Ungheria, ma quest'alleanza in pratica non si dimostrò di alcuna utilità militare. Gli ungheresi dovevano battersi da soli per la loro indipendenza.

   Ma tra l'impero degli Asburgo e l'Ungheria il rapporto di forza era assai ineguale. Rákóczi s'impegnò energicamente a formare con i suoi soldati — validi ma poco abituati a lottare all'interno di un'organizzazione militare complessa  — un esercito regolare ben equipaggiato e disciplinato. Però i kouroutz  non potevano rispondere alle sue aspettative. Le grandi battaglie erano quasi sempre delle sconfitte. I koroutz, malgrado la loro superiorità numerica, furono sconfitti a Nagyszombat (nell'attuale Slovacchia) fine del 1704 e a Zsibó (Transilvania nell'attuale Romania) nel 1705.

   Stretto dagli avvenimenti, Rákóczi intraprese delle trattative di pace con la corte di Vienna, prima a Gyöngyös, poi a Nagyszombat. Madiatori furono gli inglesi e gli olandesi, i quali, in quanto alleati dell'imperatore, erano consapevoli che le forze impegnate sui due fronti, nonché i proventi dalle imposte avrebbero fornito un apporto non trascurabile nella guerra contro la Francia. In quanto protestanti, però, non potevano non simpatizzare con un paese che con coraggio sfidava la Controriforma. Le trattativa si trascinarono per diversi mesi e, in conclusione, non arrivarono ad alcun risultato. I kouroutz erano pronti a sottomettersi di nuovo all'autorità degli Asburgo a condizione che essi garantissero il rispetto della costituzione e la libertà di culto. La corte di Vienna non volle accettare né la garanzia dei governi stranieri, né l'autonomia del principato di Transilvania alla quale Rákóczi teneva assolutamente. Rákóczi intanto — sebbene l'Ungheria fosse rimasta sola nella guerra  — era riuscito a sollevare le sorti del paese  e non era disposto ad accettare la pace a qualunque prezzo. Dopo che la Dieta del 1707, convocata ad Ónod, ebbe spezzato l'opposizione interna e si pronunciò per la detronizzazione degli Asburgo, la guerra riprese in maniera ancora più accanita.

    Rákóczi fu consapevole della situazione della nazione magiara e valutava molto lucidamente il ritardo storico che l'Ungheria aveva rispetto ai paesi dell'Occidente e nelle sue «Memorie» scritte in francese egli ne imputa la responsabilità agli Asburgo. Per tale ragione, mentre il paese lottava per la sua indipendenza, introdusse ogni tipo di riforme rivolte a modernizzare e consolidare lo stato e la società facendo tesoro degli studi giovanili assiduamente eseguiti sulle teorie francesi ed italiane sulla modernizzazione dello stato. Si impegnò sin dall'inizio a instaurare in Ungheria un regime assolutista, riducendo il potere politico dell'alta nobiltà e migliorando la condizione delle categorie sociali prive di ogni diritto, in particolar modo  attraverso l'affrancamento promesso ai servi della gleba che avrebbero preso le armi contro gli Asburgo.  Nello stesso momento in cui la corte di Vienna si sforzava di dividere la popolazione del paese, Ferenc II Rákóczi  cercava di ristabilire l'unità nazionale.  Per porre fine agli antagonismi religiosi, egli rese ai protestanti i loro templi e le loro chiese; inoltre garantì uguaglianza di diritti a tutte le confessioni e alle minoranze etniche che avessero fatto causa comune con gli ungheresi.

   All'inizio Rákóczi reclutò i suoi uomini di fiducia nei ranghi della piccola nobiltà. Il suo più vicino collaboratore, il giovane Pál (Paolo) Ráday, fu inizialmente il suo segretario personale, quindi direttore della cancelleria privata e responsabile delle relazioni dell'estero. Il capitano delle guardie, Ádám (Adamo) Vay, e l'alto commissario dell'esercito, Pál Lányi, provenivano entrambi dalla piccola nobiltà. Rákóczi non consultò mai questi ultimi due in materia politica. Il malcontento dei Grandi, guidati dal conte  Miklós (Niccolò) Bercsényi (si pronuncia: 'bercègni) esplose apertamente nella Dieta del 1705. Per limitare il potere di Rákóczi, i Grandi ottennero la costituzione di un Senato con ventiquattro membri ai quali sarebbe stata affidata la direzione delle principali competenze in materia amministrativa e di un consiglio economico investito di mansioni molto ampie, del quale avrebbero fatto parte numerosi aristocratici. Il potere centrale e il diritto di assumere decisioni, tuttavia, rimaneva ben saldo nelle mani di Rákóczi, cosa che in seguito fornì dei pretesti  all'opposizione dei nobili sobillata da Vienna, per rimproverare al principe di opprimerli e di non tenere in nessun conto le loro prerogative. L'alta nobiltà ribadì le stesse lagnanze della Dieta di Ónod del 1707.

   La guerra d'indipendenza (1703-1711) guidata da lui si svolgeva fra enormi difficoltà economiche, le rendite delle proprietà di Ferenc II Rákóczi non bastavano a coprire le spese e nel paese impoverito dalla guerra la percezione delle imposte non era agevole; i nobili che fino a quel momento erano stati esenti da imposte, ormai erano sottoposti anch'essi all'esazione fiscale. Rákóczi era così riuscito ad aprire una breccia nel muro dei loro privilegi tradizionali.

   Poiché l'Ungheria soffriva di un' endemica scarsità di numerario circolante d'oro e d'argento, Rákóczi, all'inizio del 1704, creò una moneta di rame, poiché l'industria ungherese non era che ai primi passi - anche le armi da fuoco dovevano essere acquistate all'estero - e la guerra paralizzava gli scambi commerciali, lo stato non era in grado di mantenere neanche il valore nominale di quella moneta. I commercianti non la accettavano, anche perché continuava a perdere valore e, di conseguenza, l'esercito che percepiva un salario svalutato non cessava di protestare.

   D'altra parte, i conflitti sociali cominciarono a farsi sentire in seno allo stesso esercito.  I signori terrieri si sforzavano da trattenere a ogni costo i servi della gleba sulle loro terre e arrivarono a promettere un alleggerimento della pressione fiscale sulle famiglie di quanti, arruolati nell'armata di Rákóczi, fossero ritornati ai lavori agricoli. Provocarono in tal modo massicce diserzioni. Benché nel dicembre del 1708 la Dieta di Sárospatak avesse decretato l'affrancamento dei contadini che fossero entrati a far parte dell'esercito e nonostante Rákóczi avesse accordato i documenti per la liberalizzazione a numerose comunità di villaggio, era già troppo tardi: l'entusiasmo iniziale non poteva più essere riacceso.

   Però il principe ebbe ancora fiducia, andò a Polonia per chiedere aiuto allo zar Pietro il Grande con il quale concluse un'alleanza nel 1707. Nello stesso tempo autorizzò Sándor (Sandro) Károlyi  trattare con il generalissimo degli eserciti imperiali che però  concluse la pace di Szatmár:

   La lunga guerra aveva completamente prostrato il Paese inoltre la peste, corollario della carestia, tormentava intere regioni ed infine i  kouroutz vennero sconfitti nel 1708 presso Trencsén (Trenčin dell'attuale Slovacchia) e dato che la situazione militare non era più sostenibile, la faccenda si concluse il 29 aprile 1711 con la pace di Szatmár (Satu Mare dell'attuale Romania): i kouroutz prestavano giuramento di fedeltà agli Asburgo, mentre l'imperatore  accordava loro il perdono e si impegnava a rispettare la costituzione e la libertà religiosa; essi deposero le armi nella pianura di Majtény, il primo maggio 1711. Rákóczi da parte sua, rifiutò questa pace che non prevedeva l'indipendenza dell'Ungheria e aboliva le  riforme sociali da lui introdotte durante la guerra. Si recò in Polonia, poi a Versailles; in seguito, nella speranza di ricominciare a combattere, partì per la Turchia. Morì a Rodostó nel 1735. Le «Lettres» (in realtà Diario) del suo paggio, Kelemen Mikes, offrono una narrazione penetrante degli ultimi anni di Ferenc II Rákóczi e della vita dei suoi compagni più vicini.

   Nel mese di maggio dell'anno scorso in occasione della Conferenza Linguistica di Erdőbénye noi conferenzieri abbiamo fatto una stupenda gita nell'Alta Ungheria storica, nell'attuale territorio slovacco e ci siamo fermati a Borsi, nella regione di Zemplén, per visitare il castello di Ferenc II Rákóczi   ove egli nacque nel 1676.

   Purtroppo il castello del grande principe fino ad oggi ha una sorte da Cenerentola, durante la storia divenne vittima del degrado. Borsi a seguito del vergognoso, scorretto ed ingiusto Trattato di pace del Trianon, venne annesso al neostato Cecoslo-vacchia. A quei tempi utilizzarono l'edificio fino al 1938 come stalla del piccolo bestiame domestico e delle mucche. Poi parzialmente riuscirono a restaurare il castello gravemente danneggiato. Purtroppo a causa della seconda guerra  mondiale funzionò come museo soltanto fino al 2 dicembre 1944. Poi con l'attraversamento della fronte iniziò il saccheggio dei valori dell'edificio. Dopo la guerra l'esercito cecoslovacco utilizzò il castello come caserma ancora per un anno e mezzo, poi venne utilizzato come magazzino commerciale all'ingrosso ed anche per il deposito dei prodotti delle cooperative agricole. Negli anni Cinquanta invece il castello fu usato come scuola materna e dell'obbligo. L'ultimo ente che affittò l'edifico fu il Museo dell'Est-Slovacchia e fino al 1985 utilizzandolo come deposito magazziniere delle sue collezioni. In questo periodo non si poteva mettere il piede neanche sul cortile. Dopo che il museo abbandonò l'edificio cominciarono i lavori di ristrutturazione dall'anno 1987 furono fino al 1989, al cambiamento politico. Fino a quella data furono spesi tre milioni di Corone per i lavori di restauro. Però invece di ridare l'aspetto originale del castello venne ancora di più danneggiato rispetto alle condizioni precedenti disfacendo il pavimento, togliendo la verniciatura delle pareti, togliendo le porte e le finestre, anzi una parte dell'edificio rimase senza tetto e, quest'ultimo accentua ancor di più il processo di degrado.

   Nel frattempo è anche cessato il finanziamento statale, l'impresa che eseguiva i  lavori è stata chiusa e non c'è ora speranza per continuare il restauro.

   Per salvare il castello che vide la nascita del principe Rákóczi, il 14 aprile 1994 è stata fondata la Società Commemorativa e l'Ente tutelatore di Ferenc II Rákóczi, però le fonti finanziarie non sono sufficienti per continuare il restauro.

   Chi fosse interessato di dare contributo finanziario potrà farlo tramite seguenti c/c bancario:

 

 

C/C bancario SK: Slovenská státna sporitelna okresná pobocka 07501 Trebisov c. ú. 51355-629 

Conto Devisa USD: 34833-1432152-512 Vseobecná ú verová banka Kosice-mesto Strojárska 11 043 21 Kosice  
C/C di Cassa di Risparmio HUFt: Zemplén Takarékszövetkezet Sátoraljaújhely, Széchenyi tér 8. 

N. del conto: 55500029 15001186  

Indirizzo: II. Rákóczi Ferenc Emléktársaság - Borsi 07632 Borsa (Slovensko)  Telefono: 00-42-948-343

 

 

 

 

 

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