FENOMENI CONNESSI CON LA PROPAGAZIONE DELLA LUCE
Ottica fisica e ottica geometrica
L'ottica fisica studia i fenomeni connessi con l'emissione, la propagazione e la rivelazione della luce, intesa come insieme di radiazioni elettromagnetiche in grado di produrre stimoli sulla retina dell'occhio umano, pertanto rispetto all’ottica geometrica indaga più in profondità e senza le semplificazioni da questa introdotte. Il raggio di luce, così come lo si intende nell’ottica geometrica, è un artificio, un’efficace schematizzazione che ha consentito la creazione di un modello perfettamente funzionante. In altre parole la propagazione della luce nell’ottica geometrica impone che un raggio, che si propaga in linea retta, se incontra un ostacolo, può essere diffuso oppure riflesso oppure rifratto, a seconda del tipo di ostacolo.
Di seguito analizzeremo questi fenomeni mediante l’ausilio dell’ottica geometrica, quindi considereremo la luce come un raggio rettilineo.
Riflessione della luce
La riflessione è il fenomeno che spiega come si comporta un raggio di luce quando incontra una superficie riflettente.
La riflessione è soggetta a due leggi:
1° LEGGE - Il raggio incidente, la perpendicolare allo specchio nel punto di incidenza e il raggio riflesso sono complanari, cioè giacciono tutti nello stesso piano.
2° LEGGE – L’angolo che il raggio incidente forma con la perpendicolare alla superficie riflettente, condotta nel punto di incidenza è uguale all’angolo formato tra il raggio riflesso e la perpendicolare stessa.
Specchi piani e specchi sferici
Cominceremo ora ad applicare le leggi della riflessione per studiare le immagini che si vengono a creare in presenza di uno specchio.
Cominciamo questa analisi considerando il caso di uno specchio piano. Dove appare l'immagine che si forma in uno specchio piano? Ci è chiaro dalla nostra esperienza quotidiana che l'immagine di un oggetto che noi vediamo in uno specchio appare posizionata dietro lo specchio. Usando le leggi della riflessione possiamo capire la ragione di questo fenomeno. Osserviamo la figura seguente:
I prolungamenti di due raggi riflessi si incrociano in un punto che diventa l'immagine dell'oggetto. Da semplici considerazioni geometriche si può dimostrare che la distanza tra l'oggetto e lo specchio è uguale alla distanza tra lo specchio e l'immagine dell'oggetto. Dal momento che tale immagine non esiste nella realtà ma si forma sul prolungamento dei raggi riflessi si parla di immagine virtuale. Un'immagine si dice invece reale quando si forma al punto di intersezione di raggi luminosi reali.
Se l'oggetto non è puntiforme ma esteso è possibile costruire l'immagine dell'oggetto costruendo le immagini di tutti i suoi punti.
L'immagine e l'oggetto sono simmetrici rispetto allo specchio e hanno le stesse dimensioni.
Specchi sferici
Prendiamo ora in considerazione uno specchio sferico, costituito da una calotta sferica. Lo specchio si dice concavo se la superficie riflettente è posta nella parte di calotta rivolta verso il centro della sfera, lo specchio si dice invece convesso se la superficie riflettente è rivolta dalla parte opposta rispetto al centro della calotta sferica. Prima di procedere è necessario introdurre ancora un po' di nomenclatura: si definisce vertice V dello specchio il punto in cui lo specchio interseca l'asse di simmetria passante per il suo centro C. Tale asse di simmetria prende il nome di asse ottico principale.
Tutti i raggi provenienti da direzioni parallele all'asse ottico principale vengono riflessi in un punto che prende il nome di fuoco F dello specchio. Questa proprietà può essere utilizzata per costruire l'immagine di un oggetto che si riflette in uno specchio sferico assieme alla seguente altra proprietà: un raggio di luce che passa per il centro C della calotta sferica ha un angolo di incidenza sullo specchio uguale a 0°. Pertanto anche l'angolo di riflessione è uguale a 0° e il raggio riflesso percorre lo stesso cammino ottico del raggio incidente.
Dobbiamo ora distinguere tre casi possibili per quel che concerne la posizione relativa dell'immagine e dell'oggetto: 1) l'oggetto si trova alla destra del centro C, 2) l'oggetto si trova tra il fuoco F e il centro C, 3) l'oggetto si trova tra il vertice V e il fuoco F. Queste tre possibilità sono raffigurate nella figura sottostante:
1) Se l'oggetto si trova alla destra del centro C si forma un'immagine reale rimpicciolita e capovolta dell'oggetto. L'immagine è reale perché su di essa arrivano i raggi luminosi. 2) Se l'oggetto si trova tra il fuoco F e il centro C si forma un'immagine reale, ingrandita e capovolta dell'oggetto. 3) Se l'oggetto si trova tra il vertice V e il fuoco F si forma un'immagine virtuale e ingrandita dell'oggetto alla sinistra del vertice V. L'immagine è virtuale perché si forma sui prolungamenti dei raggi luminosi passanti per l'oggetto.
Gli specchi concavi possono essere utilizzati per far convergere i raggi del Sole in un unico punto, in modo da raccogliere l'energia solare e utilizzarla per riscaldare l'acqua per uso domestico o per far fondere dei metalli.
La posizione e la natura dell'immagine dipendono in maniera cruciale dalla posizione in cui si trova l'oggetto. Se invece prendiamo uno specchio convesso è facile rendersi conto che l'immagine risulta essere sempre un'immagine virtuale, rimpicciolita e diritta:
Diffusione della luce
La diffusione della luce spiega cosa accade quando un fascio di raggi di colpisce una superficie non perfettamente riflettente: questi vengono riflessi in ogni direzione per via della non uniformità della superficie, a livello microscopico, per questo vengono riflessi in ogni direzione. In altre parole siamo in presenza di più microsuperfici che riflettono la luce secondo angoli diversi.
La diffusione è il fenomeno fisico responsabile dei vari colori del cielo: il colore azzurro è dovuto al fatto che i raggi di luce con lunghezza d’onda minore (quindi nel blu) vengono diffusi maggiormente di quelli di lunghezza d’onda maggiore (rosso-giallo), circa dieci volte in più. Il motivo risiede nella dimensione delle molecole di ossigeno e azoto che riescono a diffondere solo le lunghezze d’onda nel blu. Se invece guardiamo in modo diretto il sole, riusciamo a vedere tutte le frequenze della luce. Il rosso del tramonto è dovuto allo stesso fenomeno, i raggi solari devono attraversare uno strato di atmosfera più spesso, quindi le frequenze nel blu si sono tutte disperse per diffusione mentre giungono a noi solo le frequenze nel rosso.
La rifrazione della luce
Se osserviamo un cucchiaino parzialmente immerso in un bicchiere pieno d’acqua notiamo che sembra spezzato proprio nel punto in cui entra nell’acqua. Guardando dall’alto l’illusione ottica, perché di questo si tratta, è ancora più evidente che di lato. Cosa accade alla luce?
Ora, dato che la velocità della luce nei due mezzi è diversa perché diversa è la loro densità e quindi si dice che sono diversi i loro indici di rifrazione. Quindi i raggi luminosi, nel passaggio da un mezzo meno denso (l’aria) a uno più denso (l’acqua) rallentano e vengono deviati: il fenomeno della rifrazione della luce consiste in questo.
In altre parole la rifrazione può essere definita come la deviazione subita dalla luce quando questa attraversa, con un angolo di incidenza diverso da zero, la superficie di separazione tra due mezzi (per esempio aria e vetro). La deviazione dipende dal colore della luce: quella violetta viene deviata maggiormente di quella rossa.
Leggi della rifrazione
I legge della rifrazione: "l'angolo d'incidenza, l'angolo di rifrazione e la perpendicolare alla superficie di separazione giacciono sullo stesso piano".
II legge della rifrazione: "le proiezioni di due segmenti uguali del raggio incidente e del raggio rifratto sulla superficie di separazione dei due mezzi sono in un rapporto costante, detto indice di rifrazione del secondo mezzo rispetto al primo”.
Nella rifrazione un raggio di luce, attraversando due mezzi trasparenti dotati di densità diversa, viene in parte riflesso e in parte deviato.
Indice di rifrazione e velocità di propagazione
Il rapporto della velocità della luce in due mezzi è uguale al rapporto inverso dei loro indici di rifrazione. Il fattore numerico che esprime la riduzione della velocità di propagazione della luce, rispetto a quella nel vuoto, n, varia con la lunghezza d’onda della luce. Ciò determina il fenomeno della dispersione della luce.
alcuni valori di n: Aria = 1,0003; Acqua = 1,3; Vetro = valori compresi fra 1,5 e 1,8; Sale (cloruro di sodio) = 1,5; Diamante = 2,4; Silicio = 3,4
Riflessione totale
Nel passaggio da mezzo meno rifrangente a uno più rifrangente il raggio luminoso viene dunque rifratto. Ma il fenomeno opposto non accade sempre: vi è un determinato angolo di incidenza (detto angolo limite) oltre il quale il raggio luminoso non riemerge, poiché subisce una riflessione totale sulla superficie di separazione tra i due mezzi. Pertanto il raggio rifratto viaggia parallelamente alla superficie di separazione tra i due mezzi.
Il valore dell'angolo limite è determinato dalla legge della rifrazione n = sen i / sen r
Per il vetro comune (con n = 1,5) l'angolo limite è di circa 42°.
Il fenomeno della riflessione totale trova applicazione nelle fibre ottiche.
Lenti
Lenti convergenti
In questa sezione cominceremo a studiare le lenti, ossia dei corpi trasparenti delimitati da due superfici, delle quali almeno una sferica. Quando un raggio luminoso arriva in prossimità di una lente subisce due rifrazioni: la prima passando dall'aria al vetro e la seconda dal vetro all'aria. Per semplicità considereremo sempre delle lenti di spessore trascurabile. In questa approssimazione (detta approssimazione di lente sottile) possiamo supporre che il raggio luminoso venga deviato solo una volta quando passa attraverso la lente, come nella seguente figura, dove la lente convergente è stata schematizzata con una doppia freccia:
Prima di procedere, abbiamo bisogno di introdurre altre definizioni: l'asse ottico di una lente è l'asse di simmetria della lente. Tale asse di simmetria interseca la lente in un punto detto anche centro ottico (C). In questa sezione considereremo le lenti convergenti ossia quelle lenti in cui i raggi rifratti che escono dalla lente convergono in un punto detto fuoco. Il fuoco F della lente è caratterizzato da una certa distanza dal centro C che va sotto il nome di distanza focale. Poiché una lente è formata da due specchi adiacenti ogni lente è caratterizzata da due distanze focali.
Come nel caso degli specchi, anche nelle lenti convergenti la costruzione delle immagini avviene prendendo in considerazione punto per punto due raggi particolari: a) se il raggio incidente è parallelo all'asse ottico principale allora il raggio uscente passa per il fuoco della lente; b) il raggio che passa attraverso il centro della lente prosegue invece inalterato il suo cammino, ossia non viene deviato dalla lente.
L'immagine di una linea verticale rimane una linea verticale. Le caratteristiche delle immagini che si vengono a formare dipendono dalla distanza p dell'oggetto dalla lente e dalla distanza focale f. Infatti: 1) se l'oggetto si trova a una distanza dal centro maggiore del doppio della distanza focale, p > 2f, l'immagine risulta reale, capovolta e rimpicciolita. 2) Se l'oggetto si trova a una distanza dal centro p compresa tra f e 2f, ossia f < p < 2f, allora l'immagine che si forma è reale, capovolta e ingrandita. 3) Se invece l'oggetto si trova a una distanza dal centro minore della distanza focale, ossia se 0 < p < f, allora l'immagine è diritta, ingrandita e virtuale dal momento che si forma sui prolungamenti dei raggi rifratti.
Lenti divergenti
Una lente si dice divergente quando fa divergere i raggi che provengono lungo direzioni parallele a quella dell'asse ottico. In questi casi i raggi rifratti non si incontrano mai, i prolungamenti di tali raggi si incontrano invece nel fuoco della lente.
Come nel caso delle lenti convergenti, anche per le lenti divergenti la costruzione dell'immagine avviene prendendo in considerazione punto per punto il raggio parallelo all'asse ottico (il cui prolungamento converge nel fuoco della lente) e il raggio che passa per il centro della lente (che non cambia direzione nel passaggio attraverso la lente). Come nel caso degli specchi convessi, l'immagine che si viene a formare è sempre un'immagine virtuale, rimpicciolita e diritta, come emerge dalla seguente figura:
Dispersione della luce
Come abbiamo visto luce bianca è composta da diverse frequenze, pertanto, quando passa da un mezzo a un altro, subisce diverse rifrazioni. Questo fenomeno determina la dispersione della luce bianca nei colori che la compongono. La luce violetta viene deviata maggiormente, mentre è la luce rossa a esser deviata di meno: da questo fatto deriva la disposizione dei colori del fascio di luce uscente da un prisma.
In questa sezione andremo a studiare la relazione tra l'indice di rifrazione assoluto e la velocità e la dispersione della luce. La velocità della luce nel vuoto è pari a c = 300 000 km / s. Questa è la massima velocità esistente in natura e venne misurata per la prima volta con una certa precisione da Fizeau e Foucault nel XIX secolo.
Potremmo chiederci: quanto vale la velocità della luce in un mezzo, ad esempio nell'acqua o nel vetro? Si scopre che in un mezzo la velocità v della luce è inferiore rispetto alla velocità c della luce nel vuoto. La relazione tra queste due velocità coinvolge l'indice di rifrazione n del mezzo secondo la seguente relazione: v = c / n. Cominciamo con il considerare l'aria. Abbiamo visto che l'indice di rifrazione dell'aria è uguale a 1.0003. Pertanto possiamo dire che la velocità della luce nell'aria coincide praticamente con la velocità della luce nel vuoto. Nell'acqua (n = 1.33) avremo invece che la luce si propaga a v = c / n = 300 000 / 1.33 km / s = 225 000 km / s. Nel vetro crown (n = 1.52) la velocità di propagazione dei raggi luminosi è ancora più piccola: 197 000 km / s.
Un altro fenomeno fisico importante nel quale entra l'indice di rifrazione è la cosiddetta dispersione della luce. Vediamo in che cosa consiste questo fenomeno. Cominciamo con il considerare un prisma di vetro (n = 1.52) e apertura angolare pari ad α. Mandiamo un raggio di luce su questo prisma e vediamo come viene deviato il raggio luminoso. Evidentemente il raggio di luce viene rifratto due volte: una prima volta passando dall'aria al vetro e una seconda volta passando dal vetro all'aria:
Indichiamo con δ l'angolo di deviazione, ossia l'angolo totale di cui viene deviato il raggio luminoso che entra nel prisma. Per angoli α minori di 15° vale la seguente relazione: δ = α · (n - 1). Se ora ripetiamo lo stesso esperimento usando raggi laser di colori diversi scopriamo che l'angolo di deviazione dipende dal tipo di colore che viene inviato sul prisma. In particolare, l'angolo di deviazione del violetto è maggiore rispetto all'angolo di deviazione del rosso. Questo implica che l'indice di rifrazione del vetro dipende dal tipo di colore. In particolare nel caso del vetro crown abbiamo i risultati riportati nella seguente tabella:
Colore |
Violetto |
Blu |
Verde |
Giallo |
Arancio |
Rosso |
n |
1.5335 |
1.5232 |
1.5203 |
1.5171 |
1.5146 |
1.5140 |
Questo è il motivo per cui, se mandiamo della luce solare a incidere su un prisma di vetro, le singole componenti cromatiche subiscono deviazioni diverse e riusciamo a scomporre la luce nei singoli colori. Un fenomeno simile avviene nell'arcobaleno. Anche l'arcobaleno può essere giustificato con le leggi dell'ottica geometrica. I due ingredienti fondamentali per la creazione di un arcobaleno sono il sole e l'acqua. Nella seguente figura vediamo quello che succede quando un raggio di luce proveniente dal sole incontra una goccia d'acqua:
Passando dall'aria alla goccia d'acqua il raggio di luce viene rifratto, poi viene riflesso all'interno della goccia d'acqua e di nuovo viene rifratto nel passaggio dalla goccia d'acqua all'aria. L'angolo di deviazione totale subito dai raggi luminosi è pari a circa 42°. Dal momento che, come nel caso del prisma di vetro, la deviazione subita dalla luce dipende dalla componente cromatica della luce, la luce che arriva all'osservatore risulta scomposta nei singoli colori. Dalla figura notiamo anche come, per poter osservare un arcobaleno, è necessario mettersi con il sole alle spalle.
OTTICA FISICA
Assorbimento
La luce viene assorbita dalle molecole del mezzo colpito e trasformata in altra forma di energia (calore, energia chimica). Se viene totalmente assorbita il corpo appare nero, se viene assorbita solo una parte della luce bianca (una specifica radiazione a seconda della natura del corpo) il corpo appare colorato del colore complementare alla radiazione assorbita determinato dall’insieme delle radiazioni diffuse.
Fronte d’onda
Ma in natura non esiste un fascio luminoso così sottile da avere sezione puntiforme come richiesto dall’ottica geometrica. Pertanto nel modello ondulatorio di propagazione della luce tutto può essere analizzato in base ai principi della propagazione delle onde elettromagnetiche. Così l’onda elettromagnetica si considera come costituita da una serie di onde originate dai punti del fascio luminoso, a loro volta caratterizzati da fasi diverse. Possiamo immaginare ogni punto di un’onda elettromagnetica come sorgente di un’altra onda elettromagnetica sferica, come in figura.
Fronte d’onda e modello ondulatorio
Il modello ondulatorio spiega la riflessione adottando lo schema del fronte d’onda (indicato dalle linee azzurre in figura perpendicolari alla direzione di propagazione): la superficie di un'onda elettromagnetica i cui punti hanno tutti la stessa fase.
Riflessione: interpretazione ondulatoria
La prima domanda che ci si può porre è: il fenomeno della riflessione si può spiegare con il modello ondulatorio? La risposta è che la riflessione, svuotata da quei significati della semplificazione tipica del modello geometrico, non è altro che un fenomeno di interferenza. In questa chiave interpretativa l’onda elettromagnetica è vista come la serie di punti del fascio luminoso caratterizzati da fasi diverse, non appartenenti allo stesso fronte d’onda, che giunge sulla superficie riflettente con un dato angolo. La figura precedente mostra i fronti d’onda associati al raggio incidente e la porzione di superficie riflettente illuminata in un dato istante. Diversi punti della superficie riflettente sono illuminati da punti dell’onda elettromagnetica caratterizzati da fasi diverse: tutte le intersezioni tra i fronti d’onda e la superficie avranno quindi la stessa fase. Possiamo immaginare ogni punto di un’onda elettromagnetica come sorgente di un’altra onda elettromagnetica sferica, quindi la forma del fronte d’onda determinerà l’interferenza tra le infinite onde così prodotte. Pertanto, se all’istante t generassimo un’onda sferica per ogni punto della superficie riflettente illuminato dall’onda incidente, all’istante t stesso, con la stessa fase dell’onda incidente, e lasciassimo passare un po’ di tempo, vedremmo comparire dei nuovi fronti d’onda, che chiameremo riflessi, con la medesima frequenza (la luce, infatti, non cambia colore), e tali da propagarsi lungo una direzione posta rispetto alla normale al medesimo angolo che aveva l’onda elettromagnetica incidente. In questo modo si ritorna alla ben nota legge della riflessione (uguaglianza tra l’angolo di incidenza e l’angolo di riflessione).
Rifrazione: interpretazione ondulatoria
Nel caso di un raggio che incide sulla superficie di separazione tra due mezzi, aventi indici di rifrazione diversi, nel mezzo a indice inferiore (nella figura è celeste) il raggio rifratto ha, rispetto alla normale alla superficie di delimitazione, un angolo minore rispetto a quello che aveva nel mezzo a indice maggiore.
Ora, se lo schema proposto dal modello geometrico viene convertito in quello tipico di un modello ondulatorio i fronti d’onda sulla superficie di discontinuità tra i due mezzi vengono a loro volta modificati e l’effetto finale, visibile in figura, è che nel mezzo a indice di rifrazione inferiore i fronti d’onda appaiono più ravvicinati. Dato che la distanza tra i fronti d’onda non è altro che la lunghezza d’onda della radiazione luminosa, il suo restringimento indica un aumento della frequenza. Ad esempio, se la luce incidente è rossa, nel mezzo sottostante, a seconda dell’indice di rifrazione potrebbe diventare blu (l’indice di rifrazione diminuisce al crescere della lunghezza d’onda). Il modello ondulatorio è pertanto perfettamente in grado di spiegare anche il fenomeno della rifrazione.
Poiché la velocità della luce nel vuoto non può mai superare il valore c ciò significa che nel passaggio da un mezzo materiale a un altro (quindi non nel vuoto) si verifica una variazione (diminuzione) di velocità dell’onda elettromagnetica. Il comportamento dei raggi dell’ottica geometrica viene dunque perfettamente spiegato dalla teoria elettromagnetica.
Interferenza
Il modello ondulatorio spiega anche fenomeni come la diffrazione, l'interferenza e la polarizzazione (descritti anche nel modello geometrico). Il classico fenomeno di interferenza si manifesta in tutte le onde mediante la loro sovrapposizione con conseguente esito distruttivo o di rinforzo. Quando un fascio di onde parallele viene fatto passare attraverso due aperture, accade che ciascuna di esse si comporta come centro di perturbazione, al pari di una sorgente indipendente.
SCHEMA INTERFERENZA
Classico schema relativo al fenomeno dell’interferenza di un fascio di luce che attraversa due, fenditure procedendo da sinistra verso destra. In seguito all’azione dell’interferenza, si evidenzierà una maggiore o minore intensità del fascio originato dall’incontro tra i fasci provenienti dalle due fenditure. Infatti in fisica il significato di interferire può essere positivo o negativo: in alcune zone possiamo osservare distintamente le due onde proseguire indisturbate nella loro propagazione come se l’altra onda non esistesse, mentre nei punti in cui le due onde si incontrano le loro ampiezze si sommano (determinando alte creste nella figura d’interferenza) dove si incontrano in fase e profonde valli (annullandosi reciprocamente) dove si incontrano in opposizione di fase.
Una sola fenditura
Thomas Young nel 1801 eseguì un esperimento, che ora porta il suo nome, che condusse all’affermazione della teoria ondulatoria su quella corpuscolare. Si tratta di osservare cosa accade al passaggio di un fascio di luce attraverso una o due fenditure. Nel caso di una fenditura (nelle due figure la destra o la sinistra) sulla lastra fotografica posta oltre la parete si ottiene la proiezione della luce che attraversa la fenditura. La luce, in questi due casi speculari, risponde perfettamente alla teoria corpuscolare.
Due fenditure
Quando invece vengono aperte entrambe le fenditure quella che si genera è una figura di interferenza, ovvero in questo caso la luce si comporta come un'onda meccanica: sulla lastra fotografica risulteranno in alcuni punti picchi, in altri ventri, e in altri il buio completo.
La lunghezza d’onda delle frange d’interferenza dipende dalla lunghezza d’onda della luce: le frange d’interferenza sono larghe tanto è maggiore la lunghezza d’onda.
Impiegando luce non monocromatica, esempio la luce bianca di una lampadina, le figure d’interferenza risultano colorate: le frange delle diverse radiazioni si sovrappongono.
Interpretazione dell’esperimento
Questo esperimento mostra come la luce possa comportarsi allo stesso tempo sia come un'onda che come una particella: le frange di interferenza rilevate dalla lastra fotografica non sono spiegabili per mezzo dell’interpretazione corpuscolare, ma la luce arriva sulla lastra fotografica sotto forma di corpuscoli. Questa dualità non è spiegabile mediante la fisica classica: viene descritta dalla meccanica quantistica e in particolare dall'elettrodinamica quantistica.
Ventri
Nei punti equidistanti dalle due sorgenti (intendendo le due fenditure come sorgenti di luce separate) i moti ondosi giungeranno sempre in concordanza di fase in quanto compiono cammini uguali, pertanto la vibrazione risultante è la somma delle loro vibrazioni. Per questo si dice che i punti equidistanti dalle due sorgenti costituiscono ventri di vibrazione.
Lo stesso accade per tutti i punti nei quali le differenze delle distanze dalle due sorgenti è multiplo intero di lunghezze d’onda. In questi punti accade che le vibrazioni dei due moti ondosi giungeranno sempre in concordanza di fase e si sommeranno, originando un ventre di vibrazione.
Nodi
Invece, nei punti per i quali le distanze dalle due sorgenti differiscono di un multiplo dispari di mezza lunghezza d’onda, le onde originate con la stessa fase dalle due sorgenti giungono in questi punti sfasate di mezza lunghezza d’onda, ovvero in opposizione di fase. Dunque, in questi punti le vibrazioni sono sempre opposte e pertanto si ostacolano a vicenda: l’ampiezza della vibrazione risultante sarà data dalla differenza delle ampiezze delle due vibrazioni componenti, ed i punti in questione costituiscono nodi di vibrazione.
Diffrazione
Quando un’onda elettromagnetica incontra uno schermo (sul quale è stata praticata una fenditura) situato su un piano ortogonale alla sua direzione di propagazione, l’onda sarà assorbita o riflessa dallo schermo, tranne che nello spazio lasciato aperto dalla fenditura. Ora, se ricordiamo che ogni punto del fronte d’onda è in realtà una sorgente di onde sferiche, e dato che il fronte d’onda è costituito da infiniti punti, il risultato saranno infinite sorgenti di onde sferiche. In corrispondenza dei bordi della fenditura il fronte d’onda si deforma, curvandosi, perché le sorgenti di onde sferiche non interferiscono con le altre sorgenti e non possono trasferire le loro onde sferiche intatte oltre lo schermo: il fronte d’onda quindi mentre si curva illumina anche la regione di spazio che sarebbe stata naturalmente in ombra. Questo è il cuore della diffrazione, cioè la capacità di un’onda di aggirare un ostacolo. Affinché l’effetto possa risultare evidente occorre che le dimensioni della fenditura siano confrontabili con la lunghezza d’onda dell’onda incidente: cioè minori o uguali. Nel caso della luce che entra in una stanza buia attraverso una finestra socchiusa i bordi della finestra hanno contorni netti: non si manifesta diffrazione perché l’apertura della finestra (la fenditura) è molto più grande della lunghezza d’onda della luce.
Principio di Huygens. Ciascun punto di un fronte d’onda può essere considerato come sorgente di onde sferiche elementari: si comporta come una sorgente puntiforme secondaria di fronti d’onda sferici. Il nuovo fronte d’onda è dato, istante per istante, dall’inviluppo di tutti i fronti d’onda sferici delle sorgenti secondarie.
Polarizzazione
Il concetto di polarizzazione, associato in natura a tutte le onde trasversali (quelle che oscillano in direzione non coincidente con quella di propagazione) quindi non si verifica nelle onde acustiche, che sono onde di pressione. L'onda elettromagnetica è costituita da un campo elettrico ed uno magnetico accoppiati (in figura le onde di due colori su diversi assi) descritti in ogni punto dello spazio e in ogni istante da un vettore, che ne indica intensità, direzione e verso. Il piano sul quale giace il vettore è chiamato "piano di polarizzazione", e la direzione del vettore è chiamata "polarizzazione". Ora, se, stando fermi in un punto, si osserva che il piano di polarizzazione dell'onda rimane costante nel tempo, quindi che il campo elettrico vari di intensità secondo una linea sinusoidalmente, mantenendo sempre la stessa direzione, la polarizzazione dell'onda è detta piana. Se invece il piano ruota si assiste a una polarizzazione circolare.