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Sipari di cartapesta

Di: Massimiliano Badiali

 

Massimiliano Badiali Dottore in Lingue e Teologia Nato ad Arezzo il 24/08/72 è un poeta, si può dire affermato, ha vinto alcuni premi importanti, è amico di Peter Russell, Mario Luzzi e Jean Rouaud. Tre poeti di cui ci siamo occupati, anzi n’approfitto per ricordarvi che si cercano sostenitori di Russel per una petizione al capo del governo, affinché provveda per un sussidio perché possa comprare almeno le medicine necessarie per continuare a vivere (scrivetemi che vi spiego dove inviare il sostegno alla petizione). Perdonate la dissertazione.
Stavo dicendo che incontreremo un poeta che si è interessato e s’interessa anche di teatro. Afferma Marilla Battilana (La Nuova Tribuna Letteraria, Padova , n° 1 trimestre 1998 pag.42) «che la sua poesia  rivela un’inventiva pudicamente nascosta nei dettagli» noi, siamo d’accordo con il terzo dei suoi estimatori, di cui non si riesce bene a capire chi è, quando afferma che la poesia del Badiale è «difficile tanto nella comprensione, quanto nella lettura. Troppo spesso le parole prevaricano i significati, o si assiste ad un totale disinteresse verso le regole della punteggiatura e della sintassi»
«Sipari di cartapesta», la poesia che la sorte ha voluto parlassimo, è un perpetuo avvicendarsi di un vertiginoso volo della fantasia. Gli anelli che balzano dal cuore, come lava ardente di un vulcano, contrastano fieramente e tragicamente coi mezzi di cui l’artista, ancora poco esperto del maneggio del verso, poeta d’istinto e non di scuola, dispone per riprodurre la visione poetica interiore che lo soggioga:
« Sulle vetrate della notte
Serpeggiano residui di
Confuse e graffiate memorie
Come frecce di sangue nel grano».
Chi può dire quante volte nella cruda lotta egli vedesse reciso il filo del pensiero, troncato il volo dell'immagine, tramortita la passione nel cuore, e maledicesse il verso, che egli cercava e non trovava, e che adorava pur sempre, come conforto d'ogni sua afflizione, mentr'era il suo carnefice spietato? Chi saprà i concetti sublimi sorti nella sua mente, le visioni superbe naufragate nel vano tentativo di dar loro un'acconcia espressione sia in metrica sia in rima? L'espressione poetica, indocile al pensiero, viene forse macerata dalla medesima fretta con cui l’autore vorrebbe realizzata l’idea:
«Lontano, più tardi
si spegneranno le luci
Nelle città palcoscenico,
Teatro dell’umano».
Da questo tormento eterno esce un verso tormentato, secco, aspro e duro:
« I sipari di cartapesta
Con finto fragore
Sulle nostre colpevoli parvenze»
Nell’augurarvi Buona lettura, vi abbraccio con tutto l’amore cui sono capace e vi fisso appuntamento a martedì, con un nuovo poeta, con una poesia significativa.
P.S. Ricordate come salutava Montesano alla fine di ogni puntata di Fantastico condotto da lui?
«Vogliatemi bene quanto ne voglio a voi e non lasciatemi solo»

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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