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Orizzonti

Di: Andrea Bertuccioli

Andrea Burtuccioli è nato a Rimini e vive a Gambicce Mare, si è laureato con 110  e lode presso l'Università di Urbino discutendo la tesi con il prof. Domenico Losurdo su: «Il bilancio critico della modernità nel pensiero di Heidegger».

In particolare ha ideato e coorganizzato,per conto dell'amministrazione comunale le seguenti rassegne: «Nuove Profezie: incanti e disincanti di fine millennio», «Del visibile e dell'invisibile: i volti sfuggenti della realtà», ecc…

Ha vinto nel 1993 la sezione saggistica del concorso per opere inedite indetto dalla casa editrice «Firenze Atheneum- Maremmi Editore», ottenendo la pubblicazione del volume «I sentieri e la radura: Heidegger, il nulla e il destino della metafisica occidentale».

Recentemente ha pubblicato una serie di articoli su temi filosofico-scientifici per il quotidiano della provincia di Rimini La Voce e per il quotidiano Corriere Romagna.

Suoi lavori sono stati pubblicati in numerosi siti Internet. Ha pubblicato poesie sulle pagine culturali di giornali e in antologie.

«Lame d'irrequietezza tagliano

l'aria densa dei nostri giorni,

nodi d'angoscia stringono le gole

Nell'abbandono infinito della storia.

Qui non s'odono più voci, né grida.

Lontani gli orizzonti della salvezza».

Gli effetti molto estetici dell'arte di verseggiare, congiunta che sia, come nel Bertuccioli, alla sapienza del distribuire e disporre nella parola sensazioni immagini che «scintillano dall’irrequietezza delle lame che tagliano l’aria dei nostri giorni»; sono idee secondo l'intuito logico sensuale della fantasia, che bisogna vederli nell'insieme. «Nell’abbandono infinito della storia» la comparazione è in un periodo solo, poetico e musicale, di due parti: maggiore la prima, crescendo di verso in verso nella raffigurazione che s'avvicina, con gli accenti, con la mista larghezza e cupezza nel suono delle vocali, così sùbito l’impeto delle consonanti stridenti, assorge al verso successivo, il quinto, la «ricerca della salvezza in lontani orizzonti»; poi l’idea decresce di grado in grado fino a raggiungere la stasi dell’impossibilità: dove non si odono nemmeno più le voci e le grida, perché ogni cosa è rimasta abbandonata dalla storia;e non serve l'allegro crepitare della musicalità dei versi, in quella scoppiettatura di verbi.

«Abbiamo chiuso porte e finestre,

murati nei bunker dell'anima,

abbiamo lasciato scorrere la vita,

senza ritmo e respiro, intorno

al suo vortice. Tutto si è fatto

oblio e trepida attesa nella fredda

luce di questo tempo esausto.

Siamo frammenti sparsi d'un racconto

perduto, siamo un sogno dimenticato?»

Come nell'arsa estate il tuono s'ode, dal bunker dov’è murata l’anima, il tuono lontano mormorando viene, e col profondo suono «abbiamo lasciato scorrere la vita» per rivederla sorgere di monte in monte; e la valle, e la foresta intorno impadronirsi della «luce di questo tempo esausto» del fragoroso alto rimbombo; finché poi scrosciano i «frammenti sparsi di un racconto», che gli uomini e i fiori e l'erbe ravvivano, riconfortati. Né meno mirabile, per efficacia tutta diversa, è la visione delle ombre astinenti e avare, quando un gran divoratore si accosta alle mense.

«Siamo frammenti sparsi d'un racconto

perduto, siamo un sogno dimenticato?»

Per riafferrare i frammenti sparsi s'accosta al desco per ritrovare il tempo perduto.

Sono impaurite secondo il suo gusto, le ombre dei frammenti perduti, che per l'aria lievi s’aggirano vegliando ancora ai ceduti pensieri,secondo la rappresentazione viva nei particolari fino all'assordante impressione del frammento sparso del racconto.

«Lasciateci almeno queste parole disperse

sulla terra, questi cocci di verità,

lasciateci essere così sul fondo delle cose

e non diteci, vi prego, cosa sia la vita».

Per effetto poetico immediato, la descrizione resta unica. È un vero presentimento del romanticismo: ha come un contrasto di chiaroscuri e colori.

Dove attinge tale presentimento il Bertuccioli? Non da letture, certo; ma dall'in-tuizione accesa del reale, dai ricordi delle immagini della prima infanzia; certo, la verità viva e pulsante di questa descrizione colpisce più che non tutte le poesie che oggi si leggono: diviene indimenticabile. Misteriose le parole disperse sulla terra si inanellano e come onde s’intrecciano con la poesia nella storia dello spirito umano. E’ il momento della paura. Motivi della paura all'udito; motivi della paura, alla vista; versi rispondenti ai versi, incerti i primi, mobili i secondi; di grande estensione e comprensione i termini, per la manifestazione degli effetti morali: versi di suoni incerti e interrotti, poi tardi e gravi, come mostri avversari del sole; perciò: «lasciateci essere così sul fondo delle cose

e non diteci, vi prego, cosa sia la vita»;

mentre dal terreno spuntano «le cose» come piantine smorte, dalle fiamme che bruciano il negare la volontà di non voler sapere: «cosa sia la vita».

«A noi basta un pozzo d'acqua

sorgiva nel deserto

una ghirlanda di forme,

l'incanto delle visione

il silenzio delle prime albe

a cui non sappiamo dar nome.

Ingrossa il mare

incalzano le onde

sfumano i presagi

in lontananza

e l'attesa resta

avvolta nel vento.

Fummo sogni lucidi

e canti sepolti nella polvere

Fummo esodi e ritorni

origini e colpe

siamo tracce

sul corpo del tempo».

Il fantastico e il pauroso afferrano, alla fine, nelle menti sbigottite, parvenze soprannaturali, in versi d'armonia prima ondulante poi acuta perché «fummo esodi e ritorni» proprio come le onde del mare in una notte di luna nuova quando diventano più furiose per il fenomeno naturale della manifestazione. E’ il rincorrersi sulla battigia dell’assetato cui basta un pozzo d’acqua sorgiva nel deserto, notturno, inevitabile. E’ la paura dell’ora in cui «sfumano i presagi» ancor più che fossero solo pallidi fantasmi, che camminano rasente il muro per non annullare «il silenzio dell’alba», che il lungo e acutissimo lamento, potrebbe risuonare come la tromba di Gerico.

«Nessun fuoco

brucia la radice

antica dell'albero

e il rumore non spegne

l'appello dell'anima

Passi e speranze

Sangue e illusioni.

Cammini. Passaggi. Vie di fuga.

Immagini che si sovrappongono

e tacciono».

Ritorna al naturale con la sensazione del buio e della lontananza. La fine della visione risponde al principio, semplice, indeterminata e concisa più che nelle idee nelle parole.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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