LO SPETTACOLO DELLE LUCI.

 

 

 

Proseguiamo con un approfondimento circa la presenza delle luci "psichedeliche" usate in quel periodo, attraverso due testimonianze, quelle di Patty Pravo e di Beppe Farnetti.
 

 

  Patty Pravo (cantante).

La cantante sembra aver assistito almeno ad uno dei quattro concerti dei Pink Floyd, e sembra ricordare un episodio legato alle luci proiettate durante il concerto dei Pink Floyd:

«C’è un aneddoto in particolare che ricorda di quegli anni? Una sera andai a trovare il tecnico del locale, Beppe Farnetti. Al Piper avevamo creato da poco le luci psichedeliche, un effetto che avevamo ottenuto inserendo nei proiettori delle diapositive, due vetrini con dentro del liquido oleoso colorato. Ricordo che vennero a suonare i Pink Floyd e ci dissero che avevamo rubato loro l’idea di quelle luci. Litigai di brutto con il bassista, ma poi è nata un’amicizia.»

Estratto dal sito di RAINews (15.02.2015):

[ http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Se-non-fossi-diventata-Patty-Pravo-Avrei-fatto-il-direttore-d-orchestra-0edfa60e-da08-4adc-b421-55a02b73f592.html ]

 

«Eravamo sotto Pasqua, se non sbaglio. L'anno, sempre il '68. In cartellone per due sere c'era questo gruppo arrivato da Londra, dove iniziava a farsi un nome, mentre da noi era noto solo a chi seguiva la musica più sperimentale. Di certo io non li conoscevo, e nemmeno Beppe Farnetti, il deejay del club. Insieme io e Beppe avevamo inventato un effetto psichedelico di luci da proiettare sui muri del locale durante concerti o serate di ballo, e lo stavamo provando. Non ricordo nel dettaglio come funzionasse, solo che c'erano dei vetrini con dentro un liquido oleoso e colorato che veniva inserito nei proiettori. Con il calore della luce il liquido si muoveva, producendo un caleidoscopio di colori, un viaggio lisergico che avrebbe fatto uscire di testa tutti quanti, ne eravamo certi. A un certo punto, verso metà pomeriggio, il gruppo londinese arriva per provare gli strumenti e allestire il palco. Si guardano un po' intorno, li vedo parlottare, poi uno di loro si avvicina tutto serio. 'Non potete usare quelle luci', dice in inglese, con un tono supponente. 'E perché?', rispondo io. 'Le abbiamo inventate prima noi, abbiamo l'esclusiva'. 'Ma che dici?'. 'Ci avete copiato'. Andai su tutte le furie. Come osava quel tizio dire che gli avevamo rubato l'idea? Io non l'avevo mai visto dal vivo, quel gruppo. I Pink Floyd. Poi lui capì che avevamo semplicemente avuto la stessa pensata, nessun furto di idee. Alla fine facemmo pace e finì tutto lì. Mi tese la mano e finalmente si presentò: 'Piacere, Roger Waters'. Tutto finì bene. Ci siamo frequentati un po' nei locali, ridendo del ricordo di quel primo incontro al Piper, e ho finito per comprargli l'impianto: a loro non serviva più, secondo me era una vera bomba e abbiamo fatto l'affare.»

Estratto di una intervista, "Patty Pravo e i Pink Floyd: storia di una lite leggendaria" (Redazione di Rockol, 21/02/2021)

[ https://www.rockol.it/news-720207/patty-pravo-e-pink-floyd-lite-storia-incontro-al-piper ]

(Patty Pravo).

Da notare che altre testate, anche online, hanno riportato la stessa notizia, ma sbagliando alcune cose, come il nome di Beppe Farnetti (diventato Carlo Faletti), tra cui:

- R3M. 05/10/2020

https://www.r3m.it/2020/10/05/quella-volta-che-i-pink-floyd-litigarono-con-patty-pravo/

- Onda Musicale. 17/03/2016

https://www.ondamusicale.it/oggi-in-primo-piano/3893-patty-pravo-vi-racconto-quando-litigai-con-i-pink-floyd/

- Viaggi News. 31/07/2019
https://www.viagginews.com/2019/07/31/patty-pravo-lite-pink-floyd/ .

 

 

 

L’episodio raccontato da Patty Pravo viene approfondito dallo stesso Beppe Fannetti, all’epoca dj e tecnico delle luci del locale romano. Così, attraverso i suoi ricordi, possiamo veramente scoprire cosa accadde in quei giorni, non solo per quanto riguarda le luci ed i vetrini colorati, ma anche altri interessanti particolari degli show.

 

  Beppe Farnetti (Dj e tecnico delle luci del Piper Club).

"«Quel giorno che arrivarono i Pink Floyd, montarono gli strumenti, fecero delle prove nel pomeriggio, quindi assistetti ad uno pseudo spettacolo privato. Una cosa particolare che accadde è che io avevo nella mia cabina una struttura formata da due "Karusel", dove all'epoca mettevamo delle diapositive; io avevo fatto già in quel periodo, mi era capitato che pulendo questi "Karusel" una volta scordai di mettere la lente che serviva per bloccare il calore della lampadina al quarzo, quindi avrebbe squagliato la diapositiva. Accadde questo, che mi dimenticai ed accendendo il "Karusel" vidi questo effetto fantastico, mentre
si bruciava la diapositiva. E pian pianino, praticamente con dei vetrini e con dei liquidi riuscii a realizzare dei liquidi in movimento, quindi colorati, verdi rossi gialli, in modo tale che proiettando queste cose c'erano tutti questi effetti luminosi eccezionali. Quando arrivo il gruppo dei Pink Floyd, i tecnici rimasero esterefatti da questo effetto, tanto che in quelle due occasioni io feci questi effetti, poichè i loro non erano così forti dalla cabina. Loro avevano un sistema diverso, loro scaldavano con una fiamma dei liquidi e pian piano di squagliavano. Invece con questi due "Karusel" riuscivo a fare questi effetti meravigliosi.»

© 2021 Corrado Rizza, da "Piper Generation" docufilm (Wax Productions), 2022

 

 

 

I Pink Floyd, già dal 1966, usavano dei proiettori Rank Aldis Tutor, curati e usati da Peter Wynne Willson, per creare quei loro effetti che resero famoso il “Light Show” nell’era Barrett, ma erano concepiti in maniera diversa. Così abbiamo approfondito ancora l’episodio del Piper Club, con l’aiuto dei ricordi dello stesso Beppe Farnetti.

 

  Beppe Farnetti, intervista 2022.

«Io usavo un proiettore di quegli anni, il Kodak Karusel Slide Projector. Io avevo due di questi, ci caricavo le diapositive. Cosa accadde? Perché sono riuscito a fare questi effetti? Questo oggetto, mi sembra modello 4200, che era molto potente, aveva all’interno, come tutti i proiettori, una lampadina al quarzo molto forte, che generava un calore spaventoso; per cui, esisteva una specie di vetrino, di lente, che faceva da protezione e, subito dopo, si mettevano le diapositive, caricate da un raccoglitore rotondo. Io avevo due di questi, aveva inventato questo gioco, che si chiamava “Op-Op-Light”, che erano diapositive che andavano a tempo di musica, il tempo di musica era preciso, tant’è che una volta vennero degli ingegneri per capire, ma io non feci mai vedere nulla di questa cosa e non riuscivano a capire come facessi; cambiava la musica e, quindi, cambiavano le battute, comunque l’oggetto andava sempre, perfetto. Mi spiego meglio: erano due proiettori posizionati sulla stessa focale (la proiezione coincideva nello stesso punto), uno sopra l’altro, queste due proiezioni, per esempio, una diapositiva aveva un uccello con le ali aperte, una seconda diapositiva aveva l’uccello con le ali chiuse, mandandole in successione in base al brano, muovendo le mani davanti e facevo un effetto di movimento, le diapositive erano messe secondo una numerazione, in sequenza nel caricatore ed io avevo un pulsante per cambiarle, per andare a tempo di musica io mettevo le mani davanti agli obiettivi e facevo questo movimento con le mani (simula il movimento delle mani, un “apri-chiudi” alternando le mani), a qualsiasi velocità, la cosa più banale e semplice che poteva esistere, muovere le mani a tempo davanti ad un fascio di luce.

Ma cosa accadde? Una volta, nel pulire il proiettore, tolsi tutte le varie cose e tolsi anche questa lente di protezione, che dimenticai di rimettere; nell’andare a rimettere le diapositive, a un certo punto accendo uno dei proiettori, come l’accendo mi si è bruciata tutta la diapositiva, e ha fatto tutto un effetto straordinario, vedi tante volte il caso, che bella ‘sta cosa che è uscita fuori. Però, pensai, non potevo usare tutte le diapositive; allora andai in Viale Regina Margherita, dove c’è l’Ospedale Umberto I, andai a comprare dei vetrini, che servivano per fare le prove del sangue, che guarda caso avevano la stessa dimensione delle diapositive. Ma pensavo, se questo qua si muoveva, ci potevo mettere dei colori, qualche cosa che colorasse l’effetto. Allora comperai dei colori da “stoffa” e feci una prova: presi un vetrino, ho messo questo liquido, alcune gocce, ne ho messo un altro sopra, …all’inizio non succedeva niente, ma dopo 3-4 secondi mi si spaccava il vetro. Allora pensai che non potevo rovinare tutte le diapositive per fare un effetto che durava un secondo. Ma ho deciso di fare altre prove, sempre con i vetrini, e mi si è sporcata di nuovo la macchina; l’ho pulita, ho lavato tutti i meccanismi. Alla fine, c’era rimasto un po’ di sapone, quello dei piatti (al Piper avevamo anche una piccola cucina giù sotto), dentro questi vetrini, non me n’ero accorto, ho rimesso dentro il vetrino e col sapone mi ha cominciato a fare tutte bolle. Così ho pensato, adesso provo con altri colori, quelli del vetro, mi è venuto in mente che esistono questi colori per il vetro, vedi i mosaici delle vetrate delle chiese, che sono trasparenti, ma danno colore. E così feci: misi in un vetrino un colore, per esempio il verde, col sapone, poi ne misi un altro sopra, il rosso, ho fatto uno spessore con i colori, due o tre colori, infilai il vetrino dentro e ci fu un effetto eccezionale, tutte bolle che si muovevano, verde, rosso, blu… che si mischiavano tra loro, bellissimo.»

-Che periodo era?-

«Il periodo? Il ’66, sarà stato nel 1966, mi ricordo che c’era la vespa, …dunque nel 1966 mettemmo sia lo schermo bianco al Piper, sia la vespa sul muro, a destra, ci sono delle fotografie dove non esiste la vespa e allora siamo nel 1965, poi ci sono altre fotografie dove c’è attaccata una vespa sul fondale, ed era il ’66.»  «E quindi sono nati questi effetti. E poi, quando vennero i Pink Floyd, io feci queste luci, loro hanno portato il loro impianto, hanno messo in saletta il loro impianto, ma era diverso, andavano con una fiamma. Un loro tecnico venne su in cabina da me, e mise un proiettore con dei vetrini e colori, che dopo lui scaldava con una fiamma, tipo la fiamma dello stagnaro, una cosa del genere. Allora io feci le mie luci nei quattro spettacoli, insieme al loro. Veramente ci fu anche uno spettacolo “privato”, quando provarono il locale, il soundcheck, le prove dopo aver montato tutta la strumentazione, impianti e tutto quanto, e oltre al loro impianto io gli ho fornito il mio: all’epoca il Piper Club aveva una quarantina di altoparlanti, ma sul palco usarono casse della LEM, dovevano essere della LEM -Semprini. Semprini, non credo fossero Davoli, all’epoca usavamo le Semprini, è tutto quello che ricordo però. Erano delle casse poste in alto, con una specie di piedistallo, su treppiedi.»

-Comunque, tu hai partecipato ai loro concerti, in un certo modo?-

«Certo, stavo lì, ero il tecnico delle luci, il tecnico dl locale, di tutto, aprivo io il locale, la saletta dove stavo era il mio regno; comunque, era diversa da quella di adesso, si accedeva attraverso un corridoio in alto, e non come adesso con la scaletta sul davanti (mostra una piccola foto che lo ritrae). Era una postazione con giradischi e registratore, pannello centrale e centralina delle luci e proiettori.Non ho registrato i Pink Floyd, io qualche volta registravo qualche cosa, ma non credo di aver registrato qualcosa dei Pink Floyd, io lavoravo pure alla RCA come recordista, e sapevo farlo. L’unico che poteva registrare ero io lassù, con il registratore a 4 piste, che tra l’altro era pure collegato all’impianto, dava una qualità superiore alle registrazioni normali; però non ho fatto nulla di queste cose per i Floyd.»

Attraverso i ricordi di Beppe Farnetti, abbiamo anche la conferma che il famoso “video-clip” di “It Would Be So Nice” venne girato a maggio nei locali del Piper Club.

-I Pink Floyd ritornarono per il festival, quello di Palasport a maggio, e sappiamo che ritornarono a maggio al Piper Club per girare un video-clip di 2 minuti al Piper per la BBC. Noi ipotizziamo che fossero stati lì la mattina del 6 maggio, mentre la sera suonarono al Palasport, le sedie del Piper erano ammucchiate. Ti ricordi qualcosa?-

«Sì, lo fecero, mi ricordo. …Fammi ricordare, credo sia la mattina, certo …lo hanno fatto ‘sto video, mi ricordo, in playback, non avevano nemmeno i loro strumenti, le apparecchiature erano di…. Qualche gruppo che avrebbe suonato lì la sera stessa. Io dovevo stare lì per forza, perché dovevo accendere tutte le luci del locale, …mi chiamavano “Piper”, hanno fatto queste riprese, ora che mi ricordo, non erano due minuti, credo siamo stati lì sino a mezzogiorno, anche perché alle quattro doveva aprire il Piper, e quindi venivano i camerieri alle due e cominciavano a mettere a posto i tavoli, le sedie, il bancone del bar. Non mi ricordo se fecero una sola canzone o due, adesso non mi ricordo, perché quando stai lì, apri tutto e basta, “manco me fregava”… mi dovevo svegliare pure presto per venire lì, perché io lavoravo pure alla RCA, quando c’era qualche cosa il pomeriggio, io andavo a letto alle tre di notte e mi risvegliavo a mezzogiorno per ritornare giù alle due al locale. Per cui, quel giorno, m’avevano fatto dormire di meno, per andare lì di mattina, e aprirgli il Piper. Ma certo, altro non mi ricordo.»

© 2022 Stefano Tarquini, intervista, Campagnano, 18 agosto 2022.

 

 

 

 

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