PESCASUB
"CARA" PASSIONE
Settembre
1985, Ventotene - punta dell'Arco, io e Maurizio, amico e
compagno pescasub.
La
giornata è di quelle uniche, mare calmissimo, acqua limpidissima e
calda, assenza assoluta di termoclino, ma soprattutto oggi mi sembra di
avere le branchie
(ho
imparato ad aver paura di questa sensazione) ed i pesci ci sono.
Ad
ogni tuffo si vedono cernie in candela, alcune
riusciamo anche a spararle, anche
Maurizio è in perfetta forma e alternandoci peschiamo su un costone a
circa 150 metri dalla punta.
Quando
è il turno di Maurizio lo seguo nella discesa fino a scomparire nel
blu, la sua apnea è interminabile, i secondi sembrano eterni, poi la
fucilata secca del supersten da lui caricatissimo ed eccolo ricomparire
calmissimo tirandosi dietro il fucile con attaccato un bel dentice. Gran
sospiro di sollievo da parte mia.
Continuiamo
così per diverse discese, alternandoci e scambiandoci varie
informazioni sui pinnuti, poi mi accorgo che poco più avanti a ponente
del costone dopo
un
canalone piuttosto largo composto da grosse pietre simili a funghi,
sparsi tra della ghiaia con rada posidonia, si intravede una risalita
rocciosa.
Ne
parlo a Maurizio, lui mi risponde che intende controllare un grosso
spacco, dove ha intravisto
mentre risaliva poco fa infilarcisi una grossa cernia.
D'accordo con lui decido di andare avanti,
mi avrebbe raggiunto da li a poco.
Ci
separiamo momentaneamente, mi allargo di circa 50/60 metri e con calma
inizio la ventilazione.
Questi
sono i momenti che più di ogni altri mi rendono felice,
non sapere quale fondale meraviglioso mi aspetta,
quali emozioni proverò, consapevole di un tuffo impegnativo.
Cerco
l'assoluta rilassatezza e contemporaneamente la lucidità di quello che
farò, inizio la discesa e mi accorgo dopo una decina di metri che la
risalita rocciosa
altro
non è che un grosso panettone che dal fondo di circa 28/30 metri risale di
qualche metro creando un vasto pianoro di roccia mista a grotto per
circa 50 metri seguito
dalla successiva caduta.
Planando
scelgo due piccole creste vicine e parallele, sufficientemente
distanziate da permettermi di infilarmi tra di loro quasi a formarne un
tutt'uno.
Pochi
secondi e sull'orlo del pianoro a non più di 10/15 metri da me si
materializza di tutto, decine di dentici enormi, 5/6 dotti credo sopra i
10 kg, saragoni a palla
e
alcune corvine che più grosse non esistono.
Mi
sento bene, sono rilassato e la situazione è unica, resto in attesa
sicuro che avrò l'occasione buona, sperando che un dentice o un dotto
vengano a curiosare.
Stranamente
ciò non accade; quell'abbondanza di pesci sembra non far caso a me,
come se non esistessi continua nei loro caroselli.
Passano
ancora dei secondi e decido di tornare su.
In
superficie cerco Maurizio per informarlo, ma non lo vedo, decido allora
di riprovarci ancora prima di richiamare la sua attenzione.
Nascosto
tra le due creste rocciose con la stessa scena di prima negli occhi e
nel cuore decido di attendere qualche secondo per controllare il
comportamento dei dentici, ma inutilmente, come se non ci fossi, ad un
tratto tutti i pesci sembrano sprofondare aldilà dell'orlo occultandosi
alla mia vista, mi guardo
in torno nulla.
Oggi
sono veramente in forma pienamente a mio agio,
lentamente inizio ad avvicinarmi alla caduta curioso di ciò che
potrò trovare la sotto.
Ci
sono, ancora più lentamente mi affaccio: alcuni grossi saraghi mi
puntano, due dentici sfilano sulla destra fuori tiro, ma la mia
attenzione si rivolge in particolare ad un dotto magnifico che
lentamente con quell'aria di chi la sa lunga a volte si avvicina altre
sembra annusare con presunzione la mia presenza.
Manca
poco, ancora un metro e sei mio, attesa inutile ha deciso di
fermarsi lì a fissarmi.
Decido
visto la sua calma presunzione di sfidarlo con una lentissima planata
che mi permetta di arrivargli a tiro, ci sono ma lui mi anticipa forse
captando l'intenzione
e
lentamente vira verso destra offrendomi il fianco.
Continuo
in planata accelerando per la caduta, ora o mai più,
lo anticipo mirando il muso e riesco a colpirlo esattamente a
centro corpo, la reazione è violentissima e decisa, punta verso il
fondo, ma il tiro è stato lunghissimo e alla prima tensione si libera
non avendo l'asta passato l'animale. Lo
seguo con lo sguardo mentre in
fondo alla scarpata scompare tra dei lastroni,
solo ora mi rendo conto dell'accaduto,
svegliandomi come da un trans la mia attenzione si rivolge tutta sulla risalita, non c'è più la magica visione a
inebriarmi, a distrarmi, ma quella montagna d'acqua da scalare.
Con
falcate decise mi concentro cercando di non pensare negativo, di
rilassarmi, guardo in su e la superficie sembra irraggiungibile la mia
autonomia è all'improvviso, senza alcun preavviso a zero, tutta la
tranquillità la sensazione di benessere che avevo prima non c'è più,
ora provo solo disagio.
Assumo
la posizione più idrodinamica cercando di disperdere meno energie
possibile, le falcate si riducono di ampiezza, ma mi rendo conto che
sono ancora troppo distante dalla superficie, sgancio i tre chili in
cintura.
L'unica consapevolezza è che sono positivo e di più lo diventerò con
il passare dei metri, ma ormai sono sicuro che non arriverò cosciente
in superficie.
Ci
sono, ci sono, ecco manca poco e sono
ancora presente, le contrazioni
si susseguono a ritmo frenetico, succhio l'ultime gocce d'aria nella
maschera alzo la testa guardo la superficie e mi lascio andare.
Lo
slancio mi solleva fino alla vita sono finalmente fuori, ma non riesco a
respirare l'aria sembra non entrare nei polmoni, mi strappo la maschera
e cappuccio dal viso , sto tremando e non ci vedo, devo rimanere
assolutamente a galla, con piccoli sorsi cerco di respirare, sento
l'aria sul viso,
la "samba" è interminabile,
contraggo i pugni, voglio vivereeeeeeeeeeeee!!!!!!!.
Ecco
i fremiti del corpo sembrano
passare e il ritmo della respirazione si sta regolarizzando, mi
distendo, l'acqua fresca mi circonda la testa il collo,
vedo il cielo:
sono
vivo.
Sento
Maurizio chiamarmi, non rispondo, alzo il braccio per farmi individuare
ed è subito lì con me intuendo l'accaduto.
Mi
sto riprendendo velocemente, per maggior sicurezza gli chiedo di
avvicinare il gommone per farmi recuperare e solo ora mi accorgo di aver
perduto tutto anche il fucile (poi ritrovato da Maurizio in fondo al
panettone).
Disteso
sul gommone mi rendo conto che se il dotto non si fosse liberato
sicuramente avrei perso qualche secondo in più, determinante per la mia vita.
Bè
ragazzi, oggi ogni volta che mi trovo su fondali impegnativi il ricordo
dell'accaduto è impresso dentro di me, certo non mi impedisce di
continuare nella mia passione, ma mi ha reso certamente più consapevole
che non ci sono preavvisi, anzi proprio quando ci sentiamo meglio
dobbiamo essere più prudenti, il
mare va rispettato, non sfidato,
meglio saper rinunciare al momento, piuttosto che continuare nell'azione
anche se per pochi secondi ancora, anche se oggi siamo in perfetta forma
e ci sembra di avere le branchie, proprio per questo prendiamoci dei
vantaggi, il mare sarà comunque
lì ad aspettarci, i nostri pesci ci daranno certamente nuove occasioni,
e sicuramente avremmo per
sempre le immagini delle nostre avventure scolpite nei ricordi.
Riccardo Tamagnini
P.S.
In TV un cronista intervistando un anziano scalatore ultraottantenne gli rivolse questa domanda:
lei
che ha scalato tutte le pareti del mondo, tutti gli 8000, e conosciuto
tutti i più grandi scalatori,
chi
è o è stato il più grande?
L'anziano,
prima riflettendo poi senza indugio, il più VECCHIO!!
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