Paolo Coluccia
Testo di base per il
Seminario
“Reciprocità, capitale
sociale e nuovi tempi sociali”
Università “La Sapienza”, Facoltà di Sociologia,
ROMA, 11 marzo 2004
Le società hanno progredito nella misura
in cui esse stesse, i loro sottogruppi e, infine,
i loro individui, hanno saputo rendere stabili i loro
rapporti, donare, ricevere e, infine,
ricambiare!
(Marcel Mauss)
“Come” creare una Banca del tempo?
«Metti insieme dieci-quindici persone, consegna loro
un foglio di carta ed una penna e chiedi loro di scriverci sopra, oltre ai
propri dati anagrafici, ciò che sanno fare o ciò che vogliono dare ad altre
persone del gruppo e ciò che eventualmente vorrebbero ricevere da qualcuno.
Aggrega le offerte e le richieste su un foglio più grande, fai diverse copie e
consegnane uno a testa. Ora l’informazione è comune: tutti dispongono
dei nomi, dei numeri di telefono, delle attività, delle disponibilità e
dei bisogni di ciascuno. Una Banca del tempo nasce proprio
così. Decolla quando si comincia effettivamente a chiedere e ad offrire». (Dalla
prima pagina del libro: Paolo Coluccia, La
Banca del tempo. Un’azione di reciprocità e di solidarietà, Bollati Boringhieri, Torino 2001, Introduzione di
Serge Latouche).
“Quando” creare una Banca del tempo?
Abbiamo scelto di vivere con
gli altri almeno 10-15.000 anni fa, nell’era neolitica, ci siamo trasformati da cacciatori e
raccoglitori vaganti sulla terra a coltivatori ed allevatori più sedentari. Da
allora ci confrontiamo con un grande problema: come
vivere insieme? Oggi questo interrogativo è più
pressante che mai, a livello locale e a livello globale, come individui, ma
anche come nazioni. «L’individualismo esasperato e la difficoltà di relazione ripropongono i dilemmi dell’azione collettiva: dobbiamo
perseverare nella diffidenza reciproca, batterci oppure venire a patti?
Comprendendo i bisogni dell’altro e soddisfacendo le proprie necessità con ciò
che gli altri ci offrono, possiamo superare molti limiti sociali, economici e
culturali, per inaugurare una società (locale e globale)
fondata sul dono libero e sulla reciprocità generalizzata, ovvero sulla cultura
della reciprocità». (Dal libro: Paolo Coluccia, La cultura della reciprocità. I sistemi di scambio locale non monetari,
Arianna Editrice, Casalecchio-BO 2002).
“Perché” creare una Banca del tempo?
La società attuale, spesso definita come società
dell’informazione e della conoscenza, «offre grandi opportunità, ma presenta
anche molteplici difficoltà, tra queste il divario tra chi sa e chi non sa;
ponendo così il problema dell’esclusione. Una soluzione può essere l’incremento
della cultura della relazione e dello scambio sociale, economico e culturale,
per passare da una società dei subordinati
(l’età moderna) ad una società degli associati
(l’era emergente). La Banca del tempo si inserisce in
questo scenario aggiungendo alle forme d’azione nello spazio pubblico e nello spazio
privato una nuova forma d’azione, quella in uno spazio comune. Le Banche del tempo liberano una parte del tempo
della vita e soprattutto fanno capire che nella sostanza il tempo non è denaro, capovolgendo così la forzatura
dell’economicismo moderno. Un progetto locale, dunque, per finalizzare
la proposta soprattutto verso l’orizzontalità dei rapporti interindividuali ed
intersoggettivi». (Dal libro: Paolo Coluccia, Il tempo… non è denaro. Riflessioni sui sistemi di
scambio locale non monetario e sulle Banche del tempo, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 2003).
Reciprocità,
simmetria e scambio sociale
La filosofia della Banca del tempo si basa sull’azione di
reciprocità generalizzata e sui principi della simmetria e dello scambio
sociale, per il raggiungimento della solidarietà.
Cos’è la reciprocità generalizzata o, più semplicemente,
indiretta? Si dà a qualcuno, per ricevere da qualcun altro. Si scambiano così,
senza l’intermediazione del denaro, beni, servizi e sapere. L’azione è
necessariamente locale. Lo strumento è un’associazione senza fini di lucro che
in Italia ha preso il nome di Banca del tempo. Il fine è la solidarietà tra i
soci e di questi verso la comunità d’appartenenza. Tutti hanno la possibilità
di dare e chiunque ha bisogno dell’altro per ricevere. Il comportamento
individuale è il dare, il ricevere e il ricambiare. E’ uno scambio tra
equivalenti, ma non di mercato, dove lo scambio segue la contrattazione diretta
(qualcuno cede la merce in cambio del denaro di qualcun altro). In un sistema
di reciprocità si dà a qualcuno per ricevere da qualcun altro in tempi e modi differenti.
Al posto del contratto c’è il patto. Non
è nemmeno assimilabile al baratto, come confusamente molti sottintendono,
perché anche il baratto si svolge frontalmente tra gli equivalenti: si dà un
oggetto in cambio di un altro d’uguale valore, d’uso o convenzionale non
importa, sempre a seguito di contrattazione. “Il principio del baratto dipende
per la sua efficacia dal modello di mercato” (Polanyi, 1974).
La simmetria è un principio fondamentale in questi rapporti
interindividuali.
Si manifesta:
a) nella produzione e nell’uso dell’informazione (tutti
contribuiscono a creare il circuito informativo di ciò che si dà e di ciò che
si riceve – bollettino offerte-richieste);
b) nella parità sostanziale degli individui in rapporto alla
prestazione offerta nel sistema (un’ora dell’imbianchino vale quanto un’ora
dell’esperto informatico);
c) nel pareggio a saldo di tutti i conti individuali, in
dare o in avere, considerato che tutti partono con un
conto zero (quando qualcuno riceve si “indebita” mentre chi ha dato si
“accredita” di ore di tempo o di unità locali di conto) (cfr. Coluccia, 2002).
Lo scambio sociale consiste della relazione di ego verso alter; finalizzata alla solidarietà del noi, al legame sociale (condivisione),
alla comunic-azione (azione-comune). La dimensione umana
della reciprocità instaura un nuovo settore sociale: quello della spontaneità e
del dono (cfr. Coluccia, 2001, 2002, 2003).
Non si vuole soppiantare lo stato o il mercato, - questo è
importante, anche se non è tutto (Rifkin, 2000) e regola gli scambi della
maggior parte degli individui (Godbout, 1993) - ma si cerca di immettere nel
sistema sociale un’innovazione basata sui fondamenti antropologici e culturali
del dono. “Le società hanno progredito nella misura in cui esse stesse, i loro
sottogruppi e, infine, i loro individui, hanno saputo rendere stabili i loro
rapporti, donare, ricevere e, infine, ricambiare!” (Mauss, 1965). Infatti, “l’etica dello scambio sociale permette di
concepire una rifondazione della democrazia” (Latouche, 2000).
Questi sistemi di scambio locale si diffondono nel mondo
con motivazioni e modelli differenti, anche se è unanimemente riconosciuto che
il sistema iniziale e trainante è stato il sistema LETS di M. Linton, elaborato
in Canada sulle ceneri di un’esperienza analoga fallita per ingenuità e per
inesperienza dei promotori.
Dal 1975 si organizzarono in Canada i LETSystem (Local
Echange Trading System), che utilizzarono monete locali riferite alla valuta
nazionale, al dollaro o al tempo inteso come ora di lavoro. Dal 1985 i LETS,
dopo qualche clamoroso fallimento e qualche affinamento tecnico-contabile e con
l’apertura della gestione e dell’organizzazione agli aderenti, si sono diffusi rapidamente
in Europa (Inghilterra, Germania, Francia, Belgio, Scozia, Italia ecc.) e nel
mondo (Argentina, Messico, Venezuela, Brasile, Australia, Senegal ecc.). La
parola lets, oltre che il significato dell’acronimo, può significare
provocatoriamente anche ‘Lasciatecelo fare!’. In Inghilterra si cercò di
arginare le difficoltà causate dalle politiche tatcheriane.
In Francia oltre ai SEL (Sistème
d'Echange Local), orientati in senso ecologico ed anti utilitarista, si sono
organizzati RERS (Réseau d'Echange Réciproque de Savoir - Rete di scambio
reciproco di sapere) e Troc-Temp (Baratto di tempo). Interessante la Route des
SEL, organizzazione nazionale di ospitalità per
viaggiatori aderenti ai SEL che permette il pernotto gratuito presso le
famiglie che vi aderiscono.
In Germania esistono
diverse configurazioni di sistemi di scambio: i Tauschringe (Cerchi di
scambio), i Talents (sistema Talenti), le Zeitbörse (Borse del tempo).
Singolare il motto dei Tauschringe: ‘Vai, anche senza
marchi!’.
In Belgio è testimoniata la presenza e la sperimentazione
di SEL e di LETS: questo ultimo acronimo, a differenza
di quello inglese riferito allo scambio commerciale ed economico, significa
soprattutto Locale Scambio di Talenti e di Servizi, dove per talenti
s’intendono le capacità personali creative dell’individuo.
In Olanda è attivo un gruppo che divulga e sostiene i
sistemi di scambio locale: Aktie-Strohalm. Questa associazione ha organizzato a
Strasburgo nel 1998 un Seminario Internazionale Lets con il fine di sviluppare
questi sistemi non monetari nelle nazioni dell’Est dell’Europa. Oggi la
divulgazione si è fatta ancora più ampia e punta decisamente
su alternative economiche.
Nel 1991 ad Ithaca (New York) parte un sistema orientato a
controllare gli effetti negativi dell’economia di mercato. Si stampano le Ore di Ithaca, monete locali multicolorate dipinte su carta
filogranata o su canapa tessuta a mano con inchiostro termico, alle quali si è
dato un corso legale parallelo. Alcuni bar, ristoranti e cinema accettano le Ithaca-Hours.
Questo contante rispetta l’ambiente, non è speculativo e crea lavoro e consumo
responsabile.
In Argentina, sempre agli inizi degli anni 90, si formano i
Clubs de Trueque (Clubs di scambio) riuniti successivamente
in un progetto di comunicazione denominato Red de Trueque. Con queste
associazioni si tenta di rilanciare il dinamismo economico perduto dalle
comunità negli anni ’80. La Red cerca di mettere le popolazioni in condizione
di rispondere ai problemi di esclusione generati dalla
globalizzazione dei mercati. Il motto è: ‘Il futuro
non sta scritto!’. Interessante il forum organizzato sul sito
http://money.socioeco.org
dal 5 febbraio al 5 aprile 2001 sul tema della Moneta Sociale e in preparazione
del Seminario internazionale di Santiago (Cile) rivolto alla creazione di un
Polo di Socio-Economia Solidale in seno all’Alleanza per un Mondo Responsabile,
Plurale e Solidale. Seguì dopo qualche mese un altro incontro a Findorm, in
Scozia. Di recente ci sono stati grossi problemi nella gestione dei creditos (moneta sociale del Trueque),
che hanno invaso la società argentina e sud-americana, per abusi di emissione compiuti da organizzazioni malavitose.
L’Australia conta il sistema Lets più numeroso per numero
d’iscritti (si parla di 1800 aderenti) e di famiglie coinvolte nello scambio:
il Blue Mountain. Ma le notizie sono molto
superficiali, a parte un tour di conferenze in Europa di una sua animatrice,
Gil Jordan, verso la metà degli anni ‘90.
In Senegal sono nati i SEC (Sisthèmes d’Echange
Communautaire). Si prefiggono non tanto di generare legame sociale (l’Africa ne
ha da ‘vendere’) ma di dinamizzare gli scambi economici, la reciprocità e
l’auto-aiuto, mediante reti locali e gruppi di vicinato e di prossimità, con
una particolare attenzione alle persone svantaggiate.
Interessante la recente attività di
scambio on-line sulla rete Internet da parte di due organizzazioni: Notmoney in
Venezuela (si scambia di tutto: vacanze, viaggi, attività ecc. Stimolante il progetto Interser coordinato da Alberto Moron,
anche se ultimamente, dai momenti difficili del paese, non ho più notizie
dirette) e GRB (Global Resource Bank) negli USA (una Banca globale di risorse
che produce ricchezza in maniera conforme alle necessità della produzione e
dell’ecosistema: si può godere la prosperità globale, eliminare la povertà,
l’inquinamento e rendere l’ambiente naturale sano e generoso mediante gli
eco-crediti, la vera ricchezza della terra).
Ultimamente M. Linton ha spostato il
suo campo d’azione in Giappone dove sta stimolando, tra tanti problemi e
preoccupazioni, sistemi di scambio basati sulla moneta sociale. Ne sono sorti
di diverso genere, anche sulla spinta di un programma
televisivo.
In Italia il fenomeno delle Banche del tempo e dei sistemi
locali di scambio non monetario che generano altruismo reciproco generalizzato
è molto differenziato. Possiamo distinguere, in modo
molto approssimativo, tre modelli di Banca del tempo:
- la Bdt organizzata, finanziata e
gestita dal Comune, a seguito di deliberazione della giunta comunale, con un
funzionario pubblico che fa l’animatore, il coordinatore e il segretario
dell’esperienza. Questo modello, sviluppatosi in molte città
italiane del centro-nord, vede nella Bdt un servizio pubblico da fornire al
cittadino, qualificato come utente o cliente, che per le sue necessità si
rivolge ad uno sportello, stacca degli assegni per le prestazioni, si accredita
o si indebita per le prestazioni date o ricevute,
riceve il suo bravo estratto conto periodico…, proprio come avviene
nell’immaginario economico e monetario del sistema bancario, solo che al posto
delle monete in queste organizzazioni si deposita e si conteggia il tempo.
- la
Bdt che nasce all'interno di un’associazione, di una cooperativa o di
un’organizzazione sindacale (Arci, Misericordie, Mag, Auser ecc.). Questi gruppi già costituiti e funzionanti fanno
muovere (a mo’ di balie) i primi passi alla neonata iniziativa sociale In positivo, si
lascia alla fine che la Bdt proceda con le proprie gambe e che si apra alla
comunità; in negativo, può avvenire che il rapporto ideologico di fondo crei
dipendenza, perduri all'infinito e che il sistema rimanga chiuso ed
individualizzato all’ambiente sociale.
- la Bdt come
sistema autonomo, autofinanziato e autogestito che nasce su iniziativa di alcuni individui ampiamente motivati, spesso carburati
ideologicamente (in senso politico, ambientalista, solidaristico ecc.), che si
riuniscono ed elaborano un progetto di azione comune, che si autofinanziano e
che si autonormano con uno statuto ed un regolamento e con degli strumenti
semplici di informazione e di contabilità, per favorire e per registrare gli
scambi di reciprocità generalizzata Non nascondo una certa simpatia per questo
modello, pur con qualche riserva. Infatti, il
substrato ideologico, se per un verso fa da collante, dall’altro può isolare il
gruppo dalla comunità. Inoltre, quando le controversie non si ricompongono
facilmente si rischia l’implosione del
sistema.
Il
modello di Banca del tempo che divulgo e promuovo è comunque
quello autonomo e autogestito, non inficiato da significazioni ideologiche o
settarie.
E’ stata emanata qualche anno fa una Legge dello
Stato (Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità
e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il
coordinamento dei tempi delle città”) che tenta di stimolare la nascita di
Banche del tempo. Come tutte le leggi in materia di
legislazione sociale, tale norma disciplina (o almeno cerca di disciplinare) e
istituzionalizza, lo spazio d’azione pubblico, che è cosa ben diversa dallo
spazio comune.
In seno all’associazione sindacale CGIL è
sorto verso la metà degli anni ‘90 un osservatorio (Tempomat) delle Banche del
tempo, che ha censito, registrato e stimolato la nascita di queste
associazioni. Verso la fine dell’anno 2002 Tempomat è ‘passato di mano’, cioè, avendo la principale sostenitrice, per intervenuti
ulteriori impegni, deciso di lasciare questo impegno, l’attività
dell’osservatorio è stata divisa in tre
parti (sito internet, software di gestione Bdt, formazione). Il tutto è passato
alla gestione di alcune persone che nel proprio
territorio avevano implementato una Banca del tempo o qualcosa di simile.
La regione Emilia-Romagna ha svolto un ruolo
propositivo e divulgativo, soprattutto nell’ambito delle politiche sociali,
curando di recente innanzitutto la bibliografia e le pubblicazioni inerenti questi
sistemi di scambio e sostenendo un progetto di Banca del tempo-on-line
su internet. Ma anche altri Enti locali, ai vari
livelli, hanno cercato di sostenere con mezzi finanziari e divulgativi queste
associazioni. Spesso, però, lo sforzo non è stato ripagato e parecchie
esperienze sono rimaste a livello di progetto, si sono arenate dopo i primi
tempi o sono diventate delle scatole vuote. Non sono mancate, comunque, Bdt attive ed interessanti, almeno nei periodi di
punta del fenomeno (anni 1997-2000).
L’organizzazione no profit Lunaria di Roma ha fatto una
notevole attività di divulgazione di questi sistemi locali di
scambio non monetario. Con il patrocinio della Commissione Europea ha
organizzato il 7 giugno 2001 il primo meeting dell’European Network of Non-Monetary
Echange Systems (ENNES), al fine di formalizzare una rete cui aderiscono le più significative esperienze di scambio
europee. La rete persegue la promozione dei sistemi
non monetari, considerati strumenti di inclusione sociale, mediante la divulgazione
di informazioni sulle esperienze attive e significative. I sistemi di scambio
non monetario ricreano le reti della comunità riequilibrando il tempo di lavoro
con il tempo della vita e facendo emergere le risorse locali, sviluppando le
opportunità per uomini e donne e favorendo le buone relazioni. Purtroppo, anche
in questo caso, dopo una prima riunione a Bruxelles, l’azione non è continuata
e non è stata approfondita.
Il mondo della ricerca universitaria
non è stato a guardare. Numerose le tesi di laurea, nelle più disparate facoltà
e discipline (Sociologia, Antropologia, Giurisprudenza, Servizi sociali,
Scienze della formazione, Economia ecc.), e i dottorati di ricerca, in
università prestigiose, come la Sapienza, la Bicocca
ecc.
Futile, fuorviante
e soprattutto deludente l’intervento di giornalisti, soprattutto della carta
patinata, che hanno ricalcato nelle loro pagine, in un certo determinato
periodo (1997-1998), una lunga serie di luoghi comuni, senza riuscire a
cogliere gli aspetti significanti e qualificanti di questi sodalizi.
Inutile dire che è mancato l’approfondimento, a parte qualche rara eccezione,
come la rubrica Diario dell’Unità (1996) o qualche trasmissione televisiva
(Speciale TG1, 1997) o radiofonica (Gr2-cultura e I misteri della notte-Gr2,
2001, 2002) della RAI.
5. La mia esperienza diretta, sul filo del pensare,
immaginare, osare, investigare, discutere e scrivere (M. Castells)
A Martano (LE), il comune dove abito, l’esperienza di Banca
del tempo autogestita nell’associazione ASSEM (Associazione per lo Sviluppo
Sociale ed Economico di Martano), a cui ho partecipato
e che ho animato, parte verso la fine del 1996. All’inizio il sistema è molto
simile ad un LETS, infatti viene denominato Sistema di
Scambio Locale (SSL), ed è finalizzato alla fondazione di relazioni d’aiuto
sociali ed economiche (reciproche ed indirette) tra gli aderenti, mediante un
sistema non-monetario. Il richiamo economicistico in alcuni aderenti è
predominante. Si utilizza una unità locale fittizia
per conteggiare gli scambi: il mistòs,
rapportato alla lira, (un mistòs =
una lira) (dal grìco – antica lingua
locale – che significa ‘soldo’: ‘Vali quanto un soldo!’ nel linguaggio popolare
martanese significa ‘non conti nulla!’). Dopo qualche mese, nella primavera-estate
del 1997, il sistema di scambio non monetario si evolve. L’idea di fondo diventa il ‘dono’, quello ‘libero’, riconducibile
al triplice comportamento del dare, del ricevere e del ricambiare, così
felicemente descritto da Marcel Mauss. Con la trasformazione del SSL in SRI si passò ad un rapporto con il ‘tempo’ (base
oggettiva: un’ora = 10 mistòs) e al
grado di ‘riconoscenza e di libertà’ del gesto del donante percepito dal
ricevente (su base soggettiva). Ne è venuto fuori un
modo di ‘quantificare’ completamente estraneo alla logica economica, sia essa
onerosa (di mercato) che temporale (delle BdT in generale). Anche la
registrazione della prestazione non avveniva con assegni-tempo, ma con ‘attestazioni di dono’ che il ricevente rilasciava alla
fine della prestazione. Non erano depositate ore come in molte BdT e i soci non
erano ‘clienti’ del sistema ma ‘fruitori’ del ‘loro’
sistema. L’associazione garantiva che l’informazione fosse
trasparente, comune. Tutti i soci potevano conoscere in qualsiasi momento la
propria e la altrui situazione di conto. Anche l’ASSEM
era un ‘socio’ del sistema, che accorpava sul suo
conto le quote tessera in mistòs (50
mistòs per socio) che servivano per gestire il sistema in modo completamente
non-monetario, per la tenuta della contabilità, per la redazione del bollettino
cerca-trova, per il recapito della posta ai soci ecc. Nel
sistema è transitato di tutto: verdure spontanee, ortaggi ecologici, trasporto
di cose e persone, aiuto allo studio, piccole manutenzioni, consigli estetici,
lavori al computer, attività di cucito, artistiche, sportive, lavori di
giardinaggio, cibi, torte ecc. Ma è transitata soprattutto tanta socialità,
promozione sociale e comunicazione. C’è stato un notevole interesse per
l’esperienza da parte di mass-media locali e nazionali. Alcune tesi di laurea discusse in varie facoltà universitarie italiane hanno
trattato quest’esperienza associativa di scambio locale. I risultati
previsti dall’idea-progetto dell’ASSEM erano: 1) la presenza di un sistema di
scambio non monetario; 2) una rete tra associazioni; 3) una comunità
interagente ed associata, partecipativa, capace di programmare lo sviluppo
locale; 4) la presenza di gruppi tematici e
territoriali dinamici e propositivi; 5) la costituzione di un ‘fondo non-monetario’
di partecipazione allo sviluppo locale, alimentato con percentuali prelevate
sul volume annuale degli scambi da destinare alla comunità. I risultati
ottenuti sono stati il sistema non-monetario e la costituzione di alcuni gruppi di base tematici e territoriali, purtroppo
non tutti dinamici. Non sono nate reti tra associazioni ed è stato
complicatissimo spiegate il concetto di comunità interagente e associativa, cioè partecipativa. Ci sono state alcune riunioni con altri
gruppi, con associazioni e con l’Amministrazione comunale, per spiegare
l’idea-progetto e per attivare una rete, ma non si sono viste concrete
convergenze e tutto è rimasto nel vago e nel provvisorio, soprattutto la
costituzione del fondo di partecipazione allo sviluppo locale. Possiamo affermare che l’idea-progetto
dell’Assem ha sempre navigato in acque difficili e a volte anche
controcorrente. Inoltre, non ha avuto un impatto significativo
sul territorio e sulla popolazione. Anche tra gli stessi soci ci sono state
attese, motivazioni, approcci e dinamiche differenti e
discordanti. Non è mancato, come in ogni buona famiglia, lo scontro e il
diverbio, la lite e la chiacchiera. Ci sono stati momenti buoni, altri
difficili, altri dolorosi, altri entusiasmanti. Ma
tanti sono stati i problemi e i momenti di difficoltà dovuti a fraintendimenti,
incomprensioni, polemiche che ne hanno rallentato cospicuamente l’attività nel
2000, fino a far cessare totalmente nel 2001 gli scambi tra i soci. (Per un
approfondimento complessivo dell’esperienza si può visitare il mio sito
Internet e leggere la seconda parte del mio libro del 2002). Dove
più, dove meno, queste problematiche compaiono in quasi tutte le esperienze
finora conosciute in Italia e nel mondo. Forse un po’ tutti abbiamo anticipato ‘i tempi’ o sbagliato in molte cose! Ma non bisogna abbattersi. Al contrario, occorre stimolare
le esperienze a continuare e a ricrearsi, anche seguendo le derive e i nuovi
orientamenti sociali e culturali.
6. L’innovazione sociale
La Banca del tempo può essere considerata un’innovazione
sociale. E’ un termometro sociale con cui è possibile misurare la promozione di sé, la cittadinanza attiva, la solidarietà, la
capacità di progettazione della comunità d’appartenenza, nella coesione sociale
e nella salvaguardia delle diversità individuali, psicologiche e culturali.
E’ difficile inquadrare le Bdt e i Sistemi di scambio
locale non monetari. Succede spesso e in ogni contesto
sociale e culturale. Ma proprio per questo la Bdt è
un’innovazione socio-culturale ed economica. La sua azione sociale è molto complessa ed articolata, al limite dell’irrazionale. La sua base teorica più profonda
è il dono, che si estrinseca nella triplice azione del
‘dare – ricevere – ricambiare’. Si tratta però del dono con radice antropologica,
libero e finalizzato alla solidarietà, non si tratta della gratuità,
dell’assistenzialismo, della filantropia o dell’azione volontaria ‘del giorno
dopo’. La Bdt non ha niente in comune con il volontariato, tanto meno con il
baratto, che altro non è che un mercato vero e proprio
tra equivalenti, privo dell’intermediazione del denaro. Difficile inoltre il
rapporto con il settore pubblico, in quanto lo ‘spazio
d’azione’ della Bdt è lo ‘spazio comune’, quello della condivisione e della
reciprocità.
La modernità ha teorizzato e legittimato nel suo progetto socio-economico lo spazio d’azione pubblico e lo spazio
d’azione privato. Esiste, infatti, il ‘diritto
pubblico’ e il ‘diritto privato’. Ma manca totalmente (o quasi) la
teorizzazione dello ‘spazio comune’ (cum
munus, con dono), del diritto comune, della comunità, luogo consacrato,
fondamentale e determinante, al legame sociale, alla
solidarietà, generatore di ‘capitale’ sociale, da cui tutto discende (mercato,
società, cultura, famiglia, istituzioni…) e non il contrario, come spesso si
pensa o come molti economisti contemporanei voglio farci credere.
La Bdt può
essere considerata uno strumento per rimettere in campo un clima di
convivialità, per avere la chance di
poter ancora vivere ‘insieme’, liberi, uguali e diversi (Touraine, 1998). Ma è
anche uno stimolo all’autorganizzazione, all’autoreferenzialità: non si può
ancora credere che possa essere la società (una pura astrazione concettuale!)
ad organizzarsi, in quanto possono farlo solo gli
individui, qualora ne sentano la necessità, il bisogno e trovino la giusta
volontà. E’ un viaggio cominciato oltre diecimila anni fa, nel neolitico, che
non si è mai interrotto e che è destinato a continuare fino a che la specie
umana non si estinguerà. E le istituzioni e le
organizzazioni sociali, se ci credono, possono ‘accompagnare’ questi movimenti,
collaborando e operando con complementarietà, ma mai prevaricando con arroganza
e paternalismo intriso di subalternità. Anche questa è una importante
innovazione sociale, per non dire una scommessa.
Queste esperienze di scambio locale non monetario sono
intraviste in un documento di lavoro, effettuato da un gruppo di studiosi
operanti nel Nucleo Valutazioni Prospettive della Presidenza della Commissione
Europea nel 1999, che complessivamente disegna cinque probabili “scenari”
europei nell’anno 2010. In uno di questi scenari, il secondo, definito I cento fiori, naturalmente caratterizzato dal un
“equilibrio instabile”, dove “la distribuzione sempre più disomogenea della
ricchezza, la proliferazione della criminalità internazionale e la
moltiplicazione dei piccoli conflitti regionali stanno destabilizzando il
sistema mondiale, che tuttavia continua a reggere alla meno peggio”, poiché
“prigionieri di mentalità e modalità operative arcaiche, gli apparati
amministrativi e i sistemi politici delle capitali non sono riusciti a tenere
il passo con questi fenomeni di micro-rinascimento e hanno lentamente perso il
contatto col mondo reale”, considerato che “l’immobilismo delle gerarchie, lo
spezzettamento delle competenze e l’eccessiva fiducia nella scienza avevano
gettato i semi di un diffuso disimpegno”, “in un’epoca in cui le società si
facevano sempre più complesse, il progresso tecnologico sempre più rapido e le
esigenze individuali sempre più differenziate, le burocrazie rimanevano rigide
e incapaci di adeguarsi a situazioni sempre eterogenee”, e “la classe politica
si rivelò intrinsecamente incapace di rispondere al grande disagio, oscillando
tra immobilismo e demagogia”, le Banche del tempo, insieme a cento
micro-iniziative innovative, fanno capolino nella società europea, in quanto,
per fronteggiare la crisi politica, economica, sociale e culturale
determinatasi nel quinquennio 2000-2005, “l’opinione pubblica mostrò un forte
spirito d’iniziativa: nacquero centinaia di gruppi civici”. Pertanto “si
assiste in questo periodo all’ascesa di collettività locali dinamiche come
quelle odierne”, si osserva nel documento futuribile. “E’ ormai raro – continua
lo studio – trovare un comune o un quartiere che non abbia
la propria valuta e una banca del tempo in cui scambiare lezioni private,
attività culturali e ogni tipo di servizi alla persona (come ripetizioni,
assistenza a bambini e anziani e collaborazioni familiari). Le associazioni
locali, spesso gestite da donne, pensionati o neolaureati, si sono moltiplicate
e di fatto trasformate in piccole imprese. Gran parte
di queste opera in modo informale, senza preoccuparsi di registrarsi presso le
autorità competenti o di pagare le imposte. Alcune, con l’aiuto delle autorità
locali, svolgono un ruolo importante nell’erogazione di piccoli prestiti ai
privati e alle imprese con problemi immediati
di liquidità. Altre hanno istituito ‘casse comuni’ per finanziare reti
di sostegno economico e, se necessario, persino offrire borse di studio o di
riqualificazione professionale. Le più avanzate possono anche erogare
prestazioni sociali. Altrove sono nate nuove forme di aggregazione
sindacale per difendere i diritti dei cittadini in generale oltre a quelli dei
lavoratori. La stragrande maggioranza di queste strutture locali è rimasta
molto aperta al mondo esterno. Sfruttando tutte le possibilità dell’informatica
(senza la quale molte di loro non sarebbero mai nate) hanno instaurato
comunicazioni, partnership e scambi di esperienze a
livello internazionale non soltanto all’interno dell’UE ma anche con
controparti nell’Europa orientale, nel Mediterraneo e in Africa”.
Nessuno di noi si augura uno scenario ‘possibile’ della
società europea nell’immediato futuro fondato sul paradigma dell’equilibrio
instabile, ma in ogni caso occorre non farsi trovare impreparati, in quanto, per dirlo in senso metaforico, o se si
preannuncia il temporale o se le previsioni prevedono ottimisticamente il cielo
sereno e il sole splendente, non costa nulla portarsi nello zaino il
‘parapioggia’ ben piegato, che, se indossato con il bel tempo fa scoppiare
dalle risate i passanti, ma se estratto al momento giusto e all’inizio di un
violento temporale può farci passare per persone previdenti ed intelligenti. E le Banche del tempo sono quasi la stessa cosa…
Conclusione
Una società più giusta. Un’economia più umana. Il diritto di essere
riconosciuti dagli altri. Su questi principi ci si interroga spesso
senza trovare risposte esaurienti. Ma come creare le basi di una società più giusta, più solidale; di
un’economia più equa, più distributiva; di un rapporto con gli altri più
conciliante, più condiviso? Tutte queste domande se le pone chi come me guarda alla Banche del tempo come ad un luogo di scambio
e di generosità, di aiuto per le difficoltà sociali ed economiche, come
soluzione a qualche problema quotidiano pratico, come miglioramento della
propria vita, come antidoto contro la solitudine… Molte sono le definizioni,
magari ingenue ma sempre consapevoli di un nuovo modo di vivere la propria
vita, che vengono date di questa forma di associazione, a volte frutto
dell’iniziativa spontanea di gruppi di cittadini, ma spesso promossa da enti e
associazioni.
La comunità è un luogo deputato alla reciprocità, alla solidarietà, alla condivisione e alla parità. Il denominatore comune di ogni rapporto sociale è il tempo, ma non il tempo della produzione, né il tempo libero, ma il tempo che si può dedicare a se stessi e agli altri. Non siamo padroni del tempo, anche se pretendiamo di esserlo in tutti i modi. Esso ci sfugge, non ci basta mai, non riusciamo ad allungarne la durata nemmeno per un secondo. Ecco perché dobbiamo imparare ad usarlo meglio, non per un tornaconto utilitaristico, ma per comprendere gli altri, per costruire relazioni, per l’incontro, per fondare la propria comunità. Il significato etimologico di comunità è il seguente: “cum munus”, “con dono”, scambio reciproco con gli altri di beni, servizi e saperi, di ciò che abbiamo o sappiamo fare, delle ore che possiamo dedicare alla nostra comunità. Questo è la Banca del tempo. Essa è uno strumento semplice, facile da capire, concreta nei fatti, ma anche difficile da spiegare, contraddittoria e rischiosa nei fondamenti, perché nella relazione della reciprocità indiretta (dare a qualcuno e ricevere da qualcun altro) si accetta il rischio che si può dare e non ricevere quando si chiede. Proprio qui sta la sua più profonda innovazione sociale, tale però che può aiutarci a ricomprendere e a riproporre un modello più umano della nostra società.
Una società in mutamento, spesso definita complessa e incerta, pone
interrogativi spesso inquietanti. La tecnologia ha liberato il nostro tempo, ci ha
fornito tanti mezzi, ma mai come oggi ci sentiamo poveri di
tempo ed insoddisfatti. Sembra un
paradosso che in una società dove il tempo a disposizione delle persone è
davvero tanto, sia per chi lavora sia per chi non fa nulla, esso non basti mai. Nel tentativo di recuperare gran parte del tempo
che si perde o si spreca, la Banca del tempo può svolgere un ruolo propedeutico
importante. Può cioè educare a far uso positivo della
risorsa tempo, non in una logica strumentale di scambio mercantile o di
prestazione assistenziale, ma nel quadro di rapporti comunitari improntati alla
reciprocità dello scambio non solo economico tra le persone. Ha scritto M. Sahlins: “Le persone più
primitive del mondo hanno pochi beni e mezzi, ma non sono povere. La povertà
non è avere una piccola quantità di beni e mezzi, né una relazione tra bisogni
e fini; è soprattutto una relazione tra le persone. La povertà è una posizione
sociale. Come tale è un’invenzione della civilizzazione”.
Su un pianeta così ricco di ecosistemi e di alta
tecnologia non c’è giustificazione per la povertà. Abbiamo fondato la nostra
libertà sulla proprietà privata. Ma la vera libertà,
dice J. Rifkin, “è figlia della condivisione, non del possesso”. Il modello
sociale ed economico occidentale porta inevitabilmente
all’individualizzazione e alla dispersione delle comunità locali.
Occorre agire e riflettere, anche in contesti
limitati geograficamente, per innovare il comportamento delle persone e per ideare una nuova
possibilità, un nuovo spazio d’azione, un progetto locale. Ecco
perché è importante immaginare un
nuovo settore sociale, spontaneo ed informale, basato su rapporti di parità, di
ragionevolezza e di condivisione. Questo è ciò che io chiamo nei miei
scritti: lo spazio comune. Il
progetto della modernità ha sempre più parcellizzato il concetto di tempo. Si
parla spesso di tempo di lavoro, tempo di riproduzione e cura, tempo libero,
tempo per le buone azioni... Ma il tempo nella sua
essenza è il tempo della vita, della nostra vita insieme con quella degli
altri. Dare all’altro un giusto riconoscimento (timós) significa realizzare una complessa dimensione d’in-timità, di solidarietà. Scambiare il
nostro tempo alla pari può servire ad incontrare e a riconoscere nel giusto
valore gli altri. Una Banca del tempo si basa sulla reciprocità e sulla comunicazione (leggi azione-comune), ovvero sulla simmetria. Tutti conoscono tutto di tutti: offerte, richieste, bisogni;
scambi, contabilità, moneta; creatività, illusioni e sogni. Un unico
“difetto”, si fa per dire: non si usa denaro negli scambi! E
allora? … Addio Premio
Nobel per l’economia.
Le derive della società moderna sembrano volerci costringere all’individualismo più egoistico, al consumismo più inutile, alla logica dello scontro e del contrasto. Noi vogliamo reagire a questa prospettiva negativa con un’azione sociale innovativa, con una ricerca sociale, con un movimento pratico comune che faccia emergere l’amicizia, la professionalità, la solidarietà, la socialità, le potenzialità della persona e il miglioramento socioeconomico, mediante la creazione di gruppi non istituzionalizzati e non omogenei, minimamente strutturati in associazione e con differenti scopi sociali, organizzati in sistemi socioeconomici non monetari, a vocazione comunitaria, cercando di comprendere e di far proprio il semplice, ma ad un tempo complesso, concetto della reciprocità indiretta e del dono libero.
L’altro non può rappresentare un problema; l’altro è la nostra speranza. Abbiamo tre scelte di fronte: considerare l’altro superiore a noi ed annuallarci; considerarlo inferiore a noi e distruggerlo. La terza scelta, ci dice sempre Castoriadis, è quello di considerarlo “pari”, di riconoscerlo nella sua entità e nella sua dignità di essere vivente.
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[1]
Parte di questo testo è stato
pubblicato su MA@MA, rivista elettronica di scienze umane e sociali (www.analisiqualitativa.com),
numero 4, ottobre-dicembre 2003, col titolo La
filosofia della reciprocità: Banche del tempo e sistemi di scambio non monetari.