Le signorine nuvola

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 6//09/03. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

 

Il caso della "ragazza nuvola" che vive in un suo mondo poetico, lontano dalla realtà, è stato ripreso da diverse lettrici. Con qualche spunto polemico.

 

«Sono una  donna di 26 anni, colpita dalla lettera e dalla risposta che lei ha dato sul N.30 di Io Donna. Il lettore vuole aiutare un’amica a scendere tra i comuni mortali. Non ci si chiede però se questo non essere del tutto presente sull'arido suolo della realtà non sia  per lei l'unico modo per esistere, per tutelare la sua  preziosa essenza di donna sensibile. E se guardare il mondo dall'alto, le desse effettivamente benessere interiore?!? Forse l'unica persona ad avere bisogno di un aiuto potrebbe essere il nostro amico... ».

Bruna

«Le scrivo a proposito del lettore che voleva aiutare la sua amica nuvola. Ho 16 anni, dicono carina. Mi piace scherzare, ho delle care amiche, e una piccola compagnia (2-3 persone) mi fa piacere. Tuttavia mi sento molto simile a quella signorina. La mia famiglia è difficile, instabile, mi dà ansia. Così, appena posso mi rifugio nella mia stanza, o nelle stradine del centro storico, alla Sironi, strette, enigmatiche, solitarie. Ho tuttavia la fama di ragazza gentile e disponibile. A chi mi sta intorno invio piccoli gesti o frasi gentili. Spero sempre di ricevere una sorpresa. Non succede mai. Non oso esprimere il mio amore a chi amo. Ho paura di un rifiuto. Forse ho bisogno di qualcuno che mi faccia sentire amata. Come forse capita alla signorina-nuvola».

Bianca

Care amiche, so che invitare a mettere i piedi per terra chi non li ha, non è un gesto apprezzato. Si passa per rozzi, persone prive di poesia. D'altra parte è il mio mestiere. Lo psicoterapeuta è un "operatore di equilibrio", ed in questa veste, appunto, invita a scendere in terra chi sta sulle nuvole. Ma spinge anche a sollevarsi, ad innalzare le gambe da terra (come esortava Nietzsche), chi invece le tiene incollate al piano di realtà. Equilibrio e benessere sono infatti, come sempre, libertà di essere realisti e concreti quando serve, e di coltivare i propri ideali ed il proprio immaginario quando è necessario. Quando invece si è capaci di fare una sola di queste due cose, non c'è più la libertà di una personalità sana, e rischia di cominciare la malattia.  Il fatto è, cara Bruna, che la realtà non è solo  arida. Lo è, a tratti, ma è anche, sorprendente, versatile, piena di immaginazione. Quando la vediamo solo come arida, abbiamo già perso alcune preziose diottrie psicologiche, che sono appunto quelle che ci consentono di vederne anche  il lato leggero, mobile, persino  poetico. C'é una capacità di visione da recuperare, o da scoprire: di questo fa parte il difficile lavoro psicologico di "mettere i piedi per terra", che è poi un aspetto di quello che  la psicologia americana chiama "grounding". Per solito  la "fuga sulle nuvole", come ci racconta bene Bianca nella sua letterina, compare come  difesa da una realtà che, più che arida, si è dimostrata affettivamente inquietante, ci ha messo in ansia, o ci ha fatto paura. E' per questo che ci si rifugia in pianeti personali, come fa il Piccolo Principe di Saint Exupery, coltivando solo i fiori che ci piacciono, ed escludendo accuratamente tutto ciò che può inquietarci.  Poi, anche da lì, siccome la solitudine affettiva non piace a nessuno, le signorine (o i signorini), nuvola mandano dei segnali, dei richiami all'esterno. Solo che raramente qualcuno risponde. Un po' perché per solito i "pianeti personali" in cui si sono rifugiati (come quello descritto da Bianca nel resto della sua lettera), sono luoghi così ridotti che dal di fuori non vengono percepiti. Un po' perché la "paura del rifiuto" rende  troppo prudenti i segnali d'aiuto, o di affetto lanciati all'esterno, e gli altri non capiscono bene cosa vogliano dire. Anche perché, care amiche delle nuvole, la paura del rifiuto non ce l'avete solo voi, ce l'hanno anche gli altri. E temono di fare un gesto che potrebbe essere percepito come invadente. La  via d'uscita è allora, forse, quella della verità. Allenarsi a dire cosa realmente si sente. Può darsi che qualcuno, in ascolto, risponda. A tono.

Claudio Risé

   

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