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Da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 19 dicembre 2005

Mario Mori: perquisizione villa Riina non fu ritardata

Il direttore del Sisde, imputato di favoreggiamento alla mafia, si difende in aula, facendo dichiarazioni spontanee, anche se preferisce non rispondere alle domande dei pm

PALERMO - Difende i suoi uomini «ingiustamente dipinti come mercenari disposti a tutto», si dice onorato di avere fatto parte del Reparto operativo speciale (Ros) che «con l’arresto di Riina ha segnato soltanto uno dei suoi tanti successi» e denuncia «il linciaggio mediatico» di cui è stato vittima per 12 anni. Mario Mori, direttore del Sisde, imputato di favoreggiamento alla mafia, parla in aula, facendo dichiarazioni spontanee, anche se preferisce non rispondere alle domande dei pm.
Mori conferma parola per parola le dichiarazioni di Sergio De Caprio, più noto come capitano Ultimo, autore dell’arresto di Riina, anche lui imputato per favoreggiamento; inoltre ripercorre i giorni che seguirono la cattura del capomafia, della ritardata perquisizione del covo del boss, che gli è costata l’incriminazione insieme a De Caprio, dei rapporti con i magistrati della Procura di Palermo e con i colleghi dell’Arma.
Il prefetto consulta gli appunti, precisa date, ribadisce la sua linea difensiva. «Giovanni Brusca - dice - sostiene che i carabinieri non perquisirono il nascondiglio di Riina per consentire agli uomini d’onore di ripulirlo ed evitare così che venisse trovato il fantomatico ’papellò», la lista di richieste con cui Cosa nostra avrebbe barattato con lo Stato la fine dell’epoca stragista; «se questo fosse stato il fine - spiega Mori - se avessimo voluto evitare pericolose compromissioni, saremmo entrati nel covo di via Bernini e ce lo saremmo preso il papello, evitando così di essere ricattati a vita».
E invece quei 18 giorni trascorsi tra l’arresto del capo di Cosa nostra, avvenuto il 15 gennaio del 1993 e l’ingresso nel condominio utilizzato per la latitanza, disposto il 2 febbraio del ’94, furono conseguenza di una scelta investigativa precisa. «De Caprio - continua Mori - dopo la cattura di Riina chiese di potere differire la perquisizione della casa, sostenendo che questo avrebbe consentito di indagare sui fratelli Sansone, i costruttori proprietari dell’immobile utilizzato come nascondiglio, personaggi chiave per ricostruire gli intrecci tra mafia ed imprenditoria».
Concetto ribadito da De Caprio che, a differenza del suo ex comandante, accetta di rispondere alle domande del pm Antonio Ingroia. «Mi dissero che stavano andando a perquisire il covo. Tutto era pronto - racconta - Fui preso dallo sconforto perchè capii che in quel modo avremmo bruciato l’indagine sui Sansone che avrebbe potuto aprire scenari assolutamente inediti sugli interessi economici di Cosa nostra».
«Convinsi i magistrati a bloccare tutto - aggiunge - Spiegai loro che avevamo elementi per dire che i boss non avevano capito che avevamo individuato il covo e che i Sansone non sapevano che eravamo arrivati a loro».
Ma anche su un’altra circostanza le versioni di Mori e De Caprio sono identiche: nessuno riferì alla Procura che sarebbe stato effettuato un servizio di osservazione costante davanti al nascondiglio. «Non era utile alle indagini vista la posizione del furgone su cui effettuavamo le riprese - dicono - ed era anche molto pericoloso dal momento che con noi c’era il pentito Di Maggio e che, nonostante le cautele adottate, i giornali avevano saputo quale fosse il covo di Riina». Una spiegazione che giustificherebbe anche la mancata comunicazione della sospensione del servizio di osservazione ai magistrati. «Non glielo dicemmo - spiega Mori - perchè non avevamo mai parlato di osservazione fissa e poi nessuno sollevò dubbi o chiese spiegazioni sul nostro operato per diversi giorni».
«Forse - aggiunge il generale - occorreva essere più dettagliati ma chi ha vissuto i momenti concitati, seguiti all’arresto di Riina, non ha difficoltà a capire che gli impegni del momento ed il contesto possano averci impedito di esplicitare un piano che comunque è tipico del modo d’agire dei reparti anticrimine».

19/12/2005

 

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