TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

DOSSIER RUSSIA II

 

Di Monica Centofante

 

 

I padrini di Mosca

La mafia comanda in Russia

“Conferma dal Canton Ticino: il leader russo e il suo clan possedevano le tre carte di credito sotto accusa”. La notizia appare il 26 agosto scorso sul “Corriere della Sera”, a conferma di quanto riportato, il giorno precedente, dallo stesso quotidiano: “Il presidente russo e le due figlie, Tatyana Djacenko e Elena Okulova, disponevano di carte di credito nominative domiciliate presso una società di abbigliamento di Massagno (Lugano)”. Proprietaria della società, la moglie di un ex- dirigente della Banca del Gottardo attraverso la quale, stando a quanto scoperto dal Procuratore generale svizzero Carla Del Ponte e dal Procuratore generale russo Yurij Ilic Skuratov, l’amministratore del patrimonio pubblico russo Pavel Borodin e due suoi vice ricevevano denaro dalla società di costruzioni “Mabetex” (conto “Dean”) dell’imprenditore kossovaro- albanese Bahgjet Pacolli.
Il burocrate Pavel Borodin è stato coordinatore della ristrutturazione del Cremlino, quasi tutta subappaltata tramite Pacolli a piccole ditte italiane. Un lavoro costato circa mille miliardi di lire. “Stupidaggini, messe in giro per screditare me e i leader dello Stato - afferma Borodin in riferimento ai supposti conti in Svizzera -. Certe rivelazioni sono state ordinate da forze politiche per loro interessi egoistici”. Ma i conti della Mabetex non alimentano soltanto le spese di Borodin ma anche le carte di credito personali di Boris Eltsin e delle figlie. E mentre gli inquirenti hanno già individuato e bloccato 59 conti bancari legati al Cremlino, il portavoce di Eltsin afferma che il presidente è inquieto: “Ciò che lo irrita e lo preoccupa maggiormente è che l’immagine della Russia sia stata danneggiata da queste accuse circa le presunte attività illegali della sua famiglia, di funzionari del Cremlino e di dirigenti politici ed economici”.
Ma chiunque si sia chiesto come abbia fatto il leader del Cremlino a far comparire il suo nome e quello delle figlie su un’American Express sospetta e perché tutto questo stia accadendo proprio ora, dovrebbe dare uno sguardo al quotidiano americano “Usa Today”. Lo stesso giorno, infatti, il Congresso degli Stati Uniti ha aperto un’inchiesta sui prestiti concessi alla Russia dal Fondo Monetario Internazionale scoprendo che la figlia del presidente Boris Eltsin, Tatyana, e numerosi leader politici russi sarebbero implicati nello scandalo del riciclaggio di 15 miliardi di dollari (27 mila miliardi di lire) da parte della mafia russa in due banche di New York, e sullo sfruttamento per fini personali di una parte dei fondi stanziati dal Fmi.
Nel mirino dell’intelligence britannica e della Procura russa, oltre a Tatyana Djacenko Eltsin, troviamo l’ex-capo di gabinetto del presidente e ministro delle finanze Anatoly Chubais, l’ex- ministro delle Finanze Alexander Livshits, l’ex-vice primo ministro Oleg Soskovets, l’ex- vice presidente della Federazione russa Vladimir Potanin. Nella lista non compare il nome del capo del Cremlino ma è decisamente improbabile che Boris Eltsin non sappia nulla di una distorsione dei fondi per migliaia di miliardi di lire. “Una montatura politica di ambienti ostili al presidente in vista delle elezioni presidenziali”, ha dichiarato il Cremlino in un comunicato ufficiale emesso dopo due giorni di assoluto silenzio. Ma Janet Reno, il ministro della giustizia Usa, è deciso a proseguire le indagini portando a quota tre le procure impegnate nell’inchiesta contro il presidente russo e alcuni membri della “famiglia” (procura russa, statunitense e svizzera). Londra è al centro dell’inchiesta poiché pare che almeno cinque miliardi di dollari siano finiti alla “Valmet”, una finanziaria con società affiliate a Cipro, Gibilterra e Zurigo. A dirottare i capitali verso la Gran Bretagna sarebbe stato il noto boss della “Mafia Rossa” Semion Mogilevitch, aiutato, tra l’altro, da Natasha Kagalovsky, impiegata alla Banca di New York e moglie del rappresentante ufficiale russo presso il Fondo Monetario nella metà degli anni ‘90.
E sembra che proprio la “Valmet sa”, insieme alla “Rubicon sa”, sia il ponte che permetteva il passaggio dei capitali da Mosca agli Stati Uniti. La Runicom ha legami con Roman Abramovic, uno dei più potenti affaristi russi e considerato il cervello del “clan” Eltsin. Oggi le due società non lavorano più una di fianco all’altra. La Runicom si è spostata a Friburgo e si appoggia a Dimitri de Faria de Castro, uno degli amministratori della Soviet Intershipbuilders. Presidente e amministratore delegato della ditta è Bruce Rappaport, il quale è alla guida della Bank of New York Intermarittime, in stretto rapporto con la Bank of New York.
I capitali, quindi, passavano dalla russa Runicom alla banca americana via Ginevra - Friburgo.
Sotto inchiesta anche la compagnia aerea Aeroflot (di cui è presidente Okulov, marito di Elena Borisovna, figlia di Eltsin), per esportazione illegale di valuta, controllata dal finanziere Boris Berezovskij, consigliere segreto e finanziatore delle figlie e del genero di Eltsin. Berezovskij, uno tra i cento uomini più ricchi del mondo, è titolare di due società di Losanna, la “Andava sa” e la “Forus Services sa”, dove approdano le plusvalenze delle sedi dell’Aeroflot nel mondo. Dai documenti sequestrati presso le società si giunge ai conti personali di uomini della nomenklatura russa presso banche svizzere. “Bisogna capire dove finiscono quei soldi”, chiede in una rogatoria il procuratore Skuratov prima di essere messo fuori gioco da un filmino a luci rosse. Uno scandalo che, secondo la stampa russa, sarebbe stato inscenato dal nuovo primo ministro Putin. Intanto la Forus emette una nota nella quale dichiara “contrarie alle regole del diritto” le perquisizioni subite a luglio per ordine del procuratore generale Carla Del Ponte. “Non vogliamo in alcun modo influenzare la politica russa - spiega il magistrato -. Cerchiamo prove per verificare sospetti di corruzione e abbiamo cominciato l’indagine solo su richiesta della magistratura russa”.
E il “Russia- gate”, come molti già sostengono, potrebbe costare ad Al Gore l’elezione a presidente degli Stati Uniti. A tutti, infatti, è nota l’amicizia tra il vice - presidente, uomo di punta della politica estera statunitense e Viktor Cernomyrdin. Secondo il Washington Post, Gore era a conoscenza degli scandali del Cremlino e ha taciuto rendendosi complice della caduta morale e materiale del popolo russo. Parlando dei soldi concessi alla Russia dal Fondo Monetario Internazionale il Post afferma: “Gore ha continuato a essere il principale difensore di quei prestiti anche quando emersero prove di come venivano impropriamente usati dalla oligarchia al potere”.
E se per Gore la probabilità di salire alla presidenza è piuttosto precaria quella di Eltsin di mantenere il suo posto è pressoché nulla. Nel frattempo Stepashin subisce la stessa sorte che solo qualche mese fa era toccata a Primakov e la Duma si trova costretta ad eleggere Vladimir Putin primo ministro. Perché? “A Mosca tutti gli analisti aspettavano da un giorno all’altro una mossa del Cremlino - scrive il giornalista Giulietto Chiesa su ‘La Stampa’ del 10 agosto -.
Tra queste era prevista anche la caduta di Sergei Stepashin. Era uno degli scenari più trasparenti per evitare le elezioni di dicembre. E anche il più facile in apparenza. Licenzi il premier; metti la Duma con le spalle al muro proponendogliene uno inaccettabile; la Duma lo respinge; sciogli la Duma e cambi la legge elettorale; se qualcuno protesta forte proclami lo stato di emergenza e rinvii le elezioni; se nessuno protesta le vinci manipolando i risultati e usando le regole a tuo piacimento”. Ma il pericolo dello stato di emergenza non è ancora completamente scongiurato; non finché esisterà il problema del Dagestan. L’inasprimento della guerra potrebbe infatti giocare a favore di Eltsin ed è bene che per ora il conflitto non si chiuda. E a farne le spese sono le vittime del fronte.

INTERVISTA TELEFONICA A GIULIETTO CHIESA di GIORGIO BONGIOVANNI

D: Buona sera dottor Chiesa, noi ogni tanto la disturbiamo. Siamo allarmati per quanto sta accadendo in Russia.
R: Stanno scoppiando scandali terrificanti.
D: Si ricorda che l’anno scorso pubblicammo la sua intervista?
R: Pare che fosse profetica!
D: Direi che è proprio così! Vorrei la sua opinione sull’attuale situazione politica in terra russa. Per prima cosa mi interesserebbe sapere se esiste un motivo che ha spinto il mondo occidentale ad agire, adesso, contro il presidente Eltsin.
R: Sì, ci sono due motivi. I piromani che hanno acceso il falò sono due: uno sta a Mosca e l’altro sta negli Stati Uniti; c’è stata un’azione convergente. A Mosca perché io ritengo, l’ho scritto su “La Stampa” e l’avrà letto, la famiglia presidenziale sapendo che stava per perdere le elezioni, ha cercato di rinviarle.
D: O di creare uno stato di emergenza.
R: Esatto. Si sapeva benissimo che stavano lavorando, in diverse direzioni, per ottenere questo. Gli altri, quelli che invece le elezioni le vogliono fare perché sanno che le potranno vincere, parlo soprattutto di Luzhkov, Primakov, quelli che guidano la danza, avevano due possibilità. Una era quella di aspettare la mossa del presidente o della famiglia presidenziale e l’altra quella di giocare d’anticipo. Hanno scelto la seconda. Nel senso che a loro, a questo entourage, non dico personalmente a Luzhkov, intendiamoci, ma all’opposizione nazional-patriottica, è venuta questa idea: dobbiamo giocare d’anticipo e impedire alla famiglia di creare lo stato d’emergenza.
D: Non potevano aspettare le elezioni del 2000?
R: Troppo tardi. Anche perché l’obiettivo non era soltanto quello di rinviare le elezioni presidenziali, ma anche quello di rinviare le elezioni della Duma che sono a dicembre. Troppo ravvicinate, troppo pericolose per il presidente. Quindi sostanzialmente l’operazione è nata a Mosca: una fuga di notizie su cose che tutti qui già sapevano. Sono dei misteri solo per l’Occidente che fino a ieri li voleva tenere nascosti. In Russia tutte queste cose sono state pubblicate, dette. Il motivo principale per cui oggi le hanno sparate in questo modo è quello di screditare completamente la famiglia e il presidente, in modo da impedire qualunque azione del tipo: programmazione dello stato di emergenza. Lei capisce, se la famiglia dicesse: bisogna rinviare le elezioni, riderebbe tutto il mondo, è chiaro. Quindi l’operazione ha funzionato. Ma ha funzionato anche perché? Perché chi ha fatto questa mossa si è reso conto che gli Stati Uniti, il partito repubblicano in particolare, sono convinti che bisogna liberarsi di Eltsin, che costituisce ormai un pericolo.
D: Quindi silurare i democratici!
R: Esatto. Quindi i repubblicani cos’hanno fatto? Hanno pensato di screditare a loro volta il presidente Clinton e il vice presidente Al Gore, che con questa gente hanno avuto dei rapporti. Questo è il problema. Purtroppo il presidente americano Clinton si è rivelato un uomo molto, molto poco lungimirante, come io da tempo vado dicendo, e si è fatto cogliere con le mani nel sacco. E così anche il suo vice che, come sappiamo, stava per candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti e adesso penso non potrà più farlo. Quindi la situazione qual è? E’ che c’è stata una convergenza di interessi tra i concorrenti del presidente americano, che avevano tutto l’interesse a colpire il partito democratico, il presidente Clinton e il suo candidato, e l’opposizione nazional-patriottica russa che aveva interesse ormai ad impedire a Eltsin di buttare all’aria il tavolo della scacchiera.
D: Vorrei ora spostare l’attenzione su Semion Mogilevitch e Boris Berezovskij. Sono mafiosi; o per lo meno si dice che lo siano.
R: Mogilevitch sicuramente è un mafioso, su questo non c’è dubbio. Però l’intreccio tra politica e criminalità in Russia è talmente stretto che…
D: Come in Italia con Cosa Nostra?
R: No, qui lo è molto di più. In Italia è difficile poter dire che un onorato banchiere, salvo uno o due come Sindona, ha rapporti stretti con i mafiosi. Invece in Russia il collegamento è assolutamente strettissimo e sfacciato. Da quello che emerge dall’inchiesta americana Chernomyrdin, Chubais o altri hanno utilizzato uomini dalla reputazione molto dubbia per effettuare operazioni di dimensioni di stato. Si parla di un dirottamento di 15 miliardi di dollari, un’operazione che solo un governo o uno stato possono fare. E quando si arriva a servirsi di un mafioso per un’operazione del genere vuol dire che ormai siamo alla frutta, come si suol dire.
D: Secondo lei ci può essere un collegamento tra la mafia siciliana, e italiana in genere, e quella russa? O lei lo esclude totalmente.
R: Non lo escludo. Anzi, non ho il minimo dubbio che le organizzazioni criminali russe siano da tempo in collegamento con Cosa Nostra, con la mafia siciliana, con la mafia colombiana… praticamente tutto il giro della criminalità internazionale è passato da Mosca in questi anni per riciclare miliardi di dollari.
D: Si parla, in un rapporto della stessa commissione antimafia, di un riciclo annuo di 500 miliardi di dollari.
R: Secondo me qui è avvenuta la più grossa operazione di tutti i tempi di riciclaggio di denaro sporco.
D: In questi ultimi anni.
R: In questi anni, dal 1994 al 1999, attraverso le banche russe (io non ho naturalmente le prove di questo fatto ma, analisi statistiche dei movimenti, analisi dei cambiamenti dei mercati, analisi di richieste che sono apparse improvvisamente in questo e in quel punto di Mosca lo dimostrano) sono affluiti camion, container pieni di dollari, tutti provenienti dal riciclaggio. Non c’era paese al mondo più agevole, più comodo per riciclare denaro sporco come la Russia.
D: Quindi per essere chiari una volta si usava la Svizzera o altri paradisi fiscali e in questi anni le varie mafie hanno scoperto la Russia.
R: Guardi, è stato pubblicato un libro, poco tempo fa, intitolato “Un mondo di ladri”. L’autrice è la signora Claire Sterling. Il libro, per molti aspetti, è veramente interessante e riporta una cifra che mi ha particolarmente colpito. Il riciclaggio di denaro sporco in Russia costava, intorno al ‘94, circa un quinto di quello che costava negli Stati Uniti… Mentre un dollaro riciclato negli Stati Uniti può costare intorno ai quarantacinque centesimi, un dollaro riciclato in Russia costava intorno ai 7- 8 centesimi.
D: Beh, in seguito a questo scandalo le mafie non potranno più compiere operazioni di riciclaggio in Russia. In un certo senso sono state fermate.
R: Loro hanno lavorato piuttosto bene per quasi nove anni. Comunque il troppo stroppia.
D: Quindi la magistratura russa non può fare niente, non ci sono magistrati come ci sono stati qui in Italia?
R: No, non è possibile! Vede in Italia è diverso… mani pulite è potuta nascere perché l’Italia, in fondo, è ancora un paese sano, anche se non so per quanto tempo lo rimarrà. Noi abbiamo comunque fondato una repubblica dopo la resistenza, con la resistenza, una costituzione democratica, una repubblica che aveva saldissimi fondamenti democratici. Questi saldissimi fondamenti democratici sono stati variamente distorti ma mai, secondo me, eliminati. E nel momento in cui è finita la guerra fredda e sono crollati i partiti del potere, una parte della magistratura che aveva conservato la pulizia ha potuto agire liberamente perché c’erano uomini onesti, e soprattutto protetti dalle strutture istituzionali del paese.
D: Anche se purtroppo alcuni sono stati martirizzati.
R: Certo, ma la differenza è che in Russia non c’è nessuna struttura istituzionale che protegge nessuno.
D: Come lei ha spiegato nel suo libro la Russia è un patronato degli Stati Uniti, ma come faranno ora gli Stati Uniti a mantenere il controllo del Paese? Primakov non è un uomo che si sottomette facilmente.
R: Un uomo adesso non ce l’hanno e da qui si vede la scarsa lungimiranza di Clinton. Dovranno mettersi d’accordo con quelli che arriveranno al potere dopo Eltsin.
D: Quindi con Luzhkov, Primakov…
R: Luzhkov, Primakov o altri, che non saranno sicuramente uguali a Eltsin, ma molto più diffidenti nei confronti degli Stati Uniti.
D: Esiste ancora il pericolo di una guerra civile, o della nascita di personaggi nazionalisti come il generale Lebed?
R: Non credo che ci sia questo pericolo per tante ragioni che qui è difficile analizzare. La battaglia si svolgerà, se si svolgerà, tutta a Mosca o poco lontano. Poi questi nuovi uomini saliranno al potere. E siccome non si tratta di irresponsabili ma di personaggi che conoscono i problemi e i pericoli del paese, credo che si prospetterà un risanamento della situazione. Io non penso che un cambio di regime possa costituire un problema per la Russia. Il vero problema ci sarebbe stato se la Russia fosse rimasta con questo governo. Sarebbe andata a pezzi e si sarebbe trasformata in una piaga insanabile.
D: C’è ancora questa probabilità?
R: C’è ancora questa probabilità perché io ancora non sono convinto che il presidente Eltsin e il suo entourage se ne andranno senza combattere.
D: Non credo che lasceranno facilmente la preda. Lei mi ha detto comunque che la polizia, la forza militare è in mano loro.
R: In questo momento sì, però ho il sospetto che il signor Luzhkov abbia lavorato in profondità e che a Mosca una parte di rilevanti forze di sicurezza sia nelle sue mani e non in quelle del presidente.
D: Un’ultimissima cosa, dottor Chiesa: noi siamo dispiaciuti per molti nostri amici astronauti, io ho intervistato anche il vice presidente dell’agenzia spaziale russa, perché la MIR cadrà nell’Oceano. Questo non è bello!
R: Questo non è ancora sicuro.
D: Mi ricordo che l’hanno scorso cercavano fondi e hanno chiesto anche a noi, se conoscevamo in Italia qualche imprenditore interessato a salvare la stazione orbitante. E’ un grande schiaffo morale per l’astronautica russa.
R: Io non credo che l’abbandono della MIR sia già scontato.
Le posso dire una cosa. Nel pezzo che ho scritto sabato scorso si legge: “Gli astronauti sono scesi dalla navicella ma non hanno spento le luci”. Secondo me una parte dei russi e anche della cosmonautica russa non ha nessuna intenzione di abbandonare la MIR. Vedremo!
D: La ringrazio dottor Chiesa.
R: Grazie a lei.

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