Il mondo della donna

                                                                                 

                                                                                           

                                                                  Costume  pag 1

   

                                                                                                    


  Per molti secoli il ruolo della donna è continuato ad essere sottovalutato rispetto a quello degli uomini.
Basti pensare al dialogo tra Ettore e Andromaca (la più bella e poetica figura femminile dell'Iliade); da questa lettura emergono chiare due situazioni: quella della donna che, con la preghiera al marito di abbandonare la battaglia, esprime le ragioni del cuore e quella del marito che, per la ragion di stato, esorta la donna a tornare alle faccende domestiche, poiché la guerra e la salvaguardia dello stato spettano solamente agli uomini.
 La donna greca infatti, che nei poemi omerici divide la dignità del capo famiglia e i doveri dell'ospitalità, nella vita era educata esclusivamente alle arti domestiche (“…..torna a casa, e pensa alle opere tue..”, “….alla guerra penseran gli uomini…”).
 Le donne antiche, salvo alcune eccezioni fra cui il caso di Saffo, sono state oggetti ma non soggetti di testimonianza. Il suo animo femminile, infatti, non poteva cantare i motivi usuali della lirica del suo tempo, le lotte politiche non l'attraevano; ella cantava “ciò che s'ama”, ed esprimeva liberamente anche i suoi sentimenti amorosi verso altre donne.
Rarissima è la testimonianza delle donne nei secoli antecedenti al medioevo; si deve arrivare verso l'XI-XII secolo, quando nasce il cavaliere cortese, che subordina la guerra all'amore, per trovare, accanto ai trovatori, “le trovatore”; donne che lamentavano nei loro scritti la poca spontaneità dei loro corteggiatori. Chi scrive libri però, per tutto il medioevo, sono solo gli uomini.
Nella società comunale la donna resta esclusa dalla cultura e dal potere.
Fino al cinquecento l'unico spazio in cui si afferma qualche voce femminile è quella del convento e del movimento delle mistiche, al quale appartengono Angela da Foligno e Caterina da Siena. Esse parlano ma non possono scrivere. Il loro messaggio è raccolto e mediato dalla mano maschile. Ma anche la parola era soggetta a forti limitazioni: le donne potevano solo esporre esperienze personali. Non rimane perciò loro che scrivere in forma autobiografica.
 Si dovrà giungere fino al Rinascimento perché queste comincino a scrivere e a pubblicare; con l'invenzione della stampa anch'esse potranno accedere alla cultura ed esprimere, scrivendo, una loro visione del mondo.
Oggi la presenza della donna nella letteratura e nell'arte è pressoché costante; essa può manifestare liberamente il proprio vissuto.


                                    

 
                                                              Il femminismo


Il movimento femminista, preparato dalle idee divulgate dai filosofi e letterati dell'Illuminismo, apparve per la prima volta in Francia all'epoca della Rivoluzione francese.
Nel 1791, la scrittrice Olympe de Gouges presentò di fonte all'Assemblea Costituente di Parigi, una Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina rivendicando i diritti delle donne.

La petizione fu respinta da Robespierre, che fece ghigliottinare la de Gouges, ma il movimento femminista non si arrestò e anzi, crebbe sempre più numeroso in Francia, in Inghilterra e in Germania sostenendo fermamente l'emancipazione femminile. E, nel 1869  Stuart Mill pubblicò L'assoggettamento delle donne (The Subjection of Women),che fu il cardine della letteratura femminista.


L'emancipazione femminile è stata raggiunta lentamente, prima sul piano economico, poi su quello giuridico e intellettuale e solo recentemente sul piano politico. Il movimento femminista ebbe grande sviluppo nei paesi anglosassoni, soprattutto in Inghilterra dove, nel 1903, Emmeline Pankhurst fondò l'Unione sociale e politica femminile (Women's Social and Political Union) che, con le manifestazioni clamorose e spesso violente dei suoi membri, le cosiddette suffragette, riuscì a ottenere per la donna il diritto al voto politico. Movimento di liberazione della donna ha conosciuto una nuova fase di sviluppo negli anni Settanta, riprendendo tutte le sue rivendicazioni e puntando contro il cosiddetto 'sciovinismo maschile', ossia la protesta contro una società diretta esclusivamente da maschi.

I movimenti femministi degli anni '70 si dedicarono quindi alla creazione di una coscienza dello stato di oppressione in cui versavano le donne ed alla propria liberazione da questo. Ritenendo che la differenziazione dei ruoli sessuali privilegiasse quello maschile e che fosse il risultato di 'un'ideologia oppressiva', dovuta ad un sistemaeducativo retrogrado e condizionante.
Il movimento rimase sempre esterno alla politica e alle ideologie tradizionali, poiché considerati prodotti della cultura autoritaria maschile, e si distinse nell'attenzione che conferiva alle singole esperienze di vita, utilizzate base per analizzare la situazione comune a tutte le donne.
La necessità di una cultura femminista ha prodotto numerose pubblicazioni, da testimonianze di oppressione sessuale, sociale, giuridica e politica.

Parallelamente e in contrapposizione alle organizzazioni di tipo riformista, si sono formati numerosi gruppi di femministe radicali che credevano che la liberazione della donna potesse avvenire grazie alla negazione della società,
dominata da valori maschili, e nel rovesciamento del sistema.
Le forme più acute ed estremistiche di femminismo si sono poi attenuate nel tempo, concentrandosi più che verso il rovesciamento del sistema, verso un 'effettiva uguaglianza nel potere decisionale nei vari campi della società.   

                                                                      

                                                                                                   

                                                                         Il diritto di voto


Nel 1919 Nitti propose l'allargamento del diritto
di voto politico e amministrativo alle donne, ma la crisi del sistema liberale impedì al progetto
di approdare all'esame delle Camere.  Fu Mussolini, nel 1923, a introdurre
il suffragio amministrativo femminile, che tuttavia non trovò applicazione a causa della stessa riforma fascista degli enti locali; le suffragiste che avevano appoggiato il fascismo credendolo una forza di rinnovamento e modernizzazione nazionale videro così la loro aspirazione travolta dal sistematico smantellamento degli istituti di partecipazione individuale alla vita dello stato.
Per un pieno riconoscimento dell'elettorato attivo le donne italiane dovettero attendere, dunque, la liberazione del paese dalla dittatura e l'instaurazione della democrazia:
nella primavera del 1946 esse si recarono alle urne per la prima volta.

                                                                                        

                                                                             

                                                                                                    

  


                                                                                                     Nel Corano..

Con l'avvento dell'Islam, il velo diventa un segno esteriore di adesione delle donne alla religione islamica. La scelta della donna musulmana di coprire la testa si ricava dal Corano. Esso dice: « Oh Profeta! Dì alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli, questo sarà più atto a distinguerle dalle altre e a che non vengano offese ... »
(Cor. sura XXXIII, 59).

                                                                    Cosa deve coprire il velo?


Il Corano dice: « Dì ai credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne; questo sarà per loro, cosa più pura, ché Dio ha contezza di quel che essi fanno. E dì alle credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne e non mostrino troppo le loro parti belle, eccetto quel che di fuori appare, e si coprano i seni d'un velo e non mostrino le loro parti belle altro che ai loro mariti, o ai loro padri o ai loro suoceri o ai loro figli... » ( Cor. XXIV, 30-31).

Questi due versetti coranici contengono due prescrizioni fondamentali per ogni buona musulmana:

Una donna non deve mostrare la propria bellezza se non agli uomini che fanno parte della sua stessa famiglia (padre, marito e figli...)
Una donna deve coprire le proprie parti belle
L'interpretazione del secondo versetto  suscita non poche difficoltà su quali siano effettivamente le parti belle da coprire.

Su questo secondo versetto nel corso dei secoli di storia dell'Islam si sono soffermate le diverse interpretazioni, a volte tradizionaliste a volte moderniste, sull'uso del velo nelle società arabo-islamiche.

                              

 
                              


 
                                                                                                   Il  velo

Nella tradizione greco-romana il velo assume un valore simbolico e religioso.
La sua presenza è legata sia al mondo divino che ad alcuni momenti fondamentali della vita di ogni cittadino.
Divinità o personaggi appartenenti alla mitologia, come Elena, Fedra, Penelope, sono tradizionalmente raffigurati con un velo che ricopre testa e spalle.


L'origine di questo costume sembra, in ogni modo, legarsi a una sorta di sottomissione o consacrazione alla divinità: lo testimoniano la cerimonia del ver sacrum in cui ragazzi e ragazze usavano coprirsi il capo, e l'abbigliamento tipico delle Vestali, caratterizzato dalla presenza del suffibulum, un velo bianco di forma rettangolare.

Il velo aveva anche un valore iniziatico: nei riti e nelle cerimonie di passaggio l’iniziando - sia uomo che donna - lo indossava com’è documentato anche da testimonianze letterarie ed iconografiche

A conferma del valore sacrale del velo è da aggiungersi la prassi propria delle cerimonie funebri, in cui in segno di lutto e dolore i Greci e i Romani si velavano il capo.