STORIA DEL DIGIUNO

 

TRATTO DA “IL DIGIUNO TERAPEUTICO”

DI SEBASTIANO MAGNANO

 

TESTO DEL CORSO DI FORMAZIONE

PER DIGIUNO TERAPEUTI

 

DIGIUNO

 

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CORSO DI FORMAZIONE PER DIGIUNOTERAPEUTI

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STORIA DEL DIGIUNO

IL DIGIUNO NELL’ANTICHITÀ’

 

 

                                                                                                                        

IPPOCRATE (Cos il 460 A.C.)  E IL DIGIUNO

 

 

 

IL DIGIUNO NEI TESTI IPPOCRATICI

 

Ippocrate è il primo medico di cui con certezza si possa dire che prescrivesse il digiuno.

Nello scritto di Ippocrate "Il regime nelle malattie acute" (Ippocrate, Utet) molti passi fanno riferimento al digiuno che, con la tisana d'orzo, era il regime più utilizzato dai medici del tempo nelle malattie acute.

Per Ippocrate il regime più sicuro durante le malattie acute è la  tisana d'orzo. Ritiene tuttavia che a volte il digiuno completo possa giovare: quando il paziente è in condizioni tali da protrarre il digiuno fino alla risoluzione della malattia.

Se il medico ritiene il paziente non sia in grado di digiunare fino alla guarigione, è meglio che somministri fin dall'inizio la tisana d'orzo, piuttosto che far digiunare nei primi giorni e poi somministrare la tisana d'orzo o, peggio ancora, altri alimenti.

Per i cultori del digiuno la posizione di Ippocrate è facilmente comprensibile: essi sanno infatti che la ripresa dell'alimentazione dopo il digiuno è il momento più delicato. E' necessario rialimentarsi con cautela, utilizzando alimenti estremamente digeribili e in modeste quantità: l'apparato digerente, inerte per giorni, deve riprendere l'attività gradualmente, pena grosse difficoltà digestive.

Se teniamo presente che il momento determinate per la guarigione era, secondo la dottrina degli umori, quello della "crisi", grazie alla quale l'umore in eccesso, opportunamente modificato (concotto) veniva espulso (momento "critico" perché poteva evolvere favorevolmente verso la guarigione o viceversa verso la morte se l'energia vitale non fosse riuscita a completare l'espulsione dell'umore "peccans") possiamo capire come la preoccupazione di Ippocrate fosse quella di non far coincidere la "crisi" della malattia con il momento delicato della ripresa alimentare, per non imporre al corpo una duplice difficoltà da superare.

L'abilità del medico consisteva dunque nel saper prevedere il momento critico e nel valutare correttamente le energie del malato in modo da farlo digiunare fin dall'inizio della malattia acuta solo se le forze fossero sufficienti a sostenere il digiuno fino alla crisi.

 

 

Riportiamo tutti i passi del libro IL REGIME NELLE MALATTIE ACUTE  che parlano del digiuno

 

PASSI SUL DIGIUNO TRATTI DAL TESTO DI IPPOCRATE

“IL REGIME NELLE MALATTIE ACUTE”

(UTET)

 

(7)  ’Mi sembra opportuno trattare qui di quegli argomenti che non sono ancora ben compresi dai medici, benché la loro conoscenza sia utile e benché essi possano comportare o grandi benefici o grandi danni. Dunque fra gli argomenti non ben compresi è questo: perché mai nelle malattie acute alcuni dei medici passano tutto il tempo a propinare tisane non filtrate, e ritengono così di curare correttamente, mentre altri si adoperano in ogni modo perché il malato non inghiotta alcuna particella d'orzo - pensano che ne deriverebbe gran danno - e quindi somministrano l’infuso solo dopo averlo filtrato attraverso un panno di lino; altri ancora non danno né tisane dense né infusi filtrati, altri non ne danno finché giunga il settimo giorno, altri infine mai finché la malattia sia venuta a crisi.’’

 

 

Commento:Ippocrate sottolinea la mancanza nella prassi medica del suo tempo  di un unico  criterio generale,comune a tutti i medici,nel determinare il regime alimentare migliore  in caso di malattia acuta. Tisane  d’orzo non filtrate,tisane d’orzo filtrate,digiuno completo(né tisane dense né infusi filtrati) dall’inizio della malattia fino al settimo giorno oppure fino al sopraggiungere della crisi:questi erano i diversi regimi prescritti dai medici. Ci rendiamo subito conto che pur nella varietà di scelte emerge un criterio generale: ridurre e semplificare l’alimentazione,ricorrendo ad un digiuno completo o a quello che oggi viene definito digiuno attenuato(diete liquide,modestissime quantità di cibi semplici,di facile digestione

 

 

(10) “Sembra dunque che la tisana d'orzo correttamente sia stata preferita agli altri alimenti cereali in queste malattie, e approvo coloro che le diedero tale preferenza.”

 

 

(25) “Ritengo infatti meglio - in linea di massima - cominciar subito a somministrarlo piuttosto che tenere il malato a digiuno e poi iniziare con l'infuso il terzo o il quarto o il quinto o il sesto o il settimo giorno, se nel frattempo la malattia non è venuta a crisi.”

 

Commento:questo passo va letto attentamente e correttamente interpretato.Ad una prima lettura potrebbe far pensare che Ippocrate consideri la tisana d’orzo il regime migliore in ogni caso,e scorretto sempre ricorrere al digiuno. In realtà per Ippocrate l’errore consiste nell’interrompere il digiuno prima della crisi(iniziare con l’infuso...se nel frattempo la malattia non è venuta a crisi).Come vedremo questo concetto verrà ripetuto e precisato.

 

(26) “So che i medici fanno esattamente il contrario di quello che si deve: vogliono tutti, dall'inizio della malattia, far dimagrire i pazienti, con un digiuno di due, tre o più giorni prima di propinare le tisane e le bevande: e forse sembra loro abbastanza naturale, poiché un grande mutamento ha luogo nel corpo, contrapporvi un altro violento mutamento.”

 

 

(27)  “Ora far compiere un mutamento è vantaggio non piccolo: correttamente però e con sicurezza si compia .”

 

 

(38) “ un assoluto digiuno talvolta giova, se il paziente è in grado di sopportarlo finché la malattia, al suo culmine, venga concotta.”

 

 

Commento: Nei  passi su riportati Ippocrate precisa il suo pensiero:essendo la malattia acuta un brusco cambiamento, può essere vantaggioso contrapporvi un brusco cambiamento riequilibrante,ma questo va fatto secondo precisi criteri e senza esporre a rischi il paziente.Il digiuno,essendo un brusco cambiamento di regime,può essere utile nelle malattie acute,ma essendo anche una condizione delicata  nella condizione precaria della malattia,deve essere effettuato valutando attentamente la patologia in atto e le condizioni generali del paziente.

In modo particolare bisognerà valutare due cose:1)Il giorno in cui si sarebbe verificata la crisi(Questa previsione era considerata una delle più importanti ,e vi erano criteri clinici per farla,ma anche criteri puramente ‘’numerici’’:giorni dispari,il settimo giorno ecc.)

2)Se il paziente si trovava in condizioni generali tali da poter digiunare fino a crisi avvenuta. Infatti riprendere l’alimentazione prima  o durante la crisi sarebbe stato deleterio,essendo l’organismo interamente impegnato nell’eliminazione dell’umore in eccesso e non potendo quindi ,senza pericolose dispersione di forze,impegnarsi nella digestione. Ecco quindi perché Ippocrate afferma:’’un assoluto digiuno talvolta giova,se il paziente è in grado di sopportarlo finché la malattia,al suo culmine,venga concotta’’,essendo la ‘’concozione’’ una specie  di digestione dell’umore in eccesso che ,secondo  la teoria umorale,ne permetteva l’espulsione.

 

 

(39) “Alcuni cioè, all'inizio di una malattia acuta, hanno mangiato cibi solidi il giorno stesso dell'attacco, oppure nel giorno successivo, o hanno sorbito a caso una pozione, oppure ancora hanno bevuto il kykeon (pozione costituita da miele ,formaggio e vino). Tutte queste cose sono certo peggiori di qualsiasi altro regime: eppure un simile errore commesso in questo periodo si rivela assai meno nocivo, che se per i primi due o tre giorni si fosse completamente digiunato, e poi si fossero presi quei cibi al quarto o al quinto; e ancora peggio sarebbe se, dopo aver digiunato per tutti questi giorni, li si fossero mangiati da ultimo, prima che la malattia fosse concotta. Questa condotta potrebbe evidentemente a morte i più dei pazienti, se la malattia non fosse proprio benigna. Gli errori quindi compiuti all'inizio non sono così senza scampo, bensì assai più rimediabili.

Questa pertanto ritengo una fortissima dimostrazione di ciò, che nei primi giorni non bisogna privare di una tisana - quale che sia - quei malati che poco più avanti prenderanno appunto tisane o cibi solidi.”

 

Commento:In base a quanto è stato detto ,in caso di malattia acuta ,bisogna ridurre il cibo e in alcuni casi la cosa migliore è il digiuno completo. Chi si nutre con cibi solidi,o difficili da digerire,come il kikeon,compie un errore.Ma è ancora più grave se questi cibi solidi si prendono dopo qualche giorno di digiuno,quando la crisi si avvicina,o cosa gravissima,addirittura mortale,al culmine della malattia,appena prima della completa concozione e quindi all’inizio o durante la crisi.

L’avvicinarsi della crisi richiede un alleggerimento del regime,in ogni caso non si deve assolutamente aumentarlo:chi digiunava dall’inizio deve continuare a digiunare.Se si prevede che un malato dovrà prendere infusi o cibi solidi dopo pochi giorni dall’inizio della malattia,non bisogna farlo digiunare all’inizio:questo è il concetto ippocratico reso con la traduzione poco chiara’’nei primi giorni non bisogna privare di una tisana quei malati ecc’’

 

(40) “Assolutamente dunque non sanno, coloro che usano tisane dense, che a causa di esse peggiorano, se incominciano a prenderle dopo due o tre o più giorni di digiuno; così come coloro che usano infuso puro non sanno che da ciò sono danneggiati se l'inizio della dieta non è stato corretto.

Sanno invece, e se ne prendono cura, che è molto dannoso che il malato mangi tisana densa, prima che la malattia sia concotta, se è solito prendere infuso puro.”

 

(41) “Queste sono dunque tutte forti testimonianze, che i medici non guidano correttamente i loro malati nella scelta del regime; al contrario, nelle malattie in cui non devono digiunare coloro che in seguito si nutriranno di tisane, li fanno digiunare, in quelle in cui non bisogna mutare passando dal digiuno alle tisane, ebbene allora li fanno mutare.

E per lo più li fanno passare dal digiuno alle tisane, proprio al momento in cui di solito giova ridurre la tisana  fin quasi al digiuno, come ad esempio quando la malattia si acutizza.”

 

 

Commento:secondo Ippocrate un errore comune dei medici del suo tempo è quello di non saper valutare chi può e chi non può digiunare dall’inizio della malattia,o di far interrompere il digiuno nel momento poco opportuno.

 

 

(43) “Né vedo invero i medici esperti di ciò: come si debba diagnosticare la debolezza nelle malattie, se derivi dal digiuno, o da qualche infiammazione, o dal dolore e dall'acutezza del male; e quali affezioni, nei loro molteplici aspetti, la nostra natura e la nostra condizione procurino a ciascuno: benché la conoscenza o l'ignoranza di tutto ciò comportino salvezza o morte.”

 

(44) “Infatti è fra i mali peggiori, se a chi è indebolito dal dolore e dall'acutezza della malattia, si somministrano bevande, o molta tisana o cibi solidi, pensando che sia debole per il digiuno. E' vergognoso anche non capire che il malato è debole a causa del digiuno, e aggravarlo col regime: anche questo errore comporta qualche pericolo, molto minore però del precedente, ma più dell'altro è ridicolo: infatti se viene un altro medico o anche un profano e capisce quel che è capitato è dà al malato da mangiare o da bere _ ciò che il primo aveva proibito _, allora si vede chiaramente come gli ha giovato. E' specialmente in tali occasioni che la gente si prende gioco dei praticanti, perché sembra loro che il medico o il profano sopraggiunti abbiano ristabilito il malato già quasi in punto di morte.

Si descriveranno perciò anche i sintomi relativi a queste situazioni, in base ai quali ognuna di esse possa essere diagnosticata.”

 

 

Commento :anche in questo capitolo viene chiaramente affermata l'utilità del digiuno, tanto che uno degli errori maggiori di un medico è considerato quello di interrompere il digiuno quando le condizioni del malato permetterebbero di protrarlo. L'errore inverso (protrarre inopportunamente il digiuno) è meno grave del primo ma più facile da dimostrare e quindi chi lo compie rischia più facilmente che si evidenzi una propria incompetenza.

 

 

(47) “Molte volte maggiore è dunque il danno all'intestino, se dopo un lungo digiuno improvvisamente ci si nutre più del normale, che se si passa da un’abbondante nutrizione al digiuno; e il corpo stesso, nel suo insieme, se da un lungo ozio improvvisamente passa ad uno sforzo eccessivo, molto più ne soffre; d'altra parte, anche il corpo deve riposarsene: e se questo, dopo un grande sforzo, subito ritorna alla quiete ed alla distensione, al modo stesso occorre che l'intestino si riposi dall'abbondanza di cibo; altrimenti causerà dolore nel corpo e appesantimento in ogni sua parte.”

 

(48)”La mia discussione si è dunque rivolta in gran parte ai mutamenti, in questo o in quel senso. Son cose utili a conoscersi per ogni riguardo, e specialmente perché nelle malattie acute _ su cui verteva il discorso _ si passa dal digiuno alle tisane: e il mutamento va fatto come io ho disposto; inoltre non bisogna servirsi di tisane prima che la malattia sia concotta o che sia apparso, all'intestino o all'ipocondrio, qualche sintomo indicante vuotezza o irritazione, come verrà descritto.”

 

 

Commento:chi ha seguito le argomentazioni di Ippocrate fino a questo punto si rende conto che vengono ribaditi e precisati opinioni già espresse:quando si passa dal digiuno alle tisane,il passaggio non deve avvenire prima della concozione e della crisi,a meno che non sopraggiungano chiari segni che l’organismo non è più in grado di continuare il digiuno.

fin dall'inizio non passava poi al digiuno, ma di solito continuava con la tisana per poi passare ad una alimentazione più completata dopo la crisi.

 

 

I concetti espressi nel libro “Il regime nelle malattie acute” vengono ripresi in alcuni aforismi,( Gli aforismi, pag. 419, opera citata) Riportiamo i seguenti:

(Aforisma N.8) Quando la malattia è giunta al culmine, allora è necessario valersi di una dieta leggerissima.”

 

(Aforisma N.9) Occorre indagare anche sul malato, se con questo regime reggerà al culmine del male: se cederà per primo lui stesso, e non sopporterà il regime, oppure se il male cederà per primo e si mitigherà.”

 

Qui Ippocrate ribadisce il concetto che il “regime leggerissimo”, quello cioè che comporta il minimo apporto di cibo compatibile con le condizioni del malato, e che può essere quindi un digiuno assoluto o attenuato( come ad es., la tisana d’orzo) è utile se il malato saprà sopportarlo fino alla crisi, fino alla risoluzione della malattia.

 

(Aforisma N.13) “I vecchi sopportano assai bene il digiuno, in secondo luogo gli uomini maturi, pochissimo invece i giovani e meno di tutti i fanciulli, specie quelli fra essi che abbiano maggior vitalità.”

 

(Aforisma N.14) “Gli esseri in accrescimento hanno il maggior calore innato, dunque richiedono il cibo maggiore: altrimenti il corpo si consuma; nei vecchi invece è scarso il calore, perciò richiedono pochissimo combustibile.”

Osserviamo che l'aforisma n. 14 integra il n. 13.

 

 

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