|
di Monia Di Biagio Francesca Sarah Toich è un’attrice e lavora quotidianamente in Teatro, ma anche una bravissima scrittrice. Come lei stessa afferma: “recitare, scrivere e leggere sono verbi uni e trini a salvezza della mia follia…Sconquasso se non faccio queste tre cose.” Scrive di tutto: dai racconti noir-porno ai trattati di pittura. Attualmente sta scrivendo un romanzo che tratta la vita del suo Maestro di Teatro. Ha cominciato da qualche mese ad inviare i racconti ai concorsi e siti letterari, per vedere tutti i links del w.w.w. sui quali è presente basta digitare il suo nome su un qualsiasi motore di ricerca tipo google. Ultimamente, poi, come lei stessa vuol farci sapere, diciamo, che è stato proprio Carlo Trotta ad incoraggiarla molto nell'esporsi, dato che certamente a lui piace il suo “metodo”, anche se come lei stessa dice “non credo di averne uno.” Lei si racconta così: “io vivo abbastanza fuori dal mondo, non sono mai andata ad una premiazione di qualche mio racconto, quando finisco uno spettacolo vorrei cancellare il momento degli applausi e...insomma scrivo perchè altrimenti mi viene mal-di-stomaco e recito per lo stesso motivo. Non è modestia vera o falsa: so che recito e scrivo bene, mi è sempre stato detto fin da bambina e lavoro duramente ogni giorno per progredire nella mia ricerca artistica ma non mi interesso molto ai risultati nel pubblico, ovvero, mi fa piacere se riesco a dare delle emozioni ma...ecco, se avesse bisogno d'altro...la mia vita è abbastanza difficile da raccontare. A proposito, ho ventitre anni. Se le servono altre informazioni sono qui. Grazie comunque di avermi contattata. Francesca Sarah” ************* 1- Gent.ma Francesca Sarah, vista la tua giovane età, mi permetto di darti del tu in questa intervista. Ti autodefinisci, a ragione, una Scrittrice ed Attrice per un forte desiderio interiore, simulabile al “mal di stomaco” e certamente la tua persona merita, ne sono certa pur non avendoti vista recitare in Teatro, entrambi i termini con la lettera maiuscola. Io che scrivo e mi piace sentir recitare i miei testi, (in special modo quelli poetici) vorrei tramite te venire a conoscenza della differenza emozionale, se differenza esiste, tra l’esprimersi attraverso un’opera altrui ed il comporne una propria. Riprendo Wilde “non esistono libri belli o libri brutti. Vi sono libri scritti bene e libri scritti male, questo è tutto.” Interpretare un’opera scritta bene mi affascina, è una sfida, quasi un far l’amore con l’autore, per questo bisogna scegliere testi alla propria altezza, passarci le notti a piangere cercando di far suonare la parola. Devo amare quello che interpreto, solo così il sentimento arriva a chi ascolta. Non credo esista differenza di interpretazione tra un’opera propria ed una di uno scrittore che si ama, la sfida è la stessa e se l’attore è un bravo atleta del cuore sa emozionare ed emozionarsi interiorizzando e facendo poi uscire il testo da sé, indipendentemente se ne è l’autore. 2- Scrivi di tutto, leggi anche di tutto? Col cazzo, e non mi scuso per il termine. Leggo solo cose scritte bene, per carità di qualsiasi epoca e cultura, ma l’estetica nella scrittura è fondamentale. Per me vanno letti i geni e fortunatamente la letteratura ne è sovrappopolata. Inutile perdere tempo con “non è un granché, ma la trama….i sentimenti” no, un libro è come un quadro che appendo nella mia mente,deve essere scritto bene per forza o vola fuori dalla finestra, in giardino. Il mio cane poi è molto contento di giocarci facendolo a pezzi. |
3- E’ più facile, ma sarebbe meglio dire più affascinante: scrivere la vita, leggerla o raccontarla da un palcoscenico?
Riuscire a fare tutte e tre le cose è facile. Sarebbe difficile per me non farle, starei male a vivere senza rappresentarmi.
4- Alcuni titoli tra quelli scritti, letti e recitati?
Il tutto e il nulla. Scusa, non ho capito se vuoi l’elenco delle cose che ho scritto, ci penso e te li invio. Le altre due è difficile, sarebbe una lista estetica non esaustiva…
5- Mi hai parlato privatamente di un tuo personalissimo recente passato: quanto era ed è forte la tua voglia di distaccarsi dal mondo che ti circonda?
No, ho ben altri progetti adesso, voglio comunicare col mondo che mi divora. È carino, sto cercando la chiave ma ci sono quasi. Ho chiuso con la figura dell’artista maledetto strafatto che odia il mondo. Dopo una lunga frequentazione ho deciso che è un tantino fuori moda.
6- Partecipi da qualche tempo ai concorsi letterari, ma poi non ti presenti per il ritiro del premio…è un’autopunizione, il non credere in quello che si è appena fatto o il parziale disinteresse, vista comunque la tua partecipazione, per certi meccanismi socio-culturali?
No, mi dimentico oppure ho da fare. Il mio ideale sarebbe scrivere e basta, sogno che qualcuno si occupi delle relazioni al posto mio.
7- Ed in ambito teatrale, come tu stessa affermi: “cancellare il momento dell’applauso”, o compositivo “non ritirare il meritato premio” fanno sempre parte di quel profondo percorso psicologico, che ha visto in passato il ferire ed il “punire” la tua stessa persona?
Quando lo spettacolo è finito è finito anche il mio personaggio. Punizione per me è dovermi sorbire il “sei stata fantastica, ma come fai, brava” non ero io lassù, ma uno dei miei tanti doppi. Adesso è stanco, deve riposare. Ma lo rivedrete presto. È come se mi mandassero a dire delle cose a qualcun altro. Quando recito o scrivo sono molto concentrata quasi in trance. Poi devo staccare, non saprei cosa dire, sono contenta di parlarne a livello tecnico, cosa ha funzionato e cosa no; il mio lavoro è quello di recitare o scrivere una parte.
8- Oggi per te: è più facile farsi del bene o farsi del male?
È più facile farsi del male: è limitato nelle sue forme. Ma oramai mi annoia. Il bene è grande, illimitato, sempre nuovo. Lo preferisco.
9- “vivere fuori dal mondo a 23 anni e crearsene uno proprio e sicuro”: probabilmente semplificando di molto riassumerei così le tue parole…Ma, “chi” ha le chiavi di questo tuo universo interiore oltre a te stessa? Forse il tuo Maestro? Qual è l’importanza di quest’ultimo nella tua vita di tutti i giorni?
Dici bene, il mio Maestro, Gianni De Luigi, è l’unica persona ad avermi capito, incoraggiato, seguito per quello che sono facendomi così crescere sia artisticamente che come essere umano. Non solo lui ha le chiavi, lui è per me un portale verso la realtà bella. La sua importanza è di rendermi la vita di tutti i giorni straordinaria in un quotidiano attoriale. Inoltre è la prima persona che conosco talmente vasta da poter riempire un romanzo. Quello che sto attualmente scrivendo.
10- Ed eccoci giunti all’ ultima classica, immancabile, domanda di ogni mia intervista: se per alcuni istanti, la Maestra, mentore di un qualunque giovane alle prime armi, potessi essere tu, cosa consiglieresti di fare per accingersi a calpestare il sacro suolo dell’Arte in tutte le sue forme?
Indossare delle fantastiche scarpette di pelo rosa e ballarci sopra. Tutta l’arte, la danza, la poesia, la musica, è iniziata dal battito del piede che seguiva il battito del cuore. Ma deve essere una danza sacra, concentrata non dispersiva. Il mestiere dell’artista è un voto. L’artista per creare davvero deve lavorare continuamente, chiudersi, riflettere, agire con coscienza, dimenticarsi di sé per essere la propria opera negli altri. Non è facile. Chi lo fa, è perché non può farne a meno. Quelli che frequentano l’arte (o il suo spettro) come un dopolavoristico galeotto sollazzo lascino pure perdere. Non fanno bene né agli altri e tanto meno a se stessi.
Ps. Cara Monia, devo farti i miei complimenti per le domande che mi hai posto. Davvero belle. Mi sono divertita a risponderti. Ti ringrazio ancora, è stato bellissimo dialogare con te. Un abbraccio.
Grazie a Francesca Sarah Toich, per la sua cortese e graditissima partecipazione.
Caramente, Monia Di Biagio.
|
Copyright © 2005 [Monia Di Biagio]. ® Tutti i diritti riservati ai rispettivi autori.
N.B. Per l'utilizzo di questa "intervista" è necessario richiedere il consenso della Redattrice e dell' Autore intervistato.