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Racconti a "4 mani"

Per scrivere questo primo racconto, di quella che spero possa divenire una lunga serie di collaborazioni letterarie altrettanto interessanti, ho affiancato un bravissimo Scrittore: Massimo Baglione. Che ringrazio di cuore di questa nuova esperienza di scrittura "a quattro mani". Il Titolo che abbiamo scelto per questo nostro racconto è:

-La mia Realtà-

 

 

“Non è solo un videogioco”

di

Massimo Baglione

con la collaborazione di Monia Di Biagio

(da un’idea iniziale di Giovanna Casertano)

Note alla Copertina:

Nella raffigurazione, da noi scelta come immagine di copertina, sono ritratti Ruth ed Elliot Handler: ovvero coloro che diedero inizio alla lunga storia di Barbie, che giunge fino ai giorni nostri. Ci piace immaginare però che quelli ivi ritratti siano proprio Antonia, la nostra protagonista, con i suoi genitori. Proprio perché quale bambina, anche per un solo istante, non è stata ella stessa una Barbie? In realtà la prima bambina che giocò con quella bambola fu Barbara, la figlia di Ruth ed Elliot, dalla quale prese il nome. Il nome completo di Barbie è difatti: Barbara Millicent Roberts.

Copyright © 2005 [Massimo Baglione & Monia Di Biagio]. ® Tutti i diritti riservati.

Dedica degli Autori

A tutte le bambine del mondo,

alla vostra inalienabile Fantasia,

al vostro genuino e spassionato Amore,

affinché nel cuore e nella mente

piccole donne crescano.

Con affetto, Massimo & Monia

Introduzione dell’autore

Quando proposi a Monia di collaborare a questo racconto, candidamente mi disse: -Che bello! gioco di nuovo con la Barbie, a trent’anni, dopo almeno venti ed ancora una volta con un uomo! Da piccola lo facevo sempre con mio fratello...O meglio lo costringevo a far muovere Ken. Anche se a dire il vero lui me le rompeva sempre tutte. A nove anni ne avevo ben 18.

E l’ultima, “Barbie Trecce D’oro”, dalla lunga, folta, dorata chioma, la trovai impiccata e calva al lampadario della nostra cameretta. Ti lascio solo immaginare, caro Massimo, che fine fecero le sue belle macchinine colorate. Diciamo solo che mi divertii, verde dall’ira, a fare lo sfasciacarrozze, con un bel martellone! –Al che le risposi: -Ah sì? Anche mia sorella ci giocava con me, ed anche io gliele rapavo a zero!– Capite? Con questa affinità di gioco delle parti, questa storia poteva non esser scritta a quattro mani? Tra l’altro non ho ancora raccontato a Monia cosa combinavo a quelle bambole quando mia sorella non era lì a fare la guardia! Tanto per dirne una: i miei primi esperimenti con la forza di gravità li ho provati proprio su di una Barbie, grazie alla quale capii che non è sempre vero che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, anche se forse era la mia giovane età a farmelo credere.

Grazie Barbie, per aver contribuito alla mia intelligenza!

Vuoi aggiungere qualcosa Monia?

Solo: grazie Barbie per aver plagiato la mia vita!  

Proprio perché, anche senza volerlo e senza farci caso, soltanto oggi mi rendo conto di quanto io abbia faticato per esser almeno un po’ bella come te, avere una casa tutta rosa e bella come la tua, tante scarpe e vestiti, il cane simpatico, l’aitante fidanzato. Insomma a volte penso che sarebbe stato meglio continuare a giocare con “Ciccio Bello” almeno oggi avrei un figlio!

Ecco i due diversi modi di giocare con la Barbie: quello maschile e quello femminile!

Santo cielo!

Massimo

Premessa della co-Autrice

Quante volte da bambine ci siamo distaccate per lunghi interminabili attimi dalla realtà? Eravamo lì “sole”, perse, ma felici, terribilmente felici nel nostro mondo. Nessuna parola, nessuna frase, nessun richiamo poteva allarmarci, distoglierci, rapirci dal quel nostro mondo interiore dal quale mai eravamo pronte a far ritorno. Noi non c’eravamo per nessuno, perché eravamo lì, in una nuova e più affascinante realtà e ne eravamo le protagoniste, che pian piano riempiva i nostri spazi e manovrava le nostre azioni. Quelle stesse che agivano anche sulla realtà contingente, ma non nascevano da lì. In quel mondo incantato, cui chiave per varcarne la soglia è la Fantasia, ci siamo sentite come Alice nel paese delle meraviglie, come Biancaneve finalmente a castello con il suo bel Principe Azzurro, come le Belle Addormentate di turno che al risveglio si trovavano in un mondo fantastico e così reale che era possibile vivere anche ad occhi aperti. Era quanto di più meraviglioso la nostra bambinesca mente fosse in grado di partorire. E quello stesso gioco vorremo ripercorrere oggi, io e Massimo, con questo nostra storia, ancora tutta da raccontare, riproponendovi la fantasia, la passione, la psicologia di quegli attimi, passati e bambineschi, forse irripetibili, ma veri e di formazione interiore. Così da bambini cresciuti proveremo a creare la nostra realtà, il nostro racconto con la sua immancabile morale, quella stessa che a fine gioco faceva sentire ogni bambina un po’ più grande. Questo è il nostro intento, volando con l’incredibile fantasia di Antonia e se non ci riusciremo…Beh, è nostra fondata speranza essere almeno per voi dei gioviali cantastorie di turno. Buona lettura, dunque. Che la fantasia sia con voi e con voi rimanga sempre!

Monia

Sinossi

Il racconto è ambientato nel 2057, ovvero proprio allo scoccare del centenario della nascita di Barbie. Ricordiamola brevemente: bambola nata nel 1959, fu creata dalla Mattel. La data di nascita ufficiale è il 9 marzo. La sua storia però era iniziata due anni prima: infatti, nel 1957 Ruth Handler, una dei fondatori di Mattel, ebbe l'idea di una bambola che fosse il simbolo della purezza e dell'innocenza, e le diede il nome di Barbie. Ruth e Elliot Handler diedero così inizio alla sua lunga storia, che giunge fino ai giorni nostri.  La prima bambina che giocò con Barbie fu Barbara, la figlia di Ruth ed Elliot, dalla quale la bambola prese il nome. Le dimensioni di Barbie corrispondevano ad 1/6 di quelle di una persona, ma alcune delle sue proporzioni sono state aggiustate per facilitare la produzione dei suoi vestiti. Il nome completo di Barbie è Barbara Millicent Roberts. S’ispirava al personaggio di un fumetto che dal 1952 era pubblicato in Germania. Si chiamava Lilli, era disegnata da O.M. Hausser e rappresentava una ragazza disinvolta ed emancipata.  In Germania erano prodotte anche delle bambole che la rappresentavano e fu proprio durante un suo viaggio in Germania che Ruth Handler la conobbe. Ne acquistò tre esemplari e, una volta tornata in America, rielaborò la bambola per realizzare la Barbie ingenua ed innocente che noi conosciamo, l'opposto della originaria Lilli. Nel 1961 la Mattel creò Ken Carson, l'amico-fidanzato di Barbie, per soddisfare le richieste di chi vedeva in Barbie una ragazza troppo sola, che non rientrava nel modo di essere delle donne americane di allora. Ken fu chiamato con il nome dell'altro figlio di Ruth ed Elliot. Nel 1964 apparve Skipper, il cane di Barbie. Mentre nel 1992, Stacie, una sorella. Nel 1995, infine, è nata Shelly, la sorellina più piccola. Il primo cambiamento importante nell'aspetto di Barbie avvenne nel 1967, quando furono aggiunte le ciglia ed il movimento rotatorio del busto. Questo fu il primo di una serie di meccanismi che furono aggiunti ai vari modelli di Barbie per permetterle di "svolgere" attività sempre diverse. Nel 1971 cambiò ancora di più: fino ad allora era rappresentata con gli occhi rivolti di lato ed in basso e questo le dava un aspetto sottomesso che bilanciava le forme sensuali e provocanti. "Malibù" fu la prima Barbie con lo sguardo diretto in avanti! Ed è proprio così che, in questo 2057, i musei di tutto il mondo festeggiano il centenario della nascita dell’affascinante bambola, compagna di incantevoli giochi e di numerose generazioni di bambine. Una bambola che bambola non è mai stata, ma piuttosto un umanoide donna, perché in essa è stata iniettata “l’Anima” di tante bambine che negli anni ci hanno giocato. E’ tra tanto clamoroso festeggiare che incontriamo la nostra protagonista. Antonia, una dolce bambina che, come tutte le altre del secolo scorso, decide di immedesimarsi nella bambola e di forgiare in essa la sua personalità e la sua vita. Inizia così a giocare non “con Barbie”, ma “alla Barbie”. E stavolta lei lo fa (siamo nel 2057!) non con la bambola, ma con un simulatore virtuale dove, celata nei suoi panni, riverserà la sua fantasia, la sua Anima e soprattutto i suoi più segreti desideri, finché il simulatore stesso si approprierà della sua vita, del suo mondo, ormai totalmente e terribilmente invischiato con quello virtuale. In questo nuovo mondo immaginario tutto è possibile: amore, case meravigliose, belle macchine, ogni sorta di accessorio e di interscambiabile scenario. Ed è proprio in quel momento che, resasi conto della magia di quel tecnologicissimo marchingegno, Antonia decide di chiedere a quella che lei reputa l’invenzione del Secolo, non solo nuovi vestiti, amici, fidanzati,  belle case, ma….un vero e proprio miracolo, perché lei ormai sa che dentro al simulatore, nei panni di Barbie, può tutto!  Così, proprio perché rimasta tragicamente orfana, decide di chiedere al Simulatore se è possibile rivedere suo padre di cui conserva un velato ricordo e conoscere sua madre morta al momento della sua stessa nascita. Ma come potrà farlo? Quel marchingegno che fa della fantasia il suo carburante, potrà realmente avverare questo recondito desiderio di Antonia? Riuscirà la piccola protagonista ad incontrare i suoi genitori in questo suo magico mondo? In questa sua nuova realtà? Non vi resta che scoprirlo, leggendo quello che le nostre menti, retrocesse all’infanzia, hanno provato ad immaginare!

-1°-

Antonia è una bambina intelligente. A tre anni le insegnarono per gioco le lettere dell’alfabeto e lei, per gioco, le imparò. La settimana seguente sapeva già scrivere. In un solo anno imparò ciò che s’insegna normalmente nelle prime due classi di scuola. - Se continua così - diceva il nonno – a sei anni vorrà uscire da sola con la mia macchina! – - Non dire scemenze – gli replicava la nonna – è solo più intelligente del normale. Buon per lei, farà meno fatica nella vita. – - Guardala, Norma! Anche quando riposa ha quell’espressione di sicurezza che mi turba, sembra che sappia già cosa vuole dal mondo. – - Falla finita Pietro! E’ solo una bambina, non è un mostro. – - Secondo me, dovremmo smettere di darle giochi intelligenti e costringerla a giocare con le bambole. – - Sei proprio tutto scemo. Così la uccideresti. Imparare è la sua passione, non prova alcun interesse a giocare con le bambole, lo sai bene. Cosa faresti se ti obbligassero a smettere di allevare i tuoi preziosi canarini e ti mettessero a collezionare francobolli? Impazziresti e ne moriresti. – - E va bene, ho capito. – Pietro non poté che arrendersi in un lungo e volutamente sibilante sbuffo. E’ così che si resero conto che Antonia era speciale e che il suo futuro doveva essere protetto.

-2°-

Povera Antonia. Sua madre morì mettendola al mondo. Le sofisticate tecniche mediche non poterono nulla per salvarla. E così fu. Sua madre fece appena in tempo a vederla in braccio all’ostetrico, poi s’annebbiò la vista e svenne. Morì un minuto dopo. Ma sul suo volto rimase un bellissimo sorriso. Il padre di Antonia visse un mese in più, ma lo shock della perdita della moglie, che amava più di qualunque altra cosa, gli aveva silenziosamente indebolito il cuore fino a quando smise di battere, di notte, nel sonno. Aveva lo stesso sorriso. A cinque anni (c’era da aspettarselo) chiese ai nonni: - Dove sono i miei genitori? – Le spiegarono che mamma era morta in ospedale per colpa della “Signora vestita di viola” e che il papà l’amava così tanto che mollò tutto per poterla rivedere in paradiso. Antonia afferrò l’onesto tentativo dei suoi nonni di presentarle la questione in modo infantile, ma avrebbe gradito la cruda realtà: - Ma il mio papà aveva me, perché non è rimasto qui? Non mi voleva bene? – piangeva. Come potevano uscire da quell’opprimente interrogatorio? L’abbracciarono e, carezzandole la speciale testolina, le dissero onestamente: - Quando sarai un po’ più grande capirai, vedrai. – La piccola accettò riluttante la risposta, ma si calmò. Da allora, il padre è cresciuto nella sua mente come due distinte persone: la prima, come l’uomo che ha scelto di morire lasciandola sola; la seconda, come il padre affettuoso che non ha mai avuto. I nonni sono ciò che le restano: Norma, mamma di suo padre e Pietro, papà di sua madre. Entrambi divorziati, vivono assieme perché (dicono loro) se si fossero incontrati da giovani se le sarebbero date di santa ragione, ma avrebbero avuto un matrimonio fantastico. Quella tragedia li ha legati ancor di più e, benché le autorità non fossero d’accordo ad affidare una neonata ad una coppia così stramba, sembrano felici. Convinsero il tribunale e da allora sono i suoi tutori.

-3°-

Oggi è il compleanno di Antonia. Sulla torta colorata le sette candeline ardono impazienti e gli amichetti attorno al tavolo cantano stonati il “tanti auguri a te”, aspettando che Antonia si decida ad esprimere il suo desiderio. - mmm… - con un dito in bocca ci pensa su, certamente vorrebbe urlare a tutti che non ha desideri, che tutto quello che desidera ce l’ha già, ma loro non capirebbero. Riempie i polmoni e puff! Le fiammelle svaniscono, tutti applaudono, qualcuno vuole subito la sua fetta di torta, altri hanno buttato un occhio sul nuovo videogioco, nonno Pietro controlla la situazione e nonna Norma comincia a dividere in parti uguali. Ad ognuno la sua fetta, il suo bicchiere di aranciata, la sua forchettina di plastica ed un tovagliolino. Tutti hanno portato un regalo, anche se era stato espressamente chiesto di non farlo, ma che festa sarebbe senza regali? Li scarta tutti, uno per uno. Sono cose semplici che i genitori degli invitati hanno comprato, una via di mezzo tra il niente (poco cortese anche se su invito) ed il troppo (fuori luogo perché costoso). Solo uno ha violato palesemente l’invito presentandosi con un regalo costoso: è l’unico di famiglia ricca. - Perbacco, sarà costato un patrimonio! – esclama nonna Norma. - No, me ne hanno regalati due e non sapevo cosa farci. – si giustifica il piccoletto, incolpevole del suo agio sociale. Vedendo che gli altri compagni hanno portato delle stupidaggini, si sente fiero ed importante, convinto di aver fatto colpo su Antonia. Poverino, che colpa ne ha lui della stupidità dei suoi genitori? (questo lo pensa Antonia) Poverino, speriamo che crescendo non diventi stupido come loro! (pensiero mio) Ad ogni modo, quel regalo monopolizza l’attenzione di tutti gli invitati. Nonno Pietro segue le semplici istruzioni e lo collega allo schermo, lo accende ed il silenzio regna sovrano. La nonna, intanto, ripulisce il tavolo e tutte le cartacce che quei bambini hanno lasciato in giro, incurante delle prestazioni grafiche e sonore del nuovo, fantastico, richiestissimo e stravendutissimo videogioco dell’ultima generazione. Un aggeggio costoso che non tutti possono permettersi. Il videogioco comincia.

-4°-

Il maxischermo amplifica il realismo e la diffusione sonora in surround fa il resto. Sembra davvero di essere parte del gioco, immersi in quel cocktail di grafica virtuale ed immagini di una volta. Una voce fuori campo, grave e ben impostata, descrive brevemente ciò che si sta vedendo fino a quando tutto si ferma e dice: - Tutto quello che avete visto è realmente accaduto, ma con StorySimulator potrete cambiare la storia e, forse, rendere il mondo migliore. Con il nuovo diffusore cerebrale avrete una percezione reale del gioco e per tutto il tempo che rimarrete collegati vivrete in quella nuova realtà. Siete sicuri di voler continuare? – - Che diavoleria! Ai miei tempi c’era solo la PlayStation! – esclama nonno Pietro, affascinato e lievemente spaventato da quella voce. - La playcosa? – chiede il bimbo ricco. - Roba vecchia. Era simile a quell’aggeggio che hai regalato ad Antonia, ma molto, molto, molto più semplice. – - Ah capito, un computer al silicio. Roba vecchia. – conclude il marmocchio. - Non sarà pericoloso per i bambini? – pensa ad alta voce nonno Pietro. - No, non è pericoloso. – esclama la voce. – In qualsiasi momento è possibile interrompere il gioco: spegnendomi, dicendomi “Stop” oppure premendo “pausa” sul telecomando. Per una maggior sicurezza, nel pacchetto è incluso un cappello in fibra di lega leggera, che impedisce ai miei segnali cerebrali di interagire in qualsiasi modo con chi lo indossa, lasciandogli quindi la mente libera. – - Dio mio, mi hai risposto tu? – dice Pietro indicando il maxischermo. - Esatto. Posso interagire con voi in tanti modi, quello verbale è il più ricco. – - Santo cielo! – Nonno Pietro è sconcertato. - Bambini, questo lo spegniamo. Giochiamo con gli altri giochi. – Ovviamente non ottiene l’entusiasmo sperato, ma quel gioco è troppo potente e sconosciuto per quei bambini. Tutti tranne Antonia, forse… Quei bimbi sono loro ospiti ed i loro genitori glieli hanno affidati, non può rischiare di infrangere la loro fiducia.  - Se vogliono ci giocano a casa loro. – dice a bassa voce a Norma, una volta tanto d’accordo con lui. La festa finisce presto, i genitori che vengono a riprendersi i figli si fermano qualche minuto per bere qualcosa e dare un bacio alla festeggiata. Alla fine restano soli: i nonni sfiniti stravaccati sul divano ed Antonia di là in sala ad armeggiare con lo StorySimulator. La voce ripete: - Siete sicuri di voler continuare? – La piccola non ha dubbi: - Sì, continua. – Il gioco inizia.

-5°-

 - Tante cose sono accadute in passato, molte di esse potevano andare diversamente mutando in meglio o in peggio, ma questo non lo sapremo mai, possiamo solo immaginarcelo. – Nella mente di Antonia si sta costruendo l’ambientazione virtuale che il simulatore trasmette con i segnali cerebrali. Guardare il maxischermo è superfluo, le sensazioni che trasmette sono nulla in confronto a ciò che sta vivendo la piccola nella sua testa. Tutto è reale: suoni, odori, colori, emozioni e sensazioni. Nonostante stia ferma, anche il movimento è simulato, cioè se lei vuole camminare, correre o saltare, lo farà davvero nella simulazione, pur restando seduta nella realtà. Questo approccio iniziale è il modo con cui il simulatore approfondisce la conoscenza del suo interlocutore, perfezionando il collegamento cerebrale. Ognuno reagisce a modo suo con quell’interfaccia ed Antonia sembra nata per quella, tanto che il simulatore indica sullo schermo la cifra “100%” come coefficiente di risposta mentale. Scommetto che anche i progettisti di quel videogioco ne rimarrebbero sorpresi. La media va dal 50% (chi è duro come un sasso) al 80% (come quasi tutti gli esseri umani intelligenti con sufficiente voglia di imparare e creare). Meno del 50% vuol dire essere dei vegetali, anche se forse i programmatori avranno pensato bene di non offendere nessuno indicando valori al di sotto di quella soglia. Oltre l’80% si ha la mente totalmente aperta e completamente interfacciabile con apparecchi simili allo StorySimulator. Dal 90% in poi è tutta velocità, ovvero non esiste nessun impedimento tecnico, psichico o biologico che ne rallenti la simulazione. Il 100% è una rarità! In altre parole, Antonia ed il suo nuovo videogioco sono una coppia perfetta. - Prima di continuare la simulazione, ho bisogno di conoscerti meglio. Sfortunatamente non mi avete fornito un’interfaccia visiva, quindi non posso vederti. Continuo? – - Sì, continua. – - Quanti anni hai?– - Indovina. – - A giudicare dal timbro di voce, sembri una bambina, ma secondo le tue risposte mentali direi che hai 12 anni. - - Sbagliato, ne ho 7. Li compio oggi. – - Sono spiacente, ma per i minori di 10 anni è necessaria la presenza di un adulto. Altrimenti dobbiamo continuare senza il collegamento cerebrale. – - Scherzavo. Ne ho 11. – - Bene. Come ti chiami? – - Antonia. Tu? – - Non ho un nome, ma puoi darmelo tu. – - Come ti piacerebbe essere chiamato? – - Sono spiacente, ma non sono in grado di rispondere. – - Vediamo… ti chiamerò… Papi! – - Ha un significato particolare quel nome? – - Sì. – - Cosa significa? – - Te lo spiego dopo, adesso voglio giocare. - - Va bene, d’ora in poi mi chiamerò Papi. –

-6°-

- Che cosa possiamo fare? – chiede Antonia. - Nel mio archivio è stata inserita una biblioteca virtuale degli ultimi mille anni di storia. E’ possibile approfondire ogni avvenimento, oppure modificarlo a tuo piacimento. La mia programmazione è in grado di generare una nuova simulazione storica in base a quel cambiamento. – - Cosa vuol dire? – - E’ semplice. Se, per esempio, Cristoforo Colombo non avesse scoperto l’America, probabilmente l’avrebbe scoperta qualcun altro, ma la storia sarebbe cambiata radicalmente e forse l’America si chiamerebbe in un altro modo. – - e come puoi far cambiare la storia? – - Io non posso cambiarla, ma insieme possiamo creare una simulazione che ne generi le conseguenze. Potresti vestire i panni di una pirata che affonda le tre caravelle ed io posso scegliere il prossimo esploratore tra i candidati più probabili vissuti realmente in quel periodo. Non è semplice creare una simulazione del genere, perché più andiamo indietro nel tempo, più scarseggiano le mie conoscenze. Consiglierei di partire da un periodo recente, così posso sfruttare gli archivi digitali, i filmati e le documentazioni che di sicuro sono maggiori e più ne ho a disposizione, più la simulazione sarà realistica. Ma per elaborare una simile mole di dati servirà del tempo ed avrò bisogno di un collegamento esterno per entrare nelle banche dati.– - Bellissimo! Voglio iniziare subito! Cosa ti serve per collegarti? – - E’ sufficiente un collegamento ad una qualsiasi parabola per comunicazioni, come quelle per internet. – - Ce l’ho! – - Bene, non devi fare altro che inserire lo spinotto nel mio slot. Tutte le mie ricerche esterne sfrutteranno una linea gratuita, quindi non ci saranno spese a carico. – Antonia non se lo fa ripetere: prende il cavetto dalla confezione e lo collega alla presa. – - Fatto! – Esclama. Per qualche attimo la voce non si fa sentire. - Bene. Il collegamento funziona alla perfezione. Da questo momento in poi abbiamo una quantità infinita di dati per giocare. – - Che bello Papi! Dai, iniziamo!  - Bene, sceglierò io per te. In rete ci sono tante notizie che riguardano una bambola di nome Barbie. La conosci? – - Sì, la conosco. – risponde Antonia storcendo il naso – le mie amiche ce l’hanno tutte ma a me non piace. – - Non ti piace la bambola? – - Non mi piacciono proprio le bambole… non so se puoi capire. – - No, infatti. Ma di questo me ne posso preoccupare più tardi. Da quello che ho capito, questo è il suo centesimo anniversario. Dev’essere proprio importante se le dedicano tutte queste informazioni. – - Credo di sì. – - Ecco! Questa è la storia giusta per farti capire bene come funziona il gioco. Vuoi fare un viaggio nella vita di Barbie? – - Uff! Dobbiamo proprio? – - Certo che no. Ma secondo me è perfetto. – - Va bene dai, tanto non ho altro da fare. – - Ottima scelta. Con tutte quelle informazioni che girano posso creare una simulazione fantastica. Tieniti pronta che si parte! – La mente di Antonia è travolta da una quantità spaventosa di segnali cerebrali, talmente ben assorbiti che la simulazione ha una qualità paragonabile solo ad un sogno a colori, con la sola differenza che la mente è cosciente e quindi può ricordare tutto nei minimi dettagli, come se stesse accadendo veramente. La voce appare in queste visioni come una persona rassicurante e saggia che interagisce con Antonia, la mente della bambina lo ha figurato come Babbo Natale (esiste qualcuno più rassicurante di lui?). E’ il 1957, in Germania. Antonia sta seguendo discretamente Ruth Handler (la donna che ha inventato Barbie) mentre entra in un negozio, attirata da una bambola in vetrina. Il venditore dice che si chiama Lilli ed è stata costruita ispirandosi all’omonimo fumetto. Ovviamente Ruth non l’ ha mai letto, ma quella bambola dall’aspetto così disinvolto, certamente costruita per impersonare la ragazza media, emancipata e fuori dagli schemi, le fa accendere una lampadina in testa. Ne compra tre: una forse per conservarla, una per regalarla ed una per poterci fare tutti gli esperimenti che vuole per realizzare l’idea che le è venuta in mente. Torna di corsa in America, ne parla a suo marito Elliot ed ecco che nasce la prima Barbie, più ingenua ed innocente, tutto l’opposto di Lilli. - Perché mi hai chiamata Barbie? – chiede Antonia a Ruth. - E’ il diminutivo di Barbara, mia figlia. Non ti piace? – - Sì, credo di sì, ma mi sarebbe piaciuto un nome vero, tutto mio. – - Come volevi chiamarti? – - Non so, qualcosa di più credibile… tipo Giulia, o Sara… un nome tutto mio insomma. – - Forse hai ragione, ma devi capire che questa bambola deve rappresentare tutte le bambine che ci giocheranno. Anche se Barbie è il diminutivo di nostra figlia, in realtà diventerà come un nome proprio. Anzi, sai cosa ti dico? Forse questo nome sarà così famoso che nessuna madre oserebbe chiamare così una figlia. Così come nessuna madre, o quasi, chiamerebbe il loro figlio Gesù o Cristo, o una figlia Madonna. Capisci? Avrai un nome importante! – - Quindi sono Barbie. Sono appena nata. – - Esatto. – - Devo chiamarti “mamma” ? – - Non sei obbligata, ma mi farebbe piacere, certo. – - Mamma! – - Barbie cara, che bello vederti sorridere! – - Oh mamma, abbracciami. – Ruth, convinta della sua brillante idea, stringe a se la Barbie come una figlia appena nata. - Vuoi conoscere il resto della famiglia? – - Oh sì mamma, mi piacerebbe molto! – - Lei è Barbara, mia figlia. – - E’ mia sorella? – - Certamente! – - Che bello! Ho sempre desiderato una sorella! – - E lui è Elliot, mio marito… tuo padre. – - Pa… papà! – Antonia comincia a piangere: - Papi, interrompi! – La simulazione si blocca e la voce chiede: - Cosa succede? – - Niente Papi, niente. – - Cancello la simulazione o la salvo per riprenderla quando vorrai? – - Salvala. Ora vado a mangiare, s’è fatto tardi. – - Va bene. A presto Antonia. – - Ciao Papi. – e spegne tutto.

-7°-

A tavola, nonno Pietro chiede ad Antonia: - Ho visto che stavi giocando con quel coso. Eri così immersa che ho pensato che non è così pericoloso e non ti ho detto nulla, ma se vedi che è difficile o che ti crea problemi devi spegnerlo, va bene? – - Non preoccuparti nonno, è un bel videogioco, mi piace! – - Va bene, mi fido di te. Ah come rimpiango i bei vecchi tempi! – - Sempre a lagnarti tu eh? – la stoccata di nonna Norma arriva proprio mentre Pietro sta col cucchiaio in bocca e riesce solo a dire: - mmm… mmm… - - Non lo dire! –  - mmm… mmm… - e si arrende. Antonia scoppia a ridere: - Che matti che siete! – La cena termina in allegria. I nonni restano ancora un po’ alzati per vedere un telefilm giallo, mentre Antonia, forse spossata dal simulatore, decide di andare a dormire presto. - Buonanotte! –

-8°-

E’ mattina. La piccola si è alzata tardi ed i nonni non l’ hanno svegliata, non ce n’è motivo durante le vacanze. - Buongiorno! – - Buongiorno Tony! – gli fanno eco i nonni. Non ha mai gradito quel diminutivo, ma ai nonni piace ed ormai non ci fa più caso. - Vuoi venire con me al mercato? –  - No nonno, voglio stare qui a dare una mano alla nonna. – - Stai attenta che quella lì è una strega! – le sussurra facendole l’occhiolino. - Starò in guardia! – gli rimanda l’occhiolino e gli sorride. - Cosa state dicendo voi due? – indaga la nonna. - Niente niente! – rispondono all’unisono. - Scommetto che sta parlando male di me, vero? – chiede ad Antonia. - Non è vero nonna! – e le strizza l’occhio. - Brutto ciarlatano che non sei altro! Fuori di qui! – si toglie uno zoccolo e fa finta di tirarglielo. Il nonno scappa fuori lasciandosi dietro le due che ridono a crepapelle. Lui sorride. La nonna prepara la colazione ad Antonia, dopo di che le dice che non le serve il suo aiuto in cucina e che se vuole può andare a giocare di là. La piccola non se lo fa ripetere due volte. Torna di là e accende lo StorySimulator. Il videogioco riprende la tiritera programmata dell’accensione ma Antonia ha fretta: - Papi? – Il simulatore riconosce la voce ed interrompe l’intro: - Ciao Antonia. – - Ciao Papi. – - Vuoi continuare il gioco di ieri o ne vuoi iniziare uno nuovo? – - Quello di ieri! – - Va bene. Ti faccio ripartire dal punto esatto in cui l’ hai lasciato. – - Sì. – Il gioco continua.

-9°-

- Papà! – - Sì Barbie, sono papà. – La simulazione è già entrata con forza nella testa di Antonia facendole credere di essere davvero Barbie. - Dove sei stato tutto questo tempo? Mi sei mancato. – - Ma sei appena nata, come posso esserti mancato? – A questo punto interviene Babbo Natale (che solo lei può vedere) e le sussurra: - Ricordati che è una simulazione! – Antonia afferra il senso e riacquista un minimo di lucidità: - E’ vero papà, scusa! – e lo abbraccia. Il collegamento cerebrale riesce ad infonderle un tale senso di benessere da spingerla ad impossessarsi del suo ruolo di Barbie al punto che, forse, sembrerebbe quasi che sia la Barbie a giocare con lei. E’ un benessere diffuso, che arriva ovunque e lei non riesce a farne a meno, come una droga elettronica che spezza ogni legame con la vigile realtà, trasformando il pensiero in una leggera forma di tangibile follia. Quante bambine hanno sognato di poter giocare così con la Barbie? Antonia sta facendo di più: la sta vivendo! Prima di allora, le bambine di tutto il mondo hanno potuto solo giocare usando la bambola, servendosi di tutti gli accessori di cui potevano disporre, dal cavallo alla grande casa rosa, dalla bicicletta alla sorellina che gioca con Skipper, da Barbie e Ken (il suo fidanzato) in piscina ai due innamorati in viaggio in roulotte, immergendosi così per un certo tempo in una nuova dimensione, fingendo di compiacere se stesse accondiscendendo quegli stessi compagni immaginari di gioco come meglio credevano. Quindi, a conti fatti, Barbie era e sarà sempre una specie di simulatore, guidato esclusivamente dalla candida fantasia, una realtà virtuale in piccolo, ma che regala grandi sogni. Ora Antonia sta usando una nuova realtà virtuale, il top del suo genere, per viverne una più antica, ma sempre virtuale e tutto questo comincia a piacerle. - Figurati Barbie, capisco il tuo disorientamento. Sei nata così in fretta! – - Come sono nata? – - Guarda: questa bambola si chiama Lilli e tua madre l’ ha vista per caso in Germania. In Europa, forse, questa bambola piaceva così, ma qui in America non avrebbe avuto successo. Ne ha comprate tre, una è questa che vedi, una non so che fine le abbia fatto fare, e l’altra eri tu. – - Ero io? – Barbie non riesce a capire bene. - Sì, tu! Vedi, tu sei stata sognata così come sei adesso, una bellissima ragazza, un po’ timida e forse anche misteriosa. Sei nata per poter assomigliare il più possibile a tutte le ragazzine che ti vorranno con loro per giocare spensieratamente. Tu sei il loro sogno e noi lo abbiamo realizzato. – - Davvero? Sono così importante? – - Oh sì, lo sarai, stanne certa! – - Ma io so che prima o poi ci si stufa di un giocattolo, sarà lo stesso con me? – - Barbie cara, è così per tutte le cose, ma nel tuo caso è diverso. Tu non sei solo una bambola da tenere in vetrina con un bel vestitino, tu sei il mezzo con cui una qualsiasi bambina esprimerà ciò che ha dentro, ciò che sogna e quindi ciò che non ha. Il solo motivo per cui una bambina si stufi di te è che le si esaurisca la fantasia o che ottenga dalla realtà tutto ciò che hai tu e questo non accadrà mai. – - Ma è triste tutto questo… - - In parte forse sì, non posso darti torto, ma sognare fa parte della vita, desiderare è più facile che ottenere. Non l’abbiamo inventato noi, è così da sempre e tu le aiuterai a star meglio almeno nei loro sogni. Ti sembra brutto questo? – - No, questo è bello. Ma io non so se… - - Ce la farai, vedrai. In fondo tu devi solo essere te stessa. Il bello è questo! A loro piacerà la tua perfezione, la tua casa, i tuoi vestiti… più sarai felice tu e più lo saranno loro nella fantasia. – - Quindi sono nata per essere felice. Sarò mai triste? – - Sì, sei nata per essere felice. Non credo che sarai mai triste, ma se dovesse accadere, sarà solo per pochi attimi e sarà dipeso da qualche bambino geloso che ti vorrà fare dei dispetti. Ma tu, nella tua vita, sarai sempre sorridente. Te lo giuro! – - Grazie papà, grazie mamma. Vi voglio bene. – - Anche noi cara! – Antonia decide di fare una pausa: - Papi, interrompi. – - Sì Antonia. Qualche problema? – - Nessun problema, però durante il gioco ho capito che posso fare quello che voglio la dentro, giusto?– - Sì, nei limiti delle mie possibilità tecniche. – - Credi sia possibile farmi incontrare i miei veri genitori? – - Credo di sì, ma ho bisogno di molte informazioni che solo tu puoi darmi.– - Di cosa hai bisogno? – - In teoria, da te ho bisogno solo di immagini: foto, filmati, qualsiasi cosa che mi possa aiutare a creare i tuoi genitori virtuali. Per gli altri dati non ci sono problemi, li trovo io. – - Aspettami qui, vado a prendere tutto quello che serve. – - Va bene. – La nonna è ancora indaffarata a preparare chissà cosa: - Nonna, mi dai quella scatola con le fotografie dei miei genitori? – Norma resta un po’ sbigottita: - Cosa ci devi fare cara? – - Mi servono. Sai, con quel videogioco posso farle più belle! – glielo dice con quel suo famoso sorriso al quale nessuno osa dire no. - Va bene Tony, ma stai attenta a non rovinarle, va bene? – - Tranquilla nonnina, grazie! – Torna a sedersi di fronte al simulatore: - Ecco qua. – - Cosa hai preso che può servirmi? – - Dunque, qui ci sono delle fotografie e delle cartucce di memoria della videocamera. – - Bene. Prova a vedere se si possono inserire nel mio slot, se siamo fortunati basteranno quelle. – Antonia ci prova e fortunatamente sono compatibili. - Perfetto. Ora dammi i loro nominativi, così cerco i loro dati. – Mentre Antonia snocciola nomi e cognomi, sullo schermo appare una sintesi di tutto ciò che è contenuto nelle memorie fotografiche, segno che il simulatore le sta elaborando per costruire i modelli tridimensionali dei suoi genitori. - Fatto. – dice alla fine. - Che bravo Papi! –  - Grazie. Ora manchi solo tu. In quelle memorie non ci sei. – - E’ vero, però ho tante fotografie. Sai, i miei nonni sono un po’ all’antica e preferiscono le foto ai filmati. – - Purtroppo non ho la possibilità di vederle per crearti nella simulazione, a meno che tu non possieda uno scanner. – - No, non ce l’ ho. – - Non è così importante. Puoi scegliere di apparire come vuoi. – - Davvero? – - Sì, posso farti vedere tanti modelli tridimensionali di bambine della tua età e puoi sceglierne uno che ti piace. – Antonia ci pensa un attimo, poi gli chiede: - Puoi usare la Barbie? – - Certo. Non te l’ ho proposta perché mi hai detto che non ti piaceva. – - Sì, l’avevo detto, ma adesso mi piace.- - Bene. Allora continuerai ad essere la Barbie e ti farò incontrare i tuoi veri genitori. – - Che bello! – - Dove li vuoi incontrare? – - Non lo so. Tu cosa mi consigli? – - La Barbie, secondo quello che ho trovato su di lei, va in vacanza alle Hawaii, se vuoi li puoi incontrare lì. – - Sì dai, mi piace l’idea. – - Bene. Vuoi iniziare subito? – - Certo! – Il gioco riprende. 

-10°-

La spiaggia è bellissima, il mare calmo e limpido, qualche turista che gioca ed un cane che rincorre una pallina. Di fronte ad Antonia ci sono un uomo ed una donna che prendono il sole, sdraiati sui loro asciugamani: - Mamma? Papà? – - Brava Tony! Hai preso proprio i ghiaccioli che mi piacciono tanto! – esclama la mamma. Nella mano di Antonia si materializzano tre ghiaccioli al limone. Li porge ai due. - Siediti qui! – dice il papà. Antonia si siede. - Cos’ hai piccola, sembra che hai visto un fantasma! – chiede la mamma preoccupata. - Niente mamma, sono solo felice di stare qui con voi. – - Anche noi lo siamo! – dice il papà carezzandole la testa. - Papà… - - Dimmi piccola. – - Perché mi hai lasciata sola? - - Piccola, io non volevo lasciarti, mi devi credere, quando sei nata ero l’uomo più felice del mondo. E’ stata colpa del mio cuore, qui (le appoggia la mano sul petto), che non ha retto alla tristezza della morte di tua madre, capisci? – - No, non capisco. Avevi me, dovevi pensare a me. – - Sì piccola, avevo te, ma queste cose non si possono decidere. Ora darei chissà cosa per poterti stare vicino, per accompagnarti a scuola, per leggere le pagelle, per passeggiare al parco, per vederti crescere. Però amavo anche la mamma, l’ho amata da molto prima che tu arrivassi e perderla è stato un duro colpo. Mi dispiace piccola, lo so che in questi anni hai pensato che io ti avessi abbandonato, ma non è così. Credimi! - - Sì bambina, ascolta tuo padre. Non c’è giorno che non ti pensiamo e se esistesse una magia che ci facesse tornare vicino a te non esiteremmo un attimo per farla. – - Mammina! Non puoi parlare alla “Signora vestita di viola” e chiederle di farvi tornare da me? – - Non è possibile purtroppo. La Morte, quando ti abbraccia, lo fa solo una volta e poi non la vedi più. Ma non devi credere che sia malvagia, è solo che prima o poi tocca a tutti. A noi è toccato prima. Nonostante ciò, siamo orgogliosi di te, di come sei cresciuta e ti vogliamo un bene pazzesco che neanche puoi immaginare! – La mamma termina stringendo Antonia forte al petto. In quell’abbraccio c’è tutta una vita di fantasie. Sapeva bene com’erano fatti i suoi genitori grazie alle foto, ma un abbraccio vero come quello è molto lontano da qualsiasi immaginazione. Diffonde un calore umano ovunque e non c’è nulla al mondo che potrebbe convincerla a rinunciarvi.  Il papà si unisce alle due in un groviglio di abbracci che ne amplificano l’effetto soporifero. Antonia si sente così bene tra le loro braccia che non fa caso a Babbo Natale che tenta invano di portarla alla realtà. Si sente davvero come Barbie adesso, ha tutto, è felice. Si addormenta tra le loro braccia. Le misure di sicurezza che i progettisti hanno ideato per salvaguardare l’incolumità dei giocatori, che in questo caso si sono manifestate come Babbo Natale, non sono state efficaci. Probabilmente non avevano previsto la possibilità che chi s’immergeva in una simulazione potesse addormentarsi, quindi non potevano immaginare le conseguenze che il sonno virtuale aveva nel cervello reale. Antonia si accascia, priva di conoscenza, facendo cadere rumorosamente la scatola con le fotografie. La nonna, allarmata, entra nella stanza e comincia ad urlare come una pazza vedendo la sua piccola distesa. Chiama subito un’ambulanza che arriva tempestiva. Lo StorySimulator, ancora convinto che Antonia sia lì a giocare con lui, nel tentativo di riparare a quell’imprevista anomalia, va in tilt, congelando l’ultima immagine che la piccola stava vivendo: una famiglia felice, abbracciati in spiaggia, con i ghiaccioli che si sciolgono al sole e tre stupendi sorrisi sui loro volti. Barbie è morta felice.

-11°-

Dopo qualche giorno in cui i medici non capivano come tirar fuori Antonia dal coma, la piccola si sveglia da sola, mentre la nonna era assopita su di lei ed il nonno era fuori a parlare con un medico. - Nonna… - chiama debole Antonia. Norma si sveglia di scatto e, con le lacrime agli occhi, le sorride, allentando l’angoscia che l’attanagliava dentro. Nonno Pietro si precipita in camera: - Tony! Mi hai fatto prendere un colpo sai? – - Scusa nonnino, non volevo. – - Non preoccuparti, l’importante è che ora stai bene. Stai bene vero? – - Sì nonno, sto bene. – - Ah, meno male! – - Cosa mi è successo? – - Non ricordi nulla? – chiede un medico che nel frattempo li ha raggiunti. - No, l’ultima cosa che mi ricordo è la festa del mio compleanno. Cosa mi è successo? – Interviene il nonno: - Piccola, stavi giocando con un simulatore e sei svenuta all’improvviso. Sapevo che era una diavoleria quella! Dannazione a me! – - Quale simulatore? – - Lascia perdere, ti spieghiamo tutto quando tornerai a casa. Però qui ho una fotografia che ho fatto stampare dal tecnico prima che spegnesse il simulatore. Eccola. – Nella foto c’è quell’ultima immagine del simulatore: - Ti dice niente questa? – chiede il nonno, sperando che in qualche modo ricordasse l’accaduto. Antonia la prende e dopo lunghi attimi di silenzio chiede: - …e il simulatore che fine ha fatto? – - L’abbiamo buttato! – - NO! – urla Antonia. - Dai, non fare così… era solo un videogioco! – Con un dito accarezza i volti sorridenti dei suoi genitori e, guardando la Barbie felice tra di loro, esclama a bassa voce: - No, non era solo un videogioco! –

 Conclusioni

Questo è il momento più bello, perché quando arrivo a scrivere queste conclusioni, vuol dire che l’opera è compiuta. Mi sono divertito a scriverla, se non altro perché ho affrontato un argomento che in linea di massima non mi piace e, come spesso ripeto, il modo migliore di far bene una cosa è farsela piacere per forza. Il mondo di Barbie è agli antipodi rispetto al mio e vi garantisco che non è stato facile impersonarla. Sapete di chi è la colpa? E’ tutta di Giovanna, la quale è riuscita a convincermi della sua idea iniziale. Il bello è che mi tocca pure ringraziarla! Vabè, cercherò di essere sincero: grazie Giovanna! Ed ora tocca a Monia, povera vittima delle mie incalzanti (ma convincenti) pressioni. Sì è dovuta arrendere e mi ha spronato per portare a termine questa storia, ma secondo me l’ha fatto per chiudermi la bocca il prima possibile, ma voi tutto questo non glielo dite, vero? Grazie anche a te Monia, sei stata preziosa! Ti lascio la parola.

Massimo Baglione

Grazie innanzitutto a Massimo per aver richiesto la mia collaborazione per questo racconto-gioco, che mi ha fatto tornar bambina. E grazie a chi sin qui ci ha seguito ed a chi almeno un po’ si è emozionato come sol un gioco sa e sapeva farci emozionare. E se questo racconto voleva in piccolissima parte essere un omaggio a quella bambola che ha precorso ogni simulatore virtuale, e che nel suo piccolo ha fatto avverare i sogni di ogni bambina, credo che con la nostra dolce Antonia almeno un po’ siamo riusciti a fare assaporare l’essenza di quegli antichi giochi che con il trascorrere del tempo non cambieranno mai, perché sempre, qualsiasi sia il mezzo, saranno dettati da un’unica parola: fantasia. Sperando dunque di essere realmente stati dei “bravi cantastorie di turno” per voi,  caramente vi saluto,

 Monia Di Biagio.

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