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"10 domande a..."

-Giuseppe Mincuzzi-

di

Monia Di Biagio

Oggi vorrei presentarvi un Autore originale e che segna un certo distacco dalle precedenti interviste per il suo modo di far Poesia, perchè lui è “Er Poeta Metropolitano” ovvero Giuseppe Mincuzzi nato a Roma nel 1963, nello storico quartiere della Garbatella. Giuseppe lavora da vent’anni nel campo dell’informatica ed è felicemente sposato con Marina, la sua compagna  di sempre conosciuta all’età di 14 anni al mitico muretto di Via Chiabrera.  Ha due figli Micol di 9 anni e Mattia di 4 che adora dedicandogli tutto il tempo possibile. I suoi Hobbies preferiti sono: fotografia, equitazione, aquilonismo, lettura, musica (preferiti: Bob Marley, Renato Zero, Blues, Eminem). Le sue origini sono del sud:  la madre è di Secondigliano (Napoli) ed il padre Barese. Eredita quindi, tutta la  creatività campana e la fierezza pugliese. Questa contaminazione si assembla con la sua romanità facendo nascere un miscuglio tra passione,  ribellione e umanità. Nel corso degli anni queste caratteristiche sono messe in evidenza con le sue scelte  di vita. Si arruola volontariamente nel corpo nazionale dei vigili del fuoco per non imbracciare armi ma fare  il militare al servizio della  popolazione civile. Dentro di lui nasce un qualcosa che lo spinge fortemente  a creare e cerca di esprimere ciò attraverso la fotografia, il suo primo amore. Si occupa di fotografia dal 1988.  Vincitore di concorsi fotografici a livello nazionale, collabora con diverse testate giornalistiche (Master Viaggi,  Capitolium Millennio, Il Quartiere, I Fatti del mese)  affrontando molteplici tematiche. Il suo estro lo porta a spaziare senza problemi da immagini sul turismo a  quelle del sociale ma è da quest'ultima tematica che si sente più attratto e ciò lo porterà più avanti a  scrivere poesie. Appassionato di teatro ha lavorato per alcuni anni come fotografo di scena, presso la  compagnia teatrale "La Cipria e la Giubba". Nel campo della moda ha realizzato book fotografici per il lancio di nuovi stili e tendenze. Ma è la sua vena poetica che lo induce a smettere di fotografare per rappresentare la sua anima non attraverso le  immagini ma componendo versi. Ha sempre composto poesie d'amore per la sua compagna  ma un'ulteriore esperienza negativa, quella della perdita del posto di lavoro (ed è storia recente), lo porta a sfogare la sua rabbia interna rafforzando il verso con il dialetto romano. Gli amici lo definiscono "er poeta metropolitano". Dedito alla risoluzione di problemi nel suo quartiere e consapevole di essere un ago nel pagliaio per i problemi più importanti a carattere nazionale ed internazionale deve in ogni caso svuotare la sua rabbia altrimenti il fisico ne risentirebbe ed utilizza la poesia come strumento. La sua vena poetica è un fiume in piena, costretto a levatacce notturne o addirittura fermarsi in mezzo al traffico per appuntare versi in modo irrefrenabile. Scrive da appena cinque mesi ma si accorgono presto di lui. Immette alcune poesie su diversi siti letterari ma è soprattutto su Scrivendo che sente il desiderio di pubblicarle. Altri siti dove è possibile leggere le opere del Poeta sono: web@rtisti   liberodiscrivere   nuoviautori.org    francamente. La casa editrice ILFILO edizioni gli propone di partecipare con una sua poesia “Er tetto fatto de stelle” per la pubblicazione di un’antologia dal titolo Navigando nelle parole vol. 11. Partecipa ad un concorso nazionale di poesia dialettale e si piazza al quarto posto con la poesia “Nun pòi lassallo solo”.  Sempre su Scrivendo viene scoperto dal direttore di Rugantino un settimanale epocale per quanto riguarda il dialetto romano chiedendo il permesso di pubblicare le sue  poesie. Ma il sogno nel cassetto sta per avverarsi, il proprietario  della casa editrice EDIZIONI LA CAMPANELLA, gli offre di realizzare la sua prima pubblicazione, una raccolta di poesie e prosa  che uscirà tra qualche mese.

Il titolo ancora non è stato deciso ma lui vorrebbe che fosse “Rabbia metropolitana” per ovvi motivi.

1- Ciao Giuseppe, è oggi un vero piacere per me essere riuscita ad intervistarti. In questi ultimi tempi le nostre strade si sono incrociate più di una volta e mai senza sorprese da parte tua: una volta una nuova poesia, una volta un premio vinto, come ad esempio quello dello scorso 23 0ttobre 2004, il Concorso Nazionale “Duerre” al quale hai ricevuto una segnalazione di merito per la poesia “Nun poi lassallo solo”; la pubblicazione poi della stessa nel settimanale "RUGANTINO" anno 117° il  2 novembre 2004. Ed ancora la selezione della poesia "Er tetto fatto de stelle" per l'antologia NAVIGANDO NELLE PAROLE Vol. 11 (Ed. IL FILO, codice ISBN 88-7842-028-X) sempre ad ottobre 2004, cui presentazione è prevista per il mese di novembre presso il caffè letterario Lettere Caffè; ed ultimissima la proposta delle Edizioni Campanella di pubblicare un libro di tue poesie. Insomma “Er poeta Metropolitano” sta crescendo di meritata fama, di giorno in giorno, sotto i miei stessi occhi. Premesso che io sono strafelice per te perché sei bravo e te lo meriti, tu come ti senti? Avresti mai pensato che la poesia per la quale hai lasciato praticamente tutto, un giorno avrebbe iniziato a ricompensarti e così di gran lena? Speravi in così grandi  soddisfazioni quando, ai tuoi albori, avevi già iniziato ad essere per tutti “Il poeta del volgo”?

Prima di iniziare volevo ringraziarti per l’intervista e per quello che pensi di me. Sai benissimo che sono pochi mesi che mi cimento nel campo letterario e ricevere dei complimenti da parte di una professionista come te, con un curriculum da far paura, mi fa sentire qualcuno anche se non lo sono. Da sempre, quando intraprendo qualsiasi cosa, devo farla bene dedicando ad essa  tutto me stesso. I risultati sono sempre stati positivi altrimenti avrei lasciato perdere a priori. Ogni volta che affronto qualcosa ci metto l’anima e per la poesia è stata una cosa automatica perché l’anima in questo caso è protagonista. Sono una persona molto emotiva e questo non si evidenzia quando affronto i problemi  di tutti i giorni in quanto sono determinato e alle volte anche un po’ aggressivo,  ma  quando scrivo, anche se  esprimo la mia rabbia con sentimento. Riesco ad emozionarmi per emozionare. Mi “spoglio” totalmente per “sputare sul foglio” ma allo stesso tempo mi commuovo rappresentando quella parte di me a volte romantica altre volte melanconica perfino drammatica ma sicuramente passionale. Quando affermi che sono per tutti il poeta del volgo non ti sbagli e sono felice di questa affermazione. A volte si avverte una certa diffidenza quasi “razzista” nei confronti della romanità, ma devo dire che la mia poesia pure se in vernacolo è accettata positivamente anche da lettori del nord. Qualcuno ha detto: “anche se per campalinismo non amo il romanesco, devo dire che i tuoi versi hanno lasciato un segno nella mia anima e per questo ti leggerò ancora”. Una affermazione del genere mi riempie veramente di gioia in quanto contribuisco ad avvicinare le persone, cosa molto importante perché oggi si tende a vivere in modo  asociale.

2- Soltanto dopo aver letto alcune tue poesie il lettore, anche il meno attento, si rende conto subito che la definizione di “Poeta Metropolitano” ti si addice alla perfezione. Ma tu sai bene da solo che essere oggi Poeta Metropolitano a Roma ed usare quel vernacolo tanto musicale e che “spacca il cuore” per i propri testi, significa di per sé portare un grave testimone tra le mani fino alla meta, quello stesso che fu di Trilussa e di Belli. Quante volte, quanto spesso ti sei sentito paragonare ad essi? Quanto ne sei onorato? Quanto spaventato per così tanto confronto, che solo nasce dai tuoi giusti meriti espressivi?

Sarei bugiardo se affermassi che il paragone con Trilussa e Belli non mi faccia piacere ma io non c’entro  nulla con questi grandi autori per due motivi: primo perché ritengo di non esserne degno, sono due pietre miliari che hanno segnato definitivamente la storia  della poesia dialettale e nessuno dico nessuno potrà nemmeno imitarli. Secondo perché i miei non sono sonetti, a volte non rispettano nemmeno la metrica e gli addetti ai lavori sono sicuro che riusciranno a trovare anche errori a livello di sintassi “romanesca”. Il mio è un gergo è prosa è l’utilizzo della musicalità del dialetto romano per rafforzare con determinazione quello che penso, che sento. Le mie poesie sono prive di aggettivi o parole romane. Devo poter essere letto e capito da tutti proprio perché il tema principale delle mie poesie affronta l’ingiustizia sociale e quindi il mio messaggio deve arrivare a tutti nella speranza che arrivi soprattutto ai diretti interessati. Mi sento come se fossi  “l’Eminem de Roma”. Spero di trasmettere la sua stessa rabbia che grida   con i suoi rap. Il mio sogno sarebbe quello di poter scrivere testi per qualche band romana underground. Amalgamare i miei versi con musica adatta, come potrebbe essere la reggae music, ne uscirebbe una sorta di miscela esplosiva che colpirebbe diritto al cuore delle persone. Quello che scrivo non deve sensibilizzare la gente, che deve pensare con la propria testa, ma cercare comunque di fargli provare emozioni forti. A proposito a MONIA la parola spavento nun figura ner mio vocabolario si no che metropolitano sarebbi!

3- Ed in riferimento all’ultima domanda, o meglio alla primissima frase della mia ultima domanda ”soltanto dopo aver letto alcune tue poesie” vorrei tra le tante bellissime che sarà possibile leggere sul tuo sito, riportare qui di seguito proprio l’ultimissima che mi hai inviato:

“Nun va sempre storta”

Ma chi t'ha detto che te deve annà sempre storta

nun sempre se trova chiusa quella cazzo de porta

stàmme a sentì, si guardi bbene ce sta 'no spirajo

allunga la mano, fatte avanti che c'e' 'n'appijo.

Daje 'n carcio a 'sta porta e spalanchela tutta

fatte conosce che la gente rimarà stupefatta

urla er nome tuo forte e chiaro e fatte valè

so' sicuro, prima o poi te devono vedè.

Nun smette de sognà fatte servì a me è successo

pe' 'n'attimo ciò creduto che la vita era 'n cesso

ma si voi lottà pe' vive ma vive veramente

agguanta la mano tesa e nun penzà più a gnente.

Innanzi tutto ti ringrazio per questo incoraggiamento che seppur non mi era apertamente dedicato, oggi in particolare ho fatto mio! E poi vorrei chiederti: ti sei mai soffermato a pensare che una poesia in dialetto è più diretta di una scritta per così dire “linguisticamente corretta” e che prova ad esprimere lo stesso concetto? Sai che è più facile colpire il segno con il vernacolo? Penso ad esempio alla: “ ‘A livella” dello straordinario Totò che non tutti sanno che è stato anche un grandissimo Poeta. Ed assunto che tu sappia di poter “toccare più facilmente gli animi” così: a chi rivolgi la tua poesia, a chi con questa vorresti e potresti aiutare?  Proprio come un tempo hai fatto praticamente e non solo con le parole da Vigile del Fuoco, quale eri?

Questa poesia, come la maggior parte che ho scritto, è autobiografica. Ho, come tutte le persone, passato dei brutti momenti nel corso della mia vita. Ma il periodo che mi ha segnato in particolare è stato quello della disoccupazione. Dopo aver trascorso vent’anni della mia vita in una società che opera nel campo dell’informatica, tornando dalle vacanze (e stiamo parlando dell’estate di due anni fa) ho trovato sul mio tavolo la lettera di licenziamento per problemi di budget aziendali. Non considerando il fattore economico il mio problema esistenziale era quello di sentirmi un peso per la società. Non producevo più. Sentivo parlare di me solamente quando i telegiornali davano la notizia sul numero dei disoccupati. Fortunatamente la mia famiglia mi è stata molto vicina e soprattutto mia moglie mi ha trattato come se non fosse accaduto nulla. Dopo sette mesi e precisamente nel febbraio 2004 arriva una chiamata da parte di una società che mi ha poi assunto. Oggi lavoro a contratto determinato sempre in ansia perché il problema si ripropone ogni anno, MA LAVORO! La vena poetica è uscita fuori durante la disoccupazione. Poi i fatti recenti già descritti nella presentazione. Ed ecco che nasce “NUN VA SEMPRE STORTA”. La dedico a me e a tutte le persone che in questo momento stanno attraversando momenti difficili. Non mollate, ci vuole fortuna è vero, ma anche intraprendenza, forza di volontà e soprattutto umiltà. L’umiltà che non ti acceca ma riesce a farti scorgere l’appiglio che ti serve per superare il tuo momento difficile. Forse sarà retorica, ma veramente in questi momenti bisogna voltarsi indietro per scorgere persone che stanno peggio di te. E’ proprio per questo motivo che ho deciso di devolvere tutto il mio compenso in beneficenza. Ancora non è stato deciso come, ma sicuramente il ricavato andrà a favore di bambini bisognosi di aiuto.

4-Ad esempio la tua Poesia "Er tetto fatto de stelle" anche selezionata ad ottobre 2004 dalle edizioni IL FILO per l'antologia NAVIGANDO NELLE PAROLE Vol. 11: a “chi” vuol esser soprattutto dedicata? Di “chi” e cosa parla?

E’ dedicata a tutte le persone che vorrebbero sentirsi libere nell’anima e nelle scelte. Dedicata soprattutto ai cosiddetti Barboni o Clochard quelli che hanno scelto di vivere per strada ed avere le stelle come tetto. A quelli che vorrebbero scappare e non hanno il coraggio di farlo. A quelli che vorrebbero ribellarsi e non possono farlo. A quelli che hanno scelto di diventare poveri rimanendo ricchi.

5- Un iscritto del sito Scrivendo, ha voluto commentare “il tuo modo di far poesia” con queste parole: “Dai tuoi versi emerge una grande sensibilità oltre ad un umorismo rabbioso e scorticante nei confronti dei problemi della vita. Sei l'osservatore all'angolo del palazzo, quello che sta in mezzo al traffico, quello che ascolta e poi scrive dei romani con la valigia in mano perché una convivenza è finita, firmandola con lo spray. Il genere che segui è completamente a parte, è il nostro slang di oggi, lontano dalla Roma di una volta, è il presente raccontato senza ipocrisie, cotto e mangiato, prendere o lasciare. Le tue poesie non raccontano mondi lontani ma la realtà, una realtà che ad alcuni può sembrare scontata perché è davanti ai nostri giorni sempre, invece non smettere di descriverla mai. Non è una realtà mascherata sotto un vestito diverso per dire tante cose, è quello che esattamente vediamo, è un'altra scelta, ugualmente ben precisa e sopratutto istintiva, sincera.” Tu e la tua poesia siete veramente così? Quanto ti rispecchi in questo giudizio?

Questo iscritto si presenta con il nick-name di WEST. L’ho già ringraziato e voglio rifarlo e sono contento che tu mi abbia fatto questa domanda. La mia risposta credo sia esaustiva, ho chiesto al mio editore di poter inserire questo commento come prefazione del libro che uscirà. Spero che accetti.

6- Da quanto ho potuto comprendere, ogni tua poesia nasce da un momento, particolare, quotidiano, coinvolgente della tua Vita d’uomo impegnato ed attento e di “padre di famiglia” come si suol dire: da cosa è nata dunque la composizione di “Nun pòi lassallo solo” oggi anche pubblicata sul “Rugantino”?

La poesia è molto esplicativa, è un atto di accusa verso tutti i figli che trattano male i genitori che una volta diventati anziani diventano per loro un peso ingombrante. E’ facile amarli quando gli si chiedono dei soldi per tirare avanti. E’ facile chiedere al padre di ristrutturare l’appartamento e alla madre di cucirgli le tende, cucinare , prendere i figli a scuolaIl difficile viene quando per motivi di salute e vecchiaia sono loro cha hanno bisogno. Avete mai assistito a quelle scene vergognose di figli  che una volta accompagnato alla posta o alla banca il proprio genitore lo trattano male perché non capisce cosa gli viene chiesto o perché gli fa perdere del tempo prezioso? Io dico di amare i propri genitori, rispettarli e soprattutto stimolarli a vivere.

7- Ed a proposito di Rugantino appena citato, del dramma appunto di Rugantino, cosa ti fa più emozionare: la cruenta fine del protagonista, le condizioni di assoggettamento assoluto del volgo romano al tempo del Papa-Re, o semplicemente le parole e la musica di quella straordinaria opera?

Un po’ tutto quello che hai citato, ma soprattutto la figura scanzonata del protagonista che rappresenta in tutto e per tutto la romanità. Il lavorare per vivere e non vivere per lavorare. La risata che scatta automatica davanti ad episodi ironici come quelli drammatici perché il romano e compagnone e goliardico. Ma al tempo stesso sa essere coraggioso e fiero di se stesso. Nemmeno la morte potrà scalfire la sua dignità di uomo. Come me si piega ma non si rompe.

8- E tu che in Teatro, in passato, ci sei stato da Fotografo di scena presso la compagnia teatrale "La Cipria e la Giubba" ad esempio per la realizzazione delle locandine di spettacoli come: “SPIRITO ALLEGRO” commedia di NOEL COWARD al Teatro S.Raffaele (Trullo) in  Roma 1994. “NON TUTTI I LADRI VENGONO PER NUOCERE” pochade a chiave raddoppiata di DARIO FO al Teatro Anfitrione in Roma Settembre/1996. “IL MONDO D’ACQUA” dramma  di Aldo Nicolaj al Teatro Flaiano in Roma Maggio 1997. Potresti e vorresti un giorno essere tu dietro le quinte di questi stessi Teatri a redigere una tua Pièce in romanesco magari proprio sulla scia di Garinei & Giovannini. Ed in tal caso come la intitoleresti? (P.S. la mia naturalmente oltre una domanda vuol essere un augurio!)

Prima di risponderti permettimi di ringraziare pubblicamente la mia amica attrice Maretta Giordano che mi ha trasmesso l’amore per questo mondo fantastico e mi ha permesso di vivere un esperienza irrepetibile; credo comunque che siamo lontano anni luce per poter minimamente pensare che possa accadere. Però se chiudo gli occhi un momento si potrebbe immaginare un Rugantino dei giorni nostri e credimi ce ne sono molti in giro per Roma. Si potrebbe intitolare (scusa la parola forte)  “Er Cazzaro”.

9- A proposito della tua fotografia hai scritto “Il tempo scorre velocemente, i ritmi di vita sono alienanti, tutto sembra scontato, futile e monotono. In realtà in questo marasma, bisogna potersi fermare, isolarsi mentalmente e cominciare a far funzionare gli occhi ed il cuore, le mie immagini cercano di rappresentare questo. L’evidenziare quello che gli altri non vedono o meglio, non riescono a vedere perché alienati. Una foto deve, come i quadri dei pittori, suscitare emozioni, "profumare di vero". Prima di scattare una foto, devo provare qualcosa......sentire un tuffo al cuore". Dopo aver fermato “un momento” con inchiostro su carta od in questo caso su una pellicola, la tua Anima suppongo soddisfatta può sentirsi ancor più parte integrante di questo nostro tempo, perché attraverso i tuoi occhi quell’attimo non si è fatta scappare?

Perché ho il coraggio di fermarmi. Anche se gli eventi ti travolgono, riesco a far funzionare gli occhi. Perché potranno calpestarmi  i diritti, la dignità, gli affetti. Ma non accecheranno mai il mio cuore, il mio entusiasmo, la mia rabbia. E quando tutto questo è in funzione, vedo meglio e riesco a comprendere il dono più grande che ci è stato fatto: LA VITA!

10- Ultima immancabile domanda di ogni mia intervista, che ormai da molti viene definita “la mitica 10” perché proposta ad ogni intervistato, proprio per segnare una “linea immaginaria continua” sui modi di vedere di ognuno di voi, a proposito dell’esordiente che si accinge a varcare la soglia del mondo della letteratura. E nel tuo caso, che questa “sacra porta” l’hai già varcata ed il tuo passaggio subito è stato riconosciuto, ti chiedo dunque: quanto deve “sgomitare” un esordiente, oggi, per farsi conoscere, per far accendere su di sé le luci della ribalta? Pro e contro di questo “mondo delle lettere”, che molto spesso mi son sentita di definire “solo di parole”?

Riconosco che è un mondo difficile, dove persone truffaldine cercano di ammaliarti per spillarti dei soldi. Ho rifiutato tantissime proposte del tipo: “devi acquistare 200 copie per un totale di 300 euro, le altre trenta ci pensiamo noi a venderle ed a preoccuparci di pubblicizzarle”. Io non ero in cerca di soldi o di fortuna. Credimi volevo emozionare. Ho avuto sempre la presunzione di creare poesie valide. E se qualcuno ci credeva come me doveva rischiare altrimenti non se ne faceva nulla. Comunque rimanevano le mie poesie amate da persone disinteressate. Quindi il consiglio che un esordiente può dare ad un altro esordiente è far leggere gli scritti agli amici e parenti. Se rispondono con entusiasmo, ma quello vero, allora bisogna confrontarsi con un pubblico diverso non coinvolto a livello affettivo. Quindi iscrivetevi liberamente ai siti letterari e pubblicate le vostre poesie o racconti. Se le critiche sono ottime siete a buon punto altrimenti avrete la possibilità, nel confronto, di migliorare e crescere. Oltretutto è una vetrina attendibile. Nel mio caso specifico è successo proprio come descritto.  Tutto si è avverato tramite internet. Per me non ci sono contro nel “mondo delle lettere” ma solo pro. Se l’intento è solo di veder pubblicare i propri scritti si è sulla cattiva strada, scrivere è bello, ti permette di sognare, di scatenare la fantasia di svuotarti. Si entra in contatto con molte persone, belle dentro, acculturate che possono solamente darti quel valore aggiunto di cui tutti quanti noi abbiamo bisogno. E’ chiaro che pubblicare un libro è grandioso, ma credetemi fino a che non è successo ho vissuto i mesi della disoccupazione a leggere e rileggere i commenti di persone che conosco solo tramite nick. Ho un sito personale dove sono passate molte persone che  hanno lasciato un segno firmando il guestbook, persone disinteressate che hanno riempito il mio cuore di emozioni. E’ bello scrivere anche solo per questo. Quindi scrivete sempre e fatelo per voi stessi, per vostro piacere e se anche una sola persona una volta letto la vostra opera vi giudicherà positivamente, avrete trovato il vostro lettore che vi avrà premiato e che vi ringrazierà di avergli fatto passare qualche ora  in serenità.

“Er poeta metropolitano ve saluta e ve invita a visità er sito e successivamente a comprà er libbro”. Grazie ancora Monia. Un saluto e un abbraccio a tutti gli scrittori esordienti, la vera forza sotterranea del campo editoriale.

Grazie a Giuseppe Mincuzzi, “Er poeta Metropolitano”,

per la sua cortese e graditissima partecipazione.

Caramente, Monia Di Biagio.

 

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